martedì 14 Maggio 2024
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Chiara Bergonzi, prima volta giudice al WBC 2024: “Manca un po’ il coraggio di portare caffè processati più semplici”

La giudice ai mondiali barista: “Ho notato che si confermano ancora una volta come tendenza i caffè anaerobici, che hanno subito fermentazioni e macerazioni. È come se si fosse un po’ persa la voglia di mettersi in gioco con una materia prima in purezza, soggetta a dei processi più tradizionali."

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MILANO – La queen della latte art Chiara Bergonzi veste per questa volta i panni del giudice WBC: fresca dall’esperienza dei mondiali al World of Coffee di Busan vinti dall’indonesiano Mikael Jasin, condivide le sue impressioni dal punto di vista di chi è riuscita a partecipare per la prima volta nella categoria barista, alla giuria in fase preliminary e nelle semifinali.

Chiara Bergonzi racconta l’experience dall’altra parte del palco

Un primo aspetto riguarda la location: “La scelta della sede non è stata azzeccatissima: Seul avrebbe rappresentato un punto di incontro più strategico rispetto a Busan, dove l’affluenza non è stata speciale, probabilmente anche per l’overbooking di fiere.”

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“Vivere la gara è stata invece un’esperienza piuttosto eclatante: al WBC è stata la prima volta che ho potuto partecipare in fase di preliminary e semi final.”

“Ho notato che si confermano ancora una volta come tendenza i caffè anaerobici, che hanno subito fermentazioni e macerazioni. È come se si fosse un po’ persa la voglia di mettersi in gioco con una materia prima in purezza, soggetta a dei processi più tradizionali. La proposta solitamente ricade ormai su dei Geisha che sono stati sottoposti a questo tipo di lavorazione particolare.

Quest’anno tornano molto i sapori come mango, grape fruit, passion fruit, dark chocolate che restano quelli più quotati e che emergono dai Geisha e nei processi di fermentazione. Ma la sensazione generale è che manchi un po’ il coraggio di portare un caffè processato in maniera più semplice.

Stesso discorso vale per il milk beverage: tutti ormai usano la tecnica del freeze distilled che però restituisce in tazza delle dolcezze che spesso risultano quasi stucchevoli. Il signature, seppure resti un momento abbastanza creativo, vede sempre la presenza molto forte dei syrup a base frutta e questo in linea di massima non valorizza molto le caratteristiche del caffè in maniera evidente.

Ancora sull’espresso, un’altra procedura ormai diventata quasi una prassi tra i competitor è il raffreddamento in estrazione. Quindi in conclusione potrei dire che su 50 competitor, l’originalità è di pochi, seppure chiaramente il livello di preparazione sia altissimo.

Anche sulla parte del concept portato in pedana, ho visto che la maggior parte si appoggia ad un ragionamento di filiera, puntando molto al discorso che parte dall’origine e arriva sino al barista: il bean to cup, la sinergia sensoriale, sono i temi sin qui più trattati.”

Ma quindi questa sua prima volta che cosa le ha lasciato?

“È stata di sicuro un’esperienza che ho vissuto molto bene e anche con un po’ di tensione: ho sperimentato in prima persona le competizioni mondiali soltanto nella mia categoria di latte art e per questo sono stata contentissima di poter partecipare addirittura alle semifinali e ai preliminary: solitamente nessuno vi accede al primo giro.

Sono arrivata invece pronta ad affrontare questa prova anche grazie a Sca Italy e al percorso giudici organizzato in Italia: Luca Ventriglia e Lauro Fioretti sono presentissimi in questa crescita professionale e Sigep Rimini è una scuola di altissimo livello perché riesce a replicare esattamente i campionati nel mondo ma a livello nazionale.”

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