Il caffè riduce i markers proinfiammatori O PCR, IL6 e IL18.

Inoltre aumenta quelli antinfiammatori (adiponectina, IL-4 e IL-10) misurati nel sangue; ha un’azione insulino sensibilizzante; cioè diminuisce in modo significativo l’infiammazione di grado lieve. Nonché lo stress ossidativo individuato nei soggetti obesi.

L’Espresso è il miglior alleato

Il miglioramento dei fattori infiammatori è risultato più marcato nei soggetti che hanno assunto caffè espresso; piuttosto che altri due tipi di caffè (istantaneo e filtrato).

Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Critical Reviews in Food Science and Nutrition nell’ottobre 2017.

Componenti del caffè

L’azione osservata sui marcatori di infiammazione si deve alla miscela di sostanze contenuta nel caffè. (caffeina, trigonellina, diterpeni, N-metilpiridina, acido clorogenico, magnesio, lignani). Queste sono infatti rapidamente metabolizzate in composti bioattivi ad azione antiossidante e antinfiammatoria;

Da notare che il caffè Robusta ne ha quantità maggiori rispetto a quella Arabica.

L’efficacia dei composti dipende dal metodo di processo cui sono sottoposti i chicchi di caffè. Tipo di estrazione dei composti idrosolubili, temperatura dell’acqua e durata del contatto con l’acqua, ecc.

La preparazione del caffè espresso ad esempio, utilizza acqua calda sotto pressione e per un periodo breve. Più efficiente quindi ad estrarre i componenti idrosolubili come acidi clorogenici, caffeina, acido nicotinico, melanoidine solubili. Inoltre in assenza di carta da filtro, il contenuto di diterpeni è più alto.

Il caffè filtrato

La maggior parte della frazione lipofilica (diterpeni e steroli) e dei materiali solidi rimane nel filtro.

Il caffè istantaneo, invece, viene prodotto da caffè estratto con alta pressione in acqua calda. Poi essiccato ad alte temperature e pressione. Infine sublimato dopo congelamento a secco o agglomerato ad una polvere fine.

Studi clinici

L’infiammazione è stata rivelata nei soggetti in sovrappeso e obesi con adiposità centrale (grasso addominale). Ha perciò un ruolo chiave nello sviluppo del diabete di tipo 2.

Negli studi analizzati, solo quelli che avevano consumato regolarmente caffè per 8-12 settimane, manifestavano un effetto sui marcatori di infiammazione. E in pià la capacità di indurre insulino sensibilità.

Mentre coloro che avevano assunto caffè per solo 2 settimane oppure esclusivamente caffeina, non esibivano alcun cambiamento.

Oltre alla modulazione dei markers infiammatori, il caffè mostrava un aumento della secrezione dell’ormone intestinale incretina (glucagone-like peptide, GLP-1). Inoltre è implicato nella regolazione della glicemia, stimolazione del senso di sazietà e nella perdita del peso corporeo.

E, infine, determina un incremento di specie batteriche del microbiota intestinale benefiche per la salute metabolica.