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Caffè e acrilammide: anche Fda in campo contro la sentenza californiana

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Dalla Corte
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MILANO — Netta presa di posizione della Fda (Food and Drug Administration) a fronte dell’ormai celebre sentenza di un giudice della California. Verdetto che impone anche per il packaging del caffè l’obbligo di apposizione di un’avvertenza sul rischio cancro.

Il giudizio si basa sulle disposizioni dell’altrettanto celeberrima Proposition 65 (“Safe Drinking Water and Toxic Enforcement Act”).

Tale norma dello stato californiano si pone l’obiettivo ultimo di proteggere la popolazione dall’esposizione ad alcuni agenti chimici cancerogeni o tossici per la riproduzione, che può derivare dall’inquinamento di acque potabili, ambiente o prodotti di consumo.

L’elenco delle sostanze coinvolte viene aggiornato con cadenza almeno annuale da parte dell’Office of Environmental Health Hazard Assessment (Oehha).

Avvertimento fuorviante

L’ente governativo statunitense, che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha deciso di scendere in campo contro tale la misura.

Si tratta di un avvertimento fuorviante e infondato – sostiene l’Fda – che potrebbe indurre i consumatori a credere (erroneamente) che bere caffè possa essere pericoloso per la salute.

Quando in realtà la sua assunzione avrebbe diversi effetti positivi per la nostra salute.

Perché questo allarme

Come spiega Sara Pero, in un’interessante analisi per Repubblica, l’accusa mossa nei confronti del caffè  nasce dalla presenza di acrilammide. Detta sostanza chimica viene prodotta durante il processo di torrefazione.

Ma – rassicura l’Fda – l’International Agency for Research on Cancer (Iarc) si è già espressa sul tema, affermando che sebbene l’acrilammide (ad alte dosi e negli animali) sia cancerogena, i dati finora accumulati non dimostrano che consumare caffè aumenti il rischio di sviluppare cancro negli esseri umani.

“Non sappiamo quanta acrilammide si forma durante la tostatura”, sottolinea spiega Paolo Marchetti, direttore Oncologia Medica B del Policlinico Umberto I di Roma.

“Attualmente è in corso uno studio internazionale che chiarirà questo punto, la cui pubblicazione è prevista tra la fine di quest’anno e l’inizio dell’anno nuovo”.

Delle certezze però ci sono. Ci sono altre sostanze, per esempio gli ftalati, che aumentano il rischio di alcuni tipi di tumore.

“E allora, piuttosto che prestare tutta questa attenzione alla pericolosità del caffè, sarebbe bene fare attenzione ai bicchieri di plastica nei quali si beve questa o altre bevande calde”, sottolinea l’oncologo.

“Perché, se sono di qualità scadente, il calore potrebbero portare al rilascio di ftalati, che aumentano l’incidenza di tumore della mammella, per esempio”.

Il responso della scienza

“Ci sono diverse ricerche scientifiche che negli anni, e ancora oggi, hanno dimostrato come l’assunzione del caffè, solitamente quattro tazzine al giorno e ovviamente insieme a uno stile di vita sano, riduca il rischio di morte, oltre che lo sviluppo di patologie epatiche, come la steatosi e la cirrosi epatica, e cardiache, come infarto e aritmie”, osserva ancora Marchetti.

“Non solo: alcuni studi hanno anche suggerito come la sua assunzione sia correlata alla riduzione dell’incidenza di alcune neoplasie. Come quella della prostata, della mammella e del cavo orale. Per non parlare degli effetti positivi, specialmente negli anziani, nel ridurre l’incidenza di demenze e depressione”.

Ma il consumo di caffè può avere effetti negativi nei pazienti oncologici?

“Al momento non ci sono informazioni che ne consiglino un consumo differente. Se non, come è ovvio che sia, sconsigliarne l’utilizzo per chi soffre di ulcera esofagea, duodenale, o reflusso gastro-esofageo, per il semplice motivo che potrebbe provocare dei fastidi al livello gastrico”, spiega l’oncologo.

Sara Pero

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