giovedì 02 Maggio 2024
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A Milano, il bar del Tribunale a rischio chiusura: in bilico 5 dipendenti

Il titolare: "La mia difficoltà maggiore è trovare un interlocutore. Nessuno sa fornirmi indicazioni, è un continuo rimpallo di responsabilità. E' una vergogna, soprattutto alla luce delle dichiarazioni del presidente del consiglio e dei vari ministri che ogni sera assicurano che nessuno sarà lasciato indietro e non si perderà nessun posto di lavoro"

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MILANO – Le attività che non sono riuscite a rialzare le serrande dopo il periodo di lockdown sono tante, anche tra quei locali che hanno segnato la storia delle città in cui sono nati. Un caso di questo tipo è il bar del Tribunale di Milano, che corre il rischio di chiudere definitivamente i battenti a causa delle spese insostenibili e le entrate azzerate. Leggiamo la notizia dal sito it.notizie.yahoo.com.

Bar del Tribunale, potrebbe non riaprire più

Mentre riprende l’attività ordinaria de Palazzo di Giustizia di Milano, le serrande del “bar del Tribunale” restano abbassate. E il rischio di chiusura definitiva, per lo storico bar del primo piano, dove ogni giorno centinaia tra magistrati, giudici, cancellieri, avvocati e persone comuni si concedono qualche attimo di relax sorseggiando un caffè o mangiando un sandwitch tra un udienza e un deposito atti.

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Colpa degli effetti dell’emergenza Coronavirus?

Stefano Nigro, titolare della concessione scaduta a fine gennaio scorso: “Nel 2013 ho vinto il bando lanciato dall’Agenzia del Demanio e mi sono aggiudicato così la concessione per 6 anni. Ma nel 2015 è cambiata la legge e la competenza della concessione passa al Ministero della Giustizia. Già a maggio scorso ho cominciato a mandare lettere chiedendo cosa fare in vista della scadenza della concessione, ma dall’Agenzia del Demanio mi hanno risposto che la competenza era del Ministero.

Così mi sono rivolto al Ministero, ma finora non ho ricevuto nessuna risposta. E’ una situazione di totale incertezza. La mia difficoltà maggiore è trovare un interlocutore. Nessuno sa fornirmi indicazioni, è un continuo rimpallo di responsabilità. E’ una vergogna, soprattutto alla luce delle dichiarazioni del presidente del consiglio e dei vari ministri che ogni sera assicurano che nessuno sarà lasciato indietro e non si perderà nessun posto di lavoro”.

L’ultima richiesta di chiarimento del 29 giugno scorso

“Ad oggi – scrive Nigro in una mail inviata, tra gli altri, all’Ufficio Affari generali della Corte d’Appello e alla presidenza del Tribunale – non mi è ancora chiaro con chi interloquire a proposito del futuro della mia attività all’interno del Palazzo di Giustizia. Nessuno mi ha chiamato per un incontro che perlomeno avrebbe dato un po’ di chiarezza e ottimismo, dimostrando un piccolo interesse verso quello che a tutti gli effetti un servizio”.

In ballo non c’è solo la pausa caffè delle migliaia di persone che ogni giorni affollano il Palazzo di Giustizia di Milano.

La posta più alta e riguarda il futuro dei 5 lavoratori del “Bar del Tribunale” che rischiano il licenziamento

“Ad oggi – si legge ancora nella lettera – non ho ancora avuto un riscontro utile per poter dare una risposta chiara e di speranza ai 5 dipendenti regolarmente assunti che quotidianamente si domandano cosa succedere”. Se “la situazione della ristorazione in questo momento è tragica – sottolinea ancora il titolare del Bar del Tribunale – la mia lo è ancor di più. Non avendo nessun padrone di casa con cui discutere di eventuali aiuti alla mia impresa”.

Così non gli è restato altro che lanciare un ultimatum: “A meno di sviluppi dell’ultimo minuto, il 10 luglio cominceranno i lavori smantellamento del bar. Poi, una volta esaurite casse integrazione, ferie e permessi, provvederò purtroppo al licenziamento dei 5 addetti al bar”.

L’unico a rispondere alla sua mail è stato il presidente del Tribunale Roberto Bichi: “La questione stata trattata nel corso della Conferenza permanente e si è sollecitato il Ministero della Giustizia a dare computa risposta alle Vostre richieste. Personalmente comprendo la Vostra situazione e spero davvero che il Ministero dia un sollecita risposta”.

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