venerdì 12 Aprile 2024
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Bar cinesi, stop all’espansione milanese: in 5 anni, chiuse 61 attività

Un po' di numeri aggiornati al trimestre 2021: nella città di Milano, sono registrate 4.636 imprese attive come bar, delle quali 512 sono cinesi, pari all’11%. Praticamente uno su dieci

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MILANO – Era il 2019, prima che la pandemia travolgesse l’Italia e il mondo intero, quando si parlava del fenomeno dei bar cinesi a Milano: iniziato da tempo ha continuato a crescere anno dopo anno. Così raccontavano i dati della Camera di Commercio, secondo i quali gli esercizi con il titolare orientale avevano registrato un aumento del 27% dal 2011. Arrivati al 2019, solo all’interno dei confini di Milano città, il numero di imprese attive come bar erano 4.891, delle quali, considerando anche le ditte individuali, 562 sono cinesi — vale a dire l’11,5% del totale sotto alla Madonnina, mentre nel 2011 erano 441.

Poi il Covid. E la situazione sembra esser cambiata completamente: si passa dalla espansione alla ritirata. I dati locali presi dal Registro delle Imprese riporta un contesto mutato: i bar cinesi attualmente sono in costante diminuzione dagli ultimi cinque anni. Leggiamo l’analisi dall’articolo di Annamaria Lazzari su ilgiorno.it.

Bar cinesi: stop alla diffusione, si torna indietro

Ma vediamo un po’ di numeri aggiornati al trimestre 2021: nella città di Milano, sono registrate 4.636 imprese attive come bar, delle quali 512 sono cinesi, pari all’11%. Praticamente uno su dieci.

Cosa è successo nell’arco degli ultimi 5 anni? I pubblici esercizi con gestione orientale sono diminuiti di circa il10%. I bar cinesi nel 2016 a Milano, erano 573: i calcoli parlano chiaro, segnando la chiusura di ben 61 attività in poco tempo. La crescita che pareva inarrestabile degli imprenditori cinesi nel capoluogo meneghino, al di fuori del quartiere Chinatown in via Paolo Sarpi, sembra essersi bloccata.

Risale proprio a quel periodo di espansione incontrollata il cambio di gestione del bar del Cerutti Gino, conosciuto per la ballata di Giorgio Gaber di via Giambellino 50. Trasformato in uno dei numerosi bar cinesi dai fratelli Giuseppe e Sergio Hu.

Già un anno dopo, i bar cinesi erano calati di 22 unità, segnando una tendenza che si è confermata negli anni a seguire.

Per Francesco Wu – consigliere di Confcommercio Milano per l’imprenditoria straniera – non tutte le attività hanno chiuso:

“C’è stata anche la trasformazione di partite Iva in società, soprattutto srl, e il passaggio di proprietà da cinesi a italiani sinodiscendenti. È vero però che la pandemia ha dato il colpo di grazia alle attività che scricchiolavano. Tuttora i bar soffrono per il perdurante smartworking, è diventata un’attività molto sacrificante ma con bassi guadagni. Chi è italiano preferisce adesso rilevare bar e tabacchi capaci di generare più utili”.

Un fenomeno che si inserisce in un quadro più generale di crisi: i bar in città complessivamente (4.636 come abbiamo detto all’inizio) sono comunque in diminuzione del 3,6% rispetto a un anno fa (erano 4.812) e del 5,2% rispetto a giugno 2019 (4.891).

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