lunedì 21 Luglio 2025

A che punto sta lo specialty in Sardegna? Voci di professionisti dell’isola raccontano Nord e Sud

Il quadro dello specialty in Sardegna non è tra i più evoluti, ma non è neppure completamente a zero come si potrebbe pensare in un primo momento

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TME Cialdy Evo

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MILANO – Milano, Roma, Firenze, le città dello specialty italiano. Qui le attività ultimamente sembrano aprire tutti i giorni e in ogni angolo. Ma anche nel Sud Italia i micro roaster e alcuni locali che hanno deciso di abbracciare la Terza onda, si fanno sentire. Rimane un po’ una zona d’ombra in un’altra parte dell’Italia che resta più isolata di tutto il resto – anche causa geografia -: come sta lo specialty in Sardegna? Esiste? Cresce? I turisti aiutano?

Giuseppe Musiu in piantagione (foto concessa)

Per poter formulare una possibile risposta, aprono le danze i due trainer Giuseppe Musiu e Davide Spinelli: entrambi hanno gettato delle basi in Sardegna, per poi lasciare l’isola. Un esempio di come molti professionisti formati si sono dovuti spostare per coltivare la propria carriera. Eppure, racconta Musiu: “Ogni settimana avevamo tantissimi corsisti che volevano formarsi come baristi. Si rivolgevano a noi perché sapevano che era un buon modo di trovare lavoro, parliamo di circa 150 corsisti all’anno. “

I baristi formati non mancano quindi, soprattutto con la richiesta di imparare la parte di caffetteria, latte art e in ultima anche nel brewing. Purtroppo però molto spesso: “Tantissimi, come noi, se ne sono andati via, alcuni invece sono diventati a loro volta dei formatori “racconta Musiu.

E la scena specialty?

Si è evoluta, ma molto lentamente. Eppure, c’è. Da Matrice con 1895 by Lavazza, nella pizzeria Framento, con lo specialty di Bugan Coffee Lab e in altre piccole realtà che acquistano questi prodotti come l’EXFABBRICA Aurora dove si può bere il caffè tostato da Gear Box, di Ditta Artigianale, di Bugan Coffee Lab e Orso Laboratorio. Poi c’è anche il ristorante Fradis Minoris, che usa lo specialty in capsule. Negli ultimi anni, qualche cosa si sta muovendo e dopo i tentativi di alcuni imprenditori, la gente inizia a chiedere, a comprendere.

Andrea Bellisai durante uno dei suoi servizi (foto concessa)
Andrea Bellisai durante uno dei suoi servizi (foto concessa)

Come racconta anche il formatore Andrea Bellisai, non tutto è perduto:” In Sardegna lo specialty sta uscendo dalla nicchia: sempre più baristi e clienti si domandano che caffè stanno bevendo. Sto tenendo tanti corsi sul brewing e inserendo il filtro in diverse caffetterie che seguo da consulente: ora si semina cultura partendo dalla formazione.”

Spinelli immerso nella piantagione, foto concessa da Davide Spinelli

Tuttavia Spinelli precisa: “Non ci sono però ancora i volumi tali da sostenere questa svolta in maniera significativa”.

Ma perché in Sardegna ancora lo specialty non ha preso piede nonostante la sua forte vocazione turistica?

Una delle ragioni, spiega Spinelli, è riconducibile al fatto che i turisti non sono abbastanza per rendere sostenibile un’attività concentrata solo sullo specialty: la stagionalità del turismo e lo spostamento verso le mete balneari, allontanano questa clientela dai coffee shop in città. Non avere quindi un bacino d’utenza importante e il non poter contare su una potenza economica alle spalle per poter superare il primo periodo di rodaggio, sono fattori determinanti.

“Nei primi mesi – confessa Spinelli – bisogna quasi regalarlo lo specialty. Non tutti però possono reggere questa fase”.

I numeri non ci sono quindi. E neppure la cultura del caffè: le torrefazioni arrivano con il sistema dei finanziamenti e questa logica ancora è molto presente su tutto il territorio sardo. Musiu aggiunge: “Finché persone come me e Davide Spinelli sono rimaste, si creavano delle occasioni di incontro con le persone. Ora eventi di questo tipo, con l’obiettivo di educare il consumatore finale, sono mancati. Si sente un po’ l’assenza di un’azione più incisiva da parte delle associazioni.”

Una seconda spiegazione sul lento sviluppo di questa nicchia, arriva da Andrea Pettinari, titolare del Caffè dell’arte Specialty Coffee di Cagliari:

Andrea Pettinari alla macchina credits Gianmarco Garau
Andrea Pettinari alla macchina credits Gianmarco Garau

“Senza i turisti, l’attrattiva degli specialty non è altissima. Le due caffetterie presenti a Cagliari, noi ed Eva Coffee&Wine lavorano al 97% con clienti non locali. Di questa percentuale, la maggioranza non è italiana (salvo i pochi appassionati). Non vedo un vero e proprio decollo di questo prodotto.

Siamo pochi professionisti, tanti appassionati che però non consumano fuori casa, ma più a casa. Al bar si chiede ancora il classico espresso con Robusta tostato scurissimo. Il gusto dell’italiano medio è difficile da scalzare ancora. Qualche ristorante lo acquista da noi, altri locali ci provano, ma senza l’adeguata preparazione per estrarlo in maniera corretta è quasi inutile.”

E, chiamata in causa, condivide la sua esperienza anche Lucy, di Eva Coffee&Wine: “In Sardegna lavoriamo da appena due anni — ad agosto festeggeremo questo piccolo anniversario.

Lucy, di Eva Coffee&Wine (foto concessa)

Quando ho iniziato a pensare a una nuova caffetteria qui, pensavo di rivolgerci principalmente ai turisti, una clientela che già conosceva il caffè filtrato, il matcha, alternative vegetali al latte, e naturalmente lo specialty.

Ma grazie al lavoro quotidiano che portiamo avanti fianco a fianco con i nostri amici di Caffè Dell’Arte, tostatori sardi di specialty coffee, l’interesse verso questa cultura è cresciuto anche tra i locali.

Oggi tanti clienti sardi sono diventati affezionati: vengono con amici e famiglie, fanno domande, assaggiano, comprano i chicchi da portare a casa. Alcuni tornano dai loro viaggi con caffè particolari da farci provare — ed è forse questo il segnale più bello di un dialogo che cresce.

Possiamo dire con gioia che anche in Sardegna la cultura del caffè si sta evolvendo. Forse più lentamente rispetto ad altri luoghi, ma con autenticità e apertura.
Molti stanno scoprendo nuovi sapori e nuovi modi di vivere la pausa caffè. E noi siamo qui proprio per questo”.

Qualcosa però si sta aprendo negli ultimi tempi: alcuni giovani che dopo aver viaggiato e vissuto a lungo all’estero, sono voluti tornare e proporre un nuovo modo di consumare il caffè.

Gianluca Mereu (foto concessa)

Questo è l’esempio di Gianluca Mereu, Essentzia coffee Project, con 12 anni sul campo, 10 dei quali tra Dublino e l’Australia, diventato direttore esecutivo di 9 caffetterie e una torrefazione, Essentzia Coffee: “Oggi lo specialty in Sardegna è una nicchia molto ristretta, con attività che lo spingono poco. Senza dubbio ancora non c’è una rete e un punto di congregazione che faccia unione attorno a questo prodotto. Eppure questa sarebbe la chiave per ispirarsi a vicenda, stimolare la crescita del settore.

Questo per me da una parte è una sfida: intravedo il potenziale nella nostra Isola, un territorio che è legato molto alla qualità del cibo e delle bevande che proponiamo, alle realtà artigianali. “

Necessaria anche una mentalità imprenditoriale, che ponga basi chiare per capire come migliorare il proprio locale. E così che Mereu ha impostato il suo prossimo progetto, in un locale di 95 metri quadri con sede in via Santa Gilla a Cagliari. Una micro roastery aperta a tutti con annesso un centro di formazione ed un corner di rivendita di caffè in cui acquistare caffè tostato in grani o macinato sul momento. Ci sono voluti anni di studio di mercato e della clientela.

“Bene focalizzarsi sui turisti, ma non si può prescindere dall’intercettare i locals che spesso hanno viaggiato tanto e ora stanno rientrando“, conclude Mereu.

E per chi si chiedesse se lo specialty coffee sull’isola debba scontrarsi anche con la logistica, la risposta è sì. Mereu ad esempio deve considerare le spese dei trasporti che sono sostanziali (150 euro a pallet in più circa rispetto alla Penisola. Inviarlo a Milano costa sui 220 euro, mentre 360 euro a Cagliari). In Sardegna la SCA è pressoché inesistente e se ne sente la mancanza.”

Altro tassello per completare il quadro arriva da Michela Pilia Horeca Sales Costadoro su tutto il sud Sardegna e Cagliari nello specialty

Michela Pilia (foto concessa)

La sua testimonianza pone al centro il tema del personale formato o almeno appassionato e dei pochi titolari disposti a introdurre questo tipo di proposta. Spiega Michela: “Già chi sceglie Costadoro fa un ragionamento legato ad un prodotto di qualità ed è in questi posti che abbiamo potuto riscontrare una risposta positiva da parte dei consumatori.” Da barista e da agente però, ha potuto constatare che uno dei problemi maggiori sono proprio gli operatori: una volta che l’imprenditore è d’accordo, si deve poter contare sul lavoro congiunto del barista che però spesso non vuole aggiornarsi o formarsi. Anche in contesti più virtuosi, lo specialty incontra l’ostacolo di chi deve prepararlo.”

Dall’altra parte del bancone, Michela racconta invece un cittadino cagliaritano ora più pronto a sperimentare. “Tre persone su 10 vogliono provare lo specialty. La curiosità non manca.”

I nomi di posti che hanno deciso di investire spuntano fuori anche in questo caso, a partire da La Padaria, con un locale a Cagliari e uno a Quartu, dove si punta sulla rivendita di specialty e monorigine, macinato e in grani, per filtro, per espresso. Il Good sempre a Cagliari dove si usa la chemex, e la french press. Il Coco bar di Capoterra, un paesino in cui nonostante le dimensioni ridotte, ogni mese ruota la proposta con il v60.

“Anche a Nord, ci sono dei bar che hanno introdotto lo specialty. Come il Caffè Giordano (non ho avuto conferma di caffè Giordano quindi lascia solo l’altro bar) a Sassari o La Figlia del Professore. “La chiave per Michela sarebbe innanzitutto una buona selezione di clienti.

E a proposito di Nord Sardegna, anche il trainer Francesco Masala ha da dire la sua:

Francesco Masala con la moka (foto concessa)

“La gente si sta avvicinando alle bevande alternative, fredde, alle soluzioni vegane. Lo specialty viene traghettato di conseguenza da questo trend e usato come ingrediente per diverse ricette come l’iced coffee, l’iced latte oppure la preparazione con la moka. Va tutto di pari passo. Queste tendenze stanno portando ad un ammodernamento dell’offerta e questo può aprire le porte allo specialty, ancora però non proposto come soluzione principale da servire in espresso. Oggi è un modo per parlare di caffè di qualità, di estrazioni alternative, di coffee experience estemporanee.”

Matteo Pianta si unisce alla conversazione

Matteo Pianta e il pasticcere toscano Gabriele Gianbastiani (foto concessa)

Anche lui tornato dall’estero, dopo anni a Parigi dove ha trattato soltanto specialty, a Cagliari, conferma che una piccola fiamma si è accesa. Da Matrice, Gabriele Gianbastiani’s story, si occupa del reparto caffetteria con la linea 1895 by Lavazza in una carta dove poter selezionare miscela, monorigine, filtro, espresso. Da metà febbraio, una bella novità per la città. “Anche i locali stanno dando ottimi riscontri, nonostante la diversità della tazza servita. Tutto sta in una comunicazione semplice.”

Lo spazio per inserire questo prodotto c’è. Lo dimostra il fatto che un pasticcere dalla toscana ha scelto di proporre lo specialty in un posto come Cagliari e l’idea in prospettiva è di inserire nell’offerta anche gli specialty di altri micro roasters.

Quindi, in conclusione, che dire?

Il quadro dello specialty in Sardegna non è tra i più evoluti, ma non è neppure completamente a zero come si potrebbe pensare in un primo momento. Che passi dall’evoluzione degli stessi professionisti che decidono di restare sul territorio, così com’è avvenuto con i sommelier del vino, o che avvenga tramite l’educazione del consumatore finale, ricordiamo le frasi di Musiu al termine della chiacchierata: “Bisogna fare attenzione a dove investire e probabilmente Cagliari è l’avamposto in cui iniziare con un’attività che non si basi esclusivamente sullo specialty. Secondo me, ora i tempi sono più maturi per provare a investire”.

Fin qui potrebbero essere sfuggiti dei nomi, delle realtà, delle situazioni che stanno promuovendo lo specialty sul territorio sardo, ma trattandosi di una nicchia è ancora difficile tenere traccia di tutti: ma il messaggio è che non è tutto completamente immobile e si può sempre aggiungere qualche voce alla lista qua stilata. Anzi, è possibile prendere questa possibilità, quasi come un augurio per il futuro.

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