giovedì 02 Maggio 2024
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Salute e Ricerca – Per gli scienziati il caffè greco bollito allunga la vita

Secondo la scienza, il caffè greco è uno dei responsabili della straordinaria longevità degli abitanti dell'isola di Ikaria

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MILANO – Le aspettative di vita degli abitanti della piccola isola greca sono al di sopra della media. Gli scienziati sono più che decisi a indagare sulle  cause di questo elisir di lunga vita. La pozione magica in questione è il caffè greco. Il segreto di longevità, infatti, sembra legato a un insieme di fattori.

Caffè greco allunga vita

Gli abitanti di questa isola, circa 10 mila, raggiungono i 90 anni. Con quindi una media superiore di ben quattro volte le normali aspettative di vita altrove.

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Proprio come avviene in pochissime altre parti del mondo. Ad esempio nell’isola di Okinawa in Giappone, a Nicoya in Nicaragua, Loma Linda in California e l’Ogliastra in Sardegna.

Gli anziani di Ikaria bevono caffè greco

Hanno sempre bevuto il caffè bollito, hanno i tessuti delle arterie in condizioni migliori degli equivalenti abitanti della terra ferma.

Del resto una delle principali cause di infarto e morte sono le arterie occluse“, ha dichiarato il Dott. Siasos, autore della ricerca con il suo collega Dr. Christodoulos Stefanadis.

Certo, il caffè greco è solo uno dei tanti fattori

Ha a che fare con il loro modo di vivere,” ha detto il Dott. Siasos. “Le persone dormono più di otto ore a notte, vi è una maggiore socializzazione e hanno molto meno stress rispetto a chi vive ad Atene”.

La dieta mediterranea

Include molti tipi di frutta, verdura, olio d’oliva e pesce. La maggior parte di loro è abituata a fare qualche chilometro a piedi tutti i giorni e difficilmente rinuncia alla pennichella e al caffè.

Ricercatori di tutto il mondo sbarcano sulla piccola isola del mare Egeo per studiare gli altri fattori che potrebbero contribuire al “magico cocktail” di Ikaria, come l’acqua, i minerali dell’isola e la qualità dell’aria.

Il fattore genetico è ritenuto responsabile di appena il 20-25%.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Vascular Medicine, e potete leggerla QUI.

 

Fonte: NYT

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