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Starbucks, un’inchiesta senza reticenze getta un’ombra sinistra sulla gestione

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REGNO UNITO – Lo storico feeling tra Starbucks e i sudditi di sua maestà britannica rischia di incrinarsi. La colpa non è dei baristi o dei prezzi elevati di latte e frappuccini. L’improvviso disinnamoramento è stato causato da un’inchiesta giornalistica apparsa a inizio settimana, che ha fatto le pulci ai bilanci del colosso di Seattle evidenziandone alcune opacità e un clamoroso paradosso: Starbucks Uk – nonostante i brillanti risultati sbandierati ai quattro venti – non ha dichiarato nessun utile negli ultimi tre anni, né ha versato al fisco un solo penny a titolo di imposta sulle società, pur avendo realizzato vendite per un totale di 1,2 miliardi di sterline.

A titolo di raffronto, McDonald’s ha pagato nello stesso periodo 80 milioni di sterline per un fatturato di 3,6 miliardi di sterline. Kentucky Fried Chicken (il gigante del pollo fritto), 36 milioni di imposte a fronte di vendite pari a 1,1 miliardi.

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Per alleggerire il proprio carico fiscale, Starbucks avrebbe fatto ricorso a una serie di partite di giro, che in tempi di austerity e sacrifici appaiono inaccettabili agli occhi dell’opinione pubblica.

Media, politici, esponenti sindacali hanno espresso la loro indignazione.

Sui social network sono già sorti i primi comitati spontanei che annunciano, sin d’ora, boicottaggi e altre pittoresche forme di lotta, mentre due commissioni parlamentari sollecitano spiegazioni da parte delle autorità fiscali.

Non esiste, in realtà, alcuna prova che Starbucks abbia eluso il fisco.

Ma appare evidente l’incoerenza tra la situazione contabile e i lusinghieri giudizi espressi in decine di conference call sulla gestione delle filiale britannica.

Secondo l’inchiesta, Starbucks Uk dichiarava nel 2008 perdite per 26 milioni di sterline. Ma il ceo Howard Schultz lodava l’operato della filiale britannica tanto da chiamare l’ex responsabile per il Regno Unito e l’Europa Cliff Burrows a dirigere la divisione statunitense

Nel 2009, il bilancio di Starbucks Uk chiudeva con una perdita record di 52 milioni di sterline, ma il cfo Troy Alstead continuava a parlare di gestione redditizia.

Gli esercizi 2010 e 2011 si sono conclusi in rosso rispettivamente di 34 e 33 milioni.

Ma il risultato è stato salutato con favore dal presidente di Starbucks International John Culver, che dichiarava “siamo molto soddisfatti della nostra performance nel Regno Unito”.

In un’intervista con Reuters, Alstead ha indicato in particolare due elementi che contribuiscono a spiegare l’anomalia sopra descritta, entrambi riconducibili alle transazioni infragruppo tra le società facenti capo a Starbucks.

Il primo riguarda il pagamento delle royalty sulla proprietà intellettuale (nel caso di Starbucks pari al 6% sul totale del fatturato di vendita), che consentono di ridurre il reddito imponibile.

Una pratica comune a molte altre società. Nel caso di Starbucks esse vengono corrisposte a Starbucks Coffee EMEA BV, una società con sede ad Amsterdam. Quest’ultima ha peraltro dichiarato nel 2011 utili per 507.000 euro; a fronte di un fatturato di 73 milioni.

Vi sono poi i prezzi di trasferimento

Soni pagati alle società del gruppo che acquistano il caffè verde e I prezi di trasferimento trasformano in caffè torrefatto. Che hanno sede rispettivamente in Svizzera e in Olanda.

Le pratiche di transfer pricing di Starbucks sono state oggetto di accertamenti da parte del fisco inglese tra il 2009 e il 2010. Dai quali non è emersa però alcuna irregolarità.

I prestiti intrasocietari

Un terzo strumento utilizzato per abbattere l’imponibile è costituito dai prestiti intersocietari. A tale titolo, Starbucks Uk ha pagato nello scorso esercizio interessi per due milioni di sterline con uno spread decisamente sfavorevole: +4% sul Libor.

3 milirdi a fronte di 8,6 milioni di sterlinein tasse

A conti fatti, in 14 anni di attività nel Regno Unito, Starbucks ha conseguito un fatturato di 3 miliardi di sterline. Pagando appena 8,6 milioni di sterline di imposta sulle società.

Il record di Amazon: 0 tasse

Non hanno fatto molto meglio società come Amazon (zero imposta pagata lo scorso anno). O Facebook (appena 238.000 sterline corrisposte nel 2011 a fronte di 175 milioni di fatturato).

Due commissioni parlamentari (tesoro e conti pubblici) annunciano intanto di voler andare a fondo nella vicenda. Ascoltando i responsabili della Hmcr, l’autorità fiscale del Regno Unito.

La difesa sulle tasse

Starbucks dal canto suo rivendica la correttezza dei propri comportamenti. “paghiamo e continueremo a pagare i tributi dovuti nel pieno rispetto delle leggi britanniche”; ha dichiarato il direttore commerciale Kris Engskov. Ssottolineando che Starbucks ha creato in questi anni migliaia di posti di lavoro. E generato ulteriore ricchezza intrattenendo rapporti stabili con numerosi fornitori inglesi.

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