mercoledì 22 Ottobre 2025

Futures del caffè sempre più in alto sia a Londra che a NY, fatturato del vending italiano in calo nel 2024

A livello europeo, il parco macchine e le consumazioni hanno registrato variazioni minime rispetto all'anno precedente: solo il fatturato ha continuato a crescere. L'Italia è in declino, con dati negativi sia per quanto riguarda il parco macchine, che le consumazioni. Il nostro paese è inoltre l'unico - tra i 24 paesi analizzati - a registrare una riduzione del fatturato (-2,9%)

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MILANO – La prospettiva concreta che gli Usa possano imporre dazi punitivi anche contro la Colombia continua a destabilizzare i mercati del caffè, ancora in forte ripresa, questa volta anche sul fronte dei robusta. Nella seduta di ieri, il contratto per scadenza dicembre dell’Ice Arabica, ha guadagnato infatti ulteriori 750 punti (+1,9%) chiudendo a 413,55 centesimi, non lontano ormai dal massimo del 15 settembre (417,65 centesimi).

Virata al rialzo anche all’Ice Robusta, dove il contratto per scadenza gennaio si è rivalutato di $110 (+2,5%) terminando la giornata a 4.574 dollari.

Invariati gli stock certificati di New York fermi, anche ieri, a 468.410 sacchi, minimo degli ultimi 19 mesi.

Nettamente più elevato il livello degli stock certificati di Londra, che si attestano a 6.152 lotti da 10 tonnellate, pari a 1.025.333 sacchi, minimo degli ultimi 3 mesi.

Tutti i numeri del vending europeo

Un parco macchine attorno ai 5 milioni di unità, per un fatturato di 26,4 miliardi di euro e circa 25 milioni di consumazioni erogate. Sono le cifre della distribuzione automatica nel vecchio continente, secondo i dati contenuti nel nuovo Market Report 2024 dell’Eva, la Federazione europea del vending e coffee service, di cui sono stati presentati lunedì i dati salienti.

A livello europeo, il parco macchine e le consumazioni hanno registrato variazioni minime rispetto all’anno precedente: solo il fatturato ha continuato a crescere.

Va anche osservato che la percentuale di macchine collocate nei posti di lavoro è scesa al 70%, contro l’80% prima della pandemia, a riprova di una crescente diversificazione delle location, a compensazione del maggior numero di lavoratori in smart working.

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