domenica 20 Luglio 2025

Tablì: Andrej Godina e Fabrizio Polojaz insieme a Massimo Chenda raccontano la storia della compressa di caffè al 100%

Andrej Godina: “Fin dall’inizio del progetto, il mio ruolo è stato quello di garante della qualità finale del flavore in tazza. Grazie al mio percorso accademico e della lunga esperienza di degustazione del caffè, mi sono occupato in particolare degli aspetti tecnici legati alla composizione chimica del caffè tostato e macinato, lavorando con grande attenzione sulle caratteristiche del caffè tostato e sull’umidità residua, sulla granulometria e sui parametri del processo di compattazione"

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Andrej Godina, Fabrizio Polojaz e Massimo Chenda raccontano la genesi del progetto Tablì che ha portato alla realizzazione della prima compressa di caffè priva di involucro, 100% green. Durante la Milano Design Week, Lavazza ha presentato ufficialmente il prodotto (ne abbiamo parlato qui). Di seguito leggiamo l’esperienza dei tre esperti.

La storia di Tablì

di Andrej Godina, Fabrizio Polojaz e Massimo Chenda

MILANO – La recente presentazione ufficiale di Tablì da parte del Gruppo Lavazza, durante la Milano Design Week 2025, ha catalizzato l’attenzione del settore caffè, nazionale e internazionale. Una compressa di caffè al 100%, senza alcun involucro, adatta oggi all’estrazione in espresso e un domani potenzialmente anche in moka: un’innovazione che sembra proiettare il consumo domestico e professionale verso un futuro più sostenibile e consapevole.

Ma pochi sanno che questa tecnologia non nasce oggi. Tablì è il frutto di un’idea concepita più di dieci anni fa da tre professionisti del caffè: Andrej GodinaFabrizio Polojaz e Massimo Chenda. Spinti da un’intuizione semplice ma rivoluzionaria – racchiudere un buon caffè in una compressa priva di involucro e additivi – hanno intrapreso un percorso pionieristico di ricerca, sviluppo, test, e infine industrializzazione.

Questo articolo scritto da Godina, Polojaz e Chenda vuole raccontare, per la prima volta, la genesi del progetto che ha portato alla realizzazione della prima compressa di caffè priva di involucro, 100% green, una storia che intreccia competenza tecnica, visione industriale, sostenibilità ambientale e passione autentica per il caffè di qualità.

Andrej Godina alla presentazione di Tablì nel 2015 (immagine concessa)

Raccontare questa storia oggi significa non solo restituire il giusto merito alle sue origini, ma anche valorizzare l’importanza dell’innovazione indipendente nel settore del caffè e di un centro caffeicolo, Trieste, che sa coniugare tradizione ed innovazione.

Tablì, prima di diventare un progetto commerciale, è stata una visione in cui la praticità del porzionato non deve compromettere né la qualità né l’ambiente.

La storia di Tablì

Alla base del progetto Tablì c’è una sinergia tra tre professionisti triestini con esperienze complementari ma una visione comune: Andrej Godina, con una formazione accademica e tecnica nel settore caffè e un percorso da coffee scientist e formatore internazionale; Fabrizio Polojaz, con una lunga esperienza nel commercio e nella torrefazione del caffè, già presidente dell’Associazione Caffè Trieste, e Massimo Chenda, con esperienza da manager e imprenditore in diverse realtà industriali, piccoli e grandi, specializzate nella produzione di componentistica, macchine da caffè uso famiglia e assistenza post vendita.

L’inizio è rappresentato dalla costituzione di Caffemotive Srl che contava tra i soci fondatori anche Giacomo Ghidinelli, imprenditore di lunga data nel campo della produzione e commercializzazione di componenti per le macchine caffè espresso, nonché nel passato socio di Saeco.

Il progetto ambizioso di creare un nuovo format green per il mono porzionato è passato attraverso tante idee iniziali e numerosi fallimenti: per esempio la prototipazione di una capsula in legno, le prime compresse realizzate con una tecnologia già esistente, fino ad arrivare alla genesi della futura Tablì, il tutto non sarebbe stato realizzato senza una solida base di ricerca scientifica e tecnica, prove pratiche e test sensoriali.

Fabrizio Polojaz (immagine concessa)

Le sfide del progetto sono state portate avanti con tenacia studiando approfonditamente la chimica e le caratteristiche fisiche del caffè tostato, lavorando a lungo sulla granulometria e sull’umidità del caffè, analizzando nel dettaglio le curve di estrazione e i parametri di estrazione e immaginando un sistema che potesse funzionare con l’hardware già disponibile – dalla moka 3 tazze alle macchine espresso a uso domestico a braccetto e superautomatiche – senza utilizzare in alcun modo capsule, in plastica, alluminio o altri materiali.

Massimo Chenda: “Tutto è iniziato con un finanziamento regionale FVG, ottenuto per un progetto che allora sembrava avveniristico: eliminare i rifiuti indifferenziati residuali delle capsule di caffè. Abbiamo capito fin da subito che la vera sfida non era migliorare i sistemi esistenti, ma ripensare tutto da zero, eliminando del tutto l’imballaggio tecnico. Dopo aver intercettato una tecnologia di compattazione interessante, abbiamo depositato un primo brevetto a San Marino e avviato collaborazioni con partner industriali per costruire il nostro primo stampo artigianale”.

Chenda aggiunge: “Da lì, passo dopo passo, abbiamo sviluppato una macchina automatica a testa rotante capace di produrre le compresse Tablì sia in versione moka che espresso, presentata per la prima volta alla Trieste Espresso Expo. Abbiamo anche ottenuto importanti estensioni internazionali del brevetto – in Europa, USA e Sud Corea – grazie a uno studio brevettuale molto preparato. La stabilità qualitativa della compressa è stata validata anche dall’Università di Udine, e a quel punto eravamo pronti a partire con la produzione. L’arrivo di Lavazza è stato il naturale riconoscimento di un lavoro costruito con anni di test, errori, intuizioni e visione: sapevamo che prima o poi qualcuno avrebbe capito il potenziale di Tablì. E così è stato.”

Massimo Chenda (immagine concessa)

Non si è trattato solo di inventare una compressa, ma di progettare un nuovo linguaggio di consumo del caffè, in cui tecnologia e semplicità si fondono, e dove ogni scelta – dalla compattazione al formato – è guidata da competenze concrete e da una visione condivisa.

Alla base di Tablì c’era un obiettivo chiaro: ottenere una qualità in tazza almeno pari a quella offerta dai sistemi monoporzionati in capsula, ma senza generare alcun tipo di rifiuto.

La sfida era dunque rivoluzionaria e non si trattava solamente del tema ambientale, ma anche di quello sensoriale: creare una compressa di solo caffè, compatta, stabile e pronta all’uso, in grado di restituire un’estrazione all’altezza delle aspettative di un consumatore esigente.

Il lavoro di sperimentazione è stato molto lungo, fatto di analisi delle granulometrie, bilanciamento dell’umidità residua, forza di pressatura, stabilità del formato. Ogni parametro incideva direttamente sul risultato in tazza – dal corpo alla crema, dall’aroma alla persistenza. Volevamo che Tablì fosse estratta perfettamente sia con la macchina espresso tradizionale sia con la moka, senza necessità di altri materiali.

Dopo migliaia di test sensoriali, siamo riusciti a definire un equilibrio tra compattazione e resa di flavore, e a realizzare il primo prototipo industriale per la produzione delle compresse. A quel punto è iniziato il lavoro sul fronte impiantistico: grazie al coordinamento di Massimo Chenda, è stato progettato e costruito un primo comprimitore automatico a testa rotante, interamente comandato da PLC, capace di produrre sia le compresse monodose per espresso che quelle tridose per moka.

Questo macchinario, sviluppato con il contributo di aziende italiane specializzate in automazione industriale, è stato presentato in anteprima alla Trieste Espresso Expo, segnando un punto di svolta: dimostrare che il processo era tecnicamente scalabile e pronto per la produzione industriale.

Parallelamente, abbiamo avviato la progettazione della linea completa di produzione e confezionamento automatizzato, culminata nella realizzazione di un impianto operativo installato presso la nostra sede di via Caboto a Trieste. Una struttura compatta, ma dotata di tutte le tecnologie necessarie per dare vita a Tablì su scala reale, con la stessa attenzione artigianale che aveva guidato i primi prototipi manuali.

Andrej Godina: “Fin dall’inizio del progetto, il mio ruolo è stato quello di garante della qualità finale del flavore in tazza. Grazie al mio percorso accademico e della lunga esperienza di degustazione del caffè, mi sono occupato in particolare degli aspetti tecnici legati alla composizione chimica del caffè tostato e macinato, lavorando con grande attenzione sulle caratteristiche del caffè tostato e sull’umidità residua, sulla granulometria e sui parametri del processo di compattazione”.

Godina continua: “Con i miei soci ci siamo sempre detti che non bastava realizzare una compressa 100% green, ma era fondamentale che Tablì fosse anche all’altezza degli standard qualitativi dei migliori sistemi a capsula presenti sul mercato. Ogni scelta tecnica è stata guidata da questa convinzione: offrire al consumatore una vera esperienza di caffè, senza compromessi sulla qualità in tazza. Ma fin da subito ho dato grande importanza anche alla comunicazione del progetto, sono sempre stato convinto che era importante creare un prodotto che fosse sì sostenibile e performante dal punto di vista sensoriale, ma anche capace di raccontarsi in modo accattivante”.

Godina aggiunge: “Per questo abbiamo coinvolto l’agenzia di comunicazione Sesamo di Figline Valdarno, e abbiamo avviato un intenso lavoro creativo con la direttrice creativa Francesca Sali, il designer Matteo Bazzanti e sotto la supervisione di Daniele Casprini, CEO dell’agenzia. Il risultato è stato il concept e il naming di Tablì, un nome che fin da subito ha puntato sul messaggio chiave del progetto: la nudità della compressa, la sua essenza 100% caffè, priva di qualsiasi barriera, un prodotto che riporta il senso del tatto nel rituale dell’estrazione e che, grazie al suo design e alla sua narrazione, diventa un racconto coerente che parte dalla piantagione e arriva alla bevanda finale.”

Tablì (immagine concessa)

Fin dalle prime fasi di sviluppo di Tablì si è compreso quanto fosse fondamentale proteggere l’innovazione attraverso un solido percorso brevettuale. Dopo i primi test con una tecnologia di compattazione sperimentale, l’azienda si è affidata a un rinomato studio di Vicenza per l’analisi dell’anteriorità e abbiamo depositato una prima domanda di brevetto presso l’Ufficio Brevetti di San Marino, ottenendo la priorità sul processo.

In seguito, si è estesa la tutela a livello internazionale con un PCT che è stato riconosciuto in Europa, negli Stati Uniti e in Corea del Sud. Parallelamente, è stata brevettata anche la macchina comprimitrice industriale sviluppata internamente, capace di produrre le compresse Tablì in modo automatico. La strategia brevettuale si è rivelata decisiva per consolidare il valore del progetto e per proteggerlo nel tempo, garantendo la possibilità di una sua evoluzione industriale e commerciale.

Fabrizio Polojaz: “All’inizio sembrava un’impresa impossibile: convincere banche e investitori a credere in una compressa di solo caffè, senza involucro, in un mercato dominato da capsule brevettate da multinazionali. Eppure, ci siamo riusciti, grazie a una progettualità solida e alla credibilità tecnica del team. Abbiamo ottenuto finanziamenti regionali, partecipato a bandi europei, e anche nei momenti più complessi, come il crack delle banche venete, siamo riusciti a rimanere in piedi”.

Polojaz: “Ricordo bene le prime fiere, quando presentavamo il progetto Tablì con passione e ancora pochi mezzi: da Trieste Espresso Expo a incontri con investitori africani e americani, ogni occasione era un’opportunità per far capire che non stavamo vendendo un’idea, ma costruendo un cambiamento reale, una vera rivoluzione del settore. Alla fine, la nostra determinazione ha pagato: Tablì è stato compreso, valorizzato e portato nel mondo da chi ha avuto la forza industriale per farlo.”

Dopo anni di sviluppo, test e ottimizzazioni tecniche, il progetto Tablì si è trovato di fronte a un bivio: avviare autonomamente la produzione industriale, con tutte le difficoltà economiche e strutturali che questo comportava, oppure cercare un partner in grado di valorizzare e portare rapidamente sul mercato la tecnologia. Dopo i primi contatti con investitori italiani e internazionali, si è concretizzato l’interesse del Gruppo Lavazza, che in seguito ad una lunga fase di sperimentazione congiunta, ha deciso di acquisire Caffemotive insieme ai brevetti e all’intero know-how sviluppato.

Il progetto Tablì (immagine concessa)

L’obiettivo di creare un’alternativa ecologica e di alta qualità ai sistemi monoporzionati ha trovato piena realizzazione in questo passaggio di testimone. Lavazza ha saputo riconoscere e potenziare il valore della prima intuizione, investendo nello sviluppo tecnologico e brevettuale e mantenendo intatto il cuore del progetto, a partire dal nome: Tablì.

Grazie alle sue risorse industriali e alla sua capacità distributiva, oggi quella che era una visione indipendente può raggiungere una platea globale e contribuire a un futuro del caffè più sostenibile.

Tuttavia, la storia di Tablì rappresenta anche un raro esempio di trasferimento tecnologico dal basso verso l’alto, partito non da un grande centro di ricerca aziendale, ma da un piccolo gruppo di professionisti del caffè mossi da un’idea rivoluzionaria. Come ha sempre affermato Fabrizio Polojaz, “non bastava presentare un Tablì creato in laboratorio: bisognava dimostrare che eravamo capaci di produrlo e venderlo, creando scompiglio nel mercato”.

E così è stato: tra prototipi artigianali, presentazioni in fiere di settore e panel di consumatori, trattative internazionali e la costruzione di una linea produttiva industriale, il progetto ha dimostrato la sua solidità ben prima dell’ingresso di un grande player industriale.

Tablì è la dimostrazione che, anche in un settore dominato da grandi gruppi, l’innovazione può germogliare dove c’è competenza tecnica, conoscenza della filiera, visione industriale e passione per il prodotto.

È fondamentale continuare a valorizzare queste esperienze nate ai margini dell’industria tradizionale: perché è lì che spesso si accende la scintilla delle trasformazioni più profonde. E oggi più che mai, il mondo del caffè ha bisogno di ascoltare, sostenere e credere in queste idee.

                                                   Andrej Godina, Fabrizio Polojaz e Massimo Chenda

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