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MILANO – Avrete probabilmente sentito parlare dell’indice Big Mac, l’indicatore economico informale che confronta il potere d’acquisto delle valute utilizzando come benchmark il prezzo del popolare panino di Mc Donald’s. Gli analisti di Coffeeness hanno fatto qualcosa di simile, sotto certi versi, prendendo però come metro di misura il prezzo medio di una normale tazza di caffè nelle caffetterie degli Usa, per estendere poi il raffronto ai listini di Starbucks.
Il risultato è la Coffee Affordability Map, che stabilisce, stato per stato, quanti minuti di lavoro sono necessari per poter comprare un caffè in un locale pubblico.
A tale scopo sono stati utilizzati i dati dell’Ufficio delle statistiche del lavoro per quanto riguarda la paga media oraria in ogni singolo stato.
Giustamente, lo studio non ha preso in considerazione il salario minimo, poiché il caffè al bar è un bene voluttuario e non essenziale.
Per il prezzo della tazzina si è fatta una media dei listini di un campione di esercizi indipendenti per una tazza di caffè, senza latte, panne, aromi e altre aggiunte
Esclusi anche l’espresso e i caffè speciali delle caffetterie e dei torrefattori “third wave”.
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