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martedì 06 Maggio 2025
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Francesco Guccini presenta la nuova edizione del libro “La legge del bar”, l’autore: “Una società a parte”

Francesco Guccini a la Gazzetta di Reggio: "Un posto che è regolato dalle sue leggi, che non sono quelle ufficiali, che variano anche da bar a bar. Tutto dipende dalla fauna che lo frequenta e dalle usanze che ha"

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Francesco Guccini, tra i volti più noti dei cantautori italiani nonché scrittore e occasionalmente attore, presenta la nuova versione riveduta e corretta del libro “La legge del bar. E altre irresistibili leggi dell’essere“. La prima pubblicazione del tomo risale al 1996 ed esplorava le dinamiche relazionali della società attraverso, ma non solo, uno dei luoghi più iconici dell’Italia: il bar. Leggiamo di seguito l’intervista a Guccini di Cristiana Minelli per la Gazzetta di Reggio.

Francesco Guccini, perché raccontare di nuovo, in versione riveduta e corretta, il mondo del bar?

Guccini a La Gazzetta di Reggio: “Saluto la gloriosa Gazzetta di Modena, per la quale ho fatto il cronista 65 anni fa. L’idea è venuta all’editore che mi ha chiesto di arricchire, rimpolpare, rinverdire “La legge del bar”, cosa che ho fatto, inserendo altre leggi, che regolano altri luoghi ugualmente unici”.

Se dovessimo dare una definizione, il bar, cos’è?

“Una società a parte rispetto a quella più vasta, una città particolare rispetto a quella, più grande, che le gravita attorno. Un posto che è regolato dalle sue leggi, che non sono quelle ufficiali, che variano anche da bar a bar. Tutto dipende dalla fauna che lo frequenta e dalle usanze che ha”.

Nei sei lustri dalla prima all’ultima versione di questo libro è cambiato il mondo. E anche il bar, che lei ha raccontato la prima volta per Comix trent’anni fa, non è più lo stesso… Cosa è rimasto intatto?

“Non frequento più i bar e a dire il vero non sono mai stato un frequentatore di bar cittadini, piuttosto ho bazzicato quelli dell’Appennino. Non saprei dire cosa può essere rimasto, oggi. Certo non può essersi perduto il gusto per la battuta. Una volta c’erano veri e propri specialisti, capaci di prese in giro che duravano nel tempo, che si tramandavano da padre in figlio”.

Parlando dell’uomo da bar, del frequentatore abituale. Quello dell’Appennino non è lo stesso che quello di città…

“Sì perché in Appennino la gente si conosce tutta. Il play boy in quel caso tace, non si vanta. Perché è pericoloso, potrebbe prendere in mezzo parenti, conoscenti. Il play boy di città è più libero di vantarsi delle sue conquiste. In montagna vige una grande omertà, serve a non creare zizzania”.

Per leggere l’intervista completa basta cliccare qui

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