mercoledì 10 Aprile 2024
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Noble Volcano e Behati nella Masterclass 1895 by Lavazza: gli specialty nella pasticceria tra tradizione e innovazione

1895 by Lavazza, perché Napoli? Perché la città ha una sua forte tradizione legata al rito, fa parte del nostro stile riconosciuto all'estero. L'idea è semplice: ridare onore a questo rito per perpetuarlo, coniugandolo alle tendenze future che ci accompagneranno nei prossimi anni.

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NAPOLI – Al Grand Hotel Parker’s si è tenuto un evento che segna un’ulteriore svolta per il mondo del caffè di eccellenza, per il rito della tazzina che unisce da nord a sud attorno agli stessi aromi avvolgenti: il marchio torinese è arrivato sino al cuore di Napoli, con 1895 by Lavazza. L’occasione è speciale, e il caffè è specialty: per lanciare queste soluzioni uniche, protagonisti d’eccezione tra chef e pasticceri.

Iginio Massari, grande estimatore e utilizzatore nei suoi locali degli specialty 1895 by Lavazza (Sinfonia del Maestro, esclusiva per Massari e Cocoa Rebel), Antonio Maresca e Marco Pedron della Caffetteria di Carlo Cracco in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, si sono alternati all’interno del seducente Grand Hotel Parker’s Napoli. Sotto l’attenta regia di Michele Cannone Lavazza Global Brand Director Away from Home.

Vediamo che cosa è successo, avendo a disposizione il mix di questi ingredienti così di livello.

Introduce il moderatore del dibattito, il giornalista di Bargiornale Ernesto Brambilla: “Parliamo di eccellenze italiane e siamo qua per celebrarle insieme a Iginio Massari, Antonio Maresca e Marco Pedron. Ci siamo riuniti al Grand Hotel Parker’s Napoli perché volevamo raccontare il caffè ma anche coinvolgere tutti sulla discussione per capire le prossime sfide del futuro e che tipo di legame ci sia tra il caffè e la pasticceria di eccellenza. Napoli ha una storia fatta di tradizioni e innovazioni, porta il bello e il buono all’Italia. E di questo siamo tutti grati.

1895 by Lavazza perché arriva a Napoli?

Il microfono passa a Michele Cannone: “Innanzitutto, questa é la data in cui Lavazza nasce. Il mondo del caffè sta cambiando seguendo tutte le tendenze alla ricerca del buono e dell’eccellenza, comunicando dei dati fondamentali: chi lo produce, da dove arriva ciò che beviamo tutti i giorni?”

“Tutto questo si racconta oggi: 1895 by Lavazza è una collezione di caffè speciali, ovvero quelli che non hanno difetti e sono i migliori al mondo. Perché Napoli? Perché ha una sua forte tradizione legata al rito, fa parte del nostro stile riconosciuto all’estero.”

“L’idea è semplice: ridare onore a questo rito per perpetuarlo, coniugandolo alle tendenze future che ci accompagneranno nei prossimi anni.”

Si gusta mentre si fa cultura sulla bevanda: nel piattino due preparazioni del Maestro Iginio Massari, sullo sfondo a destra. A sinistra in basso il classico penettone di Massari.

Il Maestro Iginio Massari prende la parola:

“Non sono stato io che ho fatto diventare il panettone il primo prodotto nel mondo, ma chi si occupa di comunicazione. Sono stato però il primo che ha l’ha venduto 360 giorni all’anno. Ho iniziato nel 1975 in corrispondenza della nascita di mio figlio, ideando un prodotto che potesse esser acquistato tutto l’anno, andando oltre il periodo natalizio.

Ritengo che la parola tradizione a volte confonda le idee e che con la scusa della ricorrenza si finisca spesso per mangiare qualsiasi porcheria. I risultati di questa mia idea mi hanno dato ragione.

Nelle nostre pasticcerie non ci sono le specialità: chi le fa non è un vero professionista, perché significa che ha creato un prodotto che fanno in tanti, ma con meno comunicazione dietro. Se si fanno le cose buone ma poi non si sa come divulgarle, allora verrà mangiato tra pochi. La comunicazione fa parte del successo.

Da noi i prodotti hanno tutti la stessa attenzione. Ogni sei mesi analizziamo l’offerta per capire quali sono le modifiche da apportare per renderla sempre attuale. Non è possibile che una ricetta possa funzionare per 40 anni: vent’anni fa preparavamo dei dolci con il 70% in più di zucchero rispetto a oggi. Perché? I frigoriferi fino al 1998 non erano così efficienti: al di sotto dello zero era refrigerazione e invecchiavano i dolci più precocemente che non riponendoli in frigo.

Nella foto, al centro Michele Cannone con il microfono, a fianco il Maestro Iginio Massari. Il primo da sinistra è Ernesto Brambilla, il giornalista di Bargiornale moderatore della Masterclass all’Hotel Parker’s di Napoli

Una volta la pasticceria si faceva a spanne e oggi si misura tutto.

Impieghiamo degli strumenti della farmaceutica: per le temperature dei forni, per avere un’idea precisa dei gradi, abbiamo posizionato delle sonde in alto e in basso nel forno, per controllare se la temperatura è sempre costante. Il panettone lo togliamo a 96 gradi: prima fa la muffa subito dopo risulta troppo asciutto.

Poniamo la stessa attenzione quando creiamo i cioccolatini o la ricotta: la seconda mangiata più a Napoli, in Sicilia e in Sardegna, e i primi nella zona centro-nord.

Inizieremo presto a produrre dei cioccolatini nostri: siamo arrivati ad avere un’ottima esperienza.  Ci ha bloccato sin qui un aspetto: tutto ciò che è scientifico oggi, domani può non esserlo. Così è successo con il colorante alimentare E161, il biossido di titanio. Cinque anni fa era definito come antitumorale, mentre il 6 di agosto di quest’anno hanno decretato proprio il contrario. Per cui tutte le ricette che utilizzavano questo colore e stampo, ora devono trovare un sostituto. Abbiamo dovuto cambiare tutta l’idea di questo concetto produttivo: non è facile, perché sino al 10 di novembre dobbiamo muoverci perché le richieste sono violente.

Un altro problema: viene a mancare uno dei prodotti più necessari, come la carta.
Ad esempio, quando abbiamo ordinato le confezioni per le uova di Pasqua, per rispondere a 5.000 richieste, prestando il massimo della cura per il prodotto e le sorprese, abbiamo avuto delle grosse difficoltà: perché vendendo online si incassano i soldi e in seguito si spedisce.

Che cosa è successo? Che le scatole sarebbero dovute arrivare per il 15 di febbraio e al 25 di marzo ne erano arrivate in ritardo soltanto 3000. Abbiamo dovuto rimborsare i clienti, regalando una scatola di cioccolatini con le nostre scuse.

Mancano insomma parecchie materie prime. Tuttavia ho notato con un mio collega, che lui paga lo zucchero – pur acquistandole la centesima parte di quello che rispetto a quella che usiamo noi – 30 centesimi in meno al chilo.

Tornando sul panettone: il nostro è pieno di simbolismi. E’ la chimera che l’uomo ha sempre sognato. E’ nato come immagine in una tavola apparecchiata e rappresenta il regalo per eccellenza: portndolo in dono si augura di avere tanti soldi, amore, ed esser eterni. L’uva sultanina rappresenta la moneta, l’arancia candita l’amore, il cedro candito l’eternità. E’ un bel messaggio di augurio che viene sfruttato poco a livello di comunicazione, perdendosi sulla strada.

E’ importante ricominciare a comunicare non solo ciò che c’è dentro un prodotto di pasticceria, ma anche il suo valore simbolico.”

La colazione rivisitata da Carlo Cracco

Marco Pedron al lavoro
Marco Pedron al lavoro nel laboratorio del Cracco Bistrot

Dentro una struttura al limite di fantascienza, con il bistrot al piano terra della galleria Vittorio Emanuele II di Milano, si muovono la mente e le mani sapienti di Marco Pedron:” In galleria il mercato è abbastanza saturo, ci sono tante realtà e tante fasce di prezzo per tutti, da quelle più accessibili a quelli più autentici in cui si sentono i profumi e si vede la produzione e la cottura.

I diversi gusti e prezzi si trovano tutti nel centro di Milano ed era importante quindi creare un connubio tra il cliente e il prodotto. Il lavoro più interessante è stato proprio quello di cambiarlo senza però modificare nulla: la semplicità in queste dinamiche serve tanto. Abbiamo quindi voluto intervenire solo su una forma del cornetto. Per quello classico si parte da una porzione di impasto di forma a triangolo isoscele noi usiamo il triangolo rettagolo e lo arrotoliamo in un’altra maniera.

Colazione italiana
Lievitati per la colazione all’italiana secondo Marco Pedron del Bistrot di Carlo Cracco in Galleria Vittorio Emanuele a Milano

E’ stato un gesto d’amore verso tutta la filiera. Creare un prodotto di questo genere, che abbiamo chiamato la Cornucopia, simbolo di abbondanza e fortuna, è stato un grazie. Cercare di inseguire l’identità di un pasticcere che la infondeva nella sua ricetta è stato il mio tentativo.

Un omaggio architettonico, ispirato al capitello dorico ionico, in un prodotto da colazione che cercava di nuovo la sua identità italiana. E poi è stato un onore averlo portato a Napoli: era importante l’idea di urlare al nostro Paese le nostre forme, con un simbolo di abbondanza, di fortuna. La cornucopia appunto.

La abbiniamo ad una crema con la ricotta al limone fatta da Salvatore Varriale, che è venuto sino a Milano nel nostro laboratorio, per realizzare questo binomio.”

Il cappuccino: forme, colori consistenze, le logiche nei piani dell’alta ristorazione

Riprende il Maestro Iginio Massari: “Un buon cappuccino è con la crema e non con la schiuma. In più si possono riconoscere gli aromi e le caratteristiche organolettiche positive del caffè. Perché anche questa ricetta si porta dietro degli elementi tecnici.

Un dato di mercato: oggi non si beve il caffè per star svegli. Ora circa metà degli atti di consumo attorno alla tazzina afferiscono alla sfera del piacere, che a sua volta è figlio di una serie di fattori. Il gusto è qualcosa che esiste prima in testa e poi al palato ed è suffragato dal contesto. Sempre più ora chi entra nei bar lo fa con l’asticella un po’ più alta.

Invece, se si parla delle nuove generazioni, la frequenza dei consumi nel locale tradizionale è sempre più bassa. Si inizia a bere il caffè più tardi e si beve molto più morbido, più dolce. Adesso ci sono i locali a tema, con dei contenuti: i consumatori conoscono perfettamente questi aspetti e poi scelgono quello che bevono e assaggiano legate ad un’esperienza.

Bisogna pensare ad un’offerta che sia perfetta sotto tutti i punti di vista. Non basta più fare bene solo una cosa e trascurare il resto. Il prezzo, i costi, sono tutte cose vere: ma bisogna far meglio. E chi può spendere diventerà sempre più esigente. Quindi è necessario raccontare una storia, differenziare, saper fare le cose e comunicare l’eccellenza.”

Le forme delle sue Cornucopie da dove arrivano?

Ritorna Pedron: “Arrivano dalla voglia di comunicare la storia della nostra italianità. E’ una serie di geometrie cambiate, la galleria è un’altra per cui la tecnica della doppia sfogliatura – tagliata e adagiata sopra l’impasto e poi tirata – e dal capitello che riprende la tradizione.

Iginio Massari parlava di un museo con delle lavorazioni di ceramica e mi diceva: non è così lontano dal nostro lavoro. Perché la nostra cultura è riconoscibile in ogni creazione. C’è chi lavora con la ceramica, chi con la porcellana, altri con i lievitati: i processi fanno parte della nostra artigianalità.”

Michele Cannone interviene con focus su 1895 by Lavazza

“Cos’è artigiano e cosa industriale: paragoniamo l’eccellenza del caffè a ciò che fa normalmente uno chef stellato. Non inventa tutti i giorni. Piuttosto è valutato per la sua capacità di replicare il meglio ogni giorno.

Questi caffè 1895 by Lavazza chi li prepara? Quell’uomo laggiù, Cristiano Portis: ogni anno la materia prima cambia e non esiste una miscela che resta immutata, in quanto conosce una fase di recupero molto più basso del vino. La natura determina le sorti del chicco: ogni volta si inizia da zero. Quando si parla di una monovarietà o di una miscela, bisogna capire che si comincia da capo ogni volta. Questo lavoro lo fa proprio Portis che seleziona nei Paesi d’origine la materia prima per ottenere un determinato risultato in tazza. Si assaggia, si sceglie tramite il cupping e ogni anno si ripete questo esercizio, più volte.

La scarsa disponibilità in volumi di questi caffè definiti speciali ci obbliga a ripetere il lavoro di ricerca e selezione ogni tre mesi. Quando si crea una miscela, che cosa facciamo? Si parte con l’obiettivo di definire un profilo organolettico. Poi a seconda dei caffè a disposizione sul mercato durante l’anno, un esperto è in grado di riprodurre quello stesso profilo pur cambiandone gli ingredienti, adeguando le alternative al risultato organolettico finale.

Oggi si possono tracciare i caffè per comprendere da dove arrivano, si possono anticipare i tempi rispetto alle caratteristiche della materia prime e così avere delle eccellenze in tazza.”

Antonio Maresca: “E’ stato divertente creare il pairing con Kalima e con Petal Storm”

“Un omaggio a Gino Fabbri con una piccola ciliegina al cacao e cioccolato arancia, mentre con il Kalima una pralina di patè con papaia, con la gelatina esterna e il cold brew. C’è ancora tanto da fare su questo campo ed è quello che sta proponendo 1895 by Lavazza. Credo che il connubio tra pasticcere e coffelier o barman, sia sempre più forte. Questa strana coppia di due professionisti che sembrano non lavorare assieme, e che invece lo fanno spesso.

Si parte da un filo logico: abbiamo tanti strumenti ma deve sempre emergere il fattore umano, deve ricordare qualcosa. Quando ho assaggiato il Kalima, essendo uscito soltanto oggi il Noble Vulcano devo ancora scoprirlo, mi ha ricordato qualcosa. L’idea è quella di eliminare qualsiasi fronzolo tra il ricordo e la rappresentazione di esso.”

Il caffè come strumento per comunicare

Brambilla incalza: “Si torna al tema della preparazione del barista, che deve sapere raccontare il prodotto, avendo studiato ciò che propone al cliente. Per rovinare un caffè ci vogliono un cattivo contadino, un cattivo torrefattore e un cattivo operatore. Il combinato disposto dei tre è un disastro, il 60 a uno su tre è un problema, mentre l’eccellenza arriva solo se tutti e tre fanno il loro mestiere correttamente. Si può arrivare all’eccellenza, dipende dalla voglia di fare.

Prendiamo la moka, ma non la solita che è un metodo di per sé imperfetto che maltratta la preparazione, ma la Carmencita Pro modificata con il brevetto del team tecnico Lavazza per un’estrazione ad una temperatura inferiore, per un caffè da contemplazione.

Andiamo in Etiopia, dove è stato scoperto il chicco per poi esser diffuso dagli arabi e arrivare in Brasile.

Antonino Maresca: “Unire la stravaganza di un nuovo caffè. Ho proposto un’idea da una frase di uno chef spagnolo: l’innovazione non è creare con i piatti, ma portare nuove tecniche e concetti. Questo è l’abbinamento di questi dolci con il caffè: ci sono storie lontane, ma vicine agli ingredienti. Mentre parlo assaggerete un piccolo bigné da un grammo e mezzo in cui l’elemento dominante è il pistacchio. Che è molto particolare: oro verde per prezzo e qualità che trova la massima espressione se abbinato con olio, sale e pepe. Il gioco qual è: ho trovato interessante chiamarlo “Non plus ultra” per far sì che chi lo assaggia si aspetti qualcosa di assolutamente innovativo.

Sono molto legato al laboratorio: ho fatto uno stage da Massari vent’anni fa per poi avvicinarmi al mondo complesso della ristorazione. Si giunge al dolce dopo un percorso lungo e importante, per cui il dolce deve lasciare il segno deciso, senza esser però troppo appesantito dagli zuccheri.

Il secondo gioco è una sfida lanciata dal manager del Parker’s: mi ha detto di abbinare il caffè con qualcosa di salato. Ho usato il prodotto per eccellenza che unisce dolce e salato, e che si sposa al caffè: il cappero. Insieme a un agrume poco conosciuto ma molto presente in Campania, in Europa ce ne sono poche piante, l’Eremorange.

Nasce in Australia, mix tra lime e arancia dolce. Non ha parte amara, abbinato al caramello in purezza.

Il territorio verrà contaminato nel futuro con colture che ora si trovano altrove. Se pensiamo al limone che non era originario di questa terra, si potranno più avanti piantare prodotti buoni e oggi lontani. Cercando nuove consistenze e sapori: questo è il futuro della gastronomia e della ristorazione. Senza andare dall’altra parte del mondo, ma cercando di produrre tutto localmente.

E ricordo che il caffè con i capperi è stato già sdoganando, da Bottura e da Aimo e Nadia.”

Mauro Illiano pone una domanda provocatoria: “E’ arrivato il momento di scrivere un manuale per l’abbinamento tra caffè e cibo? I tempi sono maturi per unire le forze per tracciare la via?”

Michele Cannone risponde così e tira le fila della Masterclass napoletana: “Credo che in primis la pasticceria possa giocare un ruolo fondamentale, c’è una reciproca opportunità tra caffè e pasticceria. Per due motivi: il primo per il comportamento dei consumatori (l’80% del caffè bevuto nel mondo si consuma dalle 7 del mattino alle 3 del pomeriggio). Secondo: un buon caffè in una buona pasticceria, fa bene.

Ci sono diversi modi di vedere la cosa: il caffè buono crea fedeltà e genera impulsi d’acquisto e trasforma il locale in un luogo di destinazione. E’ quello che succede nel mondo del caffè negli ultimi 20 anni, ancor più con l’arrivo delle capsule che hanno dato una scossa al settore. Oggi si beve a volte un caffè migliore dalle capsule che al bar. Il consumatore lo percepisce e inizia a fare diverse scelte. Quindi è necessario per tutti diventare una destination per una proposta ben fatta non è solo una scelta di principio, ma un bisogno vero e proprio. Differenziarsi come punto vendita è una buona ragione per fare qualcosa di nuovo e di valore.

Conclude la coffelier Stefania Zecchi: “Dopo la scoperta di Noble Volcano si propone un assaggio di Behati estratto in chemex. Si tratta di una single origin coltivata in Etiopia che, dopo la raccolta manuale, viene lavorata col metodo naturale, con i chicchi lasciati essiccare al sole. Dopo un’attenta valorizzazione del profilo di tostatura, questa sarà un’esperienza diversa che potrete proporre ai vostri clienti, oltre l’espresso e la moka. Stiamo estraendo a filtro. Ho utilizzato il chemex, creato negli anni ’50. Ho macinato grossolanamente rispetto all’espresso. A voi l’assaggio”.

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