mercoledì 10 Aprile 2024
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“Ultima goccia” è il racconto a fumetti di Andrea De Franco su una tazzina

L'autore: "A Berlino - come ovunque d'altronde - bevevo tantissimo caffè. E anche la semplice fertilità dell'idea di una tazzina con un corpo umano si prestava: puoi fargli fare un miliardo di cose, è un attore molto versatile, mi sfrego le mani ogni volta che ci penso. Ultima Goccia è solo la punta dell'iceberg."

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MILANO – Il caffè che esce dalla tazzina e continua il suo significato culturale e tradizionale: un rito che non solo unisce le persone ma che fa da ponte anche tra diverse abitudini, dalla gestualità con gli amici al bar alla lettura di pagine letterarie. Spesso lo abbiamo ritrovato come ingrediente segreto di diverse opere e non ultimo è l’esempio del libro Ultima goccia, edito da Eris edizioni dell’autore Andrea De Franco, che ha fatto animare una tazzina di caffè e il suo desiderio di adempiere il suo scopo esistenziale di contenere del caffè da smarrire la sua identità, distruggersi in mille pezzi, diventare essa stessa caffè, e poi tornare a essere tazzina vuota.

Ultima goccia da dove nasce? Cosa racconta?

“Ultima Goccia è il primo libro che pubblico con Eris Edizioni. Lavoro ormai da diversi anni su progetti editoriali e narrazioni più o meno vicine al fumetto, ma sempre in formati brevi, spesso realizzati direttamente in casa o in copisteria. Sentivo l’esigenza di cimentarmi con un lavoro di maggiore respiro e volevo anche curiosare nel mondo dell’editoria “seria”, motivo per cui ho tormentato abbastanza pesantemente gli Eris finché hanno ceduto.

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Quindi direi che Ultima Goccia nasce soprattutto dal mio desiderio di lavorare con loro, perché la considero una delle migliori case editrici in Italia adesso, e per me è un vanto avere il mio nome nel loro catalogo insieme a tanti altri libri impossibili – che loro hanno saputo comunque realizzare. Ci sono molte storie dentro a questo libro, senza rivelare troppo è l’avventura di una tazzina di caffè particolarmente vitale e problematica.”

Come mai il protagonista è una tazzina?

“Ho creato spesso e volentieri intere storie senza personaggi o protagonisti chiari, affidandomi di più al rapporto tra il testo e il disegno. Nell’estate del 2018 però fui invitato ad una residenza a Berlino, presso il laboratorio/casa editrice Colorama, e fu lì che, cercando un personaggio per creare qualcosa di surreale, per la prima volta misi una faccia ad una tazzina di caffè.

Quella storia è stato il primo embrione, o scintilla, che mi ha portato fin qua. Per quanto riguarda la motivazione… io disegno sempre, di continuo, un disegno porta sempre ad un altro disegno, molte volte lascio che sia il gesto stesso a creare riflessioni o analisi, per cui una motivazione singola e logica è difficile trovarla. Dovrei vedere cosa stavo disegnando subito prima della tazzina, ma in quel periodo ero molto più disordinato di oggi.

Sicuramente c’entra il fatto che lì a Berlino – come ovunque d’altronde – bevessi tantissimo caffè. E anche la semplice fertilità dell’idea di una tazzina con un corpo umano… puoi farle fare un miliardo di cose, è un attore molto versatile, mi sfrego le mani ogni volta che ci penso. Ultima Goccia è solo la punta dell’iceberg.”

Cosa è per lei il caffè?

“Una presenza costante. Ho cominciato a berlo tardi e male: all’inizio pensavo solo alla quantità, perché mi piaceva l’effetto della caffeina. Poi ho cominciato pian piano a interessarmi anche alle qualità, ai processi e ai gusti e a dare maggior valore all’esperienza totale del caffè.

Tendo a stabilire dei rapporti anche troppo viscerali con i bar in cui trovo baristi interessati ad offrire un buon prodotto e stresso tutti i miei amici parlando di questo o quel metodo per prepararlo, mi presento con i thermos col mio caffè ai pranzi eccetera. In casa adesso bevo soprattutto V60, più che altro per berne tanto ma buono, ed essere gentile con il mio stomaco. Sono uno di quelli che si beve un’ultima tazzina prima di andare a dormire (mi rilassa).”

In Ultima goccia, il viaggio di questa tazzina sembra complessa quanto la filiera del chicco, dalla pianta alla bevanda: c’è qualche riferimento?

“Ho scoperto le vere complessità del percorso compiuto dal caffè negli ultimi anni. Lo trovo un caso di studio molto interessante per capire tante dinamiche legate all’agricoltura, al commercio, al rapporto della società occidentale con altri luoghi del mondo. Ed è anche una lente attraverso cui poter analizzare i modi in cui il mondo potrebbe evolvere e cambiare uno status quo colonizzante e insostenibile.

Ad esempio la tecnica / filosofia della permacultura l’ho scoperta bevendo caffè prodotto in Perù in quel modo ed è stata una bella novità, per uno cresciuto letteralmente in mezzo ad un uliveto pugliese. Per il resto, la continua trasformazione e movimento dell’identità e della realtà attraverso una rete complessa di rapporti tra agenti, ambienti e culture è una cosa che accomuna sicuramente il caffè e le persone, d’altronde in Ultima Goccia il caffè diventa letteralmente una persona… ma penso sia più semplicemente un tratto fondamentale della realtà. E io credo che sia importante continuare a cercare di esplorare la nostra natura, fosse anche attraverso la tazzina che ci beviamo la mattina prima di andare a lavoro.”

Si entra dentro casa, dove ci sono macinino e moka: cosa ci dice di questa tradizione italiana?

“Come ho detto prima adesso in casa consumo più percolato, ma sono molto legato alla moka e quelle disegnate da Aldo Rossi hanno un posto speciale nel mio cuore, infatti la Cupola è una dei coprotagonisti di Ultima Goccia. Spero che da Alessi non se la prendano. La Cupola e la Conica hanno qualcosa di magico, misterioso, potrebbero essere davvero palazzi abitati da strane creature come succedeva nei disegni di Rossi.

L’acqua nella caldaia, la polvere nel filtro e il caffè nel bricco sembrano un percorso alchemico in cui si intrecciano i quattro elementi medioevali. Adesso che il libro l’ho finito e lo posso guardare e stargli un po’ lontano, mi sembra di aver solamente sottolineato qualcosa che già esistesse, una storia che era già accaduta, bastava raccontarla.”

Qual è il messaggio di questa storia?

“L’unico modo per saperlo è leggere il libro. Mentre ci lavoravo ero troppo concentrato a finire di disegnare tutte le maledette pagine, ma dopo mi sono iniziato a chiedere cosa ne potrebbe ricavare una persona meno interessata al caffè di me, o una persona che ha un rapporto più tranquillo o inesistente con le tazzine, ma la verità è che, come quando abbiamo parlato della filiera del chicco, ci sono una moltitudine di intricate ragnatele che collegano così tanti aspetti diversi delle nostre vite, esperienze ed emozioni tra di loro che probabilmente ogni lettore potrà farsi una propria strada all’interno del libro e giungere alle proprie conclusioni e al proprio messaggio.

Questo è uno dei più grandi poteri dei libri e non intendo sprecarlo dicendo a caratteri cubitali alle persone come voglio che si sentano mentre mi leggono. Anche il modo in cui ho disegnato il libro riflette questa mia intenzione, è tutto molto filiforme, esile, piccole linee che possono sembrare sottili collegamenti su una mappa come può essere quella che mostra il percorso che fa un chicco di caffè dalla pianta alla tazzina. Mi fido abbastanza del lettore da dargli la responsabilità e il piacere di unire lui questi punti, di creare la sua mappa, di scegliersi da sé il suo caffè preferito.”

Dove si può comprare Ultima Goccia e a che prezzo

“In libreria e fumetteria, a 18€. Anche online, ma il mio consiglio è quello di trovare una libreria di fiducia e di ordinarlo là. Non ci sono mai stati così tanti buoni motivi come adesso per fare amicizia con dei bravi librai.”

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