giovedì 11 Aprile 2024
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Tazio Zerbini Zerbini, direttore R&D Flo spiega tutti i vantaggi delle capsule compostabili

Parla il ricercatore e specialista di chimica, direttore R&D del gruppo Flo: "Vi spiego perché il vantaggio importante della nostra capsula è che è realizzata in termoformatura. Si tratta di una tecnica che permette di accoppiare più strati di materiali diversi, ognuno dei quali riveste uno specifico ruolo; in particolare la compatibile Nespresso GeaCalix ha tre strati principali di cui quello esterno è morbido per aderire bene alla macchina, l’intermedio è barriera all’ossigeno e quello interno a contatto con il caffè è più rigido per evitare il collasso della capsula sottopressione"

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MILANO – Abbiamo parlato con il dottor Tazio Zerbini, chimico, direttore R&D del gruppo Flo, che sta dietro alla produzione di capsule caffè per il gruppo. Con lui abbiamo discusso di questi contenitori apparentemente così semplici, che però racchiudono al loro interno non soltanto il caffè, ma anche una ricerca e uno studio all’avanguardia, sempre verso soluzioni sostenibili all’altezza di un sistema monoporzionato già ben sviluppato.

Zerbini, com’è produrre questo tipo di capsule, che sfide pone questa produzione?

“Se ci riferiamo alle capsule compostabili e non a quelle tradizionali in plastica che comunque produciamo, sicuramente queste rappresentano da un punto di vista tecnologico una sfida importante. Siamo abituati a produrre contenitori tecnici per alimenti ma le capsule sono in assoluto le più complesse: oggetti piccoli, concentrati di una tecnologia che permette di resistere a temperature superiori ai 90 gradi e a pressioni che si avvicinano ai 20 bar. Una sfida difficile.

Innanzitutto non si possono confrontare le plastiche tradizionali alle bioplastiche, le prime infatti sono materia nota da ormai 70 anni, le conosciamo bene, sono disponibili tantissime alternative sui materiali, abbiamo avuto il tempo per comprenderne le caratteristiche ed ottimizzare i processi di produzione. Le bioplastiche sono più giovani e ancora poco note per l’uso in packaging tecnici.

La resistenza in condizioni di stress, alte temperature e pressione, la resistenza nel tempo, la capacità barriera, sono tutte caratteristiche che richiedono tempo e studio per essere ottimizzate, ma sono consapevole che il nostro team tecnico ha fatto notevoli passi in avanti in questi anni e ha acquisito una eccellente conoscenza dei biopolimeri.

Un vantaggio importante della nostra capsula è che è realizzata in termoformatura, una tecnica che permette di accoppiare più strati di materiali diversi, ognuno dei quali riveste uno specifico ruolo; in particolare la compatibile Nespresso GeaCalix ha tre strati principali di cui quello esterno è morbido per aderire bene alla macchina, l’intermedio è barriera all’ossigeno e quello interno a contatto con il caffè è più rigido per evitare il collasso della capsula sottopressione.

Le capsule compostaibili Flo

Il risultato è ottimo, le performance in erogazione sono simili a quelle delle capsule in plastica tradizionale.”

Che differenza c’è tra la termoformatura e l’iniezione?

“Il metodo a iniezione è quello più diffuso: la plastica fluida viene iniettata in uno stampo riempiendolo. Il manufatto finale è monostrato e normalmente presenta spessori più alti rispetto al prodotto in termoformatura. Quest’ultima accoppia fogli sottili di materiali che poi insieme vengono formati entrando in uno stampo ad una temperatura di circa 150°C e poi subito raffreddati. Questo ci permette di ottenere prodotti con stratificazioni di materiali differenti ognuno dei quali contribuisce a garantire un’erogazione di qualità.”

Zerbini, cosa ne pensa delle capsule in alluminio?

“Parlando del materiale, l’alluminio ha due qualità importanti, costituisce una barriera all’ossigeno molto elevata ed è riciclabile potenzialmente all’infinito. Parlando dell’applicazione capsule invece ci sono a mio avviso dei limiti. Uno dei problemi è la gestione del fine vita, una capsula riempita di caffè oggi non viene riciclata, sia essa di alluminio o di plastica.

Il motivo è che non si possono gettare le capsule usate nella raccolta differenziata perché sono piene di caffè, quindi vanno nell’indifferenziato. Si sta parlando anche di creare circuiti di raccolta dedicati, ma questo richiederebbe l’impegno del consumatore ad accumularle in un contenitore a parte e poi conferirle in un centro di raccolta specifico per poi avviarle al riciclo con costi proibitivi. Ci sono alcuni test a riguardo, Nespresso è impegnata in prima linea per trovare un fine vita più sostenibile per queste capsule ma al
momento sono semplicemente non riciclate.

E’ un peccato, perché si perdono ogni volta 6 grammi di caffè, un fertilizzante prezioso che se conferito nel residuo organico ha una grande valenza di sostenibilità.”

Ma alla fine che cos’è una capsula compostabile?

La capsula targata Flo

“Sul tema c’è molta confusione. Esiste una normativa, la EN13432, che dà una definizione precisa di compostabilità in impianti industriali (Industrial composting). In particolare, un prodotto per essere compostabile deve:
– Frammentarsi entro 3 mesi in pezzi di dimensione non superiore a due millimetri
– Biodegradarsi a CO2 e H2O ed eventuale biomassa in sei mesi
– Non avere effetti negativi sul compostaggio
– Non essere eco-tossico, ossia non rilasciare metalli pesanti ed altre sostanze pericolose

Poi esiste l’home composting, cioè il compostaggio in compostiere domestiche. Entrambe le soluzioni consentono di gettare le capsule nel residuo organico, la differenza principale è che mentre il compostaggio industriale è un processo controllato e industrializzato, che segue determinati protocolli e norme internazionali, il compostaggio domestico è basato su un metodo interno proposto da un laboratorio privato. Il primo è replicabile in tutto il mondo ed in ogni stagione perché le condizioni sono controllate, il secondo può essere verificato in laboratorio (il test è condotto intorno ai 25°C) ma non vi è alcuna garanzia
che funzioni nella realtà in quanto dipende dalle condizioni atmosferiche. Questo è il motivo per cui ancora non esiste una norma internazionale armonizzata sull’home composting.”

Questa capsula compostabile quali performance è in grado di offrire oggi?

Zerbini: “Siamo ad un livello di eccellenza. All’interno del nostro laboratorio applicativo possiamo registrare l’erogazione del caffè attraverso un sistema di monitoraggio collegato alle più diffuse macchine per caffè in commercio. Il sistema legge in tempo reale la pressione interna, il tempo di erogazione, la temperatura ed eventuali perdite d’acqua. I dati acquisiti sono una importante fonte per il confronto delle performance.

Un fondamentale dato emerso da questi test di laboratorio è l’interconnessione tra tutte le variabili in gioco. Mi spiego meglio con un esempio: cambiando la quantità del caffè nella capsula, e parlo di variazioni minime, pochi decimi di grammo, l’erogazione cambia visibilmente. La stessa variazione del risultato finale l’abbiamo trovata cambiando la granulometria del caffè o il top lid. Questo ci conferma che la capsula è un sistema complesso e che è basilare lavorare a fianco dei nostri clienti torrefattori per trovare insieme a loro il giusto mix che garantisca l’erogazione perfetta.

Per questo motivo abbiamo deciso di offrire un servizio di consulenza ai nostri clienti, mettiamo a loro disposizione la nostra esperienza e le nostre apparecchiature di laboratorio, per aiutarli a calibrare i parametri del sistema capsula in base alle caratteristiche del loro caffè.”

Zerbini, cosa ne pensa dell’opinione espressa dall’Ingegner Rocco, di Pack-Ital, rispetto alla maggiore sostenibilità delle capsule di plastica rispetto a quelle di alluminio, in termini di impiego energetico?

“Sono d’accordo, la produzione dell’alluminio è un processo molto energivoro, avviene ad una temperatura di circa 1000°C. Oggi quando si parla di alluminio ci si sofferma solo sul fatto che è riciclabile, anche se in realtà le capsule non vengono realmente riciclate, senza considerare aspetti più rilevanti. Oltre all’energia utilizzata per esempio, un problema enorme sono gli scarti generati per la sua produzione, i cosiddetti fanghi rossi, scorie tossiche ad elevata alcalinità che non possono essere smaltite ma solo stoccate  indefinitamente. E di questi fanghi se ne generano 1,5 kg per ogni kg di alluminio prodotto.

Per questo motivo, quando si parla di sostenibilità ambientale è fondamentale prendere in considerazione l’intero ciclo di vita del prodotto, non solo il fine vita, è importante parlare di LCA (life cycle assestment): uno strumento piuttosto complesso ma l’unico ad oggi che consente di valutare l’impatto ambientale di un prodotto considerandone tutti i fattori d’impatto, dall’estrazione delle materie prima al post consumo.”

Alluminio e plastica: è vero che la plastica di recente ha variato il costo raggiungendo quasi l’alluminio?

“E’ in atto una speculazione di mercato: ci sono alcuni paesi extra UE che sono in grado di recepire prezzi molto più alti sulle materie plastiche. In Europa sta succedendo che manca il materiale, molte aziende hanno dovuto fermare gli impianti mettendo a rischio il settore del packaging alimentare e l’industria farmaceutica. Nonostante questo fenomeno, che riteniamo transitorio, l’alluminio rimane ancora più costoso.”

Dal punto di vista dei costi: il consumatore è disposto a pagare di più per una capsula compostabile?

Zerbini: “Quello che registriamo noi è che oggi il mercato delle compatibili è ancora dominato dalla plastica, stimiamo un 75-80% contro un 10-15% di alluminio e altrettanto delle compostabili, con queste ultime due categorie però in crescita rispetto alla prima.

Bisogna ancora attendere per fare una lettura completa ed osservare come reagiranno i consumatori a lungo termine, sicuramente il tema ambientale è diventato un driver nella scelta, così come lo sono ovviamente la qualità del prodotto ed il prezzo. Oggi un trend in crescita sulle compostabili comunque c’è.”

I prossimi progetti di Flo?

“A livello di sistema capsule, stiamo lavorando sulla K-Cup, un sistema per gli Stati Uniti e Nord America. Il progetto prevede l’utilizzo sempre del PLA, abbiamo una collaborazione privilegiata con NatureWorks, il maggiore produttore di acido polilattico al mondo.
Si allarga insomma la famiglia Gea, composta dai sistemi Lavazza A Modo Mio, Blue, Nespresso e ora K-Cup.”

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