Condividi con noi le tue storie legate al caffè scrivendo a direzione@comunicaffe.it.
Stéphane Garelli, pioniere della ricerca e della teoria in materia di competitività, per molti anni direttore generale del World Economic Forum di Davos, nonché professore emerito di world competitiveness all’Università di Losanna, ha condiviso con noi il resoconto del keynote speech tenuto per Simonelli Group in cui ha analizzato i temi aziendali di economia globale e intelligenza artificiale. Inoltre, presentiamo i dati completi per approfondire il discorso di Garelli che possono essere trovati cliccando qui. Leggiamo di seguito le considerazioni dell’esperto.
L’innovazione come spirito guida
di Stéphane Garelli
BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Garelli afferma: “Per la prima volta, ho parlato al pubblico del Simonelli Group – non con la mia voce, ma con quella di un interprete, simbolo di un mondo sempre più interconnesso dove il linguaggio non è più un ostacolo ma una possibilità. Un sentito ringraziamento va al presidente e all’amministratore delegato del gruppo per l’invito, accolto con entusiasmo. Perché? Perché credo fermamente nella competitività, non solo delle grandi nazioni, ma anche – e soprattutto – di quelle aziende piccole e medie che ne costituiscono il cuore pulsante.
Garelli: poker, percezioni e opinioni: l’economia delle emozioni
Garelli: “Viviamo in un’epoca dominata dalle emozioni, dove – come ricordava Schopenhauer – “pochi sanno pensare, ma tutti vogliono avere un’opinione”. Il gioco del poker diventa allora metafora perfetta: è l’unico gioco in cui si può vincere convincendo gli altri di star perdendo. Ed è ciò che accade oggi: mercati in crescita nonostante notizie economiche negative, aspettative che divorano la realtà“.
Un mondo in tre imperi: USA, Europa, Cina
“Il mondo economico contemporaneo è dominato da tre grandi attori: Stati Uniti, Europa e Cina. Insieme rappresentano il 58% del PIL mondiale, ma non sono solo economie: sono imperi finanziari, militari, tecnologici e politici. Come disse Kissinger, un impero non vuole partecipare a un sistema internazionale: vuole essere il sistema internazionale.
Ma chi sta bluffando? Chi ha le carte migliori in mano?”
Europa, Cina, Stati Uniti: numeri e contraddizioni
“I numeri raccontano una realtà più sfaccettata. Gli Stati Uniti hanno annunciato una contrazione del Pil dello 0,2% nel primo trimestre e hanno un debito pubblico che supera i 1.800 miliardi di dollari, a fronte di entrate fiscali insufficienti. In Europa, la Germania fatica ancora a riprendersi dal post-Covid, mentre altre aree globali iniziano lentamente a mostrare segni di ripresa.

A fare da sfondo, la crescente pressione militare. USA e Cina rappresentano oggi il 49% della spesa militare mondiale. Solo gli Stati Uniti spendono 916 miliardi di dollari. Se ogni Paese aumentasse la propria spesa al 3% del PIL – come suggerito da alcuni – l’Europa da sola dovrebbe mobilitare oltre 200 miliardi di dollari in spese per la difesa. Una cifra che, se moltiplicata su scala globale, raddoppierebbe la spesa militare mondiale.
Ma questi sono solo numeri. Le idee contano di più. Come osservava con ironia John Carpwright, “l’unica funzione delle previsioni economiche è rendere rispettabile l’astrologia”. Quindi sì, cercherò di essere rispettabile.
E proprio quando si parla di economia e globalizzazione, è cruciale capire quanto siano ormai intrecciate le catene del valore. Un caso emblematico è l’iPhone: contiene oltre 2.700 componenti, forniti da 187 aziende, di cui solo 30 con sede in Cina. Se consideriamo che il 5% dei componenti non proviene dagli Stati Uniti, e ipotizziamo che il dispositivo fosse interamente prodotto negli USA, il suo prezzo di vendita arriverebbe a circa 3.500 dollari. Una cifra impensabile per un consumatore medio: nessuno comprerebbe un iPhone a quel prezzo. La globalizzazione, con tutti i suoi limiti, consente quindi ancora l’accessibilità su scala di massa.
Passando al quadro macroeconomico, emerge una questione chiave: il debito pubblico. I contributi alla crescita del debito statunitense mostrano cifre impressionanti. Durante una sola legislatura, Donald Trump ha aggiunto 7.000 miliardi di dollari al debito nazionale. Tra i principali creditori ci sono Giappone e Cina. Se un tempo era la Cina a detenere la maggior parte del debito, oggi Pechino sta riducendo la sua esposizione e diversificando.
Un altro paradosso emerge guardando ai grandi capitali privati. Cinque aziende – colossi del settore tecnologico – valgono insieme 12.900 miliardi di dollari, ovvero il 40% in più di tutte le banche del mondo messe insieme, e circa il 15% della capitalizzazione delle 10.000 maggiori imprese globali.
Solo cinque aziende detengono una quota così sproporzionata della ricchezza mondiale.
Eppure, in un mondo che esalta il ritorno alla manifattura, si evidenzia un’altra contraddizione. Se si chiede ai cittadini americani se il settore manifatturiero sia importante per il Paese, l’80% risponde di sì. Ma alla domanda “vorreste lavorarci?”, il 73% risponde no. Nessuno vuole più entrare in un settore percepito come duro, sporco e poco attrattivo. E questo è un problema strutturale”
Inflazione e costo della vita: tra numeri e percezioni
“A guardare l’inflazione, ci avviciniamo a numeri più rassicuranti, verso quel 2% tanto desiderato. L’Italia è posizionata relativamente bene, soprattutto rispetto a Paesi come Turchia e Argentina, dove l’inflazione ha toccato il 5%.
Ma il vero nodo non è l’inflazione in senso tecnico, bensì il costo della vita reale. Rispetto agli anni precedenti: il comparto alimentare è cresciuto del 50%; l’elettricità del 20–30%; il costo complessivo della vita è aumentato di circa 30%.

Numeri che impattano direttamente sulle famiglie e sulle imprese, indipendentemente dalle rassicurazioni ufficiali. “Non preoccuparti”, dice il mio agente, “l’economia si riprenderà.” Ma poi, ricorda: io sono il tuo agente.
E se vogliamo capire lo spirito dell’epoca, vale la pena ricordare Donald Trump, che affermava che la parola più bella nel dizionario fosse “Dazio”, più ancora di “amore” o “rispetto”. Un messaggio che parla di protezionismo, identità economica e controllo delle regole del gioco.
Trump, già 40 anni fa, indicava la direzione: meno tasse, meno spesa per la difesa altrui, più investimenti interni. Ma oggi, il deficit commerciale degli Stati Uniti (773 miliardi) resta elevato, e la produzione “americana” è spesso solo nominale. Emblematico il caso dell’iPhone: solo 30 dei 187 fornitori coinvolti hanno sede in Cina, ma l’assemblaggio finale ne distorce la percezione geopolitica”.
Debito, tasse e difesa: le vere vulnerabilità occidentali
“Il peso del debito pubblico diventa cruciale: in Francia, gli interessi rappresentano il 16% del PIL, superando l’istruzione. Negli USA, il 15% va in interessi, più della spesa militare. La sostenibilità del debito, e non solo l’inflazione, è la vera minaccia sistemica.”.
Industria, occupazione e paradossi generazionali
“Se da un lato l’industria è vista come un settore chiave per il rilancio (l’80% degli americani la considera strategica), dall’altro il 73% dei giovani non vuole lavorarvi. Lavorare sì, ma senza stress e responsabilità. La Generazione Z cerca stabilità, non leadership. La nuova forma di “promozione” è orizzontale, non verticale”.
Cina: l’enigma della nuova potenza
“Se gli Stati Uniti e l’Europa mostrano segni di debolezza strutturale o rallentamento, la Cina rimane il grande punto interrogativo dello scenario globale. Apparentemente stabile, sotto la superficie si agitano tensioni sistemiche.
Il primo campanello d’allarme arriva dal settore immobiliare, che rappresenta da solo il 29% del PIL cinese. Oggi questo comparto è in pieno collasso, generando un effetto domino sull’intera economia. Ma ciò che colpisce di più è l’impatto sulle famiglie: circa il 70% dei risparmi privati è investito in immobili, e quindi direttamente colpito dalla crisi.
In risposta, la Cina sta cercando di diversificare la propria economia e sviluppare nuovi settori industriali, ma il consumo privato interno rappresenta solo il 37% del PIL. Di conseguenza, per sostenere la crescita, Pechino deve esportare. E questa necessità alimenta nuove tensioni commerciali su scala globale.
Un esempio evidente è il settore dell’automobile elettrica, diventato punta di diamante della nuova industrializzazione cinese. Le vendite sono raddoppiate in soli tre anni, raggiungendo quota 12 milioni di veicoli. Se confrontiamo i numeri: Tesla impiega circa 126.000 dipendenti, BYD, il colosso cinese del settore, impiega 920.000 dipendenti. Di questi, ben 120.000 sono impegnati solo in ricerca e sviluppo (R&D).

E con una tale forza dedicata all’innovazione, è solo questione di tempo prima che scoprano soluzioni rivoluzionarie. Una di queste? La ricarica elettrica in cinque minuti: il tempo necessario per fare rifornimento a un’auto a benzina, ma applicato all’elettrico.
Questo è il ritmo della nuova competizione globale: non più solo sulla quantità o sui costi, ma sulla capacità di innovare in modo sistemico e rapido“.
Innovazione e legislazione: Europa contro il mondo
“L’Europa tende a legiferare prima di innovare, il contrario di quanto fanno Stati Uniti e Asia. Mentre il mondo si muove con politiche industriali aggressive (vedi gli USA con l’Inflation Reduction Act), in Europa il dibattito resta spesso ingessato da vincoli normativi. Anche i settori strategici sono definiti in modo differente: per l’India è l’acciaio, per la Svizzera… il cioccolato”.
L’era dell’intelligenza artificiale e della sorveglianza energetica
“L’intelligenza artificiale è la nuova frontiera, ma pone interrogativi complessi: chi possiede i dati? Quanto costa interrogare un modello rispetto a una semplice ricerca? L’impatto ambientale dei data center è enorme. E la sicurezza informatica è diventata un’industria criminale a tutti gli effetti: non più ragazzini nei garage, ma vere e proprie organizzazioni”.
Il paradosso dell’iperconnessione
“Viviamo iperconnessi, ma soli. Prima la famiglia si riuniva davanti alla TV; oggi ognuno guarda uno schermo, da solo. Il risultato? Epidemia di solitudine. La cultura aziendale deve ritrovare il proprio centro: meno novità, più affidabilità. Quando saliamo su un aereo, vogliamo un pilota competente, non un innovatore estremo”.
Commercio elettronico e logistica: il futuro è ibrido
“Il commercio elettronico vale oggi 7.400 miliardi di dollari. Il 41% degli acquisti via smartphone è guidato dagli influencer. Ma l’interfaccia umana resta cruciale: il contatto, la fiducia, la relazione. “Non possiamo mandare la nostra pizza in allegato”, come ha detto un pizzaiolo. Un messaggio chiaro: il prodotto resta centrale”.
Conclusione: la sfida del mindset
Il vero tema è il mindset. Serve un’energia nuova, un impegno autentico, una legittimità sociale e imprenditoriale. L’incertezza non è una scusa. Il tempo è tutto: un’idea buona lanciata nel momento sbagliato può fallire.
Ecco due lezioni: 1)Non lanciare mai un prodotto ad agosto. 2) E’ davvero sbagliato essere i primi ad avere ragione.
Una grande ispirazione viene dall’esploratore francese Jean-Baptiste Charcot, che ha viaggiato ai Poli e che aveva una nave che si chiamava Purquois-pas (Perché no). Il punto della questione è proprio questo: c’è bisogno di menti che non domandano il perché delle cose, ma si domandano il perché no”.
Stephane Garelli
Per l’approfondimento con i dati completi basta cliccare qui.
Riguardo Stephane Garelli
Stéphane Garelli, pioniere della ricerca e della teoria in materia di competitività, è stato per molti anni direttore generale del World Economic Forum di Davos. La sua personale esperienza come accademico e top manager in numerose aziende e istituzioni gli ha permesso di analizzare lo scenario economico e imprenditoriale globale.
È professore emerito all’Institute of Management Development di Losanna, dove ha fondato il World Competitiveness Center, ed è professore emerito di World Competitiveness all’Università di Losanna.
È stato presidente del consiglio di amministrazione e azionista di Le Temps, il principale quotidiano svizzero in lingua francese, Presidente del consiglio di amministrazione della holding finanziaria e bancaria Sandoz, membro del Consiglio di Amministrazione della Banque Édouard Constant e consigliere senior permanente del management europeo di Hewlett-Packard.
È membro di numerosi istituti e della commissione del Comitato Olimpico Internazionale su Sostenibilità e Legacy. Dal 1999 al 2002 è stato membro dell’Assemblea costituente del suo stato locale, Vaud, in Svizzera.
È autore di numerose pubblicazioni, tra cui il suo best seller Top Class Competitors. How Nations, Firms and Individuals Succeed in the New World of Competitiveness.