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Starbucks in Italia: ”Avanti con umiltà”

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MILANO – Starbucks in Italia. Questa è la volta buona. Dopo quasi vent’anni di voci, indiscrezioni, illazioni e bufale, più o meno fantasiose, arriva l’annuncio ufficiale. La celebre catena della Sirenetta sbarca, infine, nel Belpaese. Il primo locale aprirà a Milano, in una location esclusiva e quintessenziale. Seguiranno, probabilmente, Verona e Venezia.

I tempi? Inizio 2017, forse anche prima, se tutto andrà liscio. A comunicarlo è stato lo stesso Howard Schultz, che ha riunito amici e partner italiani in un palazzo settecentesco di via Cappuccio, nel cuore di Milano, per illustrare i termini e la filosofia dell’operazione.

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La notizia ha catalizzato l’attenzione dei media italiani e internazionali, grazie allo straordinario battage stampa che l’ha accompagnata, oltretutto in concomitanza con la Fashion Week milanese.

Contemporaneamente, la multinazionale americana ha postato, domenica notte, sul suo sito, un comunicato nel quale ha ufficializzato urbi et orbi il grande passo. Eloquente il titolo: “Con umiltà e rispetto Starbucks punta gli occhi sull’Italia”.

“La storia di Starbucks è strettamente legata alla tradizione italiana del perfetto caffè espresso – dichiara Shultz nel comunicato – Tutto quello che abbiamo realizzato si basa sulle meravigliose esperienze che molti di noi hanno vissuto in Italia e da 45 anni la nostra aspirazione è stata quella di agire da depositari rispettosi della tradizione italiana”.

“Ora intendiamo provare, con umiltà e rispetto, a condividere quanto abbiamo fatto e imparato aprendo il nostro primo store in Italia. Il primo Starbucks italiano verrà progettato con una scrupolosa attenzione ai dettagli e con un grande rispetto per gli Italiani e la cultura del caffè.”

“Mi auguro che i nostri partner possano sentirsi orgogliosi a tal punto che, ogni volta che vedranno uno store o ne varcheranno la porta penseranno di aver fatto la cosa giusta”.

Abile (e ruffiana) captatio benevolentiae o sincera dichiarazione d’amore nei confronti della civiltà del caffè che ha ispirato il modello Starbucks? In un libro autobiografico, Schultz descrive il suo primo incontro con la “teatralità” dei caffè italiani quasi come un’illuminazione mistica.

E un’intervista, ripresa anche da Comunicaffè, definisce lo sbarco in Italia “il coronamento di un sogno”.

Ma Mr. Schultz è innanzitutto un abile uomo d’affari e, come tutti i business men, i conti li sa fare molto bene. Il suo non sarà un salto nel vuoto.

Quale impronta verrà data ai locali italiani?

“Sarà un classico, dinamico ed elegante caffè Starbucks” spiega lo stesso Schultz: servirà cibo italiano, avrà un bancone come nei nostri bar e servirà una miscela di caffè creata apposta per i gusti dei milanesi. Il tutto in collaborazione con esclusivi partner italiani.

E a giudicare dagli invitati alla vernice milanese, si spazierà nell’alta gamma.

Ci saranno pure l’internet wireless e Spotitfy. Per ricordare che Starbucks è anche la Mecca dei geek.

Una sintesi, insomma, che cercherà di contemperare il meglio dei due mondi. Come reagirà l’industria italiana del caffè, ora che il più volte paventato arrivo della Sirenetta si sta materializzando?

Chi ha una certa età ricorderà come lo sbarco di McDonald’s in Italia, avvenuto nel 1985, fu accompagnato da polemiche e levate di scudi.

L’apertura del primo locale romano scatenò addirittura manifestazioni di piazza e appelli all’allora sindaco della capitale Signorello (celebre lo slogan: “Signorello, mangiare all’italiana è bello”) perché difendesse la tradizione gastronomica italiana contro la demoniaca invasione della multinazionale dei fast food.

Bucatini e abbacchio contro BigMac e McChicken.

Come è andata a finire?

Il mondo attuale è diverso da quello di trent’anni fa.

La stessa McDonald’s è oggi più Glocal che mai, anche se con esiti non sempre felici (vedi il contestatissimo panino McItaly).

E per creare i suoi nuovi panini si affida persino a grandi cuochi italiani, del calibro di Gualtiero Marchesi.

Starbucks deve buona parte del suo successo mondiale alla capacità, che ha avuto ovunque, di adeguarsi, negli allestimenti e nelle proposte, ai gusti molteplici dei disparati universi di consumo con i quali deve relazionarsi quotidianamente.

Se saprà farlo anche in Italia potrà avere successo pure nel nostro paese. E se darà una mano agli esercenti italiani, alle prese con margini di guadagno sempre più compressi, a riaffermare il giusto valore della tazzina di espresso al bar, le dovremo essere tutti grati.

Sotto questo punto di vista – marketing e valorizzazione del prodotto/servizio – l’allievo americano ha decisamente molto da insegnare, anche ai suoi maestri italiani.

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