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Starbucks gay-friendly: in Indonesia parte il boicottaggio degli integralisti

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MILANO – Opporsi a una multinazionale perché non condanna l’omosessualità? Ci ha pensato Anwar Abbas, leader della Muhammadiyah (Seguaci di Maometto), la seconda più grande organizzazione islamica dell’Indonesia.

Abbas ha invitato i suoi concittadini a boicottare Starbucks, la catena statunitense di caffetterie ormai presente in tutti gli angoli del mondo, perché colpevole di avere più volte supportato il matrimonio omosessuale e i diritti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali).

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Con l’intenzione di farle revocare anche la licenza di esercizio, il leader musulmano dichiara: “Se Starbucks pensa solo agli affari, va bene. Ma che non porti qui la sua ideologia” [Reuters].

L’impegno di Starbucks

Dopo che la Corte suprema degli Stati Uniti si è espressa a favore del matrimonio egualitario nel giugno 2015, Starbucks dichiarò di “sostenere da molto tempo la comunità LGBT e l’uguaglianza del matrimonio”.

E Anwar Abbas si ricorderà senz’altro la dichiarazione nel 2016 del manager di Starbucks Indonesia, Yuti Resani: “Starbucks apprezza la diversità e l’equità e ci siamo impegnati a fornire un ambiente inclusivo e accogliente per tutti i nostri partner e clienti” 
[Republika].

Anwar sostiene che Starbucks attacchi in maniera negativa i principi e le regole morali dell’Indonesia. Dichiarandosi continuamente a favore dei diritti LGBTQIA. Come per altro hanno fatto anche altre multinazionali come Microsoft, McDonald e Google.

E anche Twitter, social network a cui si affidano gli indonesiani dalla parte di Anwar per lanciare l’hashtag #BoikotStarbucks (Boicotta Starbucks).

L’intolleranza in crescita

La situazione in Indonesia per i diritti LGBTQIA, ma anche per le donne e le minoranze, sta diventando preoccupante. La tolleranza e la stabilità dei diritti umani vacillano fortemente.

Essere gay in Indonesia non è un crimine. Ma le recenti e continue persecuzioni da parte dei corpi di polizia e dei funzionari pubblici alimentano la già presente intolleranza di molti cittadini indonesiani.

Preoccupano inoltre le pene corporali della provincia semi-autonoma di Aceh, retta dalla legge della sharia.

Gli arresti di massa [Il Grande Colibrì; Il Grande Colibrì] dei mesi scorsi e la task-force anti-gay organizzata dalla polizia [Il Grande Colibrì] hanno portato diversi gruppi internazionali per i diritti a condannare la situazione del paese.

Un gruppo di 37 membri del Congresso degli Stati Uniti ha inviato all’ambasciatore dell’Indonesia una lettera. Nella quale si sottolinea la crescente radicalizzazione e la persecuzione verso le minoranze. Le donne e la comunità LGBTQIA, citando anche le fustigazioni di uomini gay a Aceh. Una situazione che – dicono – continuerà a essere monitorata. E che potrebbe portare l’Indonesia a una diminuzione dei rapporti economici con le altre democrazie [Asian Correspondent].

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