giovedì 11 Aprile 2024
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Starbucks crolla in Borsa e dice che è colpa dei terroristi

“La gente ha paura e non esce più di casa”, lo pensa il Ceo di Starbucks (e non solo lui). La catena di caffetterie ha chiuso davvero male l’ultimo trimestre

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MILANO – Brutte notizie per Starbucks, la celebre catena statunitense di caffetterie. Nell’ultimo trimestre dell’anno le vendite sono crollate del 5%, mentre le azioni hanno perso 4 punti. Alla CNBC il Ceo della multinazionale, Howard Schultz (FOTO sopra), ha detto che il crollo è legato al contesto politico e sociale degli Usa e del mondo interno: «L’incertezza delle elezioni, il moltiplicarsi di episodi di intolleranza razziale e gli attentati terroristici abbassano la fiducia dei consumatori».

Due trimestri di crescita e poi il crollo

Schultz rassicura gli azionisti e parla di un’anomalia. Difficile, d’altronde, giustificare un crollo così vistoso, anche in relazione ai buoni risultati degli altri trimestri dell’anno. Nel primo le vendite globali della multinazionale sono cresciute del 9%. Nel secondo del 7%. Mentre il terzo ha visto un incremento di solo il 4%, deludendo le stime degli analisti (6,1%). Allora per gettare luce il Ceo ricorre alla sua tesi, è la situazione politica e sociale ad aver colpito così duramente le vendite della sua azienda: «In 24 anni di carriera non riesco a ricordare un trimestre con una tale confluenza di fattori, agitazioni politiche e sociali, abbassamento della fiducia dei consumatori, una crescente incertezza globale…», ha spiegato Schultz al Financial Times.

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“La gente ha paura di uscire di casa”

E poi c’è il terrorismo, che secondo alcuni (Starbacks compreso) favorirebbe il consumo a domicilio. D’altronde anche altre celebri catene di food americane, come Dunkin’ Brands (proprietaria di Baskin Robbins) e Yum Brands che raggruppa marchi celebri come Pizza Hut, KFC e Taco Bell, hanno avuto risultati inferiori alle aspettative per «il clima di sfiducia che si è instaurato nei consumatori». Lo conferma Chris O’Cull, analista di KeyBanc, il quale sostiene che l’incertezza politica e i conflitti sociali stanno avendo come risultato quello di incrementare la vendita di pizza a domicilio. In altre parole, i consumatori hanno paura di uscire di casa e proprio se non vogliono cucinare preferiscono ordinare cibo a casa. Una tesi che può sembrare alquanto bizzarra ma che è sorretta da alcuni dati, come i risultati stellari (+ 12% di revenue) di Domino, celebre catena di pizzerie in USA, come spiega il Financial Times.

Ma ci sono anche altri motivi

Eppure la crisi registrata da Starbucks e affini ha anche altre motivazioni. La crescita in America delle caffetterie indipendenti, il rallentamento del mercato del lavoro, e sempre più grande competizione nella ristorazione con le catene di supermercati, come Walmart, che aumentano la loro offerta culinaria.

Non sarà un trimestre andato male a minare la fiducia del Ceo di Starbucks. Da quando l’azienda è alla sua guida ha raggiunto 16 miliardi di fatturato. Per Fortune, rivista americana, è uno dei più bravi Ceo al mondo. Tanta strada per il figlio di un camionista, cresciuto nelle case popolari di Brooklyn, perfetta incarnazione dell’American Dream.

Giancarlo Donadio
@giancarlodonad1

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