domenica 24 Marzo 2024
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Scrive Davide Cobelli: Speciality o Specialty

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Scrive Davide Cobelli (FOTO IN ALTO) Education Coordinator di Scae Italia

Vorrei condividere un articolo scritto pochi giorni fa sul mio Blog dal titolo “Cosa sono gli Specialty (o Speciality) coffee?”

Visto che troppo spesso sento fare confusione sulla differenza tra Specialty Coffee e Third Wave… Spero che dopo la lettura questa differenza possa apparire più chiara.
Buona lettura

Lo Specialty Coffee è troppo spesso scambiato per qualcosa che in realtà a mio parere non è, vediamo di capire cosa sia e cosa lo differenzia dalle cosiddette “onde” del Caffè.

Il termine Specialty Coffee viene menzionato per la prima volta in America nel 1974, da una Torrefattrice di nome Erma Knutsen per categorizzare determinati Caffè…

In pratica il concetto fu semplice: Speciali climi geografici producono chicchi con profumi e sapori dal profilo unico, ella si riferiva agli Specialty Coffee.

Questa idea fu la base che i caffè “Specialty” dovessero essere sempre ben selezionati e lavorati, usati con tostature fresche ed estratti rispettando il loro profilo. Questo era stato il lavoro dei Caffè Speciali che si erano evoluti nel ventennio precedente al 1998.

La Specialty Coffee Ass.n of America (SCAA) continua a definire gli Specialty in questo contesto, così come la SCAE.

Il concetto pare chiaro: un caffè Speciale per definirsi tale deve avere caratteristiche di qualità uniche, che lo rendano in qualche modo un individuo con un carattere riconoscibile.

Per fare questo però c’è bisogno anche di un’altra valutazione, cioè quella della qualità, come definire la qualità nel caffè?

Esistono varie classificazioni per difetti che identificano un po’ le aree geografiche in cui il Caffè cresce, non sempre uguali, non sempre calibrate tra loro, vediamo un poco di fare chiarezza:

-Nel mondo del Caffè esistono dei peccati capitali e peccati mortali, I mortali sono i difetti primari, coloro che danno un sapore o odore alla bevanda finale che la rendono l’aspetto organolettico di minor qualità.

Poi ci sono quelli secondari, chiamati così perché meno gravi rispetto ai precedenti, questi peccati in genere vengono uniti a formare un difetto primario, in base alla gravità del risultato finale, tant’è infatti che possiamo necessitare di 5 chicchi in pergamino (difetto secondario) per avere la stessa gravità di un chicco nero (primario), oppure 10 chicchi appena tarlati per farne uno quacchero (il quacchero da gusto di acido acetico a causa della fermentazione).

Uno Specialty Coffee come inizio non deve presentare nemmeno un difetto primario e avere limitati quelli secondari, di conseguenza deve essere molto ben selezionato.

Ma da sola, la mancanza di difetti ancora non basta, questo caffè (tornando alla definizione di Erma Knutsen) deve avere un carattere definito e positivo, ecco perché quindi al caffè viene attribuito un punteggio tramite un protocollo di assaggio (SCAA cupping protocol oppure Qgrader protocol).

Per il Cupping Protocol vi rimando a questo articolo che ho scritto qualche tempo fa.

Una volta che il caffè raggiunge un punteggio all’assaggio di +80 punti può essere definito Specialty Coffee (a dire la verità ultimamente un caffè da 80 pt ad oggi forse non basta, forse perché ci stiamo abituando bene…), ma anche voi avrete fatto lo stesso ragionamento che ho fatto io: “quindi se un torrefattore tosta un caffè Speciale, automaticamente lo può vendere come tale?” Si… e no…

Da sola la materia prima di qualità serve a poco, potremmo avere un Torrefattore che spende un sacco di soldi per comprare una grande materia prima e poi tostandola la rovina irrimediabilmente, quindi acquista uno Specialty e vende un caffè mediocre… o magari lo tosta a color carbonella, o peggio ancora (sempre che tra i due casi sia peggio quest’ultimo) lo vende dopo 6-8 mesi dalla tostatura…

Quindi abbiamo la definizione di uno Specialty Coffee come materia prima? Si… Come prodotto finale? Non ancora…

Ci serve sempre l’ultimo anello della catena che è un Barista, se preparato e sa fare il proprio lavoro, allora completerà questo cerchio fino a chiuderlo, per dare al cliente finale un vero Caffè Speciale, una vera emozione.

Rimane dunque da stabilire cosa sia la famosa “terza onda” nel mondo del caffè (e poi tirare ad indovinare sulla quarta…).

La Terza onda nasce in antitesi alla prima e seconda, dove per decenni ha regnato un caffè di mediocre qualità, tostato scuro per coprirne i difetti e servito da persone mantenute appositamente incompetenti (non parlo solo dell’Italia ma anche in altre Nazioni).

Ricordo che in questo molte torrefazioni (anche Italiane) hanno avuto un grossissimo ruolo in negativo, tostando qualità mediocri/scadenti (risparmiando sulla materia prima) e cercando di fare in modo che il cliente ed il barista non venissero a conoscenza di ciò che si vendeva loro (tal volta creando leggende metropolitane ancora in voga i nostri tempi).
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La Terza onda ha avuto come obiettivo di contrastare proprio questo precedente Trend, per farlo ha dovuto puntare sul contrario opposto delle precedenti onde.

Ecco che così abbiamo avuto:
-Tostature molto chiare rispetto a quelle Italiane (e non solo)
-Packaging ridotto ad un quarto
-Shelf-life del prodotto a 4 settimane (a volte venduti/bevuti anche il giorno dopo la tostatura) anziché i dichiarati 2 anni dei nostri torrefattori
-Dosi di caffè raddoppiate, anziché i 6,5-7 grammi all’Italiana
-Acidità spiccata e amaro assente mentre nella versione vecchia era il contrario
-Bevande a base di Caffè e latte con creme sottilissime anziché “schiumoni” (all’Italiana)
-Servizio “Slow” (in alcuni casi anche 10 minuti per avere un Espresso) anziché rapido al banco bar.

Insomma cose dicevo una vera contrapposizione a ciò che l’Italia del Caffè ha offerto per tanti decenni al mondo.

Dove sta la Verità?

E’ difficile dirlo, credo che vi siano cose negative positive da ambo le parti, ed è proprio su questo che a mio avviso si giocherà la partita della Quarta onda, la vedo come un congiungimento tra le cose buone dell’uno e dell’altro.

Tostature medie che esaltino le note positive che l’acidità può dare ed il corpo di una tostatura poco più spinta di un 1°Crack (un grado di tostatura del Caffè) ma senza poi spostarsi a completare il 2°.

Uso di caffè di alta qualità sempre maggiore, in modo tale che la Tostatura sia efficacie e non debba coprire porcherie fatte all’acquisto (messaggio ai torrefattori che comprano a 2-3€/kg e vendono i prodotti a 25€/kg).

L’uso sempre minore del comodato d’uso (arma di distruzione di massa del Caffè Italiano) che non è altro che una fregatura coperta da interessi a legare il cliente.

Un tempo adeguato per il servizio (10 minuti non sono un po’ troppi per un Espresso?) che permetta al Barista di servire la qualità massima, ma anche accelerando il proprio lavoro per generare incassi.

Dei VERI Professionisti dietro al Bancone, è davvero esagerato quel che si vede ogni giorno, dove tutti si atteggiano ad esperti mentre sono solo degli improvvisati che sanno (poche volte) il minimo indispensabile per premere un bottone, senza nessuna cognizione di cosa stiano facendo, che poi si nascono dietro al “no ma tu non sai qui come funziona, se io mi metto a fare questo e quello nessuno lo capisce e tanto vale allora…”

Da qualche insegnate in meno che dica sciocchezze, o almeno più preparati di molti “predicatori” che affliggono come parassiti il mondo del Caffè.

Lasciatemi dire una cosa per ultima, basta parlare di utopia, ogni volta che parlo con un medio-grande Torrefattore lo sento dire “il mio è un buon prodotto commerciale, ma sai devo venderlo e quindi non è che posso prendere chissà cosa, altrimenti non ci sto, poi sai i clienti non capiscono, ecc…”, sono spesso Torrefattori con un gran numero di clienti da soddisfare e sono loro stessi ad ammettere questo quando si lasciano andare a confidenze, quindi perché continuare a voler mettere su due lati opposti Torrefattori medio-grandi e micro Torrefattori e/o Artigiani?

Qualità del verde e del tostato

Se è vero che non sempre un micro Torrefattore che compra un buon caffè poi lo esalta in tostatura, è certo che un medio-grande Torrefattore (che un genere usa un tostatrice dai 120kg a ciclo in su..) non sempre può comprare i caffè con più alto livello di qualità, per due motivi: il primo è che in genere c’è né poca disponibilità, il secondo è che se spende 8-10€/kg per un caffè verde (anziché 3-5€) a che prezzo lo potrà vendere per mantenere l’attuale margine?

Questa non è una critica a chi tosta caffè che sceglie il proprio posizionamento di vendita, ma a chi difende a spada tratta (più per interessi personali o di business) ciò che è evidente a chi un poco ne conosce di questo mondo, i due mondi possono tranquillamente coesistere.

Davide Cobelli

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