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SaharGul : il caffè a Kabul per sole donne in ricordo di una giovane vittima

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KABUL – L’aroma della libertà nel primo locale per sole donne aperto nella capitale dell’Afghanistan Si chiama SaharGul per ricordare una ragazza di 15 anni abusata e ammazzata dal marito perché si negava ai clienti. Leggiamo la storia dall’articolo di Serena Grassia su atlasweb.it.

SaharGul Cafe, per ricordare una ragazza afghana, appena quindicenne, abusata e uccisa dal marito perché si rifiutò di prostituirsi

Oggi Sahul per le donne afghane è diventata il simbolo della resistenza e della libertà, ed è per questo che il primo Internet Cafè di Kabul per sole donne è stato battezzato col suo nome. Dotato di una dozzina di computer portatili, una biblioteca, arredato con morbidi cuscini e con il logo di Facebook e di Yahoo dipinto sui muri, il caffè accoglie ogni giorno decine di donne che vi si recano per navigare, studiare, fare amicizia, o semplicemente sentirsi libere dal controllo degli uomini. “E’ diventato un rifugio per le donne”, racconta Homiyra Bakhashi, project manager e attivista di YoungWomen4Change, a RFE/RL. “Lo abbiamo creato per dare loro la possibilità di sentirsi sicure e rilassate. Facciamo in modo che possano studiare e lavorare senza problemi”.

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Le donazioni locali e straniere sono state fondamentali per la gestione e la manutenzione del caffè, dice Bakhshi, che alle visitatrici fa pagare un ticket di un dollaro, molto meno rispetto ad altri internet caffè di Kabul

Miriam Noorani è una studentessa dell’Università di Kabul e un’assidua frequentatrice del caffè, che ha aperto a marzo in occasione della Festa della donna. Per lei il caffè è un momento di libertà, un angolo prezioso in un paese dove l’abuso domestico nei confronti delle donne è routine, i matrimoni forzati sono ancora la norma e il tasso di suicidi femminili tra i più alti al mondo. Tuttavia negli ultimi dieci anni le donne hanno compiuto progressi significativi nella società afghana.

Milioni di ragazze sono tornate a scuola, molte donne lavorano, specialmente nelle grandi città, e ricoprono anche ruoli di responsabilità, e decine di loro sono diventate membri del parlamento e del senato. Ma tutte sospettano della politica del presidente Karzai, perché temono che con il ritiro della NATO nel 2014 i loro diritti verranno “sacrificati” nelle trattative di pace con i Talebani. In effetti segnali in questo senso non sono mancati, in particolare a marzo quando il Consiglio degli Ulema redisse un codice di condotta per le donne dal sapore talebano e Karzai non ne dissentì, ma l’Unione Europea nell’ultima conferenza di Tokyo sull’Afghanistan è stata chiara: sosterrà il paese con 1,2 miliardi di dollari l’anno per la ricostruzione, “ma solo se verranno rispettati i diritti delle donne”. Altrimenti, un’inversione di rotta sarà inevitabile. Fonte e per saperne di più:

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