giovedì 11 Aprile 2024
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Prezzo della tazzina finalmente sopra l’euro: c’è voluta una pandemia

«Una signora, che ha prenotato il pranzo - racconta Simone Dalla Rosa, il titolare - ha lasciato 50 euro a fronte di una spesa di 37. Lì per lì ho provato un certo imbarazzo: siamo veneti, abituati a lavorare, non a ricevere, ma ammetto che in questo tempo difficile mi ha fatto bene»

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MILANO – Il rito del caffè sopravviverà allo scoppio della pandemia? La risposta è complessa, ma senza ombra di dubbio, sarà necessario qualche cambiamento. Adattarsi alla nuova situazione è l’unica via e a questo punto, anche i costi andrebbero rivisti. Tanti cari saluti quindi all’irremovibile euro a tazzina che tutti gli italiani hanno difeso con le unghie e con i denti: non era sostenibile prima, figuriamoci ora che i gestori in tutto lo Stivali hanno l’acqua alla gola. Come cambierà il prezzo? Leggiamo una riflessione dal sito ilgiornaledivicenza.it.

Prezzo dell’espresso: un futuro di rincaro

Il caffè all’italiana, seduti al tavolino al costo di 1.10 euro? «D’ora in poi ce lo scorderemo. L’emergenza coronavirus ha tracciato una linea netta fra le abitudini del passato e il tempo che verrà».

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E intanto, se molti hanno deciso di mantenere invariato il prezzo della tazzina, ops, del bicchierino, nonostante i costi aggiuntivi, c’è anche chi, nel Valdagnese, l’ha già aumentato di 10 o 20 centesimi. La reazione dei clienti? «Nessuna, lasciano anche il resto».

Ancora di più ha fatto un cliente abituale dell’Icecafè alle Colonne di Vicenza

Che fingendo di non avere moneta, ha preteso di pagare un caffè 50 euro: «Tieni pure, questo è il primo espresso dopo il lockdown e voglio dare il mio personale contributo a voi che mi avete sempre servito bene e ora state soffrendo. Il caffè della ripartenza merita questo».

L’indomani quello stesso cliente ha pagato il caffè 5 euro, ma non è l’unico: «Una signora, che ha prenotato il pranzo – racconta Simone Dalla Rosa, il titolare – ha lasciato 50 euro a fronte di una spesa di 37. Lì per lì ho provato un certo imbarazzo: siamo veneti, abituati a lavorare, non a ricevere, ma ammetto che in questo tempo difficile mi ha fatto bene».

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