lunedì 22 Aprile 2024
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Palme a Milano, la moda della giungla urbana fa la fortuna dei vivaisti

Boom per le imprese attive nella cura e manutenzione del paesaggio del Comasco, da dove arrivano le piante di Starbucks. Crescono grazie soprattutto alle tendenze dettate dal capoluogo, dove lo stile jungle è il must del momento.

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MILANO – Tante polemiche per le palme e i banani in Duomo, quando “la giungla urbana” di Milano ha fatto la fortuna dei vivaisti del Comasco, da dove arriva il giardino della discordia che sta crescendo ai piedi della Madonnina. Perché lo stile tropicale a Milano città è ormai un must. E le aziende del settore fioriscono, anche grazie alla moda del momento.

Perché se Como coltiva, “Milano detta la linea e crea tendenze”, spiega Erica Ratti, presidente di Rattiflora, l’azienda comasca che cura la manutenzione di piazza della Repubblica e piazza Meda, e che negli ultimi anni ha visto “ingigantire” i propri affari con il capoluogo lombardo.

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“L’esotico in piazza Duomo? Nelle case dei milanesi la moda della giungla urbana era già scoppiata nel 2016”.

Dalle piante a foglia larga ai cactus, e poi canne di bambù, banani, strelitzie, filodendri, kenzie e piccole palme. Ma anche felci, rampicanti e persino liane ondeggianti in salotto. “L’anno scorso abbiamo avuto una richiesta altissima”. Dai loft sui Navigli ai palazzi storici di Brera fino agli attici con terrazze.

“Lo stile jungle piace perché non è perfetto e non richiede troppa manutenzione”, spiega. “Le piante devono crescere in modo irregolare, così si crea un effetto di incolto e selvaggio. Spesso si mescola poi a cortecce di sughero, lamiere arrugginite, vasi di latta e altri materiali di riciclo”.

E per i costi, si va da “qualche centinaia di euro per creare un piccolo angolo esotico – magari in bagno o in cucina – fino a installazioni di 5.000 euro o più per terrazzi e openspace”.

C’è chi storce il naso e chi pensa che prima o poi ci farà l’occhio, anche se a guardarle ricordano Miami. Ma c’è qualcosa che rende le palme in piazza Duomo uguali a gran parte del verde che popola Milano. Come le rose albicocca della nuova piazza della Scala, ad esempio, o i rigogliosi giardini di piazza della Repubblica. Sono tutti targati Como.

È qui, infatti, negli antichi vivai del capoluogo lariano, che crescono arbusti, conifere e piante erbacee pronti per essere trapiantati nelle aiuole e sui terrazzi di Milano. O a riempire gli showroom delle più grandi case di moda come le passerelle e i balconi fiorati di via della Spiga.

Crescono a Como – per via delle condizioni climatiche e di terreno più favorevoli – e poi, caricati su camion o furgoni areati, arrivano in città. “Ogni giorno abbiamo almeno due o tre consegne a Milano”, dice Alice Cappellini, titolare dell’omonima azienda di Carugo, giunta alla quinta generazione.

Una tradizione antica, nata a metà dell’Ottocento nei territori della bassa comasca da giardinieri di ville che si sono fatti imprenditori. Oggi un polo d’attrazione per architetti, stilisti e designer milanesi che scelgono l’eccellenza dei vivai lariani per le proprie realizzazioni.

Come il tappeto di edera e caprifogli puntellato da rose bianche che dall’estate scorsa colora piazza Meda. O le 4mila piante del Bosco Verticale, scelte dall’architetto Stefano Boeri a Como perché, dice, “quella è un’area rinomata con prodotti di ottima qualità”.

Il cuore tra Carugo, da dove provengono le 42 palme sponsorizzate da Starbucks, e Mariano Comense, che vanta la presenza della più antica azienda florovivaistica d’Italia, la G.B. Mauri, fondata nel 1821.

“È una filiera completa che va dalla produzione al disegno degli spazi verdi fino alla manutenzione”, spiega l’agronomo Nicola Canepa. I clienti milanesi si aggirano in media tra il 50 e il 70%.

“L’anno di Expo è stato eccezionale. Nel 2015 abbiamo lavorato solo lì”, spiega Stefano Peverelli, titolare dell’omonima ditta lariana che per dieci anni ha riempito le aiuole di piazza Duomo. La stessa che, con i suoi giardinieri volanti, cura la spettacolare potatura degli alberi del Bosco Verticale.

“Sono agronomi che si sono arrampicati sulla Grigna cinquanta volte prima di ottenere il patentino. E adesso si calano quattro volte all’anno lungo le pareti nere del grattacielo con corde, forbici e sacchettino”.

Un volume d’affari, quello che lega le due città, in costante crescita. Secondo i dati della Camera di Commercio, al 2015 le imprese comasche attive nella cura e manutenzione del paesaggio sono aumentate del 50% in sette anni: sono 442, di cui 395 artigiane, e impegnano 794 addetti.

Il 60% in più rispetto al 2008. Il business del verde non conosce crisi. E crea nuovi posti di lavoro. Su tutti il settore della riproduzione di piante, triplicato negli ultimi sette anni. Oggi sono 59 le aziende. 169 i lavoratori dipendenti: nel 2008 erano solo 38.

Oltre alla tendenza “jungle” che dai giardini e terrazzi di casa è arrivata in piazza, c’è anche la meno esotica ma altrettanto forte moda degli orti verticali, pareti di piante aromatiche dotate di impianto di irrigazione e pannello solare.

Un’idea nata dall’azienda Peverelli di Como, a partire da uno studio con il Politecnico sul verde verticale in città. Poi sviluppata, spiega Stefano, il titolare, “su richiesta dei tanti clienti milanesi” alle prese con la tipica mancanza di spazi orizzontali.

“Alle signore piace coltivare basilico, rosmarino e altri aromi e prenderli direttamente dal terrazzo mentre cucinano l’arrosto”. Sfizi però non per tutte le tasche. “Il costo è di 250 euro al metro quadro, una media di 8.000 euro a orto”.

Ma tra le case di pregio è già una moda. Come quella dei tetti pensili, tappeti di prato sui piani alti dei palazzi, arredati con piccole piscine o vasche idromassaggio.

“Ogni terrazza ha la sua storia, ma spesso – dice Peverelli, senza nascondere un pizzico di orgoglio – ha radici a Como”

Elisabetta Invernizzi

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