mercoledì 17 Aprile 2024
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Èspresso 1882: Vergnano e Nespresso continuano la battaglia brevetti

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TORINO – Italia batte Svizzera 2 a 0. Perché anche dall’appello è uscita una sentenza positiva per Caffè Vergnano, azienda piemontese di caffè, nella causa intentata dalla multinazionale svizzera Nestlè. Il Tribunale di Torino non ha accolto le richieste della Nestlè di inibire a Caffè Vergnano qualsiasi attività di produzione, commercializzazione e promozione delle capsule Espresso1882. Soddisfatta la reazione di Carolina Vergnano: “La decisione del Tribunale è assolutamente soddisfacente per la nostra azienda, conferma come Caffè Vergnano abbia sempre operato nel rispetto della legalità. Ora ulteriore nuovo impulso alla linea Èspresso 1882. Nessuna reazione, per ora, da parte di Nespresso.

Èspresso 1882 VS Nespresso: continua la battaglia di brevetti

Tuttavia non è detta l’ultima parola perché manca un ultimo passaggio definitivo perché la Nestlè ha già citato Vergnano in una causa di merito, ma non in un procedimento d’urgenza, quindi con tempi tecnici più lunghi e Vergnano nel frattempo potrà continuare la vendita delle proprie capsule.

Da notare che questa seconda sentenza positiva potrebbe ora spingere altre aziende italiane a seguire la strada aperta da Vergnano e pochi altri. D’altronde, come scritto in precedenza, se la decisione dei giudici apre le porte ad un nuovo mercato e alla liberalizzazione del porzionato, c’era già molti precedenti nel campo dei ricambi, a cominciare da quelli per auto alle alla cartucce compatibili delle stampanti. Inoltre, come sostenuto da molti addetti ai lavori, tesi ripresa dalla difesa, il brevetto Nespresso è la macchina più la capsula, non la sola capsula.

La vicenda

Nel febbraio 2012 Nestlé aveva avviato un procedimento d’urgenza contro Caffè Vergnano, prendendo posizione duramente contro l’azienda fondata da Domenico Vergnano nel 1882. La multinazionale svizzera lamentava la violazione di tre suoi brevetti del Sistema Nespresso – il sistema di macchine e capsule per il caffè espresso – nonché la presunta contraffazione dei propri marchi Nespresso da parte di Caffè Vergnano, e infine l’uso illegittimo da parte della stessa del marchio Nespresso, in quanto sulle confezioni di capsule per caffè espresso dell’azienda piemontese veniva precisato che le capsule Caffè Vergnano – commercializzate con il marchio Èspresso 1882 – erano “compatibili con le macchine Nespresso”.

Nestlè chiedeva di inibire a Caffè Vergnano qualsiasi attività di produzione, commercializzazione e promozione delle capsule Èspresso1882, bloccare anche ogni uso del semplice marchio Èspresso – in quanto a loro avviso fonte di potenziale confusione – nonché del marchio Nespresso, che Caffè Vergnano citava esclusivamente per spiegare al pubblico la compatibilità delle sue capsule. La multinazionale svizzera chiedeva anche al Giudice di autorizzare il sequestro di tutte le capsule per caffè espresso di Caffè Vergnano, delle loro confezioni e di ogni materiale pubblicitario a esse relative, ordinando il ritiro immediato dal commercio di tutti i prodotti della linea Èspresso 1882.

La difesa “Il tribunale ha stabilito che non c’è contraffazione – ha detto l’avvocato Fabrizio Jacobacci, specialista di brevetti che ha difeso Vergnano – perché i brevetti di Nestlé non hanno ad oggetto una capsula, ma piuttosto un sistema nel quale è ricompresa anche una capsula. Peraltro le capsule Vergnano sono tecnicamente diverse da quelle della Nespresso, con un proprio brevetto, ma compatibili con le macchine Nespresso.

In sintesi la Vergnano ha le proprie macchine del caffè con le proprie capsule che però sono compatibili anche con quelle della Nespresso”. “E’ un precedente importante – ha aggiunto l’avvocato Jacobacci – perché insegna come sia possibile, per chi si arma di buona volontà ed è disposto a investire in ricerca e sviluppo, progettare e produrre capsule economiche, commerciabili e funzionanti”.

Un precedente importante che però manca di un ultimo passaggio definitivo visto che la multinazionale Nestlè ha già citato Vergnano in una causa di merito, e non in un procedimento d’urgenza, con tempi tecnici più lunghi quindi “la Vergnano nel frattempo potrà commercializzare le proprie capsule ma – conclude Jacobacci – siamo fiduciosi che l’esito della causa di merito sarà lo stesso, anche perché il motivo del contendere è il medesimo”.

La sentenza Con la seconda sentenza il tribunale di Torino ha confermato – oltre alla piena legittimità della commercializzazione delle capsule Caffè Vergnano – la peculiarità del marchio Èspresso 1882 e anche la legittimità dello slogan pubblicitario “L’alternativa c’E’: E’ italiano, E’ buono, E’ al supermercato, E’ sotto casa”, con il quale il torrefattore piemontese aveva reso noto il prodotto presso i propri clienti.

Unica modifica a carico dell’azienda italiana, già sancita dalla prima sentenza, è la disposizione di sostituire la dicitura

“compatibile con le macchine Nespresso” con la più completa dicitura “capsule compatibili con le macchine Citiz, Lattissima, Pixie ed Essenza, di produzione Nespresso”, ma Caffè Vergnano aveva già provveduto nelle scorse settimane a rettificare tutte le confezioni della linea Èspresso1882 presso i punti vendita in cui il prodotto è in commercio.

“Avremmo preferito evitare di trovarci coinvolti in una vertenza giudiziaria, non avviata da noi – ha detto ancora Carolina Vergnano per conto dell’azienda produttrice di caffè – perché non ci è mai appartenuto uno spirito aggressivo di definizione delle controversie. Come abbiamo sempre sostenuto, Caffè Vergnano ha mantenuto un atteggiamento corretto e rispettoso delle leggi, che caratterizza tradizionalmente l’operato della nostra azienda, tanto che il Tribunale ha confermato che le campagne pubblicitarie di Èspresso 1882 si sono limitate ad esaltare tutta una serie di caratteristiche oggettive e positive delle nostre capsule per caffè espresso, in modo persuasivo ma senza in alcun modo screditare la concorrente Nestlè. Ora potremo continuare a commercializzare le nostre capsule con ancora maggiore legittimità dopo questa sentenza, espandendo ulteriormente la nostra presenza nelle case degli italiani”.

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