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Oscar Farinetti, scrittore e imprenditore di successo fondatore di Eataly, ha incontrato con Mario Rubino, presidente di Kimbo, hanno analizzato il comparto del caffè che rappresenta uno dei simboli di Napoli ma anche dell’Italia nel mondo. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato sul portale dell’ansa.
Mario Rubino e Oscar Farinetti sul caffè
NAPOLI – “Il barista fa il cuoco del caffè”. Con un’espressione immaginifica Oscar Farinetti, scrittore e imprenditore di successo, spiega a suo modo come quello della ‘tazzina’ non sia solo un rituale di convivialità e cultura, ma anche l’espressione di un mondo complesso, fatto di diverse tappe e procedure di lavorazione spesso non semplici.
E dice anche che occorre cambiare la narrazione sul caffè al quale “va dato il giusto valore per mantenere alta la qualità: non è possibile che una tazzina costi un euro, un euro e 20, una bibita costa molto di più mentre ora i costi del caffè crudo sono aumentati e di molto”.
L’occasione gli è data da un invito rivoltogli da Mario Rubino, presidente della Kimbo spa.
E così nello stabilimento dell’azienda di torrefazione a Melito, alle porte di Napoli, è nato un confronto di idee e proposte fra due imprenditori visionari che hanno analizzato un comparto che rappresenta uno dei simboli di Napoli ma anche dell’Italia nel mondo, l’ ‘espresso’, un’eccellenza made in Italy.
Al centro dello scambio di idee, fra utopie e duro richiamo alla realtà, nel Training Center dell’azienda e durante la visita allo stabilimento (con il direttore Francesco Cavallo e la quality manager Maria Cristina Tricarico), la necessità di cambiare pagina per raccontare il caffè. Che vuole dire? “Vuol dire lavorare per far percepire al cliente il valore del prodotto, legarlo a ‘storie'” ha detto il fondatore di Eataly.
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Di qui la necessità, secondo Mario Rubino, di fare ogni sforzo per limitare i costi limitando anche i profitti: “A noi interessa soprattutto il valore sociale della nostra attività”.
Un aspetto al quale Rubino, medico urologo per anni impegnato nel Pronto Soccorso del Cardarelli prima di dedicarsi all’azienda di famiglia, tiene molto: “Abbiamo sperimentato diversi progetti come ‘Fatto a Scampia’ e ‘Chicco di Speranza’; penso che occorra aprirsi sempre di più al territorio e noi lo stiano facendo anche in collaborazione con l’Istituto penitenziario di Secondigliano, a due passi da noi”.
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