giovedì 28 Marzo 2024
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L’INTERVISTA – Giacomo Vannelli racconta come ha vinto il titolo italiano e perchè aspira a quello mondiale

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A Rimini ci è arrivato per vincere ed è deciso a tornarci per inseguire un’altra vittoria, quella del WBC, il campionato mondiale baristi.

Sì perché Giacomo Vannelli, laureatosi nella città romagnola campione italiano baristi caffetteria, ha conquistato il diritto a rappresentare l’Italia al Campionato mondiale della specialità che tra poco più di quattro mesi si svolgerà nella stessa “capitale turistica” in riva all’Adriatico.

campione 2

E il percorso “da Rimini a Rimini” il ventitreenne barista toscano lo compie con l’Aurelia II Competizione di Nuova Simonelli, macchina ufficiale del WBC.

“In questo ultimo anno – piega Vannelli – ho lavorato costantemente sull’Aurelia II Competizione, che ho acquistato personalmente proprio per averla sempre a mia disposizione e prepararmi al meglio per il campionato italiano. Ora mi aiuterà a dare il meglio di me anche nel Campionato mondiale del prossimo giugno”.

Come si è trovato a lavorare con l’Aurelia II?
“Molto bene, i risultati in tazza durante le prove, come in gara, sono rimasti sempre costanti. È una macchina estremamente affidabile e con un livello di tecnologia molto elevato”.

Qual è stata la sua carta vincente in questo Campionato?
“La mia passione per il mondo del caffè è nata quando avevo 12 anni, vivendo l’atmosfera di sapori e di aromi all’interno del bar-pasticceria di famiglia, a Camucia di Cortona, in provincia di Arezzo. La passione si è unita alla mia indole che mi porta a cercare ogni novità. E l’innovazione ritengo che sia stata la mia carta vincente nella gara di Rimini.

Premesso che a vincere in queste competizioni è sempre il caffè, il valore che il barista può aggiungere non può che essere rappresentato da qualcosa d’innovativo, frutto di ricerche sulla lavorazione alla macchina e sull’estrazione.

Nell’occasione ho presentato una mia innovazione che consiste nell’estrarre contemporaneamente due diversi caffè macinati (nello specifico un naturale dell’Honduras e il Red Honey del Costa Rica), tenendoli separati nel portafiltro tramite uno particolare strumento d’acciaio.

In questo modo nella tazzina posta sotto al beccuccio destro scende prevalentemente caffè di un tipo e nella tazzina posta sotto il beccuccio di sinistra prevalentemente l’altra varietà utilizzata”.

L’Italia, patria dell’espresso, non ha mai vinto il Campionato mondiale baristi. Perché, secondo lei?
“La tradizione del caffè che abbiamo in Italia è stata spesso un punto di forza, ma questo ritengo che ci abbia anche fatto perdere lo spirito d’innovazione. Noi italiani ci siamo sentiti per tanto tempo come “già arrivati”.

Altri, invece, hanno vissuto l’espansione del consumo del caffè anche come occasione di sviluppo culturale e nel cercare il continuo miglioramento ci hanno superato.

Ora anche in Italia, però, c’è una nuova generazione di baristi pronti a condividere i saperi e ad acquisire il più possibile nuove conoscenze tecniche e scientifiche. Siamo saliti sul carro giusto e possiamo ritenerci pienamente competitivi”.

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