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Riccardo Illy, Il Polo del gusto: in calo i fatturati per il virus ma nel 2026 potremo andare in Borsa

«Stiamo scegliendo l’advisor, il socio dovrebbe entrare nel 2021 — dice Illy — Poi potremo andare in Borsa: con i singoli marchi o con tutto il Polo se avrà successo l’apertura dei negozi plurimarca». Il primo punto vendita che vede insieme Domori, Dammann Frères, Agrimontana e il Montalcino Mastrojanni è stato inaugurato a Milano in via Carducci, sulle insegne di Gelato Libre. «Vogliamo aprirne fra i tre e i cinque l’anno prossimo, nelle città medie e nei luoghi di transito»

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TRIESTE – Riccardo Illy torna a farsi sentire sulle pagine di corriere.it, per raccontare l’esigenza di molte aziende italiane di famiglia nel trovare nuovi modi di apertura «sia per superare l’emergenza della pandemia sia per affrontare i mercati globali, o verranno spiazzate». Su questi presupposti si basa la ricerca sempre più stringente di un socio di minoranza per il Polo del Gusto, subholding che raggruppa i marchi Domori (cioccolato), Dammann Frères (tè), Agrimontana (marmellate) e Mastrojanni (vini), inoltre gestisce Gelato Libre.

Polo del gusto, la cessione

Fra chi si è fatto avanti c’è l’Fsi di Maurizio Tamagnini, che però sarebbe ora interessato a patto di avere anche una quota in illyCaffè, il gruppo guidato da Andrea Illy dove l’altro fratello, Francesco, ha messo in vendita il 23%. Questa cessione, secondo fonti, si potrebbe concludere entro l’anno, equilibri familiari permettendo. «Noi non eserciteremo il diritto di prelazione», dice Riccardo Illy. Che annuncia il piano del suo gruppo rimodellato per il Covid: capitali esterni al più presto e revisione del modello distributivo, con più apertura ai supermercati e secondi marchi per compensare i cali di fatturato 2020. «Sono ottimista — dice Illy, presidente e amministratore unico del Polo — . La crescita ripartirà nel 2021, sarà più sostenuta nel 2022 e nel 2026 noi potremo andare in Borsa».

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I fondi Ue

In generale, l’ex sindaco di Trieste ed ex presidente del Friuli Venezia Giulia ritiene fondamentale per il Paese l’uso dei fondi Ue per la ripresa. «Possiamo davvero avviare un secondo miracolo economico, se sono spesi bene», dice. Vede «tre palle al piede» per l’Italia: «Il calo demografico, il debito pubblico e la burocrazia». E con il Recovery Fund interverrebbe su quest’ultima: «Comperare software alla pubblica amministrazione, cambiarne le procedure: questo sì darebbe una bella spinta alle imprese». Oltre alla liquidità, certo. Stabile, però.

La condizione

La condizione per accogliere un socio finanziario nel Polo del gusto rimane infatti quella stringente annunciata un anno fa: che resti per dieci anni. Un tempo lungo per un fondo di private equity. «Impossibile? No, c’è per esempio un fondo americano che sarebbe disponibile a restare nove anni, va bene lo stesso — dice Illy —. Poi, con le risorse del partner finanziario potremo procedere con le acquisizioni. È necessario avere un socio di capitale se si vuole accelerare la crescita. La crisi ha accentuato questo processo. Le aziende familiari devono passare dalla gestione padronale a quella manageriale. L’apertura del capitale deve diventare la normalità».

Negozi e incassi per Il Polo del gusto

Il Polo del gusto ha ricavi aggregati dichiarati per 89 milioni nel 2019 e quasi un’ottantina previsti nel consolidato comparabile per quest’anno, per via del Covid che ha colpito la ristorazione e gli hotel, forte canale di sbocco. Per Domori sono attesi quest’anno ricavi per 25 milioni, dai 30 annunciati; sotto i 20 per Agrimontana (dai 22 del 2019); una trentina per Dammann (da 37); per Mastrojanni circa 2,2 milioni, 3,5 l’anno prossimo. Il margine operativo lordo atteso nel 2020 per l’intero Polo è di circa 5,9 milioni. Secondo stime interne, il gruppo varrà nel 2021 sui 250 milioni , compreso l’aumento di capitale da 100 milioni che immetterebbe il nuovo socio. È interamente familiare: l’idea è cederne fra il 20 e il 40%.

I tempi

«Stiamo scegliendo l’advisor, il socio dovrebbe entrare nel 2021 — dice Illy — Poi potremo andare in Borsa: con i singoli marchi o con tutto il Polo se avrà successo l’apertura dei negozi plurimarca». Il primo punto vendita che vede insieme Domori, Dammann Frères, Agrimontana e il Montalcino Mastrojanni è stato inaugurato a Milano in via Carducci, sulle insegne di Gelato Libre. «Vogliamo aprirne fra i tre e i cinque l’anno prossimo, nelle città medie e nei luoghi di transito».

Il minibond

In questa chiave va vista l’annunciata emissione, entro fine mese (delibera del 29 ottobre), di un minibond per finanziare Domori: una sola obbligazione di sei anni da 4-5 milioni, rivolta agli istituzionali. Il taglio minimo è di 100 mila euro, la cedola del 3,5%-4%. Ma, soprattutto, c’è la garanzia pubblica (da Mcc, al 90%), come prevede il Decreto Liquidità. «La sottoscrizione sta andando bene — dice Illy —. In genere gli industriali chiedono i prestiti garantiti, noi con il partner Bper abbiamo scelto il minibond, che quoteremo. Per noi il Covid è l’occasione di sperimentare la finanza innovativa. Ci sono istituzioni disponibili a sottoscriverlo per intero, ma preferiamo avere più investitori. Vogliamo farci conoscere nel mondo della finanza».

I supermercati

La svolta finanziaria si accompagna a quella distributiva: collaborazioni con i supermercati e nuovi marchi. Per Domori è nata come seconda linea Chacao, venduto in Pam. «Per Dammann è già pronto Manufacture, stiamo firmando gli accordi — dice Illy —. L’obiettivo è compensare le perdite nella ristorazione. Puntiamo sull’estero e sui canali aperti da acquisizioni come Prestat», l’azienda inglese di praline, ora distribuita anche in Italia.

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