lunedì 18 Agosto 2025

Gianluigi Goi parla della Moka che forse sorride, comparsa nel racconto dell’Osservatore Romano

Gianluigi Goi: "Lo scorso 5 luglio, la scrittrice vicentina Mariapia Veladiano – (1960), due lauree in filosofia e teologia, molti libri anche di letteratura nei cataloghi fra altri di Einaudi, Rizzoli, Guanda), nel racconto “Solo una zia” tratteggia con molta efficacia la figura di una anziana signora di cui si è appena svolto il funerale. E’ la “zia” Irma che, già quasi anziana, aveva cresciuto l’innominata protagonista per 17 anni dopo la morte per incidente stradale dei genitori. Finalmente arrivata alla casa che fu anche la sua “Lei”, dopo un viaggio tribolato e faticoso, ad esequie ormai avvenute per volere della zia, si imbatte nell’anziana Aimée e scopre che “dentro casa si muovono persone, c’è gente alzata che prepara caffè e cucina qualcosa di speziato. … Dentro c’è un parlottio tranquillo. Vuole del caffe? Chiede una signora minuta con un abito verde?”

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Gianluigi Goi è un nostro lettore nonché giornalista di fama riconosciuta; è affezionato a queste pagine alle quali, con la sua lunghissima esperienza e il suo punto di vista, ha contribuito diverse volte proponendo contenuti sempre intriganti. In questa occasione, Goi ha parlato della moka che forse sorride, comparsa in un racconto dell’Osservatore Romano.

La moka che forse sorride

di Gianluigi Goi

MILANO – “Di questo c’è bisogno, di poeti, di poesia”. Papa Francesco – quanto mi manchi!, sospira la tastiera di chi scrive – lo ha ripetuto in molti modi e in diversi momenti: c’è bisogno di bellezza e di qualcuno che la canti.

“Per rimanere umani e (cercare) di custodire questo mondo sempre più chiuso in una morsa autodistruttiva”, l’Osservatore Romano – il quotidiano del Vaticano, autorevole per definizione come pochi altri al mondo, un misto di ritualità informativa che più antica non si può e di non facile assimilazione, ma anche di una proiezione al futuro che spesso stupisce – per tutto il corrente Anno Santo della Speranza, con l’iniziativa il “Racconto del Sabato”, sta settimanalmente pubblicando “un racconto, un testo inedito che scrittrici e scrittori italiani (sono parole del direttore Andrea Monda) offrono all’attenzione dei lettori. All’appello cercasi cantastorie, qualcuno ha risposto, e questo è già un segno evidente che la speranza è possibile”.

Nel piccolo, ma profumato e coinvolgente ambito della tazzina e dintorni, sono già stati pubblicati due inediti che sottolineano non solo il valore comunicativo che tutti siamo soliti riconoscere al caffè “sorbito” e in qualche occasione anche “assorbito” insieme, ma anche e forse soprattutto, di suscitatore di ricordi, di emozioni, di sensazioni.

In una parola di vita: vissuta con tutte le sue contraddizioni, sia con il bello che il cattivo tempo. Lo scorso 5 luglio, la scrittrice vicentina Mariapia Veladiano – (1960), due lauree in filosofia e teologia, molti libri anche di letteratura nei cataloghi fra altri di Einaudi, Rizzoli, Guanda), nel racconto “Solo una zia” tratteggia con molta efficacia la figura di una anziana signora di cui si è appena svolto il funerale.

E’ la “zia” Irma che, già quasi anziana, aveva cresciuto l’innominata protagonista per 17 anni dopo la morte per incidente stradale dei genitori. Finalmente arrivata alla casa che fu anche la sua “Lei”, dopo un viaggio tribolato e faticoso, ad esequie ormai avvenute per volere della zia, si imbatte nell’anziana Aimée e scopre che “dentro casa si muovono persone, c’è gente alzata che prepara caffè e cucina qualcosa di speziato. … Dentro c’è un parlottio tranquillo. Vuole del caffe? Chiede una signora minuta con un abito verde?”. Una voce serena sottolinea il significato profondo e non banale del momento: “Voleva – la defunta zia Irma – che la ricordassimo mangiando, bevendo e ridendo di tutte le stupidaggini che aveva fatto.

Poi aggiunge: aveva sentito dire che si fa così in qualche posto e diceva che siamo tutti troppo seri”. Un uomo afferma sicuro, avendola ben conosciuta: “migliorava il mondo, ridendo”. “Lei “si siede sulla panca più vicina stringendo la tazza con il caffè bollente che qualcuno le ha portato. Si appoggia al muro ed è come avesse dato il segnale. Una alla volta le persone si fanno presenti e si siedono”.

Ed ecco nella mente della pronipote, come fosse uno sbuffo di caffè della moka ancora calda sulla tavola, emerge l’immagine più vera e sincera della zia Irma che le confessa: “Ero una bambina <addolorata> e tu sei arrivata come una grazia. Una grazia laica, l’aveva definita”. Una grazia grande che ha riempito la vita di entrambe. La vera della moka con l’incisione “Una grazia grande” lo attesta come il sigillo del notaio.

Questo momento così intimo e personale è interpretato con sicurezza e maestria da Giulia Culicchia, artista del “figurativo interiore”, illustratrice di punta dell’Osservatore per il quale ha disegnato la bellissima cornice (intreccio di rametti d’olivo) che ha racchiuso lo storico “Habemus Papam Robertum Franciscum Prevost Leonem XIV” dello scorso 8 maggio. Del resto il disegno, di grande formato al centro della pagina , attira l’attenzione e in qualche modo ne esemplifica il significato.

“Per un poco si sente solo il suono di una pentola che bolle sul fuoco, tranquillo suono di cibo che si prepara a essere distribuito”. A un tratto l’anziana signora Aimée chiede a “Lei”: “Resti?”. “Sì, “Lei” risponde”. E la moka, scommettiamo?, sorride”.

                                                                                                                Gianluigi Goi 

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