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Fipe collaborerà con Otan per fare chiarezza in tema di alimenti congelati

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MILANO – La Fipe – Federazione italiana pubblici esercizi – ha stipulato il 7 marzo scorso un Protocollo d’Intesa con il Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari (Otan). Obiettivo: promuovere iniziative congiunte sulle tematiche inerenti la sicurezza alimentare.

Tale accordo si inserisce all’interno del percorso intrapreso dalla Federazione volto a far emergere (e possibilmente superare) la discrasia tra “quanto previsto dalla normativa europea e quanto invece statuito dalla granitica (e obsoleta) giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione in tema di congelato”.

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Come si ricorderà, l’art. 19, comma 9, del D.Lgs n. 231/17 prevede espressamente la designazione “decongelato” anche per i prodotti somministrati, salvo i casi di deroga specificamente individuati nell’Allegato VI del Regolamento UE n. 1169/2011.

In sostanza tale obbligo non si applica per:

– gli ingredienti presenti nel prodotto finale;
– gli alimenti per i quali il congelamento costituisce una fase tecnologicamente necessaria del processo di produzione;
– gli alimenti sui quali lo scongelamento non produce effetti negativi in termini di sicurezza o qualità.

Ne deriva la ragionevole interpretazione secondo cui, tra i casi di esenzione dovrebbero rientrare i prodotti serviti dalle collettività. Perché molto spesso gli elementi decongelati sono ingredienti di un prodotto finale. E i cibi serviti al ristorante non sono suscettibili di successive utilizzazioni da parte del consumatore.

Tuttavia, è già stato fatto presente che ad avviso della Giurisprudenza di legittimità, l’omessa indicazione di un prodotto congelato può integrare il reato di frode in commercio ex art. 515 c.p. atteso che l’esercente somministrerebbe al consumatore un prodotto “qualitativamente” diverso rispetto a quello indicato nel menù, ritenendosi tale l’alimento “congelato” rispetto a quello “fresco”.

Fipe coglie altresì l’occasione per ricordare che la Corte di Cassazione considera sufficiente per la configurabilità della tentata frode la mera disponibilità, nella cucina del ristoratore, di alimenti congelati e non indicati come tali nei menù. Indipendentemente dall’inizio di una concreta “contrattazione” con il singolo avventore.

Tutto ciò considerato, la Federazione “ha ritenuto opportuno instaurare una collaborazione con il Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari”. Essa è “volta anche a offrire una definizione scientifica di qualità dei prodotti alimentari – attualmente non esistente – che possa contribuire a scardinare l’orientamento giurisprudenziale sopra descritto”. Dimostrando che il processo di congelamento non incide sempre e necessariamente sulle “qualità” organolettiche degli alimenti.

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