giovedì 11 Aprile 2024
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Digitalizzazione: da vantaggio a necessità per il futuro delle aziende del settore

L’imperativo di preservare la produttività e di raggiungere gli obiettivi di crescita ha spesso trovato nella digitalizzazione e nell’automazione di molti processi (dalla comunicazione alla supply chain fino al customer service) risposte adeguate, se non definitive. E tale tendenza va a rafforzare un concetto che ha acquisito sempre più importanza all’interno di molte aziende ed organizzazioni: la componente tecnologica non può più essere separata dalle componenti di business e lo sforzo a cui chiamato il management è per l’appunto quello di fare in modo che tutte operino in sintonia

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MILANO – La digitalizzazione ormai non è più una tendenza da tener d’occhio per le prospettive future, ma una vera e propria realtà per molte aziende. Con lo scoppio della pandemia e la modalità dello smartworking poi, diciamo che il passo per accelerare questo processo deve esser compiuto il prima possibile. Leggiamo come sarebbe meglio adattarsi per le imprese, dall’articolo di Gianni Rusconi su ilsole24ore.com.

Digitalizzazione: per le aziende una mossa obbligatoria

Il tema della “digital transformation” è sul tavolo dei manager da diversi anni ed è pensiero comune che la pandemia abbia reso ancora più impellente questa sfida per tutte le aziende, di qualunque settore e dimensione. Lo smart working è solo una delle tante facce, sicuramente la più evidente per alcuni aspetti, di questa nuova fase ma altrettanto rilevanti sono stati i progetti per attivare in tempi brevi piattaforme per l’e-commerce o per mettere in rete, in modalità protetta, addetti e collaboratori lontano dagli uffici.

L’imperativo di preservare la produttività e di raggiungere gli obiettivi di crescita ha spesso trovato nella digitalizzazione e nell’automazione di molti processi (dalla comunicazione alla supply chain fino al customer service) risposte adeguate, se non definitive. E tale tendenza va a rafforzare un concetto che ha acquisito sempre più importanza all’interno di molte aziende ed organizzazioni: la componente tecnologica non può più essere separata dalle componenti di business e lo sforzo a cui chiamato il management è per l’appunto quello di fare in modo che tutte operino in sintonia.

Ecco perché, secondo Marcello Ricotti, ceo del Gruppo Ariadne Digital, quanto successo negli ultimi mesi ha trasformato quella che era una necessità in una vera e propria urgenza

L’accelerazione dei progetti di trasformazione digitale nelle imprese italiane ha dato più “forza” e importanza a figure come il Chief digital officer e Chief innovation officer ?

“È sicuramente così ma anche ora, come prima del resto, queste figure non possono prescindere nel loro operato da un appoggio forte sia dei vertici, e quindi il Ceo, sia dei responsabili delle funzioni operative che vengono maggiormente toccate. Idealmente serve un tavolo a tre dove il Chief digital officer si fa promotore di un progetto nel quale coinvolge subito il top management per avere un supporto a 360 gradi e il responsabile dell’area maggiormente impattata, per esempio quella delle risorse umane o della comunicazione interna per i progetti di smart working.

Non credo, in ogni caso, che queste nuove figure siano più motivate o più forti dopo il Covid, perché la digital transformation è il loro compito in azienda e queste funzioni non nascono con il Covid. Ma la pandemia ci ha fatto fare un balzo in avanti di almeno cinque anni, perché nessuno crede più che torneremo come prima, e mi aspetto di conseguenza che Ceo e altre funzioni apicali siano più sensibili a questi temi e più consci dell’importanza del digitale.”

A causa della pandemia, non c’è il rischio che i progetti di digitalizzazione, per quanto ritenuti strategici, vengano messi da parte o rallentati per problemi di budget?

“Si, il rischio c’è. Ma chi ha il coraggio e la capacità di investire oggi sarà il vincitore domani. Non solo: per un’azienda medio grande, un progetto verticale di digital transformation può essere fatto per passi e ha costi relativamente contenuti rispetto ad altri costi necessari per cavalcare la crisi. Lo sforzo vero è di trasformazione organizzativa e di pensiero, più che economico. Ed è in questo senso che serve l’appoggio dei massimi vertici aziendali.”

La trasformazione digitale, in questa fase di emergenza, è un’occasione per ripensare anche l’organizzazione aziendale e i modelli di leadership? Come?

“Se guardiamo ai temi della leadership, dell’organizzazione e della comunicazione interna tutto è stravolto. Credo che torneremo in ufficio ma in modo diverso rispetto al passato e comunque non ci torneremo per cinque giorni alla settimana. Forse tre o al massimo quattro. Se così non fosse, per i knowledge workers sarebbe una situazione inaccettabile per come abbiamo tutti dimostrato di poter lavorare da remoto con produttività. Nei giorni in cui non saremo in ufficio, a maggior ragione se diventano predominanti, le regole di interazione e verifica delle attività devono però essere ripensate.

Serve dunque un passo in avanti “culturale”, ma è tanto che lo diciamo…È molto facile dire: non remunero più il tempo ma i risultati, molto più difficile metterlo in pratica e farlo accettare al personale. E comunque non sono del tutto convinto che remunerare i risultati sia la risposta giusta per valorizzare effettivamente un lavoro da remoto. Molte attività sono svolte in team e quindi da persone i cui risultati possono essere influenzati da molti fattori anche non sotto il loro controllo: una costante valutazione/valorizzazione del risultato rispetto al tempo dedicato per ottenerlo potrebbe richiedere un cambiamento radicale del modo di lavorare e non necessariamente in senso positivo. Il lavoro di gruppo ne risentirebbe, la collaborazione sarebbe stroncata, il coaching verso i colleghi più giovani azzerato.”

La sua ricetta per ridurre questo rischio?

“Mantenere e creare nelle nuove risorse umane un senso di appartenenza e fidelizzazione nell’azienda, gestire la leadership e l’organizzazione, che rischia di diventare molto direttiva, è un compito già difficile in una situazione normale. Farlo completamente da remoto, se non vi sono validissimi motivi, mi sembra un assurdo. Per questo auspico un rientro parziale in ufficio e lo sviluppo di strumenti digitali evoluti, dalle intranet ai sistemi di time tracking, che siano di supporto per quel 50% di tempo in cui lavoreremo da casa.”

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