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martedì 05 Novembre 2024
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A Milano e altrove è caccia ai dehors, la sola possibilità per le riaperture dei locali

Dall’inizio del 2021, sono 130. Da via Cadore a via Vigevano, a corso Indipendenza. E nell’ultima settimana sono già arrivate 50 richieste, al vaglio degli uffici. Numeri che inevitabilmente lieviteranno. «E poi i residenti ci accuseranno di provocare disordine, assembramenti, con i clienti seduti che possono essere causa di contagio», attacca Acampora.

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MILANO – Il nuovo decreto del governo promette la riapertura dei locali che però rispettino determinate condizioni: una di queste riguarda i dehors che però sono una soluzione non alla portata di tutti. I gestori a Milano per esempio, si dividono tra coloro che potranno sfruttare la possibilità degli spazi aperti, e chi invece non potrà goderne affatto. Leggiamo la notizia dall’articolo di Simona Romanò su leggo.it.

Dehors: una mezza buona notizia

Ripartenza a metà per bar e ristoranti. «Un locale su due, a Milano, non aprirà da lunedì, perché non ha spazi all’aperto». È l’allarme lanciato da Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio. In base alle nuove regole del governo, la possibilità per i ristoratori milanesi di alzare le saracinesche dal 26 aprile – se la Regione sarà gialla, ed è quasi certo che lo sarà – passa dai tavolini a cielo aperto. Solo lì si torna a mangiare, a bere un caffè o un cocktail. Non al chiuso, almeno fino al primo giugno. Tanto che la corsa ai dehors “temporanei” è ricominciata in grande stile da cinque giorni.

Le proteste

«I nuovi provvedimenti penalizzano la metà dei locali milanesi, creando un fortissimo disequilibrio», denuncia Fabio Acampora, vicepresidente dell’associazione dei pubblici esercizi di Milano (Epam) e titolare di otto locali, fra ristoranti e lounge bar. Non solo. «I titolari che hanno posti a sedere all’esterno devono valutare se, economicamente, riescono a lavorare in queste condizioni. Se sono più le spese che le entrate, fra dipendenti, materie prime, bollette da pagare», prosegue Acampora.

Che si sofferma anche sulla questione climatica, «perché a Milano non si mangia all’aria aperta prima di giugno, fra brutto tempo e temperature non ancora miti». Il rischio, quindi, è che molti esercenti aspetteranno, colpiti nello stato d’animo e nel portafoglio. «È il momento di rimboccarsi le maniche, ma tutti devono essere messi nelle condizioni di poterlo fare», ribadisce Barbieri. È il grido di protesta di molti ristoratori che non hanno la possibilità di montare i dehors, neppure con le maglie allargate del regolamento di Palazzo Marino.

Corsa dehors

Un anno fa avevano rappresentato un aiuto dopo il primo lockdown. Infatti, i tavolini gratuiti erano spuntati ovunque: al posto di parcheggi, nelle zone pedonali, nelle aree verde e sui marciapiedi anche non attaccati all’ingresso dei bar. Nel 2021, il Comune ha rilasciato 1835 nuove concessioni, con l’esenzione della Tari, la tassa di occupazione del suolo. Dall’inizio del 2021, sono 130. Da via Cadore a via Vigevano, a corso Indipendenza. E nell’ultima settimana sono già arrivate 50 richieste, al vaglio degli uffici. Numeri che inevitabilmente lieviteranno. «E poi i residenti ci accuseranno di provocare disordine, assembramenti, con i clienti seduti che possono essere causa di contagio», attacca Acampora.

La proposta: «Aprire fino le 18 anche all’interno per due settimane così da monitorare l’andamento dei casi per poi, a metà maggio, prolungare il servizio fino le 22; per arrivare, in estate, al posticipo del coprifuoco almeno fino alla mezzanotte».

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