sabato 13 Aprile 2024
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Analisi Interkom: «Le previsioni indicano più acquisti di caffè e prodotti ma a prezzo basso»

La brusca entrata in scena del coronavirus ha gettato benzina sul fuoco di un mercato in cui già preesistevano fattori di tensione, come i rumors circolati a gennaio a proposito del limitato livello di scorte di caffè brasiliano per il raccolto corrente che avrebbe comportato lo slittamento degli imbarchi al nuovo raccolto ossia non prima di giugno

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MILANO – Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo lungo e complesso documento elaborato da Interkom Spa, società che si occupa di caffè verde e ha la sua base a Napoli. Si tratta di una delle prime analisi, e per questo è molto coraggiosa oltre che interessante, sull’impatto del Covid-19 sui prezzi del caffè in prospettiva. La trovate qui sotto.

NAPOLI – La pandemia da Coronavirus (Covid-19) ha provocato il Great Lockdown, la più grave recessione economica mondiale dai tempi della Grande Depressione, di gran lunga
peggiore della crisi finanziaria globale del 2009.

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Covid-19: effetti sui prezzi

L’aumento iniziale dei consumi di caffè non sembra avere le caratteristiche per un effetto
sostenuto. Secondo le nostre stime, il ribasso della domanda globale di caffè a causa
del Covid-19 previsto dall’International Coffee Organization non sembra plausibile
poiché riteniamo che le dinamiche dei consumi siano legate alla crescita demografica,
che attualmente possiamo ipotizzare in aumento nonostante la pandemia.

Risulta invece verosimile un cambiamento nel comportamento di acquisto dei consumatori, con un prevedibile aumento delle richieste di prodotti a basso costo, dei sostituti e dei prodotti alternativi al caffè.

L’incertezza rappresenta il principale motivo di rialzo dei prezzi del caffè. Gli elementi di
stress antecedenti l’impatto del Coronavirus, come il basso livello di scorte in Brasile per
il raccolto corrente, sono stati amplificati dalla paura di potenziali interruzioni nella supply
chain a causa della scarsità di equipment, delle difficolta nei trasporti terrestri e marittimi,
e delle difficoltà di reperimento della manodopera in regioni chiave come il Vietnam e
l’America latina.

La combinazione di questa situazione con una crisi finanziaria nei paesi
esportatori potrebbe causare la “tempesta perfetta” e provocare un effetto domino di
default lungo tutta la catena di approvvigionamento, fino ai torrefattori.

L’analisi dei dati mostra che l’epidemia di Covid-19 metterà sotto pressione il mercato
del caffè per la seconda metà dell’anno in corso e per tutto il 2021.

Introduzione

Il mondo è cambiato radicalmente negli ultimi tre mesi. Un raro disastro, la pandemia da
coronavirus (Covid-19), ha provocato la perdita di un numero tragicamente elevato di
vite umane e una grave recessione economica globale nota anche come Great
Lockdown, che rappresenta ad oggi la più grave crisi economica dai tempi della Grande
Depressione, di gran lunga peggiore della crisi finanziaria globale del 2009.

L’entità e la velocità del collasso dell’attività che ha seguito la pandemia è diversa da
qualsiasi altra esperienza vissuta finora e vi è una sostanziale incertezza sull’impatto di
questa crisi sulla vita e sui mezzi di sussistenza delle persone.

Molto dipenderà dall’epidemiologia del virus, dall’efficacia delle misure di contenimento e dallo sviluppo di terapie e vaccini, tutti fattori molto difficili da prevedere. Inoltre, molti paesi stanno affrontando contemporaneamente molteplici crisi – sanitaria, finanziaria e crollo dei prezzi delle materie prime – che interagiscono in modo complesso.

I governi nazionalistanno fornendo un sostegno senza precedenti alle famiglie, alle imprese e ai mercati finanziari e, sebbene ciò sia cruciale per una forte ripresa, vi è una notevole incertezza su come sarà il panorama economico quando questa situazione sarà terminata.

Quella che segue è un’analisi dei dati forniti dalle principali organizzazioni internazionali
che mira ad anticipare le tendenze principali della domanda e dell’offerta di caffè e fornire
una valutazione dell’impatto del coronavirus sui prezzi del prodotto.

Covid-19 e domanda di caffè

Il documento “International Coffee Organization Series No. 1, April 2020” ha cercato di
fornire una valutazione preliminare degli effetti del Covid-19 sulla domanda di caffè,
ponendo l’accento sull’impatto della recessione globale sui consumi. L’analisi Ico si
basa su un campione dei 20 principali paesi consumatori di caffè, che rappresentano il
71% della domanda globale, lungo il periodo 1990-2018.

I risultati Ico mostrano che un calo dell’1,0% nella crescita del PIL è associato a una riduzione dello 0,95% nella crescita della domanda globale, pari a 1,6 milioni di sacchi da 60 kg.

L’analisi Ico è stata aspramente contestata da vari attori del mercato

Difatti, anche le nostre analisi giungono a conclusioni diverse, facendoci ritenere erroneo il modello Ico. La nostra critica principale è l’esistenza stessa di una relazione tra il PIL e la domanda globale di caffè, a causa della natura econometrica di quest’ultima dimensione.
In economia, i beni possono essere separati in due categorie in base alla modalità di
soddisfacimento dei bisogni: beni durevoli e non durevoli.

Il cibo e le bevande, come il caffè, sono beni non durevoli – definiti anche beni di consumo – ed inoltre, consentendo il soddisfacimento di bisogni primari, sono beni di prima necessità. A livello nazionale, la curva della domanda dei beni necessari è anelastica all’andamento dell’economia.

In una fase di recessione, i consumatori continueranno ad acquistare la stessa quantità di
beni necessari, anche se potrebbero indirizzare le loro scelte d’acquisto verso prodotti
con prezzi inferiori, oppure verso sostituti e complementi: per il caffè, questo potrebbe
essere il caso del tè in quei paesi tradizionalmente consumatori di questa bevanda, come
il Regno Unito.

Chiarito il ruolo del caffè nelle economie avanzate, è necessario anche riconoscere che
la sua natura potrebbe cambiare nei mercati emergenti e nelle economie in via di
sviluppo, in cui l’elasticità della sua curva di domanda potrebbe aumentare.

Per modellare correttamente la domanda aggregata di caffè in ciascuno dei principali
paesi consumatori, abbiamo quindi considerato lo sviluppo del consumo di caffè in
relazione ai seguenti parametri: popolazione e PIL.

Il nostro set di dati era lo stesso utilizzato nel rapporto Ico, ossia l’Ico Global Coffee
Database e gli indicatori economici e demografici delle Nazioni Unite e della Banca
Mondiale.

Al contrario, la nostra procedura di analisi è stata significativamente diversa da quella Ico, in quanto abbiamo allargato il campione statistico a 45 paesi consumatori (invece di 20), pari al 96% della domanda globale, ed abbiamo analizzato il trend dell’ultimo decennio, in quanto questo rappresenta il periodo statisticamente più rilevante.

Le 17 aree1 analizzate rappresentano il 96% del consumo globale di caffè (Consumption), il 46% della popolazione mondiale (World Population) e il 65% del PIL
mondiale (World GDP):

Per ciascun’area abbiamo poi calcolato la correlazione del consumo di caffè sia con il
PIL (Corr_GDP) che con la popolazione (Corr_POP), per trovare quale di queste due
grandezze fosse maggiormente rappresentativa dell’andamento dei consumi.

Nella maggior parte dei casi (16 su 17 campioni, vale a dire il 94% dei casi), la variabile
“popolazione” è risultata quella più significativa per prevedere lo sviluppo del consumo
di caffè. La conclusione è quindi che non è realistico utilizzare l’andamento del PIL quale
indicatore previsionale della tendenza dei consumi di caffè, in quanto risulta più
significativa l’analisi del trend di crescita della popolazione dei paesi consumatori.

Con l’avvento della pandemia da COVID-19, si è assistito ad un calo sostenuto nei
consumi out-of-home a favore del segmento retail, ma quest’aumento nel breve termine
della domanda non sembra avere le caratteristiche per un effetto sostenuto, in quanto
dettato più dal panico e da esigenze di creare scorte che da reali motivazioni strutturali.

Secondo le nostre stime, il ribasso della domanda globale di caffè a causa del COVID-
19 previsto dall’International Coffee Organization non sembra plausibile poiché riteniamo

che le dinamiche dei consumi siano legate alla crescita demografica, che attualmente
possiamo ipotizzare in aumento nonostante la pandemia. Risulta invece verosimile un
cambiamento nel comportamento di acquisto dei consumatori, con un prevedibile
aumento delle richieste di prodotti a basso costo, dei sostituti e dei prodotti alternativi al
caffè.

Covid-19 e offerta di caffè

In qualsiasi mercato, l’incertezza rappresenta il principale fattore di pressione sui prezzi.
Nel mercato del caffè, i momenti di maggiore volatilità si sono registrati in presenza di
eventi caratterizzati da un’elevata componente di aleatorietà, quali avverse condizioni
meteorologiche ed infestazioni parassitarie, che hanno causato un’improvvisa e
repentina impennata delle quotazioni fino a livelli spesso insostenibili.

La brusca entrata in scena del coronavirus ha gettato benzina sul fuoco di un mercato in cui già preesistevano fattori di tensione, come i rumors circolati a gennaio a proposito del limitato livello di scorte di caffè brasiliano per il raccolto corrente che avrebbe comportato lo slittamento degli imbarchi al nuovo raccolto ossia non prima di giugno.

In questo scenario, si sono inserite gli eventi concomitanti la pandemia, come il rapido
aumento della domanda all’inizio del Great Lockdown e la paura di eventuali interruzioni
degli imbarchi in alcuni paesi produttori.
In effetti, i potenziali punti di interruzione lungo la catena di approvvigionamento del caffè
sono molti.

La pandemia globale Covid-19 ha spinto i governi di tutto il mondo a imporre severe restrizioni ai movimenti delle persone nel tentativo di arginare la diffusione del virus

Le catene di approvvigionamento in tutto il mondo hanno subito forti rallentamenti a causa delle difficoltà nei settori del trasporto aereo, terrestre e marittimo dovute alla carenza di forza lavoro: di conseguenza, le opzioni di imbarco disponibili si sono ridotte e l’operatività di molti porti marittimi fatica a reggere il ritmo, lavorando con il personale ridotto ai minimi termini. In Europa e Stati Uniti, inoltre, si è registrata una scarsità di container marittimi, decimati dall’avvento del coronavirus in Cina ad inizio anno.

La strategia di chiusura dei flussi migratori in entrata attuata da molti dei paesi produttori potrebbe limitare la disponibilità di forza lavoro straniera durante i raccolti

Aggravando la già critica carenza di manodopera nazionale dovuta alle limitazioni sanitarie: di fatto, questo scenario comporterebbe l’interruzione delle operazioni di raccolta di caffè in quei paesi come il Vietnam e l’America centrale e meridionale, dove la meccanizzazione della raccolta non è ancora diffusa.

Fortunatamente, i raccolti in Vietnam ed in molti dei paesi roduttori in America centrale non inizieranno prima di diversi mesi mentre le piantagioni di Arabica in Brasile, il cui raccolto inizierà nelle prossime settimane, sono in larga misura meccanizzate.

Nel lungo periodo, infine, il rallentamento degli imbarchi e la strategia di acquisto compulsivo di inizio pandemia potrebbero tradursi in una riduzione degli acquisti futuri

Causando un’interruzione del cash flow per gli esportatori di caffè – i veri ammortizzatori
della catena di approvvigionamento. Inevitabilmente, la carenza di denaro aumenterà il
ricorso al credito, con la conseguenza che i costi del finanziamento – talvolta elevati –
saranno scontati sul prezzo della merce.

In questa situazione, un momentum negativo del tasso di cambio della valuta locale in rapporto al dollaro americano, valuta di riferimento del commercio internazionale di caffè, comporterebbe una grave crisi finanziaria che rappresenterebbe un potenziale preludio al default dell’esportatore; causando un effetto domino lungo tutta la catena di approvvigionamento fino agli importatori ed ai torrefattori nei paesi di destinazione.

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