giovedì 11 Aprile 2024
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Aritmia cardiaca: ruolo del caffè non è nocivo, ma protettivo, qui lo studio

I risultati sono stati confermati anche dalle analisi genetiche per le quali non è stata rilevata alcuna associazione significativa con l’aumento del rischio di aritmia, nemmeno tra coloro che metabolizzavano la caffeina più lentamente e che quindi ne mantenevano gli effetti più a lungo nel tempo

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MILANO – Uno dei tanti falsi miti che girano attorno al caffè riguarda la correlazione nociva tra l’assunzione di caffeina e l’aritmia cardiaca: un po’ una leggenda metropolitana, in quanto non esistono delle evidenze scientifiche schiaccianti a questo proposito che collegano direttamente il bere caffè con questa patologia. Al contrario, alcune ricerche recenti, hanno sottolineato l’effetto esattamente opposto. Leggiamo i dettagli dello studio che si è interessata di questo disturbo e la bevanda da nutrition-foundation.it.

Aritmia cardiaca e caffè: il ruolo protettivo della tazzina

È opinione comune, anche nel mondo medico, che il consumo di caffè possa favorire l’insorgenza di palpitazioni e aritmia cardiaca. Tuttavia, ad oggi non esistono prove sufficienti in grado di dimostrare una relazione certa tra l’assunzione di caffè (e di caffeina) e queste patologie; secondo recenti studi di popolazione il caffè possiederebbe addirittura un potenziale effetto protettivo al proposito.

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L’assenza di un rapporto diretto tra il consumo di caffè e la comparsa di aritmie emerge anche dall’analisi dei dati raccolti in questo recente studio prospettico di coorte, condotto in un campione di 386.258 persone sane, senza diagnosi di aritmie, afferenti alla UK Biobank, che sono state raggruppate in base agli abituali livelli di consumo di caffè in 8 categorie (da nessuna a 6 o più tazze al giorno).

Dopo aver aggiustato le analisi per le caratteristiche demografiche, lo stile di vita, le malattie e altri fattori che avrebbero potuto alterare il normale ritmo cardiaco, è emerso non solo che l’apporto più elevato di caffè non era direttamente collegato con un aumento del rischio di sviluppare aritmie, confermando i risultati di studi precedenti, ma che ad ogni tazza consumata in più al giorno la probabilità di andare in contro a un episodio aritmico si riduceva del 3%, mostrando quindi tra i bevitori di caffè una piccola ma significativa riduzione del rischio.

I risultati sono stati confermati anche dalle analisi genetiche

Per le quali non è stata rilevata alcuna associazione significativa con l’aumento del rischio di aritmia, nemmeno tra coloro che metabolizzavano la caffeina più lentamente e che quindi ne mantenevano gli effetti più a lungo nel tempo.

Queste osservazioni, supportate da altre evidenze di crescente consistenza, mettono in discussione le comuni raccomandazioni secondo le quali bisognerebbe limitare il consumo di caffè per diminuire il rischio di incorrere in episodi aritmici. Queste raccomandazioni potrebbero tra l’altro precludere ad alcune persone l’accesso all’effetto protettivo che i consumi di caffè svolgerebbero nei riguardi di alcune patologie degenerative. Naturalmente, come concludono gli autori, i risultati di questo studio vanno interpretati con cautela, soprattutto a causa della mancanza di informazioni dettagliate relative al tipo di caffè consumato (decaffeinato, espresso o altri) e della durata dell’osservazione, pari a 4 anni, che non ha permesso di valutare possibili effetti a lungo termine.

Coffee Consumption and Incident Tachyarrhythmias: Reported Behavior, Mendelian Randomization, and Their Interactions

Kim EJ, Hoffmann TJ, Nah G, Vittinghoff E, Delling F, Marcus GM Jama Intern Med. 2021 Jul 19. doi: 10.1001/jamainternmed.2021.3616. Epub ahead of print.

Importance: The notion that caffeine increases the risk of cardiac arrhythmias is common. However, evidence that the consumption of caffeinated products increases the risk of arrhythmias remains poorly substantiated.
Objective: To assess the association between consumption of common caffeinated products and the risk of arrhythmias.
Design, setting, and partecipants: This prospective cohort study analyzed longitudinal data from the UK Biobank between January 1, 2006, and December 31, 2018. After exclusion criteria were applied, 386 258 individuals were available for analyses.
Exposures: Daily coffee intake and genetic polymorphisms that affect caffeine metabolism.
Main outcomes and measures: Any cardiac arrhythmia, including atrial fibrillation or flutter, supraventricular tachycardia, ventricular tachycardia, premature atrial complexes, and premature ventricular complexes.

Results: A total of 386 258 individuals (mean [SD] age, 56 [8] years; 52.3% female) were assessed. During a mean (SD) follow-up of 4.5 (3.1) years, 16 979 participants developed an incident arrhythmia. After adjustment for demographic characteristics, comorbid conditions, and lifestyle habits, each additional cup of habitual coffee consumed was associated with a 3% lower risk of incident arrhythmia (hazard ratio [HR], 0.97; 95% CI, 0.96-0.98; P < .001). In analyses of each arrhythmia alone, statistically significant associations exhibiting a similar magnitude were observed for atrial fibrillation and/or flutter (HR, 0.97; 95% CI, 0.96-0.98; P < .001) and supraventricular tachycardia (HR, 0.96; 95% CI, 0.94-0.99; P = .002). Two distinct interaction analyses, one using a caffeine metabolism-related polygenic score of 7 genetic polymorphisms and another restricted to CYP1A2 rs762551 alone, did not reveal any evidence of effect modification. A mendelian randomization study that used these same genetic variants revealed no significant association between underlying propensities to differing caffeine metabolism and the risk of incident arrhythmia.

Conclusions and relevance: In this prospective cohort study, greater amounts of habitual coffee consumption were inversely associated with a lower risk of arrhythmia, with no evidence that genetically mediated caffeine metabolism affected that association. Mendelian randomization failed to provide evidence that caffeine consumption was associated with arrhythmias.

 

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