domenica 06 Luglio 2025

Cacao Motum, il ponte diretto tra il cacao del Nicaragua e l’Europa “Materia prima in movimento”

Rosa: "In Cacao Motum ci occupiamo direttamente delle importazioni contatti con compagnie aere, dogane dazi, cercando di mantenere la filiera diretta tra chocolate maker e consumatore."

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TME Cialdy Evo

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AQUILA – Il racconto di Beatrice Rosa, la fondatrice di Cacao Motum, realtà nata nel 2017 da un gruppo di amici con una passata esperienza in Centro e Sud America, in paesi produttori di cacao fino aromatico e di caffè. Amici che in Nicaragua si sono riuniti intorno a Fabrica de Chocolate Momotombo, un laboratorio di produzione di cioccolato dalla fava di cacao alla tavoletta che utilizza solo cacao aromatici del paese.

Cacao Motum nasce dall’esperienza di Beatrice Rosa, che si è mossa dal caffè al cacao

“In effetti mi sono occupata prima di caffè e poi sono arrivata al cacao, lavorando nell’ambito della cooperazione internazionale. Con il caffè ho iniziato proprio in Nicaragua, gestendo un fondo di credito che poi veniva erogato a sostegno dei produttori all’inizio del 2000 quando il caffè aveva toccato prezzi molto bassi. Le cooperative riunite destinavano parte del loro prodotto al mercato italiano, dove la COOP portava 100% Arabica Nicaragua negli scaffali dove è tutt’ora in commercio e che io stessa ancora consumo”.

“Da lì siamo partiti.”

“Guardando al passato in Nicaragua una prima differenza tra le filiere di caffè e cacao si trova già nei farmers: chi coltiva il cacao solitamente lo consuma da sempre come bevanda ancestrale, i produttori di caffè invece ne consumano poco, è più una bevanda appannaggio dei Paesi importatori. Anche rispetto alle zone dove si coltivano il cacao è il caffè, questi si incontrano solo a metà altitudine, infatti il cacao ha bisogno di acqua, umidità e calore, il caffè si arricchisce quando cresce ad altitudini più elevate.

Sopra i mille metri, le piante di cacao fanno fatica ad attecchire, funzionano come la Robusta, che però in Nicaragua non raggiunge grandi volumi ed è stata introdotta soltanto in poche coltivazioni negli ultimi anni, quando la Roya ha attaccato le piante di caffè.

Entrambi i frutti vengono sottoposte ad un processo di fermentazione, anche se diverso nei tempi, nelle strutture e nelle modalità. In quegli anni in Nicaragua l’estrazione dei chicci di caffè adottava un metodo di fermentazione “lavato”, oggi sono subentrati anche altri metodi adottati nei caffè speciali come il naturale o honey.

Nel cacao la fermentazione è una fase molto importante di processo perché si creano i precursori delle note aromatiche del cacao che si sviluppano con la tostatura e poi si ritrovano nella tavoletta di cioccolato. È un processo molto interessante che coinvolge gli zuccheri della polpa di cacao (una mucillagine bianca e zuccherina che avvolge i semi) acqua, aria e lieviti, e che avviene in ambiente anaerobico in un primo momento dove raggiunge temperature fino ai 50 gradi.

Segue poi la fase aerobica quando la polpa di disintegra e la massa fermentata viene drenata e areata per evitare che possano svilupparsi odori e sapori poco gradevoli. È molto interessante affiancare i responsabili delle fermentazioni soprattutto osservarli nel mix di processi chimici, tecnologici ed empirici, dove l’esperienza è molto importante per seguire la formazione dell’espressione aromatica: il colore del cacao che cambia, l’odore acre dell’aceto che cambia, la temperatura di termometri e mani che affondano nel cacao ancora in fermento. Annusare il cacao in fermentazione ed essicazione è come sentirlo cantare nella sua trasformazione.

È un momento essenziale e molto spesso, come per il vino, non sempre il contadino riesce a controllare le fermentazioni. Il responsabile di questo processo ha un ruolo fondamentale, è una figura dedicata che è stata formata all’interno delle cooperative o che affianca diversi produttori di cacao. Se si possiede un cacao di una genetica eccellente, è importante affidarsi ad un professionista capace.

E poi le capacità maturano pragmaticamente. In molti paesi d’origine del cacao la vicinanza tra chocolate makers e coltivatori permette uno scambio costruttivo per creare protocolli di fermentazione attraverso un apprendimento per tentativi ed errori. Questi movimenti, relazioni, discussioni, prove, hanno portato a creare dei cioccolati fantastici che sono arrivati in Italia con noi di Cacao Motum.

Va da sé quindi che attraverso la fermentazione da un’unica varietà di cacao possono venire fuori tantissimi cioccolati. Genetica, fermentazione, tostatura: sono questi i fondamenti per avere un cacao e cioccolato aromatico, sono processi che concorrono a migliorarne o peggiorarne la qualità se non vengono attentamente eseguiti.

Il produttore di cacao che si trova nel paese di origine conosce il la generica del suo cacao, segue attentamente le operazioni agricole (la raccolta delle cabosse, il controllo del grado di maturazione, la selezione in piantagione) e della fermentazione. La tostatura successivamente è in mano del chocolate maker.”

Parliamo di tostatura allora

“Per ritornare al nostro raffronto tra caffè e cacao, possiamo distinguere temperature diverse del cacao dal caffè (Parliamo di cafè speciale). A seconda del tipo di cacao da cui si parte e del tipo di cioccolato a cui si vuole arrivare abbiamo una temperatura di torrefazione che raggiunge i 120 gradi per un tempo massimo che non va oltre i 20-25 minuti.

Dato questo range, più che la varietà di cacao – che comunque è importante nel definire tempi e gradi – nella tostatura è essenziale la capacità di sviluppare quei precursori
aromatici del cacao di cui abbiamo parlato nella fermentazione e anche la correzione dei possibili difetti della materia prima.

Con dei cacao acidi, ad esempio, se si vuole attenuare questa caratteristica, si dovrà lavorare sulla tostatura e successivamente sul concaggio e la raffinazione per incidere sulla parte volatile degli acidi organici del cacao.

Con la tostatura si dà l’impronta aromatica al cioccolato: il chocolate maker qui diventa l’artista, l’artigiano che lavora la materia prima per farci assaggiare la migliore delle tavolette giocando successivamente con lo zucchero. Quando parliamo di percentuali di cacao, la parte restante della percentuale che troviamo sulle confezioni di cioccolato, che è composta dallo zucchero viene fissata dal chocolate maker in base al cacao che ha davanti a sé (e che cambia!).

Modellare una tavoletta al 70 o 80% non è un processo casuale che rispecchia i gusti del mercato ma una ricetta legata al tipo di cacao che l’artigiano lavora.”

Distinzione a seconda di dove ci si trova: in Africa o in altri Paesi in cui non c’è produzione di cacao differente

“Lasciando a parte il cacao convenzionale usato nella grande industria, e pensando a quello aromatico – ovvero quello ottenuto da varietà aromatiche con fermentazioni controllate – la maggior parte dei nostri partners chocolate makers e i loro fornitori di cacao lavorano su piccoli lotti. I prezzi del mercato del cacao fine aromatico (specialty cacao per intenderci) sono stati sempre più alti della quotazione di borsa.

Questi prezzi remuneravamo il produttore per il cacao e per la qualità oltre che la sostenibilità stessa della coltura.

Circa un anno fa con il rialzo del prezzo di borsa il cacao fine aromatico ne ha risentito in termini di qualità. La presenza di buyer internazionali alla ricerca del cacao come bene scarso senza alcun giudizio sulla qualità ha creato una euforia generale in piantagione a detrimento della qualità.

L’effetto ad aprile dello scorso anno è stato un aumento generale della domanda fuori dai paesi africani per soddisfare le esigenze dell’industria e forse anche in vista di un successivo aumento. Anche i nostri fornitori hanno ricevuto le stesse offerte, da un lato l’aumento dei prezzi ha costretto sicuramente ad un innalzamento del costo del cioccolato ma anche la ricerca di cacao di qualità.

Ci siamo rivolti chiaramente ai nostri fornitori cercando di comprare in diversi momenti per ottenere un prezzo medio finale del cioccolato che fosse ancora accessibile per il consumatore, ma con mille difficoltà. È questo il problema del momento cercare di gestire la volatilità dei prezzi del cacao, un mercato la cui tendenza non sembra si riassesti in pochi mesi, si parla di anni ma si parla anche di ritorno alla qualità.

Cacao Motum insieme ai suoi partner è proprio questo che vuole mantenere il sostegno della filosofia che vige nel bean to bar, che non significa solo cioccolati prodotti dal seme alla tavoletta ma qualità delle materie prime, filiera corta e tracciabile ed etica, pochi ingredienti, piccoli lotti selezionati e salvaguardia del cacao e della sua sostenibilità.

E se seguiamo questo il prezzo del cioccolato che troviamo per i bean to bar è remunerativo e non è alto.”

Cacao Motum distributore, ma anche coltivatore e trasformatore in Nicaragua: di solito si parte dalla fava che viene lavorata nei Paesi importatori, com’è la storia dietro questa vostra scelta?

“Cacao Motum perché partiamo dal cacao che è in perenne movimento, viaggia da un capo all’altro del mondo, muta le sue forme, si converte da frutto a delizioso cioccolato, che mescola di ingredienti pregiati, si esprime attraverso i territori e le culture, diffonde aromi e passioni.

Parliamo di cacao per non scordarci da dove viene il cioccolato, nasciamo con Chocolate Momotombo nel 2004 in Nicaragua e torniamo in Italia nel 2017, quando con la mia socia siciliana fondiamo Cacao Motum per far conoscere questa delizia di un paese che amiamo. Volevamo valorizzare un prodotto dalle sue origini agricole e tropicali.

La storia di Chocolate Momotombo è anche la storia degli altri cioccolati che a mano a mano si sono affiancati nel nostro catalogo di prodotti, storia di paesi che hanno sempre esportato la materia prima e importato il prodotto finito fatto con un cacao in molti casi proveniente da piantagioni lontane. Paesi che ora producono un ottimo cioccolato, con un cacao pregiato a chilometro zero, le skills per le operazioni post raccolto e i macchinari a disposizione per trasformarlo.

È un processo di crescita sperimentato da Chocolate Momotombo e quando ci siamo accorti che la storia è comune ad altri marchi di cioccolato bean to bar abbiamo cominciato incontrare i chocolate maker e a raccoglierli intorno a Cacao Motum.

Tostare il cacao in un piatto di terracotta, sbucciare le fave tostate a mano, passarle in un mulinetto da mais eppoi in una molazza a pietra da kg, aggiungendo lo zucchero. Così tutto è partito, nella cucina di casa in Nicaragua, solo cacao e zucchero, realizzando dei deliziosi tartufi. Volevamo poi arrivare alla tavoletta che facesse snap, che potesse far viaggiare il cacao di Nicaragua fino in Europa con la sua identità.

Piccole apparecchiature da cui siamo poi passati alla tostatrice a tamburo, a delle molazze fino a 40 kg, la temperatrice, un investimento fattibile intorno ai 30.000 dollari all’epoca per un lavoro artigianale senza tunnel di raffreddamento o altri tipi di attrezzature di concaggio. La maggior parte dei macchinari che usano i chocolate maker sono italiane ma anche indiane e russe.

Momotombo (foto concessa)

La cosa stimolante è proprio far parte di un mix di persone che collaborano da diverse parti del mondo, chocolate maker che dialogano con i produttori di cacao, coltivatori che arrivano a vedere lavorato in cioccolato il loro cacao o anche farmer che non solo esportano cacao ma trasformano la materia prima in prodotto finito. Senza naturalmente nulla togliere ai chocolate makers del mondo non tropicale fanno la stessa cosa con le fave di cacao selezionate meticolosamente dai sourcer o da loro stessi in viaggi nei luoghi di origine.

Cacao Motum vuole focalizzare il suo progetto in questa ricerca all’origine e senza nulla togliere agli altri chocolate maker in Italia o nel mondo che importano la materia prima. Nel mondo del cacao abbiamo visto che c’è spazio per tutti, ognuno riesce a giocare con le aromaticità di questo fantastico prodotto agricolo. Se pensiamo al vino abbiamo un ottimo modello da seguire per poter crescere”.

Quali sono le maggiori difficoltà di fare arrivare direttamente il cioccolato gourmet in Europa e in Italia

“Le difficoltà chiaramente sono legate ai trasporti e la logistica che non sono economici. I calcoli sono facili: solamente per i trasporti, riuscendo a importare alte quantità – nell’ordine dei 400 chili di cioccolato, considerando che una tavoletta pesa 60-80 grammi, siamo sugli 8 euro al chilo.

In Cacao Motum ci occupiamo direttamente delle importazioni contatti con compagnie aere, dogane dazi, cercando di mantenere la filiera diretta tra chocolate maker e consumatore. Al di là della logistica quest’anno l’aumento del prezzo del cacao incide ampiamente sul costo finale della tavoletta, abbiamo già delle tavolette arrivate a due cifre. Siamo una piccola impresa, non abbiamo agenti e ci occupiamo da sole della rete commerciale e come importatori ci scontriamo con i costi tipici di un’azienda dai grandi volumi.

Il prezzo chiaramente è un deterrente all’acquisto, ma solo perché siamo abituati a considerare il cioccolato è un prodotto a basso costo, acquistato nella grande distribuzione e voracemente consumato. La nostra è un’idea di consumo legata alla qualità.

Consumare venti 15-20 grammi di cioccolato che garantiscono un viaggio tra le note aromatiche, che lasciano una lunga persistenza in bocca, è appagante. Vorremmo
riuscire a portare questo concetto nelle case degli italiani che adorano assaporare un pezzetto di cioccolato la sera dopo cena rilassati davanti a un bel film o un bel libro.”

Dove finisce il cioccolato di Cacao Motum?

“Nelle gastronomie gourmet, torrefazioni e caffetterie specialty, nelle enoteche e anche nelle aziende vinicole, meno in negozi specialistici del cioccolato. Sono tutte attività che hanno un legame di fiducia con il proprio pubblico e che a loro volta hanno un dialogo diretto con noi.

Sono i nostri alleati per diffondere la cultura del cacao, le storie dei cacaoteros e dei chocolate makers: una rete che abbiano creato in anni di viaggi e visite a pionieri e sottili ricercatori di novità da offrire ai propri clienti. In questo non vogliamo comunque dimenticare che è necessario avere una capacità di spesa per l’acquisto della qualità.

Poi partecipiamo anche a fiere ed eventi di diversi tipi e abbiamo una sintonia particolare con gli appassionati di vino che padroneggiano già i concetti di fermentazione, di genetica, affinamento, e si riconoscono in questi processi di trasformazione del cacao in cioccolato. Nelle fiere di vino trovo i miei migliori e più attenti clienti.”

Come vedete il cioccolato del futuro?

“Se riuscissimo, come consumatori, a dare maggiore attenzione alla filiera di una tavoletta otterremmo una maggiore soddisfazione nell’acquisto e nel consumo del cioccolato. Se il cioccolato ripercorresse la via della birra e il vino, di cui conosciamo terroir e tecniche, aromi, brewer e vignaiuoli, potremmo apprezzarne la qualità della materia prima agricola e del prodotto finito dietro cui ci sono mani che lavorano.

Vorrei fosse questo il futuro del cioccolato. Non può essere un prodotto che deriva dallo sfruttamento di persone e ambiente come la deforestazione. Siamo pronti da questo punto di vista ad appoggiare i farmers nella adozione dei requisiti per poter applicazione il regolamento europeo sulla deforestazione EUDR tramite dati georeferenziati delle piantagioni.

I produttori di cacao che forniscono i nostri partners chocolate makers hanno adottato la
protezione della biodiversità e la sostenibilità ambientale come filosofia di vita. I cacaoteros sono i primi a non voler deforestare, le piante di cacao non amano il sole e sono protette dall’ombra di alberi di mango, banana o palme. Anche se qui torniamo al fatto che, come piccole attività artigianali, veniamo trattati al pari delle grandi industrie.”

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