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Buoni propositi per l’universo delle fiere: sinergie per cavalcare la ripresa

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MILANO –  Dici fiere in Italia e subito indossi l’elmetto. Torino tira fuori gli artigli contro Milano e denuncia il tentato scippo del Salone del Libro, mentre Firenze ne approfitta e lancia la sua kermesse letteraria.

Risultato: tre fiere tutte da leggere tra febbraio, aprile e maggio 2017 e il mondo degli editori spaccato in due.

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A Genova si aprono le acque a suon di cannonate tra le due associazione della nautica: Ucina (Confindustria) presidia la Lanterna, mentre le imprese di Nautica Italiana (i grandi yacht) la disertano, intanto vanno all’estero e pensano a un salone alternativo.

E anche l’agroalimentare made in Italy pianta coltelli e forchette sulla tavola. Tuttofood Milano e Cibus Parma, su cui però aleggia un negoziato di pace, si sfidano in cucina a poche manciate di chilometri di distanza e a colpi di eventi e scorpacciate da fuori salone.

E poi si arriva alla frutta. Con Macfrut Cesena che si tiene in contemporanea con «Fruit & Veg Milano». Ecco servito il pasto dei fratelli coltelli delle fiere italiane. Ma a dispetto di un tasso di litigiosità, o chiamatela se volete accesa competizione, tra i più elevati degli ultimi anni, gli osservatori leggono in questi movimenti i primi passi di un evitabile risiko di settore. Del resto la crisi morde.

Le Fiere di Reggio Emilia e di Roma sono in concordato, anche se per il quartiere della Capitale si punta a una ricapitalizzazione; quella di Genova invece è in liquidazione; Marche e Messina hanno già alzato bandiera bianca, mentre Bologna e Brescia dopo il dissesto finanziario provano a ripartire.

Insomma a far la guerra di cortile, in un contesto di bottini sempre più magri, si finisce ad accumulare vittime e feriti. E il governo su questo punto è stato molto chiaro.

L’ex ministro allo Sviluppo economico Federica Guidi aveva messo in pista un piano per sostenere le fiere di caratura internazionale puntando a incentivare quelle che fanno sistema. E il suo successore, l’attuale titolare del dicastero di via Veneto, Carlo Calenda, si è espresso in modo netto nel corso di un intervento alla Summer school di Confartigianato dicendo che gli investimenti pubblici andranno solo ed esclusivamente agli eventi che funzionano.

E laddove ci sono strappi e divisioni, l’esecutivo si chiama fuori. «Al Salone di Genova non gli do un euro, che è sprofondato perché ci sono due associazioni che litigano fra di loro», ecco la sentenza senza appelli del ministro. Le fiere sono avvisate.

Qualcuno comincia a fare tesoro delle indicazioni del governo. E c’è da credere che l’unione tra Rimini e Vicenza, possa innescare una stagione virtuosa del risiko del settore, creando pochi ma grandi poli fieristici in grado di competere non tanto in Italia ma sui mercati internazionali dove le fiere tedesche la fanno da padrone.

Non c’è tempo da perdere. Perché le fiere sono il salotto buono del business per tante piccole e medie imprese che altrimenti vedrebbero l’export solo con il binocolo. Basti pensare che il 50% dei contatti all’estero delle aziende italiane viene intermediato lungo la filiera fieristica generando un giro d’affari di 60 miliardi di euro l’anno. Uniti si vince. Attaccati al campanile si finisce travolti.

Nel quadro del settore tratteggiato da Aefi, l’associazione degli enti fieristici italiani, emerge un mondo che oggi è una vetrina fondamentale per il tessuto produttivo ma in potenza, sostenuto da necessarie sinergie, potrebbe diventare un volano formidabile di crescita per il made in Italy oltre i confini nazionali.

Il calendario fieristico del 2017 è imponente anche se ancora molto frammentato: in programma ci sono 941 manifestazioni, di cui 194 internazionali, 89 organizzate all’estero, 258 nazionali e 400 di carattere regionale.

La maggior parte degli eventi è legato al mondo del tessile (17%), seguito da sport, arte e intrattenimento (12%), gioielli, orologi e accessori (9%) food, bevande e ospitalità (9%) e meccanica (9%). Il tutto per 200 mila espositori, la cui metà partecipa alle manifestazioni internazionali e di questi il 28% sono stranieri. E sono circa 22 mila i visitatori, 13 mila in quelle internazionali ma solo il 10% arriva dall’estero.

Loredana Sarti, segretario generale di Aefi, è convinta il 2017 sarà l’anno della svolta per il sistema fieristico italiano: «Il settore vive un momento molto delicato ma continua a rappresentare uno strumento fondamentale di politica economica per il nostro tessuto produttivo. Nel corso dell’ultimo anno sono emersi elementi di incertezza che però ne hanno minato la tenuta. A partire dalla definizione del decreto sulle partecipate per cui solo recentemente è stata fatta chiarezza e sono state ammesse le partecipazioni pubbliche nelle società fieristiche. Pensiamo poi alla riforma delle Camere di commercio che spesso sono azioniste dei quartieri fieristici, all’obbligo di trasparenza del decreto Madia, e alla scure dell’Imu che va a equiparare le fiere ai centri commerciali costringendo gli enti ad accantonare cifre molto onerose e tali da mettere a rischio i bilanci».

Insomma per le fiere della Penisola, aldilà dei problemi finanziari scaturiti dalla lunga crisi economica, il tema delle sinergie diventa una strada obbligata, soprattutto per raggiungere quella soglia dimensionale che consente di operare oltre frontiera.

Se Fiera Milano, lungo la scia dell’Expo, continua a fare leva sulla forza gravitazionale del suo quartiere per attirare nuove manifestazioni e attivare collaborazioni come quella con Fiera Verona (dal Vinitaly che parteciperà a TuttoFood all’alleanza Fruit& Veg) e l’ipotesi d’intesa con Cibus Parma, Bologna Fiera cerca di scrollarsi di dosso le recenti difficoltà di bilancio con un piano di rilancio che prevedeva, almeno in origine, la creazione di un grande polo emiliano-romagnolo.

Per ora Rimini va a nozze con Vicenza e Bologna gestirà le manifestazioni della Fiera del Levante. Tutti pronti per l’ennesima battaglia della grande guerra delle Fiere? Oppure siamo al preludio di alleanze di pace?

Un pò di numeri

Tant’è che oggi la stagione sembra più favorevole ai matrimoni che ai divorzi. Perché dopo gli scivoloni degli ultimi anni, dal 2006 al 2015, documentati dal Cermes- Bocconi, che hanno visto calare 1,5 milioni di metri quadri le aree delle manifestazioni fieristiche, e scendere di 20 mila unità gli espositori e 3,5 milioni in meno per quanto riguarda i visitatori, nel 2016 si parla la lingua della ripresa. Un’occasione quindi da non sprecare. Per l’Osservatorio congiunturale di Aefi, il settore ha registrato un significativo sviluppo nel secondo trimestre del 2016.

Nei primi sei mesi dell’anno i visitatori delle fiere sono cresciuti del 3,19%, mentre gli espositori hanno segnato un aumento del 3,50%. E riprende a crescere anche il numero di manifestazioni organizzate: il 32 per cento dei quartieri coinvolti nell’indagine ha ospitato più rassegne e il 56 per cento ha registrato stazionarietà evidenziando la tenuta del sistema.

E se son rose, fioriranno anche nelle limacciose trincee delle fiere italiane. Il 50% dei contatti all’estero delle aziende italiane viene intermediato lungo la filiera fieristica IL CALENDARIO L’agenda dell’economia fieristica italiana del 2017 è imponente anche se ancora molto frammentata: in programma ci sono 941 manifestazioni, di cui 194 internazionali. 89 organizzate all’estero, 258 nazionali e 400 di carattere regionale

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