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Alessandro Carosi, barista freelance e trainer, nato in Italia a San Benedetto del Tronto ma da 23 anni all’estero tra Australia, Giappone, Nuova Zelanda, Tailandia, Scozia e ora in Inghilterra.
Ha iniziato a lavorare nel mondo del caffè in Australia a Perth dove è scattata la scintilla della passione per il chicco, la quale gli ha permesso di viaggiare e vivere in innumerevoli Paesi, prevalentemente in Asia.
Carosi ha condiviso con noi la sua esperienza di due mesi di volontariato in una piantagione di caffè in Chiang Mai, Thailandia, con la comunità Lahu.
I Lahu sono un gruppo etnico indigeno che risiede nelle regioni montuose del Triangolo d’Oro, dove si incontrano Thailandia, Myanmar, Laos e Cina. Leggiamo di seguito il racconto del viaggio.
Il volontariato in Thailandia
di Alessandro Carosi
MILANO – “Come ogni appassionato di caffè, il sogno è quello di poter spendere un po’ di tempo in una piantagione per capire come nasce e cresce quello che poi finisce nei tavoli dei bar sotto forma liquida e che molti di noi amano specialmente la mattina.
Io appassionato, dell’Asia e della Thailandia, ho cercato una fattoria che unisse il caffè con un approccio più sostenibile e dopo mesi di ricerca e grazie a website come Wordpackers e Workaway sono venuto a conoscenza di questa piantagione eco sostenibile, Suan Lahu coffee farm gestita dalla comunità Lahu nel loro stesso territorio nelle montagne tra Chiang Mai e Chiang Rai.
I Lahu sono un gruppo etnico indigeno che risiede nelle regioni montuose del Triangolo d’Oro, dove si incontrano Thailandia, Myanmar, Laos e Cina, hanno un ricco patrimonio culturale, una lingua distinta e una storia di resilienza, in grado di bilanciare i costumi tradizionali con le influenze moderne, in Tailandia, la comunità Lahu è concentrata a Chiang Rai e Chiang Mai dove si è fatta apprezzare per le sue competenze agricole, in particolare nella coltivazione del caffè.
Un tempo dipendenti dall’agricoltura di sussistenza e dalla coltivazione dell’oppio, molti agricoltori Lahu sono passati al caffè grazie a iniziative di agricoltura sostenibile e a progetti introdotti dalla famiglia reale attorno al 1970, iniziati da Re Bhumibol che volle trovare un modo per rimpiazzare la coltivazione dell’oppio che andava per la maggiore tra i contadini nel cosiddetto triangolo d’oro tra Tailandia, Myanmar, Laos e Cina.

Fu un successo, per darvi un idea, nella maggior parte dei paesi nel mondo che cresce il caffè l’età media di un contadino, e ora tra i 40 e 60 con sempre più giovani che si allontanano da qualcosa che non permette di guadagnare dignitosamente.
In Thailandia è l’opposto: l’età media va dai 20 ai 40 proprio perché il caffè’ è visto come una via di guadagno, è anche vero che Re Bhumibol introdusse una tassa del 90% sul caffè importato, seconda più alta dopo l’India e con una richiesta interna che eccede la produzione i contadini Tailandesi sono in una posizione di vantaggio al confronto con altri paesi.
Quando viaggio prima di partire mi informo il minimo indispensabile perché mi piace scoprire la realtà in cui mi andrò ad immergere in tempo reale.
Una volta arrivato leggendo alcuni articoli su i Lahu che mi stanno ospitando ho trovato un articolo interessantissimo del National Geographic dove intervistano il manager della fattoria dove sto facendo volontariato.

Questo è l’articolo in inglese.

Un fatto affascinante è che i Lahu sono una comunità matriarcale e una volta che una coppia si sposa l’uomo va a vivere nel villaggio della moglie, sono l’unica cultura in tutto il paese e tra le altre tribù dove uomini e donne hanno uguali diritti, i lavori pesanti sono svolti dagli uomini ma in casa, pulizie, cucinare e controllo ed educazione dei bambini viene condiviso ugualmente da uomo e donna.
Loue il manager della piantagione mi ha spiegato che i divorzi erano molto più comuni in passato che ora. Purtroppo la lingua Lahu è solo parlata ma non scritta. Fortunatamente internet ci aiuta a scoprire dei mondi di cui non avremmo mai conosciuto le storie ma quante culture meravigliose del passato con civiltà molto più civilizzate di noi sono passate senza lasciarci nessuna informazione.

Non puoi tornare a servire un caffè senza arrabbiarti quando qualcuno ti dice che costa troppo dopo aver vissuto di prima persona le difficoltà e il lavoro duro in una piantagione di caffè e lo è anche di più quando è organico e si utilizza un metodo di permacoltura che rende il tutto anche più faticoso.

La cosa assurda di questa società è che quelli che producono e dovrebbero essere portati su un piedistallo sono quelli considerati quasi l’ultima ruota del carro, il sistema economico in cui viviamo è marcio e il concetto di crescita economica in uno spazio ristretto e limitato da rivedere, non c’è crescita economica senza che una grande fetta della popolazione non possa goderne i benefici e in questo caso è anche il pianeta a pagarne un prezzo elevatissimo.
In due settimane di volontariato sono stato massacrato dalle vespe, febbre dovuta a chissà cosa, forse dovuto al cibo o acqua, scivolato raccogliendo legna per fare del fertilizzante organico, il biochar, e stirato un nervo e impossibilitato a muovermi per un giorno intero, incontro con una sorta di vipera completamente verde e un cobra, due settimane sole, questi coltivatori devono combattere con cose del genere tutto l’anno ma saranno quelli ad ottenere le briciole del profitto finale, questa società è sicuramente da riscrivere, lo deve essere assolutamente e senza ritardi.

Il biochar è carbone vegetale prodotto a seguito di processi di pirolisi e gassificazione a carico di prodotti/residui di origine vegetale provenienti dall’agricoltura e dalla selvicoltura (ramaglie, sanse di oliva, vinacce, cruscami, noccioli, gusci di frutta, ecc.).
Questo prodotto, in qualità di ammendante, rappresenta una valida soluzione per un’agricoltura sostenibile e per la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Infatti, sempre più numerose sono le evidenze che dimostrano le potenzialità del biochar per una gestione intelligente delle biomasse a beneficio dell’ambiente, dell’agricoltura e della collettività.
In particolare i benefici del biochar sono i seguenti:
- valorizzazione e recupero di prodotti/residui agricoli;
- recupero e miglioramento di suoli poveri (riduzione dell’acidità, aumento della capacità di scambio cationico, miglioramento della ritenzione di nutrienti e di acqua, ecc.);
- riduzione dei processi di lisciviazione;
- aumento delle rese produttive agricole con riduzione dei fabbisogni di acqua ed elementi nutritivi (concimi);
- incremento della carica microbica del suolo e sostegno nella fissazione dell’azoto;
- mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso lo stoccaggio in forma stabile e a lungo termine del carbonio nel suolo.
C’è tantissimo lavoro da fare, dal rimuovere le erbacce, tagliare rami secchi, rimuovere alberi di caffè morti, tagliare il legname di scarto e trasportarlo al magazzino per la creazione del Biochar, piantare nuove piante di caffè il tutto sul lato della montagna in discesa evitando di scivolare specialmente ora che è la stagione delle piogge, il tutto facendo attenzione a serpenti e vespe, tutto questo per arrivare ai nostri caffè dove verranno bevuti da clienti inconsapevoli di tutto questo lavoro.

L’esperienza mi sta arricchendo non solo a livello professionale ma anche umano, conoscere questa comunità è affascinante ma non tutti i Lahu sono uguali, il villaggio dove vivo sono Lahu neri e la loro cultura e lingua è diversa, per esempio, dai Lahu Rossi che sono a pochi chilometri di distanza e mi è stato spiegato che negli ultimi decenni si sono convertiti al Cristianesimo.
La tribù collinare dei Lahu si divide in cinque sottogruppi: Lahu Rossi, Lahu Gialli, Lahu Neri, Lahu Bianchi e Lahu Sheleh, i Lahu Neri sono il sottogruppo più numeroso e costituiscono quasi l’80% della popolazione Lahu.
Il Lahu è una lingua Tibeto-Birmana e comprende vari dialetti, il Lahu nero è il dialetto più comunemente parlato, la lingua della tribù collinare Lahu non ha un sistema di scrittura tradizionale e nel corso di questo secolo tre romanizzazioni sono state introdotte da missionari protestanti e cattolici e da linguisti del governo cinese.
La tribù collinare dei Lahu è un gruppo etnico fortemente indipendente e diversificato che conta circa 60.000 persone in Thailandia, i Lahu si trovano principalmente nelle province di Chiang Mai e Chiang Rai, ma sono presenti anche in numero considerevole a sud, nella provincia di Tak, i loro insediamenti sono solitamente lontani da strade e città, a causa del loro forte impegno nel preservare lo stile di vita dei Lahu.
Questa è una esperienza che consiglio a tutti quelli che lavorano nel mondo del caffè: non solo per capire la fatica e la quantità di lavoro che c’è dietro a far crescere il caffè, e anche di più se è organico, ma è un viaggio umano dove si può capire l’importanza della natura e di come siamo tutt’uno con essa e se rispettata ci può riservare grandi regali ma allo stesso tempo si capisce come si è piccoli al confronto.
Una minuscola vespa ti fa scappare e fermare di lavorare se c’è il sospetto di un alveare vicino, e posso assicurarvi che quando 5-6 ti pungono fa davvero male. E, ancora, il pericolo di una frana, una caduta dovuta al terreno bagnato che può portare ad una frattura, formiche assassine che se sei sfortunato di finirci con le mani o le gambe mordono e lasciano con un bruciore che è di pochi secondi ma è intenso.
Non dimentichiamoci infine delle zanzare. Questi sono solo una piccola parte di tutto quello che può essere un pericolo, un’esperienza del genere ti porta ad elevarti spiritualmente specialmente avendo la possibilità di essere al contatto di culture diverse ma che alla fine sono come noi, cercano l’amore, l’amicizia e pace interiore, capisci che siamo diversi ma in realtà siamo tutti uguali”.
Alessandro Carosi
- Website : https://suanlahu.org/
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SuanLahu - Instagram : @suan_lahu_organic_coffee