sabato 06 Settembre 2025

Cristina Scocchia, illycaffè: “Continuiamo a investire nel made in Italy e nella filiera”

Scocchia: "In illycaffè abbiamo scelto di agire. A luglio abbiamo acquisito il controllo del nostro distributore svizzero e, proprio in questi giorni, abbiamo annunciato l’acquisizione della maggioranza di Capitani, azienda italiana specializzata nella produzione di macchine per il caffè"

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CERNOBBIO (Como) – Cristina Scocchia, amministratore delegato di illycaffè, in occasione del Forum Ambrosetti a Cernobbio, si è espressa in merito a temi cruciali che riguardano il comparto del chicco come i dazi statunitensi la crescita esponenziale della materia prima.

Riportiamo di seguito le considerazioni dell’amministratore delegato dell’azienda.

1. Risposta ai dazi: crescere in Europa con regole condivise e una visione per rilanciare la competitività

“In un contesto globale sempre più instabile e competitivo, l’Europa deve mettere in comune risorse e visione strategica per affrontare le grandi sfide del nostro tempo: autosufficienza energetica, difesa comune e innovazione tecnologica.

Serve una politica industriale strutturata, per recuperare il terreno perso nelle nuove tecnologie e sostenere i settori tradizionali.

Ci preoccupiamo, giustamente, dei dazi introdotti dagli Stati Uniti ma la vera complessità è già dentro l’Europa: basta confrontare le regole di Spagna, Francia, Italia che sono spesso sovrapposte, contraddittorie e diversificate tra Paesi, scoraggiando l’innovazione e la crescita. La frammentazione normativa equivale a un dazio interno del 45% sui beni e 110% sui servizi.

Serve ridurre il costo dell’energia e promuovere un più equilibrato rispetto al Green Deal e ad alcune regolamentazioni europee (i.e.UDR). Serve semplificare il quadro normativo e promuoverne l’armonizzazione e, se l’Europa è davvero seria riguardo alla costruzione di un vero mercato interno, l’allineamento fiscale non è un lusso: è una necessità. Nessuno si aspetta un’armonizzazione delle aliquote dall’oggi al domani ma la concorrenza fiscale interna che ha permesso a Stati membri come Irlanda, Paesi Bassi e Lussemburgo di operare come paradisi fiscali di fatto, deve cessare”.

2. Anche le aziende devono fare la loro parte: superare la stagnazione strategica e accelerare

In salita si deve accelerare. Per le aziende questo non è il momento di restare ferme in quella che definisco “stagnazione strategica”. È il tempo di affrontare le sfide con coraggio, di attrezzarsi per superarle e di imprimere una spinta decisa al cambiamento.

In illycaffè abbiamo scelto di agire. A luglio abbiamo acquisito il controllo del nostro distributore svizzero e, proprio in questi giorni, abbiamo annunciato l’acquisizione della maggioranza di Capitani, azienda italiana specializzata nella produzione di macchine per il caffè.

Una tappa fondamentale nella nostra strategia di crescita. In un contesto macroeconomico sempre più complesso e sfidante, abbiamo deciso di continuare a investire nel made in Italy, nell’eccellenza e nell’innovazione, integrandoci a monte e valorizzando la filiera produttiva italiana.

Sebbene il settore del caffè continui ad essere in una tempesta perfetta, principalmente a causa dell’elevato costo della materia prima e dei dazi, abbiamo scelto di non stare fermi ma di accelerare i nostri investimenti strategici al fine di rafforzare ulteriormente la nostra leadership qualitativa a livello globale”.

3. Forti tensioni nel mercato del caffè tra dazi e crescita esponenziale del costo della materia prima

“Il mercato del caffè continua a vivere una vera e propria tempesta perfetta. Il prezzo della materia prima, il caffè verde, si mantiene su una quotazione molto alta – intorno ai 380 centesimi per libra- tre volte la media storica. Le cause sono molteplici: i dazi del 50% imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni brasiliane stanno riducendo l’offerta di caffè sul mercato americano, dove circa un terzo del caffè non tostato proviene dal Brasile.

A questo si aggiungono condizioni climatiche sfavorevoli nei Paesi d’origine della materia prima, come ad esempio i danni causati dalla recente gelata nel Cerrado e le preoccupazioni meteorologiche legate alla mancanza di pioggia in Brasile. Si stima una riduzione del 5-10% del raccolto brasiliano a causa del clima caldo e secco.

Il costo medio della tazzina al bar attualmente in forte crescita (+19% rispetto al 2021 e +3,4% rispetto al 2024), presenta grande disparità tra città: Benevento e Bolzano si attestano a circa 1,5 €, mentre Catanzaro a 1,00 €.

Si prevede che il persistente trend rialzista della materia prima possa causare un ulteriore aumento.

Secondo il report del Centro studi di Unimpresa il prezzo medio di una tazzina di caffè espresso al bar in Italia potrebbe raggiungere i 2 euro entro la fine del 2025. Previsione che, come dichiarato l’anno scorso, riteniamo purtroppo plausibile anche se con tempistiche più lunghe (12-18 mesi)”.

4. Italia: la stabilità di Governo come leva per sostenere la crescita industriale

La gestione prudente del bilancio pubblico sta dando i suoi frutti, l’occupazione è in crescita, il debito è sotto controllo e lo spread è sceso, segnale chiaro della fiducia dei mercati.

In vista della prossima manovra, sarebbero utili misure per sostenere la crescita industriale, rafforzare la competitività e stimolare l’export, soprattutto in un contesto globale segnato da nuove barriere commerciali e dazi.

È fondamentale investire su chi produce e innova, riducendo il costo dell’energia, che pesa come un macigno sulla competitività delle imprese, e creando condizioni fiscali che favoriscano gli investimenti e riducano il costo del lavoro, a beneficio sia delle aziende che dei lavoratori.

Questi interventi richiedono nuove risorse che potrebbero essere generate attraverso una sempre più efficace lotta all’evasione fiscale ma una leva strategica potrebbe essere rappresentata anche dal patrimonio pubblico, stimato in circa 45 miliardi di euro.

Sebbene le componenti più redditizie siano già state oggetto di privatizzazione, esiste una vasta quota di immobili pubblici — spesso non censiti — gestiti dalle amministrazioni locali. Oggi una parte significa di questi beni genera rendimenti prossimi allo zero, basterebbe che rendessero anche solo il 2% per imprimere una svolta significativa alle finanze pubbliche“.

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