venerdì 12 Aprile 2024
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Vergnano lancia la sfida al colosso Nespresso sul mercato capsule

Alla Vergnano di Santena, alle porte di Torino, devono aver pensato che come sempre, il giusto sta nel mezzo. Alle persone non dispiace l’idea di possedere uno status-symbol come le macchine da caffè Nespresso, ma chiunque non sia nella classifica annuale di Forbes, si è reso conto che l’intera gestione dei propri caffè mattutini è piuttosto complessa e costosa

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MILANO – Esattamente un anno fa il blogger Matteo Franceschini aveva diffuso questo commento sul sfida Vergnano-Nespresso che ha precorso i tempi: un vero mago. Ve la proponiamo. Si chiama semplicemente Espresso, anzi “Èspresso” per l’esattezza. Con quell’accento che appare allo stesso tempo sia un vezzo che l’irridente simbolo della scaltrezza italica. È l’ultima invenzione di casa Vergnano, premiata ditta di torrefazione piemontese che conta poche candeline in meno dell’Unità d’Italia ed è ancora saldamene in mano ai nipoti del patriarca Domenico.

Vergnano sfida Nespresso

Da qualche anno il mercato del caffè casalingo ha cercato di spingere i consumatori dalla cara vecchia moka, verso le più pratiche, pulite e “gustose” cialde per macchine espresso automatiche. Il colosso che indirizza il mercato è uno dei mille rami di Nestlè, una multinazionale del chicco raccontata dalla candida faccina di George Clooney e dai suoi improbabili scambi di favori con un angelico John Malkovich.

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Un “club” quello di Nespresso in cui persino in Paradiso rimpiangono di non potervi entrare. E così è sempre stato per i clienti Nespresso: servizi di altissimo livello, attenzioni degne di un hotel di prima categoria, indagini di soddisfazione telefoniche, commessi in abito da sera e maniglie in oro massiccio in tutte le loro “boutiques” (perchè “negozio” suona plebeo). Un caffè offerto ogni volta che varchi le loro porte. Certo, a patto che tu abbia comprato qualche scatola di capsule, qualche tazzina di design o almeno un sacchetto di biscotti della nonna da 48 euro l’etto. Questo il prezzo per far parte di un’elite di qualche decina di milioni di clienti in tutto il mondo. Ti senti coccolato, non c’è che dire, ad essere un cliente Nespresso. Anche troppo.

Se per caso devi comprare delle capsule e non sei appena uscito dal parrucchiere, ti senti un po’ a disagio ad entrare in negozio. Eppure questo è l’unico sistema di interagire con l’universo Nespresso. Per pochi il giusto lusso, per molti altri un eccesso di attenzioni che pur lusingando il cliente, in realtà gli complicano la vita. Questo l’hanno capito altre aziende che negli anni si sono lanciate nella produzione di capsule e macchine da caffè espresso per il mercato consumer: il vero punto di vantaggio che si poteva avere rispetto a Nespresso era agire sulla distribuzione.

Maggior disponibilità, maggior facilità di accesso e – possibilmente – maggior economicità.

Tutte le altre marche di capsule da caffè (Lavazza in testa) hanno individuato nella GDO il canale di diffusione più efficace per il loro prodotto. Insomma, se non posso competere con il lusso, tanto vale puntare sull’accessibilità. Alla Vergnano di Santena, alle porte di Torino, devono aver pensato che come sempre, il giusto sta nel mezzo. Alle persone non dispiace l’idea di possedere uno status-symbol come le macchine da caffè Nespresso, ma chiunque non sia nella classifica annuale di Forbes, si è reso conto che l’intera gestione dei propri caffè mattutini è piuttosto complessa e costosa. E quando finisci le preziose capsulette in alluminio, devi trovare il tempo di andare dal parrucchiere e poi alla boutique per comprarne di nuove.

Oppure ordinarle sul web e aspettare i tempi postali, a patto che tu abbia una carta di credito o ulteriore tempo da perdere in banca o alla posta… E poi, domanda che in questi tempi di green-revolution capita sempre più spesso: le capsulette in alluminio, dove le devo buttare? Come le differenzio? In nessun modo: ti tocca buttarle nell’indifferenziato irrecuperabile perchè in Italia Nespresso non fa il servizio di ritiro delle capsule vuote a scopo riciclo. Altrove invece (in Francia e in Svizzera li ho visti personalmente) sono meglio attrezzati.

A tutti questi piccoli inconvenienti, sopportati con fastidio dai membri dell’esclusivo club, cerca di mettere una toppa il nuovo prodotto di Vergnano

Capsule di caffè italiano di qualità, in materiale biodegradabile, in vendita al supermercato… ma soprattutto, le prime in Italia compatibili con le macchine da caffè Nespresso. Et voilà. Ecco l’uovo di Colombo: non inventarsi una nuova macchina, una nuova capsula, un nuovo sistema di distribuzione (come ha fatto Lavazza con “A modo mio“)… ma andare a fregarsi il mercato altrui puntando alla soluzione dei loro difetti. Per adesso sono quattro le varietà di caffè, di gusto e intensità differenti, proposte nelle capsule di Vergnano: Intenso, Cramoso, Arabica e l’immancabile Dec. Il caffè è racchiuso in capsule di “materiale plastico biodegradabile” semitrasparenti, confezionate singolarmente in bustine sigillate e perfettamente compatibili con la forma delle tradizionali capsule metalliche Nespresso.

Sulla questione ambientale, a dire il vero Vergnano gioca un po’ sul termine biodegradabile

Perchè in effetti la capsula non è (ancora?) riciclabile. Nè nella plastica nè nell’umido. Però, pure andando smaltita nell’indifferenziato, ha il pregio non indifferente di degradarsi completamente in poco più di due anni. Contro il millennio che servirebbe alla plastica tradizionale. Non vi dico i metalli. Ovviamente la compatibilità della forma non le rende identiche a quelle “originali” per problemi di brevetto. Così alla Vergnano si sono inventati quel tanto di modifiche al modello che (sperano) li tenga lontani da cause milionarie per violazione di proprietà industriali. Dal punto di vista dell’utente, devo dire che vedere il caffè attraverso la capsula e sentirne il profumo attraverso le parti aperte è piacevole.

Dopo aver incontrato il nuovo prodotto sulla mia strada in un grande supermercato, incuriosito, ho provato le due varietà intermedie in una macchina Krups e il risultato è davvero degno di nota: la qualità del caffè è indubbia e il gusto pieno e autenticamente “italiano” (difficile da descrivere, è da provare). Ho messo nel carrello una scatola da 10 capsule, sulla quale non era riportato il prezzo. Alla cassa ho scoperto l’ultima sorpresa. Costa dai 30 ai 70 centesimi in meno dell’equivalente Nespresso. E allora ne ho presa una seconda scatola. Questa storia o finisce in tribunale o in un grande business per una piccola drogheria aperta nel 1882 a Chieri e che oggi, da azienda leader del caffè, ha una fionda ben armata contro il Golia dell’alimentare globale.

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