TRIESTE – Coffee/R/Evolution è stato il tema della terza edizione del Trieste Coffee Experts tenutasi sabato 7 ottobre presso
la Bazzara Academy (FOTO sotto il titolo) ed è stato affrontato da tre differenti prospettive: espresso, bar e formazione.

La platea del summit, ideato dai fratelli Bazzara, era formata dai rappresentanti delle più note aziende della filiera del caffè italiano e delle fiere di settore più importanti.

La novità più rilevante è stata il primo passo compiuto per andare incontro alle numerose richieste pervenute negli ultimi anni: una diretta streaming che ha permesso di divulgare la cultura del caffè di qualità nel mondo.

Un summit che ha riscontrato il gradimento da parte dei presenti per le tematiche scelte e i relatori chiamati a trattarle, e che si è concluso con la consegna del premio “Trieste Coffee Experts – Personaggio dell’anno del caffè”.

Ideato dai fratelli Bazzara per premiare chi, con passione, grinta e competenza si è dimostrato in grado di indicare la rotta da seguire all’intero comparto. Il riconoscimento è consegnato dal Presidente del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia Franco Iacop a Luigi Odello.

È stato l’ultimo momento solenne prima di una partita a calcetto in cui a contendersi la vittoria c’erano da una parte Gruppo Cimbali e dall’altra Carpigani Gelato.

Calcio balilla presente nella sede Bazzara non a caso, ma a rappresentare tutti quelli che, secondo un vecchio progetto accarezzato dai Fratelli Bazzara, verranno inviati nelle zone colpite dai terremoti nel centro Italia. Un piccolo gesto di solidarietà realizzato anche grazie al contributo degli sponsor dell’evento, con la speranza di riuscire a regalare loro qualche minuto di svago e sollievo.

Veniamo ora alla sintesi di quanto è stato detto dai relatori presenti.

Espresso/R/Evolution

trieste bazzara I primi quattro interventi del summit sono stati affidati a Giorgio Grasso (Consigliere di Amministrazione Aziende Riunite Caffè); Paolo Levi (AD Pacorini Silocaf); Luigi Odello (Presidente IIAC) e Giorgio Caballini (Presidente del Consorzio di tutela del caffè
espresso italiano tradizionale).

A loro il compito di fornire un’istantanea sull’evoluzione dell’espresso dal punto di vista merceologico.

Grasso ha affrontato l’evoluzione del mercato del caffè verde in Italia, esordendo con un dato incoraggiante per tutti: negli ultimi trent’anni il volume di caffè verde importato in Italia è più che raddoppiato e le esportazioni sono passate da 6 mila a oltre 150 mila tonnellate all’anno.

Questa evoluzione del mercato ha comportato una vera rivoluzione per le aziende specializzate nel trade. Inevitabilmente il lavoro si è concentrato nelle mani di pochi, sempre più forti e organizzate.

Quelle di chi ha potuto sostituirsi alle banche nei confronti dei committenti, consegnando il caffè a fronte di pagamenti differiti. Ma soprattutto di chi ha saputo assumere una competenza professionale in tutti i campi utili e necessari al settore, sviluppando anche capacità organizzativa sia in origine sia sul territorio.

Tutto questo per essere sempre di sostegno ad una clientela che negli ultimi tempi ha dovuto fare un salto di qualità che interessa tutti gli aspetti della filiera.

trieste bazzaraLa parola poi passa a Levi, che dapprima conferma quanto detto nell’intervento precedente riguardo i numeri in crescita anche nell’ultimo decennio e poi svela come questo abbia portato a notevoli mutazioni nel modo di operare di spedizionieri e magazzinieri, settore piuttosto tradizionale nella supply chain.

È difatti cresciuta la velocità della merce in entrata/uscita, spinta da maggiori consegne e dal fatto che i torrefattori fanno meno stock e comprano sul pronto.

Lo scarico manuale del sacco sta poi andando a scomparire, per esigenze di velocità ma anche per i regolamenti sulla salute dei lavoratori. Mutazione che ricade a sua volta sulla trasformazione dei confezionamenti.

Odello, invece, esordisce affermando che la vera rivoluzione nel mondo del caffè è l’espresso italiano. A sostegno di questa tesi dapprima ricorda come i metodi di estrazione che oggi vengono proposti come innovativi (chemex, french press, cold brew, sifone) siano tutte re-invenzioni già presenti nei libri dalla prima metà del 1800.

Poi Odello espone quanto negli ultimi 300 anni si sia sempre cercato di ottenere un caffè rapido, potente e piacevole ma si sia riusciti ad ottenere contemporaneamente tutte e tre queste caratteristiche solamente con la prima macchina ad aria compressa presentata nel 1935.

E qui entra in gioco l’ingegno dell’italiano che partendo da una condizione di povertà ha saputo trovare una soluzione economica che permettesse di passare dai 13/15 grammi di caffè ai 5/7 senza perdere in piacere e anzi affinare le capacità di selezionare e unire sapientemente diverse origini da tutto il mondo per ottenere il gusto migliore ma a basso costo.

Ottant’anni che hanno visto affermare la superiorità dell’espresso italiano, ribadita anche dai giudici internazionali delle edizioni asiatiche del 2015 e 2016 degli International Coffee Tasting.

A questo punto però la conclusione dell’intervento di Odello sposta l’obiettivo su un’opportunità ancora non colta dal movimento caffeicolo italiano. Dei 1.250 miliardi di consumazioni annuali di caffè nel mondo solamente l’1 per cento è ricavato da miscele italiane. Che cosa significherebbe per tutta l’economia italiana riuscire ad arrivare ad almeno un 2 per cento?

Chiude il ciclo di interventi sull’evoluzione dell’espresso il Conte Giorgio Caballini che ripercorre le tappe del progetto iniziato nel 2014 per far sì che il “caffè espresso italiano tradizionale” possa entrare a far parte del patrimonio immateriale dell’umanità riconosciuto dall’Unesco.

Un percorso lungo il quale sostiene di aver incontrato molti torrefattori e produttori pronti a supportare la causa. Ma anche altre associazioni che invece di sposare il progetto promosso dal Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale vorrebbero risultarne gli artefici e così facendo tutto viene ritardato e messo in dubbio.

Tuttavia la fiducia che si trovi una convergenza di intenti e che entro il 2019 il progetto vada a buon fine rimane intatta.

Il summit a questo punto sposta il proprio focus sul tema Bar/R/Evolution.

Microfono in mano a Luigi Morello che illustra come nei luoghi dell’espresso la macchina del caffè si evolve in oggetto di culto. Un suggestivo parallelo religioso dove il bar equivale al tempio; la macchina per caffè ne è l’altare; il barista il sacerdote ed i consumatori indossano le vesti dei fedeli.

Questi paralleli per ripercorrere le tappe che hanno segnato il ritorno da protagonista della macchina per caffè. Negli anni ’80 infatti il bancone aveva assunto il ruolo più importante ed era diventato una sorta di espositore, relegando la macchina sul retro banco.

Le conseguenze negative furono almeno duplici. Il design ne risentì così come il barista – dando le spalle al cliente – perse molto del fascino teatrale che possedeva, divenendo di fatto un cameriere.

Con il nuovo secolo però le dinamiche sociali si modificano, arrivano i social network e si assiste alla nascita di una categoria di Top Baristi. Che grazie ad una grande autorevolezza hanno un forte legame con i propri “fedeli” e riescono a dettare nuovi
trend.

Un fenomeno che ha fatto bene a tutto il settore, creando una nuova attenzione al caffè e a tutta la filiera, permettendo anche alla formazione di ricoprire un nuovo ruolo centrale.
Dalle tendenze si è passati ad esigenze e a tutti i livelli oggigiorno si è alzata l’asticella dello standard qualitativo.

Segue Sergio Barbarisi, il quale sottopone alla platea un quesito provocatorio: la guerra del futuro sarà la guerra dell’acqua anche nei bar?

Un rapido passaggio per spiegare a tutti che il 98% degli 1,38 miliardi di km3 – una quantità virtualmente inesauribile – di acqua presente sul pianeta è acqua salata ma trattabile.

E che tuttavia l’umanità, anziché lavorare sulle tecnologie per ottenere acqua potabile da queste risorse, preferisce andare in competizione per sfruttare solamente quello 0,9% che proviene dalle falde, della fonti e dai laghi.

Per questo l’acqua sarà la sfida globale -economica, sociale, politica e ecologica – del ventunesimo secolo. Si ritorna così a parlare di Bar e di quale sfide ci attendono in questo contesto quando parliamo di acqua. Barbarisi cita le ricerche condotte dalle Università di Zurigo e Siena. Che hanno dimostrato come i cationi (calcio, magnesio, sodio e potassio
i principali) presenti nell’acqua abbiano un’importanza fondamentale perché si aggrappano alle sostanze presenti nel caffè e lo trasportano in tazza sotto forma di corpo, di aromi e di crema.

Ricerche che ci permettono di individuare un’area all’interno del grafico cartesiano fra durezza e alcalinità dell’acqua che rappresenta l’area perfetta per servire un buon caffè in tazza.

Il General Manager BWT Italia va poi a comparare addolcitori, decarbonatatori a cartuccia e metodo per osmosi inversa per delineare come questi sistemi muovono l’acqua
all’interno del suddetto diagramma.

Limitandosi a come si comportano nei confronti dell’espresso in termini di aspetto estetico e corpo, il metodo migliore risulterebbe essere per Barbarisi l’addolcitore. Addolcitore che però non solo non regge il confronto al momento degustativo dell’assaggio, ma perde nettamente su tutta la linea a favore delle cartucce se si estende l’analisi anche all’aspetto della sostenibilità, in termini di spreco di acqua, riciclabilità dell’apparecchio e rifiuti generati.

La Bar/R/Evolution viene poi trattata da Flavio Urizzi, Export Manager Astoria che anticipa cosa “bolle in caldaia” per i costruttori di macchine per caffè.

Gli ultimi trend sembrano essere orientati a macchine con caldaie indipendenti o ibride, ad uno sviluppo dell’automazione/robotizzazione e della telemetria.

I costruttori italiani, secondo Urizzi, grazie alla conoscenza del prodotto e a un movimento di cultori del gusto che non ha eguali, se sceglieranno di continuare a sviluppare ricerca e innovazione potranno garantirsi un futuro brillante, difendendosi al contempo da un processo di “cinesizzazione” che a volte altrimenti potrebbe sembrare ineluttabile.

Mauro BazzaraMauro Bazzara, padrone di casa e Amministratore Delegato della Bazzara Espresso, apre il ciclo di interventi conclusivi incentrati sulla Academy/R/Evolution.

Il punto fondamentale dell’intervento sono i percorsi esperienziali che permettono di suscitare emozioni. E di fare esperienza diretta per aver modo di comprendere realmente
il lavoro che si nasconde dietro all’espresso in tazza.

In questa prospettiva un ruolo fondamentale è recitato dal “viaggio”. Vengono così citati i programmi SCA Origin Trip e Roaster&Barista Guild of America che già da diversi
anni promuovono viaggi caffeicoli per scoprire in prima persona dove nasce un espresso. Bazzara però non manca di guardare anche alle proposte italiane facendo gli esempi di Umami – che permette di vivere l’esperienza della piantagione di caffè, conseguendo dei Coffee Diploma System direttamente sul campo -. E anche di Barista & Farmer, il primo talent show dedicato ai baristi che si svolge direttamente nelle piantagioni. Ma la rivoluzione nel modo di divulgare la cultura del caffè, per Bazzara, non si limita alle offerte esperienziali.

Interessa anche la nascita di community di professionisti di settore che creano nuove reti di condivisione. I migliori esempi sono Barista Guild of Europe, Roaster Guild of Europe e Coffee Technicians Guild. Sono tutte nate in seno a SCA e orientate a supportare tanto baristi e torrefattori, quanto i tecnici delle macchine per caffè. Costituendo canali privilegiati per lo scambio di conoscenza e l’accrescimento delle reciproche competenze.

Infine l’altro grande trend relativo alla formazione affrontato da Bazzara è quello delle Academy interne. Che, attraverso un percorso di formazione continua, permettono di avere personale altamente qualificato. In grado di alimentare un circolo virtuoso che generare nuova conoscenza da mettere a disposizione dell’azienda a tutti i livelli.

In conclusione, per definire la formazione del futuro, Bazzara si rifà alle linee guida tracciate dalla Conferenza delle Accademie. E la tratteggia come altamente specializzata, interdisciplinare, interconnessa fra professionisti, attenta ai nuovi orizzonti scientifici della ricerca. E anche in grado di formare un consumatore consapevole e capace di riconoscere il valore dell’eccellenza.

Andrea Lattuada, trainer, Maestro di Latte Art e titolare di 9Bar Academy ha invece condiviso la sua interessantissima esperienza maturata con il gruppo cinese Milan Gold. Un rapporto di collaborazione nato nel 2002 che ha visto crescere una piccolissima
torrefazione di Pechino (composta a quei tempi solamente da due persone) che aveva l’ambizioso obiettivo di portare il proprio caffè negli hotel cinque stelle della Cina continentale.

Nel 2007 il gruppo cinese aveva fondato la sua prima accademia, lavorava con
macinadosatori on-demand quando in Italia erano ancora sconosciuti, e Andrea aveva già formato tutto lo staff degli hotel forniti da Milan Gold, divenendone anche testimonial.

Sette anni dopo l’accademia di Pechino di Milan Gold oltre ad essere una delle tante ormai aperte dal gruppo, affrontava un percorso di certificazione SCA che interessava tutti i 170 dipendenti. Ventitré di loro addirittura Q-Grader.

L’evoluzione di un’azienda – ma non è l’unica, secondo Lattuada – che davvero si è appassionata alla cultura del caffè e che quest’anno porterà la sua passione e la sua forza economia anche a Host. La Cina nel tempio del caffè italiano. Per Lattuada un motivo per tutti gli imprenditori italiani di alzare il ritmo e gli obiettivi qualitativi. Perché se la Cina continuerà a crescere a questa velocità rischia di diventare ben più di una minaccia.

Infine Cristina Caroli (Coordinatrice Nazionale SCA Italia) chiude i lavori del Trieste Coffee Experts. Nel suo intervento sostiene che la rivoluzione del caffè in Italia sarà il fenomeno Specialty.

I motivi sono molteplici: all’estero le grandi multinazionali da tempo fanno investimenti milionari in questo settore. E recentemente anche i player dall’Oriente se ne sono interessati. Entrambi fra poco potrebbero investire il nostro mercato con prodotti di
buona qualità a prezzi assolutamente concorrenziali.

Inoltre il fenomeno Specialty, così diffuso all’estero, ci rende un paese con scarsa propensione ad interpretare le necessità dei turisti fintanto che continueremo a volerne ignorare le potenzialità.

Al momento, secondo Caroli, questo fenomeno fa emergere in modo chiaro la nemesi
del nostro Paese. Un Paese che sicuramente ha dato i natali ad un metodo di estrazione che ha influenzato il modo di bere caffè in tutto il mondo. Ma che oggi si trova a sacrificare la qualità del prodotto per logiche di business ormai suicide.

Si è ormai arrivati al paradosso di bloccare le funzionalità della macchine per espresso
italiane più evolute. Questo per permettere a ragazzi assunti per poche ore di utilizzarle come possono.

Una parabola al ribasso miope anche in termini di immagine nazionale. Risulta dunque assolutamente necessario tornare a dare valore al prodotto. Con la forte consapevolezza che solo così facendo si riuscirà a modificare la propensione alla spesa del consumatore moderno.

Chiude i lavori Fabrizio Polojaz – Presidente Associazione Caffè Trieste – che nel suo intervento si concentra su chi il caffè lo beve, ovvero il consumatore finale. Il perno di tutto il movimento caffeicolo. Il perno che ha spinto Polojaz ad accettare l’invito di Andrej Godina a celebrare i 125 anni dell’associazione attraverso un libro. Che non fosse pubblicitario bensì divulgativo. Un libro sulla Trieste del Caffè, le sue aziende
e i personaggi che ne fanno parte.

Dal 29 ottobre al 5 novembre c’è il Trieste Coffee Festival

Lo stesso consumatore per il quale anche quest’anno l’Associazione Caffè Trieste, dal 29 ottobre al 5 novembre, darà vita al Trieste Coffee Festival. Un evento che ha l’obiettivo di dare formazione e informazione non solo agli esperti ma anche agli amanti e semplici curiosi del mondo del caffè. Attraverso laboratori divertenti e stimolanti.