giovedì 11 Aprile 2024
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Tommaso Bongini Mokarico e Gear Box: il coffee shift parte da Firenze

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MILANO – Ecco l’intervista a Tommaso Bongini della torrefazione Mokarico di Scarperia (Firenze): lo abbiamo incontrato al The Milan coffee festival dove aveva uno stand. Si parte dal core business, ovvero dalla torrefazione di famiglia, acquistata nel 1936. Attualmente Bongini rappresenta la terza generazione dell’impresa. Con lui, l’azienda ha incrementato il controllo sulla qualità, ottenendo un caffè commerciale a prova di difetti.

Al momento a disposizione, sono sei i blend, dal 100% Arabica sino alla miscelazione con una maggior percentuale di Robusta. Non manca poi una linea di caffè organici, composta da due prodotti: un 100% Brasile naturale, un blend Messico-Nicaragua lavati. Sono caffè selezionati direttamente in piantagione.

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Inoltre, le monorigini tostate espresso. Una scelta rivendicata dalla torrefazione, che non fa un mix a crudo, ma solo in seguito ad aver torrefatto singolarmente il tipo di chicco.

Perché comprare il caffè Mokarico? Qual è il tratto distintivo?

Tommaso Bongini
Tommaso Bongini

“Perché sicuramente, puntiamo tramite il nostro lavoro, alla ricerca della qualità senza compromessi. Quindi cerchiamo sempre caffè crudi sensibilmente migliori rispetto a ciò che si trova sul mercato dei crudisti.

Abbiamo dei canali nostri tramite i quali ci riforniamo da anni. Con loro interagiamo sempre nella richiesta di un prodotto ancora migliore. Facciamo poi direct trade. Quindi ci approvvigioniamo dalle piantagioni da noi scelte.

Tommaso Bongini ritira il diploma al termine del corso sulla chimica del caffè
Tommaso Bongini ritira il diploma al termine del corso sulla chimica del caffè

Abbiamo poi costruito un laboratorio di analisi interna, per affinare ancora di più il controllo della qualità. Ciò ci permette di avere alcuni vantaggi rispetto ad altre torrefazioni che puntano più sull’immagine.”

Il problema del prezzo

“Il prezzo, purtroppo, nel mondo della torrefazione è una questione ancora oggi spinosa. Perché esistono delle aziende che pensano solo al profitto, non vendono caffè, ma soldi. Tramite finanziamenti e altre modalità un po’ subdole. Noi siamo contro questa strada.

Il caffè di Tommaso Bongini
Il caffè di Tommaso Bongini

È una decisione che ci ripaga perché i clienti scelgono la qualità e non altro. Il nostro prodotto è migliore rispetto alla media italiana e offriamo servizi ai clienti, anche nella formazione.”

Il comodato d’uso, dà una maggiore serenità?

Ci si può concentrare meglio sulla qualità? Oppure è uno svantaggio rispetto alla concorrenza?

“A volte capita che il cliente insista sul comodato d’uso. Di certo c’è il fatto che noi puntiamo sulla qualità e non su altro. A noi fa star più tranquilli in termini proprio di qualità. Dall’altra, il consumatore finale è sicuro che noi agiamo nel giusto.”

Tommaso, da ben 5 anni nerd del caffè

“Sono un coffeenerd a tutti gli effetti. La mia esperienza nel caffè inizia relativamente tardi. Solo 5 anni fa sono arrivato a Londra, lavorando presso La Marzocco UK e mi sono subito avvicinato agli specialty coffee.

Questa esperienza mi ha cambiato in toto, nel momento del massimo sviluppo per questa categoria di caffè. Poi sono tornato in Italia e ho portato questa mia voglia di focalizzarmi sugli specialty anche nella mia torrefazione. La cosa si è concretizzata sei mesi fa, tramitela mia idea, Gear Box Coffee Roasters, un piccolo marchio interamente gestito da me.”

Gear Box, il cambio della marcia

Tommaso Bongini
Il logo Gearbox di Tommaso Bongini

“Perché sono appassionato anche al mondo delle auto. Ho creato due slogan per il brand: coffee shift, il cambiamento; poi the coffee that puts you in gear, il caffè che ti dà quel quid in più.”

Che torrefattrice viene utilizzata?

“Una Giesen da 6 chili, full optional. Questo mi permette di avere un controllo perfetto su ogni tostata. Questo grazie anche al software cropster che è usato da molti colleghi. La singola tostata viene fatta in modalità manuale da me, senza software che controllano i parametri. Attualmente propongo una decina di prodotti. Potrebbero sembrare tanti, ma ho la fortuna che, comprando un sacco alla volta, riesco a operare più rotazioni. Faccio acquisti mirati e tento di avere un’offerta standard ma innovativa. L’Etiopia lavato quindi è sempre disponibile, ma non è mai lo stesso. È uno specialty nello specialty. Quando termina, magari non si ritrova per un po’ di tempo.”

I clienti? “Sono partito con Gear Box assieme a una piccola caffetteria a Firenze, Coffee Mantra. Molto particolare, di 17 metri quadrati, il loro core business è il caffè e nient’altro. Senza distrazioni. In tre mesi di lavoro, hanno raggiunto la soglia di tre quintali di caffè consumati, tra espresso e filtro. Ho clienti inoltre in Germania, uno in Bulgaria e poi un ragazzo a Milano. Ci stiamo sempre muovendo. Il nostro marchio è nato solo da 6 mesi.”

Lei era tra i protagonisti del The Milan coffee festival?

“Quando ho saputo di questo evento, ho fatto di tutto per poter partecipare. Volevo usarlo come debutto, trampolino di lancio. Ho portato un blend a espresso, che ora anche tra gli specialty sta prendendo campo e vorrei trovasse ancora più spazio. In relazione con la nostra cultura italiana e avvicinarsi maggiormente ai consumatori.

Tommaso Bongini
Tommaso Bongini nello stand al The Milan coffee festival

È più facile così far attecchire gli specialty anche nel nostro Paese. Ho proposto poi il mio caffè con una macchina Dalla Corte XD. Sto collaborando con loro già da un anno. Sono comunque in ottimi rapporti anche con La Marzocco e Simonelli Group. Non voglio quindi limitare la mia azienda a una sola collaborazione. È giusto sperimentare con tutti i player per crescere tutti insieme.”

Com’è andata la sua esperienza allo stand con una Dalla Corte?

“E’ stato importante collaborare con Dalla Corte durante Sigep, in qualità di barista. Non sono solo torrefattore, sono anche formatore. Questo approccio mi ha aiutato tanto ad affrontare l’evento milanese. Perché confrontarmi con esperti e non, lavorando con la Mina Dalla Corte, mi ha permesso di capire che cosa si aspettava la gente in tazzina.

Io mi sono presentato con due monorigini. Ma ogni tanto, di fronte a qualcuno, mi sono accorto che mancava ancora qualcosa. Da lì mi è venuta l’idea di creare un blend che potesse incontrare gusti più ampi.”

Cosa significa la sua partecipazione al primo e al secondo corso di Rivera ospitato dal Simonelli Group?

“Il primo step è stato fondamentale, sulla chimica del caffè crudo. Importante per i torrefattori. per capire cosa c’è dentro il chicco e perché succedono determinate cose, che poi si riflettono durante l’assaggio a cupping. Che è il metodo che in Gear Box utilizziamo sempre.

Il CSC1 mi ha preparato anche per affrontare la certificazione Q-Grader. Un traguardo molto importante sia a livello professionale che personale. Il CSC2 adesso, è un’ulteriore conferma del fatto che il torrefattore dev’essere il primo nella filiera post-produzione del caffè, a studiare e informarsi.”

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