domenica 24 Marzo 2024
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Howard Schultz, sulla Roastery di Piazza Cordusio: «A Milano ho avuto l’idea e a Milano ritorno»

A Milano, Howard Schultz riporta un nuovo concetto di caffetteria, "Back to the Future": il ritorno alla terra che ha acceso originariamente, la scintilla di Starbucks. Ma come la mettiamo con il confronto con l’espresso italiano? Schultz risponde: «Non ho paura, sono umile e rispettoso. Il successo che abbiamo ottenuto in tutto il mondo non mi garantisce che avremo successo anche in Italia; dobbiamo guadagnarcelo cliente per cliente».

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MILANO – La Starbucks Roastery milanese sta per aprire i battenti. Un’apertura che non ha attirato solo la curiosità di molti coffee lover, ma anche quella di tutti coloro che vogliono trasformare il caffè in una professione.

Starbucks Roastery: alcuni dati

Infatti, sono più di 5.000 le candidature ricevute da Starbucks per i 150 posti di lavoro offerti nel coffee-shop che aprirà in autunno a Milano. Ricordiamo, il primo in Italia.

Per la maxi-catena di caffetterie lo sbarco in Italia è una prova del fuoco

Dopo uno sviluppo impetuoso che in 35 anni ha portato il gruppo ad aprire 28mila locali in 75 Paesi. È presente in tutta Europa, ma non ancora in Italia.

«Per noi l’apertura a Milano è l’iniziativa più importante dopo l’avvio del primo negozio a Seattle nel 1983», dice Cliff Burrows, il capo della linea Reserve Roasteries.

Ovvero il nuovo format di bar-caffetteria che verrà realizzato in piazza Cordusio 2, quasi a metà strada fra Duomo e Castello Sforzesco.

La Starbucks Roastery incanterà l’Italia?

Agli italiani disincantati le 5.000 candidature non sembrano un dato così sorprendente. Per 30 posti in Banca d’Italia si sono fatti avanti in 85mila.

Ma a Seattle lo vedono come un buon viatico per la storica iniziativa. Colpito da quanti caffè si vendevano nei bar milanesi, nel 1983 il newyorchese Howard Schultz, allora manager di una società che vendeva elettrodomestici, andò a Seattle per convincere una piccola torrefazione locale, nota per la qualità del caffè, ad aprire una serie di caffetterie.

Si chiamava già Starbucks, ma vendeva solo caffè in chicchi. I proprietari, tre studenti dell’Università di San Francisco, erano riluttanti.

Per Schultz quella di Milano era stata una folgorazione

Ci mise tutta la sua capacità di persuasione, che è enorme, per convincere i tre hippy a realizzare il suo progetto. Dopo 35 anni Schultz, che oggi ha 64 anni, è il capo indiscusso di una multinazionale da 300mila dipendenti.

Nel 2018 fatturerà 24,7 miliardi di dollari con un utile di 3,4. A Wall Street Starbucks capitalizza 80 miliardi di dollari. Il valore delle azioni è raddoppiato negli ultimi cinque anni.

Per cui Schultz ha un patrimonio personale di 2,9 miliardi di dollari, alla pari di Trump secondo l’agenzia Bloomberg.

Il sogno di migliorare la vita delle persone

«Non ho mai sognato – dice – di diventare ricco. Sono nato in una famiglia povera e mi sono dato da fare per migliorare la mia vita; ma quello che volevo fare era creare una società che rispettasse il mondo e migliorasse le relazioni fra le persone.

Gli imprenditori possono e devono fare di più per la comunità. Per le persone che vivono e lavorano con loro».

Sulla base di questa filosofia Starbucks garantisce le migliori condizioni ai dipendenti e fornitori.

Impegnata a sostenere attività sociali in vari campi, dalla salute all’educazione.

È un sincero impegno o un’abile strategia di comunicazione

Così da passare come un’azienda diversa rispetto alle altre grandi catene globali? Di sicuro Starbucks deve il suo successo più alla comunicazione e al marketing, curati in modo maniacale, che alla esclusività dei suoi prodotti.

In fondo è semplicemente una rete di caffetterie che vende un caffè che a noi italiani non piace. Il grande comunicatore Schultz ha saputo “costruire un’immagine sentimentale e romantica del caffè; facendone un po’ la bevanda della condizione umana”, scrive Taylor Clark.

Clark è un giornalista americano che nel 2007 pubblicò un libro di inchiesta sull’azienda andando a scavare al di là dei tanti slogan che la caratterizzano.

Dal libro esce anche una seconda immagine di Schultz

Quella di un uomo d’affari iperaggressivo, determinato a vincere sempre, spietato con i concorrenti. Ma per quanto riguarda l’impegno sociale, Clark riconosce che Starbucks offre da tempo ai lavoratori (chiamati partner, non dipendenti) un programma di copertura sanitaria e benefit tra i più avanzati in America.

Assicurazione sanitaria, stock option, rimborso delle tasse universitarie. Anche nei rapporti con i produttori di caffè Starbucks ha fatto una scelta a favore dell’agricoltura sostenibile.

Il gruppo compra 275mila tonnellate di caffè da 35 Paesi

Pari al 3% della produzione mondiale. Il 99% proviene da coltivazioni “eticamente sostenibili”. Così definite sulla base di parametri verificati dal gruppo indipendente Scs Global Service.

In più, ha attivato in tutto il mondo otto centri di supporto agli agricoltori per fornire gratuitamente consulenza ai coltivatori. In Costarica ha acquistato una piantagione dove un gruppo di ricercatori seleziona le piante più resistenti ai parassiti e con la più alta produttività.

«Mettiamo i semi a disposizione di chiunque ce li chieda, gratuitamente», dice Carlos Maria Rodriguez. L’agronomo che dirige il centro di ricerca.

Per un’azienda così è stata pubblicità gratuita piovuta dal cielo il mini- contenzioso a Milano con la Comunità Nuova di don Gino Rigoldi. Da 46 anni cappellano del “Beccaria”, il carcere minorile milanese.

Il servizio tv delle Iene

Don Gino ha raccontato che sono bastati cinque minuti per trovare l’accordo con il vertice di Starbucks. Quest’ultimo voleva sfrattare dal marciapiede di Piazza Cordusio l’edicola sociale gestita dalla comunità per piazzarci i tavolini.

L’edicola si trasferirà in cambio di 20 assunzioni fra i ragazzi disagiati segnalati dal prete

«A Milano ho avuto l’idea e a Milano torno adesso con un nuovo concetto di caffetteria. Back to the future », ci dice Schultz.

Da un anno ha lasciato tutti gli altri incarichi operativi del gruppo per concentrarsi esclusivamente sulle iniziative a scopo sociale e sulla nuova linea dei negozi Starbuck Reserve.

Quello di Milano sarà il terzo a livello mondiale dopo Seattle

Aperto tre anni fa, e Shanghai, aperto tre mesi fa. Si tratta di bar-caffetterie molto più grandi con al centro l’impianto funzionante di torrefazione e i tavolini attorno.

Ma la novità più grande è che non ci sarà solo caffè

Almeno metà dello spazio sarà destinato al bar con alcolici, aperitivi e soprattutto al cibo fornito da Rocco Princi. Il panettiere milanese che grazie a Schultz “ha trovato l’America”.

I prodotti Princi sono oggi nelle Reseve Roastery di Seattle, di Shanghai

Saranno anche in quelle di prossima apertura a New York, Tokio e Chicago. Ma Starbucks è soprattutto caffè. Come la mettiamo con il confronto con l’espresso italiano?

Schultz si ferma un attimo prima di rispondere: «Non ho paura, sono umile e rispettoso. Il successo che abbiamo ottenuto in tutto il mondo non mi garantisce che avremo successo anche in Italia; dobbiamo guadagnarcelo cliente per cliente».

 

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