martedì 16 Aprile 2024
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Si può pregustare il cappuccino ancor prima di averlo sorseggiato?

Uno studio condotto da due ricercatori italiani, pubblicato su eLife, nuova rivista dedicata alle scienze della vita, spiega come il nostro cervello pregusti i sapori già nel momento in cui vede i cibi e ne sente i profumi

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MILANO – Tutti sappiamo che vuol dire pregustare. Una situazione, una vacanza, ma soprattutto qualcosa di buono. Un odore, l’aroma del caffè che si sparge nell’aria la mattina, o un’immagine, la schiuma densa e bianca del cappuccino che si sgonfia lentamente nella tazza di fronte e voi vi fanno prefigurare la sensazione che proverete.

“Quando finalmente berrete il primo sorso” dice Alfredo Fontanini “il gusto sarà proprio come vi aspettavate, come i vostri occhi e il naso vi avevano preannunciato. Ecco che cosa succede grazie al nostro cervello, prima ancora di gustare effettivamente il cappuccino: possiamo sentirne il sapore”.

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Professore associato di neurobiologia e comportamento del Department of Neurobiology and Behavior presso la State University of New York at Stony Brook. Alfredo con Roberto Vincis, postdoc nello stesso Dipartimento, analizza come il cervello elabori gli stimoli che predicono i sapori, ponendosi alcune domande essenziali.

Qual è il ruolo del sistema gustativo nel mediare questa ricca esperienza gustativa? Come fa il nostro cervello ad imparare che la vista e l’aroma del cappuccino ne predicono il gusto? Cosa succede nel nostro cervello quando pregustiamo il cappuccino ancor prima di averlo sorseggiato?

Gli autori hanno scoperto che la corteccia gustativa, la parte del cervello importante per la percezione cosciente del gusto, si affida a tutti i sensi per predire i sapori.

Questi sono i punti salienti dello studio:

1) La corteccia gustativa riceve informazioni da tutti i sensi. I neuroni di quest’area vengono attivati non solo dal gusto ma anche da vista, olfatto, tatto e udito.

2) Non tutti gli stimoli non-gustativi attivano la corteccia gustativa con la stessa efficacia. Sensi che sono più facilmente associati al gusto, come per esempio l’olfatto, attivano un numero maggiore di neuroni.

3) L’apprendimento modifica il modo in cui la corteccia risponde agli stimoli non-gustativi. Imparare che uno stimolo extra-gustativo predice un sapore aumenta il numero di neuroni che risponde sia al sapore sia allo stimolo predittivo.

I risultati di questo studio dimostrano che la corteccia gustativa non si limita ad analizzare i sapori presenti nei cibi e nelle bevante, ma è importante anche per pregustare il cibo.

“La prossima volta che farete colazione al bar” conclude il professor Fontanini “penserete al fatto che i neuroni della vostra corteccia gustativa stanno usando l’immagine e l’odore (e a dire il vero anche il tatto e l’udito) relativi al cappuccino per pregustarne il sapore, prima ancora di berlo”.

Chi è il bresciano Alfredo Fontanini

Alfredo Fontanini dopo gli studi in medicina all’Università di Pavia e di Brescia, entra nel programma di dottorato in Neuroscienze all’Università di Brescia e si trasferisce negli USA al California Institute of Technology (Caltech) di Pasadena (California). Trascorre un periodo di ricerca post-dottorato al Volen Center for Complex Systems – Brandeis University di Waltham (Massachussets), e nel 2008 diventa assistant professor alla State University di New York presso Stony Brook, dove stabilisce il suo gruppo di ricerca. Nel 2010 riceve dalle mani del presidente Obama il premio PECASE per i migliori giovani ricercatori USA. Oggi ricopre la cattedra di neurobiologia e comportamento alla facoltà di medicina della State University di New York, presso Stony Brook, dove insegna e continua a dirigere il laboratorio sui sistemi chemosensoriali (gusto e olfatto) e comportamento.

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