venerdì 12 Aprile 2024
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Lo scontrino è indipendentista: fa il giro del web la fattura scritta in sardo

Eugenia Vacca, da 34 proprietaria dell'attività all'ingresso del paese, lo scontrino in sardo lo batte già da diversi anni, da quando cioè aveva cambiato il vecchio registratore di cassa

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MILANO – Dai social all’Ansa.it, sino al nostro portale: non potevano esimerci dal riportare questa testimonianza di un fatto piuttosto particolare. Si tratta di una foto condivisa e diventata presto virale, di uno scontrino sardo. Ma non perché è stato emesso in Sardegna, ma perché scritto in lingua sarda.

Un’iniziativa guidata dall’estremismo, oppure da un sano attaccamento alla propria terra?

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Scontrino sardo: il patriottismo passa anche dalle fatture

Una cliente ha postato lo scontrino scritto in sardo ricevuto poco prima al bar “Genia” a Oliena. Ma Eugenia Vacca, da 34 proprietaria dell’attività all’ingresso del paese, lo scontrino in sardo lo batte già da diversi anno. Ovvero, da quando aveva cambiato il vecchio registratore di cassa.

La notizia nei social

E’ diventata presto una di quelle che destano curiosità e scatenano like, condivisioni e osservazioni. Così dopo i cartelli stradali che indicano i nomi dei paesi in sardo, nell’isola arriva anche la prima attività commerciale con gli scontrini in ‘limba’. Quindi, l’aperitivo diventa “Rifrishu”, gli snack “Pittitos”, la birra di marca “Birra ‘e casta”.

A chiusura della ricevuta fiscale appare il saluto “a mengius viere in salude”

Il sostituto dell’italianissimo “grazie e arrivederci”. “L’idea mi è venuta quando ho sostituito il registratore di cassa. Sia per il mio attaccamento alle radici e alla lingua sarda sia per divertimento – spiega la titolare all’Ansa.

– Volevo sottolineare che, la lingua deve essere parlata e scritta per non perderla. Ma volevo anche divertirmi con i miei clienti di Oliena e del circondario che mi prendono in giro per la mia ostinazione a rivolgermi loro in ‘olianese‘.

Non mi passa per la testa di chiedere ad esempio se bevono la birra in bicchiere o al bacio. Per me, la birra si beve ‘in sa tassa’ o ‘a fruncu'”.

Il sardo per Genia è una passione

Così “ogni termine antico che scopro dai nostri anziani me lo segno e lo ripropongo per tenerlo vivo. Ritengo che la lingua sarda vada tramandata, sia insegnandola ai bambini, sia parlandola e scrivendola.

Ma senza estremismi, se mi accorgo che un cliente non conosce il dialetto non gli parlo in sardo naturalmente. Noto che le cose anche da noi stanno cambiando.

Infatti, alcuni genitori parlano in italiano ai loro bambini, molti ragazzini ‘miscelano’ le parole sarde con quelle italiane e sempre più spesso utilizzano termini inglesi.

Io penso che ogni genitore deve essere libero di insegnare ciò che vuole ai propri figli e di parlare la lingua che vuole. Anche se non condivido le loro scelte.

Faccio parte di una generazione che è cresciuta parlando il sardo, e l’italiano lo abbiamo imparato benissimo sin dalla scuola materna.

Perché privare i bimbi della possibilità di conoscere un’altra lingua e del valore importantissimo del tramandarla?”.

Genia è felice che abbia acceso una riflessione

“I clienti vengono al bar solo per avere lo scontrino in sardo e conservarlo. Ma questo però succedeva anche prima – sorride. – la cosa che mi interessa di più è che passi il messaggio: la lingua si può usare e tramandare anche in questo modo”.

FONTEansa.it
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