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SALUTE – Studio Usa, il 50% di chi beve caffè ne è dipendente. Negli States è allarme “caffeine use disorder” con crisi di astinenza da caffeina

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MILANO – Caffè al mattino, qualcosa di irrinunciabile per milioni di persone in tutto il mondo. Ma cosa succederebbe se a questo esercito di fanatici della tazzina venisse tolta improvvisamente questa abitudine?

Almeno nella metà dei casi potrebbero avere anche sintomi riconducibili a quelli di una crisi da astinenza.

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Eppure, la dipendenza da caffè è un problema in aumento, ma ancora poco considerato, avvertono gli esperti dell’American University, della Johns Hopkins University School of Medicine e della University of Vermont sul “Journal of Caffeine Research”.

La psicologa Laura Juliano, prima firmataria del lavoro, evidenzia che molte persone sono oggi dipendenti da caffeina al punto da avere sintomi di astinenza e di non essere in grado di ridurre il consumo di questa bevanda nemmeno nelle condizioni in cui si sconsiglia, come durante la gravidanza, in presenza di malattie del cuore o di un disturbo della coagulazione del sangue.

Questi sintomi combinati danno vita a una condizione chiamata `Caffeine Use Disorder´, ossia disturbo da uso di caffè.

E secondo l’esperta, anche se la caffeina può essere considerata la droga più comunemente usata nel mondo e si trovi ormai ovunque, dal caffè al tè, alla soda, agli antidolorifici, al cioccolato e in tutta una serie di alimenti e bevande energeciti, gli operatori sanitari stanno tardando nel considerarne l’abuso come qualcosa di problematico e nel riconoscere che in alcuni casi si potrebbe aver bisogno di un trattamento specifico per risolvere il problema.

Lo studio riassume i risultati di ricerche precedentemente pubblicate, per presentare le prove biologiche della dipendenza da caffeina.

I risultati mostrano quanto sia diffuso questo fenomeno e quanto siano significativi i sintomi fisici e psicologici sperimentati dai consumatori abituali di caffeina.

La comunità scientifica sta cominciando a considerare il problema: la scorsa primavera, l’American Psychiatric Association ha ufficialmente riconosciuto il disturbo da uso di caffeina come un problema di salute reale che deve essere approfondito anche nel “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Health Disorders”, il Dsm.5.

«C’e’ un malinteso sia tra i professionisti della salute che fra i cittadini, secondo cui rinunciare alla caffeina non sarebbe affatto difficile. Al contrario, gli studi hanno messo in luce che oltre il 50% dei normali consumatori di caffeina ha avuto difficolta’ a smettere o a ridurre il consumo di questa sostanza», dice Juliano, che ricorda che gli adulti sani dovrebbero limitare il consumo di caffeina a non più di 400 mg al giorno, l’equivalente di circa 2-3 tazzine.

Le donne in gravidanza dovrebbero consumarne meno di 200 mg al giorno e le persone che soffrono regolarmente di ansia o insonnia, cosi’ come gli ipertesi, i malati cardiaci o con problemi urinari dovrebbero limitare ancora di più il consumo di caffeina.

«I produttori – consiglia inoltre l’esperta – dovrebbero indicare sulle etichette la quantità di caffeina». Ma sia negli States, dove regna il mito del bibitone al caffè, che in Italia, dove prevale quello dell’espresso, sarebbe davvero possibile combattere la dipendenza da caffè?

«Attraverso la nostra ricerca – assicura Juliano – abbiamo osservato che le persone che hanno problemi a smettere di consumare caffè sarebbero interessate a ricevere trattamenti simile a quelle che vogliono smettere di fumare”.

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