Dalla Corte Espresso presenta la seconda edizione del World Espresso Championship ad Atene (immagine concessa)
MILANO – Dalla Corte Espresso, uno dei principali produttori mondiali di macchine per caffè espresso, annuncia l’imminente World Espresso Championship. Questo attesissimo evento riunisce i finalisti mondiali dei campionati Brewers e Barista provenienti da tutto il mondo, che si sfideranno in una competizione a eliminazione diretta per determinare il migliore al mondo nella preparazione dell’espresso. Con un premio in palio di 4.000 euro, la competizione promette di mantenere il pubblico con il fiato sospeso.
Dalla Corte Espresso annuncia la seconda edizione di World Espresso Championship
Il World Espresso Championship si svolgerà ad Atene domenica 25 giugno, il giorno dopo le finali dei campionati World Barista and Brewers Championship. Si tratta della seconda edizione dell’evento, dopo il suo esordio al Melbourne International Coffee Expo del 2022.
L’evento prende il via alle 15:00 al “360 Cocktail bar”, un luogo vivace con interni in stile industriale e un giardino sul tetto che serve cocktail d’autore e caffè incredibili.
I concorrenti utilizzeranno la macchina espresso Dalla Corte Zero con l’innovativa “Estrazione Freestyle”. Questa funzione consente all’utente di modificare la portata dell’acqua durante l’estrazione per estrarre diversi aromi e proprietà organolettiche, dando vita a un’esperienza di espresso davvero unica nel suo genere.
Ogni round vedrà estratti due concorrenti che dovranno preparare simultaneamente il loro espresso. Con soli 15 minuti per creare la loro ricetta, hanno poi 6 minuti per preparare, estrarre e presentare quattro tazzine di espresso identiche tra loro.
Tre degli espressi verranno presentati a una giuria, mentre un quarto viene degustato dal concorrente. I giudici, senza scheda di valutazione o criteri formali, valutano alla cieca ogni espresso e fanno la propria valutazione su quale sia il migliore: al tre, tutti i giudici indicano il loro caffè preferito, con il vincitore che passa al round successivo e il perdente eliminato dalla gara. Il gran finale vedrà il vincitore andarsene con l’ambito premio di € 4000.
L’azienda ringrazia il distributore locale e partner in Grecia Eurogat per il loro prezioso supporto nel rendere questo evento un vero successo! In qualità di media sponsor per il World Espresso Championship di quest’anno, Perfect Daily Grind fornirà un’ampia copertura dell’evento e in campo ci saranno i macinacaffè di Mahlkönig e il caffè di Wisecup. Anche Puq Press e BWT daranno il loro supporto per garantire che l’evento si svolga in modo fluido ed efficiente.
Se sarete al World of Coffee di Atene, assicuratevi di restare per il World Espresso Championship e unitevi a Dalla Corte per una giornata interamente dedicata al caffè, una competizione incredibile e ospitalità di classe mondiale nella vibrante atmosfera del 360 Cocktail bar di Atene. Venite a vedere il meglio del meglio competere per il titolo del campionato e godetevi la celebrazione all’after party.
MILANO – Packstyleazienda specializzata nella produzione di imballaggi, ha deciso di mettere alla prova i suoi risultati per poter entrare nel mercato dello specialty. Ad accompagnare questo ingresso, l’esperta di caffè Renata Zanon: dopo un primo incontro durante il Trieste coffee festival, l’obiettivo comune è diventato presto quello di raccontare Packstyle a tutta la community.
Come? Facendo assaggiare lo specialty conservato all’interno di tre diversi tipi di packaging: il codice 361, il 704 (entrambi sacchetti Packstyle, il primo in alluminio il secondo riciclabile in mono-materiale film PP) e infine il 528 realizzato in plastica da un’azienda competitor che detiene una buona fetta di mercato in tutta Europa.
Lo scopo: confrontare i tre imballaggi per verificare se, quanto e come il contenitore potesse modificare le caratteristiche sensoriali dello specialty.
Il caffè selezionato e poi lavorato, spedito, testato per Packstyle
Tostato un caffè etiope Banko Gotiti, l’8 febbraio 2023, poi confezionato due ore dopo la tostatura in sacchetti tutti da 150 grammi.
I pacchetti poi sono stati spediti il 20 marzo, coinvolgendo 19 assaggiatori professionisti di specialty discolati in 12 paesi europei. Questi hanno in seguito compilato una Quantitative descriptive analysis per attribuire una valutazione da 1 a 5 per il gusto e il corpo, una descrizione sensoriale degli aromi del caffè ed eseguire un test distriminante (tazza migliore e crosta più evanescente).
Specifica Zanon: “Questi 19 assaggiatori non avevano idea di cosa avrebbero trovato all’interno dei 3 campioni spediti, numerati a random. Il panel non è stato calibrato: sono stati però selezionati degli assaggiatori esperti, la maggior parte certificati Q Grader.”
Anche l’invio in 12 paesi ha avuto un ruolo importante, perché in questo modo il caffè ha dovuto affrontare un viaggio in areo per raggiungere i destinatari. Si è aggiunta così un’ulteriore variabile all’esperimento.
I risultati del test:
Test quali-quantitativo:361 e 704 sono risultati più acidi, 528 caratterizzato da un’acidità più negativa o meno presente. 704 ha avuto il giudizio migliore sull’amarazza, il peggiore il 528. Per il parametro più soggettivo di overall è emersa la stessa cosa. Per quanto riguarda la dolcezza: il campione 361 è risultato il migliore.
Test qualitativo: sono stati suddivisi i descrittori aromatici a disposizione degli assaggiatori, 361 predominanti cioccolato al latte e della frutta a guscio. Nel 528 cambia nettamente: invece del cioccolato a latte si trova il fondente, invece dei frutti di bosco si trovano dei sentori cereali (non positivi) e una piccola percentuale di vegetale. Nel 704 sia il cioccolato al latte che quello fondente, nocciola, cereale decisamente inferiore e si sviluppa di più il fruttato.
Evanescenza della crosta: quale campione ne aveva una più evidente? 8 panelists hanno riscontrato un risultato comune. Di questi 8, 5 hanno indicato il 528, 2 il 361, 1 il 704.
Dalla Bolivia, il test a sorpresa Packstyle
In Bolivia, dove si trovava la stessa Renata Zanon ha svolto una sessione di cupping includendo anche i tre campioni del progetto Packstyle. il 361 ha ottenuto 84 punti, il migliore (da febbraio con quasi 4 mesi di vita), il 704 83,5 e il campione 528 ha ottenuto 82.
Una considerazione finale arriva da Nicoletta Garbo, amministratrice unica di Packstyle
I materiali utilizzati per questi imballaggi Packstyle hanno zero contaminazioni e garantiscono la conservazione delle caratteristiche del prodotto.
Trade off in futuro: packaging sostenibile. La capacità di un packaging riciclabile non è per ora comparabile all’alluminio che preserva al 100% dalla luce, dall’umidità e dal gas.
“L’alluminio da solo non permette tuttavia di confezionare il sacchetto perché non si salderebbe. Quindi dobbiamo accoppiare e comporre strati diversi in cui l’alluminio sta insieme con il polietilene (il polimero più usato a contatto con il cibo in quanto più inerte e rilascia meno sostanze concesse nei limiti dei regolamenti europei).
Due strati però non permettono la riciclabilità dell’imballaggio. Sappiamo che abbiamo il 100% di barriera ma questo prodotto non può tornare ad esser separabile. Oggi non è possibile in post consumo separare questi strati.
Invece il prodotto riciclabile è fatto in un unico polimero, polipropilene: in questo caso, si deve trovare un sistema di bilanciamento tra quello che è l’aspetto ambientale di sostenibilità e la protezione dell’alimento.
Siamo tra i primi in Italia ad offrire queste barriere su prodotti riciclabili e certificati da un’azienda tedesca, che collabora con l’UE per stabilire i criteri di cosa sia certificabile come riciclabile, ottenendo 18 punti su 20.
Ancora però non siamo a livello dell’alluminio ma il mondo dell’imballaggio si sta evolvendo. E l’obiettivo è quello di trovare soluzioni sempre più elevate.”
MILANO – Uno strumento di tracciabilità per l’agevolare l’agire degli operatori sui mercati a termine del caffè e del cacao, in vista dell’entrata in vigore della normativa europea volta a combattere la deforestazione globale. Intercontinental Exchange, Inc. (Ice) – la principale rete globale di scambi e camere di compensazione, che gestisce anche le più importanti borse del caffè e del cacao – ha annunciato che ICE Benchmark Administration Limited (Iba), amministratore autorizzato dei relativi benchmark, ha in progetto il lancio del servizio Ice Commodity Traceability (IcoT), per fornire supporto all’industria del caffè e del cacao nell’adempimentodei requisiti richiesti dal nuovo Regolamento UE sulla deforestazione zero (Eudr).
Il Regolamento impone a tutti gli operatori che importano, esportano e commercializzano nell’UE bovini, cacao, caffè, palma da olio, gomma, soia e legno e prodotti derivati di verificare, con dovuta diligenza (“due diligence“), che i suddetti beni provengano da regioni in cui non si sono verificati fenomeni di deforestazione o degrado forestale dopo il 31 dicembre 2020 e che i diritti dei proprietari terrieri, dei lavoratori e delle popolazioni locali (anche indigene) del paese di origine o di produzione siano rispettati.
Per adempiere a questo dovere, gli operatori responsabili devono implementare un adeguato sistema di gestione dei rischi e di garanzia della conformità (“compliance“).
“Riconoscendo la consolidata posizione dell’Ice nei mercati del caffè e del cacao, dove si formano ogni giorno i prezzi benchmark di queste due materie prime, l’Ice ha lavorato a stretto contatto con l’industria per individuare una soluzione che aiuti i clienti a soddisfare i requisiti della norma sulla deforestazione” osserva Toby Brandon, Senior Director, Ice Soft Commodity Operations.
Ciò comprende la necessità di ricevere e verificare i dati sulla catena di approvvigionamento dai venditori entrando nelle transazioni”.
“I clienti dell’Ice, i portatori di interesse e i paesi dove si coltivano il cacao e il caffè compiono da anni investimenti significativi nei processi e nella tecnologia di sostenibilità della catena di approvvigionamento” continua Brandon.
“IcoT si basa su questa infrastruttura fornendo una singola piattaforma standardizzata, che consente alle diverse tecnologie che saranno utilizzate dai clienti di fornire la localizzazione del produttore e i dati di tracciabilità richiesti dalla normativa sulla deforestazione.
IcoT validerà questi dati in modo indipendente per consentire al cacao e al caffè di essere prontamente commerciati e collocati nel mercato dell’Unione Europea.”
I contratti futures e opzioni dell’Ice di Londra e New York sono i più importanti mercati mondiali per il commercio del caffè e del cacao. L’anno scorso hanno registrato contrattazioni per un equivalente di 500 milioni di tonnellate.
“Raccogliendo, standardizzando e validando i dati di supply chain, IcoT assisterà i clienti nel comprovare la conformità, dal produttore al prodotto di consumo europeo” ha dichiarato Clive de Ruig, presidente dell’Iba.
“Gli utenti di IcoT beneficeranno della tecnologia leader di mercato e della gestione dati di Iba, nonché della lunga esperienza e reputazione di Iba nell’istituire processi di governance e funzioni di supervisione solidi e indipendenti” ha concluso Ruig.
ROMA – L’Organizzazione internazionale italo-latino americana e l’Università Iulm di Roma hanno presentato il libro “Cacao. La pianta che attraversa il tempo. Un progetto tra ricerca e inclusione” a cura di Massimo De Giuseppe, Clementina Battcock, Elisabeth Casanova e Giuseppe Carrieri, e il docufilm “La leggenda dell’albero segreto” con la regia di Giuseppe Carrieri.
La presentazione del libro che svela i segreti sul cacao
L’incontro è stato inaugurato dalla segretaria socio-economica dell’Iila, Giselle Canahuati: “Non è la prima volta che la nostra organizzazione e Iulm si trovano insieme a parlare di cacao. Già nel 2021 abbiamo lavorato insieme nella realizzazione del progetto winter school con un focus su questo prodotto e i suoi derivati nella cornice del festival dello sviluppo sostenibile. Il volume che viene presentato è incentrato sul mondo del cacao e lo esplora in ogni sua sfaccettatura”.
Canahuati ha ricordato l’impegno dell’IILA a sostegno dei piccoli produttori della filiera come il progetto in corso “Rivitalizzazione della filiera del cacao di qualità in Centro America e Caraibi” finanziato dalla Cooperazione Italiana allo sviluppo. La segretaria socio-economica ha poi illustrato il concetto della summer school dal titolo “Cacao: storia, società e sostenibilità”, una novità Iila-Iulm che prenderà il via il prossimo 13 giugno, disponibile gratuitamente sulla piattaforma Iulm Flow.
Un ponte tra Italia e America Latina
Canahuati rivela: “La Summer School è stata introdotta per far conoscere ciò che si cela dietro a questo prodotto e quante sono le possibilità che possono essere ideate in futuro con il cacao come protagonista e, infine, creare un vero e proprio ponte tra l’Italia e l’America Latina”.
Massimo De Giuseppe, il curatore del libro, prende la parola: “Questo progetto è nato da un paradosso: il cacao è un prodotto fortemente pubblicizzato che si trova dappertutto nei media e nei supermercati. Rappresenta forse uno degli esempi cardine di consumo di massa novecentesco che però si lega ad una pianta fragile che si trova tra il Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno, soggetti dell’impatto più duro del cambiamento climatico. Ho fatto un piccolo esperimento con i miei studenti in aula mostrando delle immagini di cabosse (i frutti dell’albero di cacao) e, su 150 studenti, solo 3 hanno saputo cosa fossero. Questo ci porta al paradosso: nonostante la grande popolarità del prodotto pochi ne sanno davvero qualcosa. L’idea è stata quella di avviare un progetto che mettesse insieme storici, archeologici, agronomi e altri esperti per gettare luce su questo alimento”.
Il libro cartaceo fa parte di un progetto multimediale collegato ad una piattaforma digitale contenente una serie di mappe e materiali video inediti, oltre al docufilm “La leggenda dell’albero segreto”, prodotto da IULMovieLAB insieme all’Instituto Nacional de Antropologia e Historia (INAH), girato tra Messico e Italia e già presentato in prestigiosi festival internazionali in entrambi i paesi.
La proiezione del docufilm ha presentato suggestive immagini che hanno messo in risalto la sacralità e l’importanza che la pianta del cacao da sempre riveste per le popolazioni indigene in America Latina mettendo in evidenza il passato, il presente e il futuro di uno dei prodotti più consumati al mondo.
L’incontro è continuato con gli interventi dell’antropologo Alessandro Lupo (Università La Sapienza) e della storica della scienza Federica Favino (Università La Sapienza), moderati dalla professoressa Maria Rosaria Stabili (Università Roma Tre) con una riflessione di Guido Castagna, maestro cioccolatiere, esperto e formatore dei progetti Iila in America Latina.
Alessandro Lupo dell’Università La Sapienza prende la parola: “Questo progetto è stato frutto di un vasto percorso di studi, ricerca meticolosa ma anche di relazioni, di impegno sociale e di una forte direzione artistica. La storia del cacao è antica e poco conosciuta. È un frutto che viene commercializzato da grandi compagnie accaparratrici: ci sono sette multinazionali che controllano l’85% della produzione, la quale, in realtà, è in mano a gran parte di piccoli coltivatori a livello familiare e domestico”.
L’evoluzione del cacao
Lupo continua: “L’origine del cacao è fortemente localizzata: probabilmente la pianta deriva dall’Amazzonia, zona amazzonica-ecuadoregna, ma la sua elaborazione culinaria, le maniere di produrlo e utilizzarlo, ha raggiunto i suoi livelli più complessi nella Mesoamerica, la regione che ora comprende Messico, Guatemala, Honduras e parte di El Salvador. Con il tempo, il cacao è stato consumato in forme sempre più sofisticate ed è diventato un bene di scambio convertibile”.
Lupo conclude: “In seguito è stato trasformato in un ingrediente di farmaci, una sostanza terapeutica e un simbolo di Stato. La sua importanza alimentare, economica e commerciale è evidente e si trova sin dalle più antiche rappresentazioni della storia come nel Codice Mendoza, un documento prodotto nella metà del 500 in cui viene riportato il tributo che certe province dell’impero azteco pagavano con il cacao”.
Una comunicazione diretta e semplice
Federica Favino, storica della scienza, prende la parola: “L’idea del libro è quella di unire un risultato accademico con una forma comunicativa diretta che può essere compresa da tutti. Nei capitoli centrali si racconta l’introduzione la storia del cacao in Europa in seguito alla colonizzazione delle Americhe da parte degli spagnoli. Un aspetto interessante da considerare è proprio ciò che accade nel Vecchio Continente. Ad esempio, alla fine del ‘600, i consiglieri della congregazione del Campidoglio appena eletti a Roma venivano pagati in parte in cacao”.
L’intervento di Guido Castagna, maestro cioccolatiere, conclude la giornata: “Il mondo della filiera è vasto: si parte dal primo produttore mondiale del cacao che è la Costa d’Avorio, con un grande problema di sfruttamento minorile che nei prossimi anni si spera di eliminare completamente, e si arriva fino allo Sri Lanka e all’Indonesia. Si parla di zone tra gli 0 e i 600 metri d’altezza, dal clima tropicale e umido. La caratteristica di questa pianta che ha catturato la mia attenzione sin da subito è che i suoi frutti nascono lungo il tronco e non sui rami”.
La produzione del cacao
Castagna continua: “La raccolta varia di frutti e colori diversi esattamente come nelle mele. Il frutto del cacao ricorda una pannocchia: c’è un filamento centrale che contiene tutte le fave di cacao, le quali hanno una mucillagine un po’ acidula. La prima parte della lavorazione è la rottura della cabosse e la pulizia del filamento centrale. Le fave vengono messe in seguito dentro le casse di fermentazione, trasformando gli zuccheri in anidride carbonica: in questo modo, la fava cambia sia dimensione aromatica che colore”.
Castagna conclude: “Dopo la fermentazione vi è l’essiccazione e, subito dopo, il cacao viene insaccato. Quando lo riceviamo si avvia un processo di selezione manuale. Dal momento dell’acquisto della fava di cacao all’uscita del prodotto confezionato trascorrono all’incirca 12 mesi. Subito dopo la selezione si avvia il processo in torrefazione a basse temperature. Arriva poi il processo di raffinazione e viene lasciato a riposo. In seguito si fonde, si tempra e si creano le varie forme. Il percorso dietro al prodotto finito, che sia una cioccolata calda o una semplice barretta, è lungo e complesso”.
In conclusione, Guido Castagna ha proposto per i presenti una degustazione guidata di alcuni dei suoi prodotti di eccellenza, elaborati con diversi ingredienti provenienti dall’America Latina, oltre al cacao, come il cardamomo e il caffè del Guatemala.
TRIESTE – È iniziato il conteggio alla rovescia per il Trieste Coffee Experts – TCE di quest’anno, il summit dedicato all’universo del caffè organizzato dalla Bazzara, storica torrefazione triestina a conduzione familiare, che farà il suo ritorno il 25 e 26 novembre 2023. L’evento è stato presentato in anteprima alla 10° edizione della TriestEspresso Expo. Riportiamo di seguito l’intervento di Mauro Bazzara, ceo dell’omonima torrefazione, alla preview del progetto in cui espone la linea di pensiero dell’azienda su temi di primaria importanza come la sostenibilità e l’impegno sociale.
“Caffè: un nuovo paradigma di business”
di Mauro Bazzara
“In Italia, in Europa e nel mondo sappiamo benissimo che tutte le imprese, anche quelle del caffè, stanno vivendo momenti molto complessi. In questo contesto ci attendono tante sfide, una di queste naturalmente è compresa nella transizione verso la sostenibilità. Il mio è il punto di vista della classica piccola-media impresa italiana.
Partiamo da questo presupposto: noi come umanità stiamo consumando più energia di quella che la nostra Terra può rigenerare in un anno. In definitiva, i ricercatori ce lo stanno dicendo da tanto tempo: in linea di massima, se andiamo avanti così, ci serviranno due Terre, esattamente – in questo periodo – 1.75. Noi però abbiamo solamente una Terra.
Negli altri dati che riportano i ricercatori si parla del “giorno del sovrasfruttamento della Terra”. Nel 1971 le condizioni non dico che fossero ottimali, ma praticamente sì. Arriviamo ad oggi: il giorno del sovrasfruttamento della Terra, cioè il giorno in cui la Terra non può più rigenerare queste energie che noi umanità togliamo, utilizziamo e trasformiamo, è arrivato il 28 luglio nel 2022.
Andiamo a fare un focus sugli stati, sulle nazioni: in America per soddisfare la domanda di noi cittadini, di noi residenti, ci sarebbe bisogno di “due Americhe” o, in Cina, grande fabbrica del mondo, ben quattro e sappiamo le dimensioni della Cina quali siano. L’Italia fa anche il suo, con le dovute proporzioni: abbiamo bisogno di quasi 5 “Italie” per soddisfare questo bisogno. È una cosa che fa pensare.
Economia rigenerativa
Mauro Bazzara continua: “Naturalmente ci affidiamo ai governi, ci affidiamo ai grandi enti, che siano sia pubblici che privati, ma anche le aziende hanno un ruolo fondamentale, un ruolo verso questa transizione verso la sostenibilità. E quindi diventa necessario passare da un concetto di economia lineare (e quindi estrattivo) dove il valore creato è inferiore a quello preso, a un’economia rigenerativa, dove il valore creato dell’azienda sia superiore a quello preso.
Naturalmente parliamo non solo del valore economico, ma anche del valore sociale, ambientale che le imprese di tutto il mondo possono dare indifferente il tipo di proporzione, dalla piccola alla macro azienda.
Diventa importante utilizzare il business come una forza positiva, con un obiettivo fondamentale.
Vediamo sempre di più questa rivoluzione, io direi un’evoluzione: il passare da un valore per gli azionisti, gli shareholder, al valore per gli stakeholders. Quindi c’è un nuovo modello”.
Il valore verso l’ambiente
“Normalmente noi aziende si lavora per profitto, un’azienda non può stare in piedi senza profitto e questo è ovvio, e dall’altra parte abbiamo le no profit. Questi sono i due modelli portanti attuali. Quindi, no profit punta a più valore verso la società, verso l’ambiente. Ma esiste un nuovo modello recente che va a fondere queste due possibilità. È naturale che in questo contesto di Benefit Corporation, per intenderci, da una parte ci vuole un impegno da parte delle aziende: in questo caso come un atto giuridico per trasformare l’azienda in una società benefit.
C’è la possibilità per una SpA o una Srl anche a livello italiano di trasformarle in società benefit e utilizzare quindi questo tipo di modello.
Il nuovo modello che crea valore per tutti gli stakeholder (immagine concessa)
Dall’altra parte è anche fondamentale però una misurazione: ci sono vari metodi per poter classificare, e quindi certificare, come la certificazione BCorp, ad esempio, che l’azienda effettivamente vada a svolgere questa transizione, sennò possiamo cadere nel greenwashing
È naturale che ogni azienda possa essere virtuosa, perfettamente super sostenibile non essendo né società benefit né una BCorp certificata.
Il movimento delle BCorp nasce in America nel 2006, si espande in 79 nazioni. Ormai, abbiamo superato il tetto di 5000 BCorp certificate nel mondo, 1400 in Europa, 140 in Italia con un indotto di 150miliardi di euro e una forza lavoro di 450mila dipendenti, di persone.
Di queste 5mila aziende che sposano in mondo del modello BCorp vediamo grandi brand: pensiamo a Patagonia, un precursore del mondo della sostenibilità come azienda già da tanti anni, ma vediamo anche altri brand come Danone, Alpro, l’italiana Alessi e oltretutto, una cosa molto interessante, che sono sparse non solamente in un settore, agroalimentare o farmaceutico, ma ben in 150 settori.
Nel caffè, il nostro comparto, sono già ben oltre 100. Vediamo grandi marchi come Caravella Coffee ed altri, parliamo sia di coltivatori, fazende, microroaster, distributori, quindi è variegato questo mondo. Negli ultimi due anni vediamo l’esempio di Nespresso, di Illy Caffè, che sono diventate BCorp e hanno usato il modello della Benefit Corporation.
Dal punto di vista invece giuridico, iniziato sempre in America nel 2010, il modello si è diffuso a 48 stati degli Stati Uniti e io direi che è un orgoglio per noi italiani che nel 2016 l’Italia sia diventato il primo stato sovrano al mondo a utilizzare questo modello; poi si è rapidamente sparso e viene utilizzato anche, parlando di Europa, in grandi paesi come la Francia, la Spagna e tutt’ora sta andando avanti e altri nuovi Paesi cominciano a utilizzare questo modello. Chiaramente stiamo parlando ancora di un piccolo percorso.
Riporto un estratto della legge italiana riguardante le società benefit, dove leggiamo appunto “…denominate società benefit che nell’esercizio di un’attività economica, oltre lo scopo di dividerne gli utili perseguono uno o più finalità di beneficio comune”. Questo una volta non c’era, non esisteva, non si poteva fare.
Se non sbaglio, la prima società benefit in Italia che ha attivato lo statuto dal 2015, poi attuato nel 2016, è Nativa. Quando ha presentato la domanda nella Camera di Commercio l’hanno respinta 3 o 4 volte: dicevano che non si può fare, pertanto c’è stato un iter particolare per arrivare a questa legge.
Quindi un modello innovativo perché? Perché crea aziende sostenibili, almeno questo è l’intento, e non semplicemente un prodotto sostenibile, che già quello è un bel risultato.
Nel 2016 eravamo in 61, nel 2022 già 2000 aziende sono società benefit per diritto italiano. Ma non ci serviva l’America per darci un esempio, bene o male già Olivetti, grande precursore nel mondo sociale, già con la sua frase in un discorso del 1955 riporta questa visione: “può l’industria darsi dei fini?”. È di questo che stanno parlando le Benefit Corporation, come anche altre aziende virtuose che continuano verso questo grande obiettivo.
Tutte le aziende normalmente prendono come riferimento, come anche noi, l’Agenda 2030 e quindi come obiettivi, come ad esempio nel nostro piccolo caso, anche una piccola media impresa sceglie quelli che sono più nelle sue corde, quelli che ritiene di poter sviluppare, poter mettere a terra.
Noi abbiamo scelto i nostri 6 obiettivi primari. In questa linea, chiaramente, vediamo che essere società benefit ci fa agire su determinate aree, e una di queste sono i lavoratori, le persone.
Gli obiettivi Bazzara per l’agenda 2030 (immagine concessa)
Senza le nostre persone le aziende non vanno avanti, lo sappiamo benissimo. A questi si aggiungono la comunità, il territorio: una caratteristica italiana molto importante a differenza di altri mercati, perché le aziende italiane sono ben radicate, conoscono bene la propria comunità. Chiaramente vengono poi l’ambiente, i clienti, ma anche la governance che diventa un elemento fondamentale perché se questi intenti non arrivano direttamente dall’amministratore, dalla direzione, sicuramente non funziona bene questo modello.
Noi, nel nostro piccolo, abbiamo tracciato il percorso, che abbiamo iniziato nel 2019 (anche prima lo conoscevamo ma l’abbiamo approfondito nel 2019) quando durante la preparazione del Trieste Coffee Experts, tramite ricerche, conosciamo questo movimento delle BCorp a livello globale.
Nel 2020 c’è stata la svolta. Comunichiamo a tutto il team di voler diventare una società benefit e iniziamo un percorso: concretizziamo l’ottenimento della certificazione biologica; a giugno 2021 diventiamo con atto notarile società benefit; nel 2021 continuiamo con il percorso e quindi perseguiamo la certificazione Fairtrade e ci attiviamo per la certificazione Rainforest e arriviamo ad oggi, ottobre 2022, dove c’è un impegno a certificarci anche come BCorp.
Questo concetto, questi intenti, questi valori, li riassumiamo in una nostra “carta della sostenibilità” declinata in Coffee for Sustainability, declinata a sua volta poi in quello che noi chiamiamo “I 4 Pilastri della Sostenibilità Bazzara”, quindi: coffee for planet, coffee for people, coffee for prosperity e coffee for partnership.
I quattro pilastri della sostenibilità Bazzara (immagine concessa)
Naturalmente sono i principi collegati all’Agenda 2030. E qua vediamo le cose piccole, concrete, quello che anche una piccola azienda come noi può fare: dopo è logico che ogni azienda ha le sue declinazioni.
Per l’ambiente ci siamo subito convertiti utilizzando solamente energia da fonti rinnovabili, certificate e italiane tramite il partner LifeGate. Sempre con LifeGate abbiamo voluto aderire anche per il mondo web (perché anche il mondo web consuma energia) a impatto zero. Quindi anche per tutto quello che riguarda l’e-commerce ad esempio abbiamo voluto trasformare questo modello a impatto zero anche online.
Poi abbiamo delle iniziative in collaborazione con un’altra BCorp che è Treedom, che tratta la riforestazione nel mondo, dove abbiamo voluto portare avanti questo progetto di Foresta Bazzara, diffusa in 3 continenti dal Centro America ad Africa e Asia: chiaramente stiamo parlando di piccoli numeri, parliamo di 250 alberi di caffè per condividere, per ringraziare il nostro settore, i coltivatori che fanno questo lavoro, ma più che altro l’obiettivo era poi ridonarli a tutti i nostri stakeholder e quindi a sua volta un lavoro di comunicazione per diffondere il concetto di sostenibilità che noi riteniamo importante.
Attraverso la collaborazione con IMA Petroncini impianti e ReiCat abbiamo applicato un catalizzatore per far sì di avere emissioni ridotte e anzi, ottimizzate il 20% delle emissioni in atmosfera e anche l’ottimizzazione per quanto riguarda il risparmio energetico, cambiando l’impianto di illuminazione in led di ultima generazione. Oggigiorno sappiamo tutti quanto sia importante.
Oltre la sezione dell’ambiente, passando alle persone, partiamo dal nostro team in cui noi crediamo molto e quindi abbiamo avviato un coinvolgimento del team verso gli obiettivi aziendali: non solo azioni di welfare generale, ma anche benefit (specialmente in questo periodo di caro-bollette), azioni volte al benessere delle persone che lavorano con noi.
Noi poi siamo a Trieste, siamo nel territorio, siamo in Friuli-Venezia Giulia e anche per questo abbiamo fatto delle piccole azioni: sosteniamo, per quanto riguarda lo sport, una squadra di rugby con cui abbiamo valori molto sani in comune, che è il Venjulia Rugby per le categorie giovanile, seniores femminile e Prima Squadra.
Sempre per quanto riguarda Trieste, sosteniamo la nostra città a livello culturale con ShorTS International Film Festival.
A livello di beneficenza ci attiviamo con 50mila caffè per dare almeno un piccolo sostegno a diverse Onlus del territorio tramite Banco Alimentare, Comunità di San Martino del Campo e i Frati di Montuzza. Piccole cose che un’azienda o tutte le aziende fanno o possono fare.
Il progetto Bioarabiche
Tornando poi a Coffee for prosperity, lo convogliamo sul prodotto, come ogni azienda deve fare e ottimizzare i propri prodotti. In questo abbiamo voluto creare il progetto Bioarabiche, dove andiamo a promuovere il concetto di agricoltura biologica, di Fairtrade, dove uniamo il nuovo progetto per quanto riguarda Rainforest e ultimamente abbiamo anche aderito a un nuovo progetto in cui crediamo molto: l’International Women Coffee Alliance, che ha da poco un nuovo chapter in Italia.
È quindi una rete globale che unisce le coltivatrici del mondo del caffè, quindi anche per un discorso di parità di genere lo ritenevamo fondamentale.
Inoltre, abbiamo fatto piccole scelte radicali: abbiamo scelto una linea guida specifica, il plastic-free, non solamente per il merchandising ma anche nel mono porzionato dove abbiamo scelto di utilizzare solamente la cialda compostabile o la capsula in alluminio, materiale eternamente riciclabile: ci sono tante possibilità, questa è stata la nostra scelta.
Per quanto riguarda le linee di imballaggio secondario poi, siamo passati dalla plastica al cartone e al cartone certificato FSC da altro cartone riciclato. Piccole azioni che comunque, vediamo, si possono tranquillamente effettuare.
Infine, una nostra propensione è quella di fare rete, di comunicare, di diffondere la cultura del caffè espresso italiano tramite ad esempio le nostre pubblicazioni, i nostri libri, dove vogliamo riunire grandi esperti del settore per riportare questa conoscenza e dove ci teniamo ad inserire anche aspetti riguardanti la sostenibilità; o tramite la nostra Accademia, che è un Premier Training Campus certificato Sca; ugualmente creiamo collane video per promuovere la cultura e molto altro.
Siamo in Italia e non potevamo quindi non essere soci del Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale e aderire convintamente alla causa del Rito del Caffè Espresso.
Nuovamente poi, siamo anche a Trieste e con la Regione aderiamo a “Io sono Friuli-Venezia Giulia”, che sostiene prodotti locali del territorio e le aziende che sviluppano la sostenibilità.
Con questi esempi chiudiamo dunque questi quattro pilastri della sostenibilità che noi come Bazzara riassumiamo nel nostro purpose, lo scopo del perché noi esistiamo come azienda, che è molto semplice: Coffee for pleasure, people e planet.
Chiudo con una frase che noi apprezziamo molto, ritornando al ricordo che noi abbiamo un unico pianeta e non di più, con questa frase che è antica: “Non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli”.
Il ritorno della Milano Latte Art Challenge (immagine concessa)
PARATICO (Brescia) – La preparazione creativa del cappuccino è diventata un’arte che coinvolge numerosi talenti internazionali. Per stabilire gli standard più elevati, Trismoka, storica torrefazione bresciana, ha ideato e organizzato la Milano Latte Art Challenge, una competizione internazionale che riunisce i migliori artisti di Latte Art provenienti da ogni parte del mondo.
La gara
Dopo uno stop di quattro anni, la gara più acclamata torna in scena dal 14 al 16 ottobre2023, e si terrà nello spazio dedicato allo stand Trismokaall’interno di Host Milano, la rinomata fiera mondiale della ristorazione e dell’accoglienza. Durante i tre giorni di gare, i partecipanti si sfideranno nelle fasi preliminari per arrivare al confronto finale, dove solo il migliore avrà il privilegio di essere incoronato campione.
L’evento di quest’anno promette di superare le aspettative. Dodici baristi di fama mondiale, tra cui Manuela Fensore, Campionessa mondiale di Latte Art nel 2019, si sfideranno in nove diverse discipline, ognuna con un livello di difficoltà crescente.
Dagli elementi tradizionali e semplici fino alle figure e alle tecniche più complesse, i partecipanti metteranno alla prova le proprie abilità in una sfida accesa per aggiudicarsi il prestigioso titolo di Campione del mondo della Milano Latte Art Challenge.
L’edizione precedente
L’edizione del 2019 ha visto i migliori dodici artisti del cappuccino del mondo sfidarsi in prove di varia difficoltà, nel rispetto rigoroso del regolamento di ogni singola disciplina. Lo spettacolo mozzafiato ha riscosso un grande successo sia presso lo stand Trismoka, che online, grazie all’ampia copertura sui social media. Ad aggiudicarsi il premio finale è stato il sudcoreano Um Paul, che si è confermato nuovamente il migliore Latte Artist, dopo essere stato campione mondiale nel 2016 e 2017.
Trismoka, scuola dei migliori baristi d’Italia
Il caffè è più di una bevanda: è un’opera d’arte che si può assicurare solo con un impegno costante e un lavoro di squadra. Una filosofia, quella di Trismoka, che crede nei giovani talenti e continua ad investire nella formazione di studenti e di aspiranti baristi.
Più di 15 anni fa, infatti, istituiva la TrismokaCoffee School: un’accademia professionale, in cui ogni anno si allenano i migliori baristi d’Italia, premiati dal Campionato italiano. Oggi, Trismoka è ideatrice di due importanti show: la Trismoka Challenge e la Milano Latte Art Challenge, una competizione professionale di Latte art, che mette al centro la professionalità di baristi di fama internazionale.
La scheda sintetica di Trismoka
Da sempre, la missione di Trismoka è diffondere la cultura del buon espresso, andando oltre la semplice selezione e distribuzione delle migliori qualità di caffè per bar. La torrefazione bresciana attribuisce grande importanza alla tostatura del prodotto, così come alla preparazione del caffè: per questo, investe nella formazione e nell’assistenza ai suoi affezionati baristi. Perché nulla sia trascurato nella difficile arte di preparare un caffè eccellente.
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L'interno del nuovo NH Hotel a Corso Buenos Aires (immagine concessa)
MILANO – NH Hotel Group, part of Minor Hotels, annuncia l’apertura della sua tredicesima struttura milanese, NH Milano Corso Buenos Aires, situato all’angolo tra via Scarlatti e il celebre Corso Buenos Aires. In occasione dell’inaugurazione sono stati presentati i risultati di un’indagine commissionata ad AstraRicerche – istituto italiano di ricerche sociali e di marketing – incentrata sulla scoperta di come, quando, dove e perché gli italiani escono a bere un drink per un aperitivo o un cocktail dopo cena.
Nel mese di febbraio e marzo 2023 sono stati raccolti numerosi dati frutto della somministrazione di un questionario a un campione di più di 1000 persone di età compresa tra i 18 e i 65 anni intervistate online su tutto il territorio nazionale con la metodologia CAWI.
Dalla ricerca emerge che gli italiani amano molto uscire a bere fuori casa: oltre il 75% degli intervistati esce, infatti, almeno una volta al mese e di questi il 45% almeno una volta a settimana.
Di questo sottogruppo, gli uomini superano le donne (50% vs 39%) e cambiano i risultati in base alle fasce di età. A uscire di più, almeno una volta a settimana, è la Gen Z (58%), seguita a ruota dai Millennials (50%), dalla Generazione X (40%) e dai Baby Boomers (34%), che preferiscono uscire 1 o 2 volte al mese (35%). I più assidui frequentatori di locali (più volte a settimana) vivono nel Triveneto (23%), seguito dal Nord Ovest (21%) e dal Centro (19%).
Sicuramente, un dato che accomuna la maggior parte degli intervistati è quello relativo ai motivi per cui si esce per bere qualcosa. Più del 63% ha dichiarato di farlo per stare con amici, parenti o conoscenti, evidenziando il carattere conviviale dell’attività. Al secondo posto della classifica troviamo la ricerca di relax (56%) e al terzo posto la volontà di divertirsi (37%). Stupiscono anche le percentuali relative al tema della scoperta: il 28% degli intervistati esce infatti per conoscere qualcosa di nuovo in termini di offerta food & beverage, il 26% per vedere nuovi locali o riscoprirli dopo diverso tempo.
In termini di location fuori casa, le preferenze sono chiare: al primo posto c’è il locale all’aperto o con uno spazio aperto (51,1%), il preferito dalle donne (58%) e dai Baby Boomers (58%) soprattutto nel Nord Ovest (59%) e nel Triveneto (58%); seguono pub e birrerie (48,2%) i preferiti degli uomini (52%) e Millennials (53%) soprattutto al Nord Ovest (51%). Al terzo posto, i locali con musica dal vivo (circa 36%), in cui si riscontrano valori simili per uomini e donne (35% e 36%) e una netta preferenza di Millennials e Baby Boomers (40% e 36%) contro la Gen Z (29%), che si dice invece più convinta su discoteca, bar classici e cocktail bar (35%).
E quando si tratta del “bar di un hotel”? È un sì per l’11,5% degli intervistati ed è un luogo più apprezzato dagli uomini e dalla Gen Z che, insieme alla Gen X, si dicono i più interessati a questa soluzione, in particolare al Nord e al Sud. Per gli intervistati, infatti, il bar di un hotel è garanzia di un ambiente più ricercato in termini di allestimento e frequentazione, offre una buona carta cocktail e vini e un servizio di alto livello.
Anche le caratteristiche del locale fuori casa in cui si beve qualcosa sono importanti. Per il 35,2% degli intervistati gli ambienti devono essere innovativi, insoliti o particolari; per il 23,5% alla moda e trendy, mentre per il 18,2% raffinati e ricercati.
Chi tende a prediligere moda e raffinatezza sono le donne, mentre gli uomini sono più votati ad ambienti tradizionali, molto amati dai Baby Boomers (41,6%) in particolare nel Centro-Sud (31%). Chi ricerca la novità è ancora una volta la Gen Z, che insieme alla Generazione Y dei Millennials è sempre pronta a nuovi stimoli, in particolare in Triveneto e nel Centro. Al Nord Ovest, grande domanda di locali innovativi e insoliti (41%) e di posti con un’ambientazione particolare (oltre il 38%).
Emerge, comunque, per tutti i target una grande certezza: il momento preferito dagli italiani per bere qualcosa fuori casa è sicuramente l’aperitivo.
Ben il 47% degli intervistati ha dichiarato che la sua serata ideale per bere qualcosa fuori inizi in questo momento, mentre il 26% ha indicato l’ora di cena e il 27% dopo cena. L’aperitivo si conferma essere un vero e proprio rito: più per le donne (51%) che per gli uomini (42%) e più per Millennials e Generazione X (rispettivamente 47% e 52%).
Tra i cocktail più amati, i grandi classici accompagnano questo momento: al primo posto si trova lo Spritz, amato dal 58% degli intervistati, principalmente donne e Generazione Z. Al secondo posto si posiziona invece il Mojito (43%), drink preferito dei Millennials (50%), mentre il Bellini, al terzo posto (26%) si attesta come il preferito della Generazione X e dei Baby Boomers.
Infine, altro dato interessante è quello relativo alla personalità. È stato chiesto, infatti, agli intervistati se si sentissero più pop (vivaci e frizzanti), young (giovani e freschi) o dynamic (attivi e instancabili) nei loro momenti fuori casa e il quadro che ne è uscito è una preferenza per i profili young e dynamic (rispettivamente 43,7% e 38,8%) mentre poche persone si sono definite pop, il 17,5%.
A stupire sono invece i dati relativi a come si vorrebbe essere percepiti durante il cocktail time: young per il 34,7% degli intervistati, pop per il 21,4% e dynamic per il 43,9%. Un vero e proprio rimescolamento delle carte soprattutto per i Millennials, che si definiscono “young” ma vorrebbero essere più “dynamic”.
Patrizia Martello, trendforecaster, esperta di culture di consumo, docente di Ricerca Sociale all’Università IUAV di Venezia e alla NABA di Milano, commenta: “Questa ricerca conferma il gioco delle identità che tutti pratichiamo, nei nostri lifestyle ipermoderni. Le persone, nel loro ruolo di ‘consumatori’ esprimono molte e diverse dimensioni emozionali, di personalità, di stili, di modi che rendono l’esperienza di consumo un’esperienza di ‘libertà di essere’”.
Martello continua: “E il momento dell’aperitivo fuori casa è un vero palcoscenico per mostrare uno dei nostri tanti sé, con l’outfit, i colori, il modo di essere, gli amici, i posti e quello che scegliamo di bere. Indipendentemente da età, sesso, reddito e ogni altra caratteristica ‘irrilevante’ in contesti di convivialità, tutti siamo un incredibile e misterioso mix di young, pop, dynamic e molto altro, insieme”.
Il nuovo boutique hotel del Corso: NH Milano Corso Buenos Aires
Boutique hotel ricercato e moderno, NH Milano Corso Buenos Aires trae ispirazione dalla moda e dallo spirito giovane e dinamico del Corso.
La struttura conta di 100 camere ma la vera chicca è al piano terra. Si tratta del Mash-up Cocktail Bar, l’esclusivo bar in cui gustare un ottimo cocktail per un aperitivo decisamente milanese, dopo una giornata di lavoro o un’intensa sessione di shopping. Qui la mixology si trasforma in arte e i barman saranno pronti a stupire gli ospiti con i classici della tradizione ma anche con speciali signature cocktail.
Marco Gilardi, Operations Director NH Hotel Group, part of Minor Hotels, Italy & USA, ha commentato: “Siamo molto entusiasti di aggiungere NH Milano Corso Buenos Aires al nostro portfolio milanese, in una città che è per noi una piazza strategica sia per i viaggi business che leisure. Inoltre, questo hotel ci permette anche di rivolgerci ad un target giovane, cosmopolita, sempre alla ricerca di nuovi stimoli. In tre parole: pop, young e dynamic. Siamo felici di poter offrire, anche in questo caso, servizi unici ai nostri clienti ed esperienze irripetibili, nel cuore di una delle città più vive ed emozionanti del panorama italiano ed europeo”.
La scheda sintetica di Minor Hotels
Minor Hotels è un operatore internazionale proprietario e investitore che attualmente conta più di 530 hotel. Minor Hotels esplora con passione nuove possibilità nell’ospitalità con un portfolio diversificato di strutture progettate per attrarre diversi tipi di viaggiatori, andando incontro alle loro passioni ed esigenze personali.
Attraverso le strutture Anantara, Avani, Oaks, Tivoli, M Collection, NH Collection, NH Hotels, nhow, Elewana, Marriott, Four Seasons, St. Regis, Radisson Blu e Minor International, Minor Hotels opera in 56 paesi tra cui Asia Pacifica, Medio Oriente, Africa, Oceano Indiano, Europa, Sud America e Nord America. Grazie ai suoi piani dinamici per espandere i brand esistenti ed esplorare nuove opportunità strategiche in tutti i mercati di interesse, Minor Hotels persegue una visione di un mondo più appassionato e interconnesso. Per maggiori informazioni, basta cliccare qui.
La scheda sintetica di Studio Pola
Studio Pola agisce a Milano dal 2007 dalla confluenza di diverse esperienze professionali dei 4 soci fondatori, Matteo, Sara, Matteo ed Edoardo che spaziavano dal progetto di architettura e di paesaggio, alla pianificazione territoriale e urbanistica, allo studio di spazi commerciali e terziari fino alle forme progettuali più intime e domestiche.
Oggi il Pola ha sviluppato una competenza nell’ambito della progettazione di edifici residenziali, strutture commerciali e ricettive mantenendo fiorente una identità di ricerca in ambito didattico e professionale riguardo ai temi del riuso e della riattivazione di spazi e territori.
Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Banca d'Italia
ROMA – Nel 2022 sono state effettuate quasi 1,4 miliardi di operazioni con carte di credito familiari per un valore di 82,5 miliardi di euro e un importo medio di 59,24 euro. Venti anni fa il numero non arrivava a 328 milioni per un valore di 30 miliardi ed un importo medio di 91,64 euro. Una crescita più poderosa è quella che ha interessato le carte di debito. Da 611 milioni di operazioni nel 2003 si è passati a poco meno di 4,8 miliardi nel 2022. Leggiamo di seguito i dati raccolti dal Centro Studi Fipe.
Centro Studi Fipe: le carte di credito e debito in Italia
L’ultimo report di Banca d’Italia sui sistemi di pagamento mostra che siamo davanti ad una profonda trasformazione che proprio nel corso degli ultimi anni ha subito una forte accelerazione. In questa breve nota vengono analizzati i pagamenti effettuati sia con carte di credito che con carte di debito. Si tratta, ovviamente, solo di un piccolo spicchio della grande torta dei pagamenti effettuati con strumenti alternativi al contante il cui importo complessivo è stato nel 2022 pari a poco meno di 11 mila miliardi di euro.
Se parliamo di carte di pagamento occorre inevitabilmente parlare anche di POS. L’Italia è il Paese europeo in cui il numero dei POS installati è maggiore. Lo scorso anno ne risultavano attivi poco meno di 3,4 milioni.
Nel 2022 sono state effettuate poco meno di 1,4 miliardi di operazioni con carte di credito familiari per un valore di 82,5 miliardi di euro e un importo medio di 59,24 euro. Venti anni fa il numero non arrivava a 328 milioni per un valore di 30 miliardi ed un importo medio di 91,64 euro.
Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Banca d’Italia
La forte contrazione del valore medio dimostra che l’uso delle carte si è esteso anche a pagamenti di minor importo fino ad interessare i cd. micropagamenti (meno di 30 euro).
Fonte: elaborazione C.S. Fipe su dati Banca d’Italia
Una crescita più poderosa è quella che ha interessato le carte di debito. Da 611 milioni di operazioni nel 2003 si è passati a poco meno di 4,8 miliardi nel 2022 per un valore che da 51 miliardi di euro è salito a 225miliardi di euro. In questo caso l’importo medio è sceso da 83,30 a 46,86 euro.
I dati dimostrano inequivocabilmente che i pagamenti elettronici con carte sono entrati nella quotidianità di milioni di consumatori. A fine 2022 risultavano attive 12,2 milioni di carte di credito e 63,4 milioni di carte di debito abilitate ai pagamenti tramite POS. A questi numeri vanno aggiunte 1,2 milioni di carte aziendali e 30,5 milioni di prepagate. Nel 2022 con le carte di credito aziendali sono state effettuate 148 milioni di operazioni per un valore di 19 miliardi di euro e un importo medio di 129 euro.
Sommando le carte di credito e quelle di debito stiamo parlando di 6,3 miliardi di operazioni per un valore di 326 miliardi di euro. Numeri impressionanti che proprio durante la pandemia hanno fatto registrare una straordinaria accelerazione con il +68% in termini di numero di operazioni e +46% in termini di valore nel confronto tra il 2022 e il 2019.
Il mondo del design degli interni è in costante evoluzione e il bar di Armani è una testimonianza di come l’eleganza e l’innovazione si combinino per creare un ambiente affascinante e accogliente. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazioni Habitante.
Il bar di Armani a Milano
MILANO – Il brand Armani è noto per il suo stile sofisticato e senza tempo, e il design del bar di Armani non fa eccezione. L’attenzione per i dettagli, la selezione accurata dei materiali e l’armonia dei colori si combinano per creare un’atmosfera di raffinata eleganza.
Gli arredi sono curati nei minimi dettagli, con linee pulite e forme ergonomiche che garantiscono comfort e funzionalità agli ospiti. Ogni elemento, dai tessuti pregiati all’illuminazione studiata, è stato scelto per offrire un’esperienza di lusso senza pari.
Innovazione nel Design degli Spazi
Il design del bar di Armani a Milano è caratterizzato da un approccio innovativo nella disposizione degli spazi. Gli ambienti sono pensati per creare un flusso naturale e fluido, consentendo agli ospiti di muoversi agevolmente e interagire in modo armonioso. Le diverse aree del bar sono organizzate in modo strategico per offrire sia momenti intimi che sociali, garantendo una piacevole esperienza per ogni tipo di occasione. L’uso creativo degli elementi architettonici e delle separazioni visive permette di creare zone discrete senza compromettere l’apertura e la connessione tra gli spazi.
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Il settore del bar e della ristorazione (immagine: pixabay)
Al via il progetto con lo scopo di rendere i locali di Cuneo più accessibili. I bar, dislocati in tutta la provincia, avranno a disposizione degli speciali menù dotati di figure che permetteranno alle persone con disabilità comunicativa di ordinare in completa autonomia. Per il momento i locali attivi nell’iniziativa sono ventitré. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Andrea Dalmasso pubblicato sul portale Cuneo Dice.
Il progetto all’insegna dell’inclusività a Cuneo
CUNEO – “Una città per tutti”: un progetto per rendere i bar e i locali della provincia di Cuneo più inclusivi ed accessibili alle persone con disabilità comunicativa. Sono ventitré le attività coinvolte inizialmente nell’iniziativa, promossa dalla Fondazione CRC nell’ambito del bando Autonomia e Disabilità e presentata lunedì 12 giugno.
I locali, dislocati in tutta la provincia, avranno a disposizione degli speciali menù dotati di figure che permetteranno alle persone con disabilità comunicativa di ordinare autonomamente. Sono stati creati con i simboli della C.A.A. – Comunicazione Aumentativa Alternativa, per facilitare la comunicazione e la scelta in autonomia. Hanno collaborato l’associazione di genitori L’Airone Odv di Manta, Confcommercio Cuneo e Fondazione Paideia, realtà torinese che opera a sostegno dei bambini disabili e delle loro famiglie.
Il personale dei locali ha partecipato e parteciperà ancora ad una specifica attività di formazione curata dalla sezione provinciale dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, in modo da integrare l’introduzione dei menu a nozioni utili per rendere i bar più accessibili alle persone con difficoltà visive. Ogni bar avrà a disposizione inizialmente due menu “speciali” e almeno una persona formata per accogliere tutti nel migliore dei modi.
A fare gli onori di casa, nella conferenza stampa organizzata nella sala meeting della Fondazione CRC, il presidente Ezio Raviola: “Il progetto Autonomia e Disabilità per noi è fondamentale. Ringrazio tutte le attività e gli esercenti che hanno aderito a questa iniziativa. L’obiettivo è costruire una comunità sempre più inclusiva, che sappia adattarsi alle esigenze di tutti”.
Al tavolo dei relatori anche Aurora Rubiolo, presidente dell’associazione genitori L’Airone Odv che ha collaborato all’iniziativa: “Questo progetto può essere un ‘pezzo’ di inclusione vera per le persone con disabilità e con difficoltà comunicativa. A volte andare a prendere un caffè con il proprio figlio disabile può essere una grande fatica. Con questa iniziativa vogliamo rendere la vita più semplice a chi non può disporre del canale di comunicazione verbale, speriamo che questa pratica si possa diffondere a macchia d’olio sul territorio”. L’associazione aveva già collaborato con la CRC nel progetto “Orizzonte Vela”, con la realizzazione di insegne e cartelli con la tecnica della C.A.A. in negozi e uffici pubblici.
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