martedì 02 Dicembre 2025
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Starbucks: nuova apertura nel centro storico di Firenze il 30 giugno

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Il logo di Starbucks

Il celebre frappuccino sbarca a pochi passi dalla Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze in via dei Cerretani. A fine giugno è prevista l’apertura della nuova caffetteria di Starbucks, la catena americana che sei mesi fa ha inaugurato il primo store in città (ne abbiamo parlato qui). Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato su Il Reporter.

Il nuovo Starbucks a Firenze

FIRENZE – Dopo il negozio nel sottopassaggio della stazione, Starbucks raddoppia a Firenze e annuncia l’apertura di una nuova caffetteria nel centro storicoin via dei Cerretani. L’annuncio è arrivato da Percassi, gruppo che in Italia ha la licenza del marchio delle celebri caffetterie a stelle strisce. La catena del Frappuccino conta una trentina di store in oltre 70 Paesi del mondo.

Lo Starbucks in via dei Cerretani 49 rosso, che prende il posto del negozio di oggettistica Dmail, aprirà i battenti al pubblico venerdì 30 giugno 2023. Un locale a pochi passi dal Duomo e dalle strade più battute dai turisti. I dettagli sul nuovo punto vendita fiorentino del colosso del Frappuccino si conosceranno il giorno prima, quando è stata fissata l’anteprima per la stampa.

A differenza del punto vendita nel sottopassaggio della Stazione, l’immobile sarà più ampio potendo contare sugli spazi lasciati liberi da Dmail, catena che tra le altre cose è di proprietà dello stesso gruppo Percassi.

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Caffetteria e bar: 70 giovani disoccupati formati da AdAstra project con Lavazza, Campari e Heineken

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barista adastra
Una barista (immagine: Pixabay)

Settanta i giovani protagonisti neet (non attivi in istruzione, in lavoro o in formazione) delle prime due edizioni del programma di formazione-lavoro nel mondo del beverage sostenuto da Fondazione di Comunità Milano in collaborazione con Campari, Heneken Italia, Lavazza e A&I società cooperativa sociale Onlus. Per la terza edizione sono 30 le persone ammesse. Il percorso è gratuito ed è aperto a chiunque sia disponibile a intraprendere un corso di formazione di un anno. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione askanews.it.

Il progetto per la formazione nel settore beverage di AdAstra

MILANO – Settanta giovani under 30 formati per il settore beverage, il 75% dei partecipanti assunto dopo un tirocinio retribuito di quattro mesi, oltre 50 esercizi commerciali coinvolti nell’area milanese. Sono alcuni dei numeri delle prime due edizioni di AdAstra project, il programma di formazione-lavoro per giovani cosiddetti neet ideato e sostenuto da Fondazione di Comunità Milano in collaborazione con Campari, Heneken Italia, Lavazza e A&I società cooperativa sociale Onlus.

Ora per alla terza edizione, presentata presso la sede centrale di Campari, sono 30 le persone ammesse, di cui quattro non hanno completato il percorso formativo. Il 72% sono uomini, con una percentuale di donne che per la prima volta dall’avvio del progetto si attesta intorno al 30% del totale, dimostrando un crescente interesse verso le professioni del beverage.

La maggioranza dei partecipanti è di origine straniera (80%), oltre un terzo vive in comunità alloggio (36%). Il 40% ha conseguito la terza media in Italia, il 12% ha conseguito il diploma superiore in Italia e oltre il 48% ha un titolo riconosciuto solo dal paese di origine. Più della metà dei partecipanti ha avuto brevi esperienze di lavoro in ambiti diversi.

AdAstra project è un percorso di formazione nel beverage (caffetteria e bartender-mixology) rivolto a ragazzi e ragazze tra i 18 e i 27 anni residenti nell’area metropolitana di Milano, disoccupati o inoccupati, con basso livello di istruzione e scarsa esperienza lavorativa. Il percorso è gratuito ed è aperto a chiunque sia in possesso dei requisiti e sia disponibile a intraprendere un percorso lungo un anno.

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illycaffè: gli studenti del liceo Foppa di Brescia protagonisti della competizione artistica

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Gruppo Illycaffè polo gusto illy illetta
Il logo illycaffè

La competizione all’insegna dell’arte ha avuto inizio qualche settimana fa, quando agli studenti del Foppa di Brescia sono state consegnate delle scatole in legno sulle quali hanno potuto applicare la loro creatività scegliendo la tecnica artistica preferita. Di tutte le opere, 5 sono state selezionate e gli autori sono stati premiati con una tazzina dell’Università del Caffè, che quest’anno festeggia il ventennale. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Brescia Oggi.

La competizione artistica di illy

BRESCIA – Il caffè illy si fa artistico, grazie alla collaborazione che ha visto protagonisti gli studenti del liceo Foppa. Sono stati presentati nello Store Illy Shop di Brescia, in via Crocefissa di Rosa, i lavori effettuati dalle classi II A e IV B sulle note scatole da caffè dell’azienda. Il progetto creativo, nato da un’idea di Maurizio Valenti titolare dello store, ha offerto agli studenti dell’indirizzo artistico la possibilità di applicare le loro competenze artistiche in un contesto reale e collaborare con un importante azienda del settore.

Un progetto talmente ben riuscito che l’azienda ha deciso di invitare studenti e docenti dell’istituto a visitare la casa madre in autunno, così da mostrare ai ragazzi non solo la filiera produttiva ma anche il luogo in cui prende vita la creatività. La collaborazione ha preso il via qualche settimana fa, quando agli studenti sono state consegnate delle scatole in legno sulle quali hanno potuto applicare la loro creatività scegliendo la tecnica artistica a loro più congeniale.

È stato chiesto loro di realizzare delle opere che si ispirassero a Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, sviluppando i temi della sostenibilità e dell’ambiente. Una volta realizzati i lavori, una giuria composta dai titolari del negozio bresciano, insieme ai responsabili della casa madre, hanno valutato le scatole. I criteri di selezione erano legati a: originalità, estetica e qualità artigianale.

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La degustazione del caffè del Costa Rica nel cuore di Roma in diretta video con i coltivatori

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degustazione ambasciata costa rica
La degustazione presso il Gran Caffè La Caffettiera a Roma (immagine concessa)

ROMA – L’Ambasciata del Costa Rica e la Procomer, l’Ufficio per la promozione del commercio estero del Costa Rica, hanno portato nel cuore di Roma il caffè di specialità costaricense in un evento di degustazione e “cupping” con il meglio di quattro aziende del Paese: Hacienda Tobosi, Café Zantó, Coope Libertad e Café Kiosurú-Vara Blanca.

La degustazione di caffè organizzata dall’Ambasciata del Costa Rica

L’evento, tenutosi il 14 giugno in Piazza di Pietra, presso il Gran Caffè La Caffettiera, era rivolto a esperti italiani del settore, torrefazioni, caffetterie, importatori, i quali hanno appreso dagli stessi produttori, in collegamento video dal Costa Rica, le caratteristiche del caffè che stavano per assaggiare.

Per l’incaricata d’Affari a.i. dell’Ambasciata di Costa Rica, Tamara Gómez Marín, “in Italia c’è un grande potenziale per aumentare la presenza del caffè di eccellenza costaricense. Quest’evento, nel quale hanno partecipato i rappresentanti del settore che già lavorano con caffè di specialità, dimostra l’interesse a portare il caffè costaricense ai consumatori italiani, un caffè riconosciuto per la sua altissima qualità e la sua coltivazione e produzione sostenibile e inclusiva”.

Il caffè costaricense, come spiegato da Jorge Zamora, dell’Ufficio della Procomer per l’Europa Mediterranea, è 100% Arabica coltivato in terreni fertili di origine vulcanica a bassa acidità, ubicati tra 800 e 1.600 metri sul livello del mare.

Inoltre, è stata presentata la denominata Nama Café– Azione di Mitigazione Nazionalmente Appropriata, che punta alla riduzione delle emissioni di carbonio del settore con una produzione sostenibile. Una pratica che ha riscontrato già grande successo in Costa Rica che oggi presenta neutralità carbonica per l’80% della produzione di caffè.

Guidati dal consulente ed esperto di caffè Andrea Matarangolo, i partecipanti hanno potuto assaggiare diversi tipi di preparazione del caffè, dal filtrato all’espresso. Inoltre, hanno gustato varietà del caffè Arabica come Geisha, Caturra e Catuai, con diversi processi di lavaggio, essicazione e tostatura.

Il contest Corman Trophy: in palio 10 mila euro per pasticceri e panificatori

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corman trophy
Il contest Corman Trophy (imamgine concessa)

MILANO – Sviluppare – e sostenere concretamente – l’importanza dell’innovazione e dell’imprenditorialità della professione di artigiano, per il successo dell’attività artigianale oggi e nel prossimo futuro: è questo lo spirito di Corman Trophy, il nuovissimo contest che Corman, insieme a La Maison de l’Excellence Savencia e con il supporto di Cast Alimenti, lancia nel 2023.

Il Corman Trophy

Il contest è aperto a tutti i professionisti d’Italia (e Repubblica di San Marino) che lavorano in un laboratorio o cucina professionale: per partecipare, ciascun candidato dovrà presentare un elaborato in cui racconta e illustra un progetto innovativo inerente la propria attività, capace di portare un miglioramento concreto.

Corman Trophy nasce infatti per stimolare i professionisti ad aprire nuovi orizzonti in un contesto economico sempre più complesso, favorendo un’evoluzione necessaria, quella da artigiano a imprenditore.

Un tipo di visione, quella imprenditoriale, che oggi più che mai diviene imprescindibile per il successo di un’attività. È su tali presupposti che nasce il contest firmato Corman, frutto del punto di vista privilegiato dell’Azienda – storicamente al fianco dei professionisti – che si confronta quotidianamente con pasticceri e panificatori, molti dei quali si sono già mossi in questo processo di evoluzione ed innovazione con conseguenti risultati molto soddisfacenti, mentre altri stanno affacciandosi alla transizione, sentendone in modo crescente l’urgenza.

Il contest ha l’obbiettivo di contribuire a far emergere la visione imprenditoriale nel mondo pasticceria e panificazione, con slancio verso il futuro. Quanto emergerà potrà così essere di aiuto e ispirazione per i professionisti, per comprendere e gestire l’evoluzione del mercato e del lavoro, trovando stimoli e idee per crescere fruttuosamente e sostenibilmente verso l’artigianalità del domani.

Corman Trophy: caratteristiche e modalità di partecipazione

Il progetto dovrà riguardare almeno uno dei tre aspetti che sempre più sono alla base del successo di ogni iniziativa lavorativa ed imprenditoriale:

  • efficienza in laboratorio (ad esempio soluzioni per ottimizzazione e organizzazione del lavoro e delle produzioni, gestione efficiente dei macchinari, riduzione dei costi…);
  • gestione delle persone (ad esempio il miglioramento della vita lavorativa, progetti di inclusione, programmi welfare, attività per creare spirito di team…);
  • sostenibilità (ad esempio azioni per impatto zero, riduzione degli sprechi, economia circolare e riciclo, packaging sostenibile…).

Come dovrà essere il progetto, per avere le migliori chance di vittoria? Innovativo nell’ambito dell’attività di una pasticceria o un panificio; originale, fattibile e replicabile, nonché in grado di portare un miglioramento concreto in uno o più dei tre aspetti elencati.

Al vincitore, selezionato dalla giuria, andranno 10.000 euro, suddivisi come segue:

  • contributo in denaro pari a 5.000 euro;
  • una CAST CARD del valore di 3.500 euro (che darà diritto a 10 giornate formative di specializzazione presso la Scuola di Brescia, da sfruttare per sé o per i propri colleghi e collaboratori nell’arco di due anni);
  • una fornitura di prodotti Corman del valore di 1.500 euro.

Corman Trophy vuole insomma stimolare i professionisti ad innovarsi con attenzione agli aspetti più stringenti di domani, dal rispetto dell’ambiente all’ottimizzazione delle risorse, incoraggiando pasticceri e panificatori a “creare” il proprio futuro e più in generale quello dell’intera professione, stimolando progresso e trasformazioni virtuose.

I professionisti dell’Arte Bianca sono invitati a partecipare, per essere al centro di una costruttiva sfida. Questa prima edizione 2023 è un progetto pilota che vede al centro l’Italia e che dal 2024 sarà proposto in altri Paesi, andando quindi a configurarsi come un’iniziativa “corale” dall’ampio respiro internazionale.

Le candidature saranno aperte dal 15 giugno 2023 e fino al 31 ottobre 2023. Il regolamento completo e modulo dedicato per candidare il proprio progetto sono disponibili qui.

Ecco INDOxyz, il caffè di Snoop Dogg con chicchi indonesiani Sumatra Gayo

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Chicchi di caffè tostato (credits: Alexa from Pixabay)

Non è una novità che al giorno d’oggi molti personaggi di spicco nel mondo della musica e dello spettacolo amplino il loro business lanciando prodotti alimentari con profumi o marchi personalizzati. Questo è quello che ha fatto anche il famoso rapper Snoop Dogg, lanciando una nuova linea di caffè. Leggiamo di seguito parte dell’articolo di Roberta Paltera pubblicato su Wine&Food.

La linea di caffè di Snoop Dogg

Dopo un viaggio in Indonesia che il rapper avrebbe fatto di recente, sembrerebbe essere nata questa idea della linea di caffè. Ed è proprio da qui che arrivano i chicchi per la realizzazione del caffè INDOxyz, nome che Snoop Dogg ha dato al suo marchio.

La nascita di questo marchio è stata possibile grazie alla stretta collaborazione con un imprenditore indonesiano, molto popolare nel settore del caffè: Michael Riady. A quanto pare sarebbe stato proprio lui a far assaggiare al rapper il miglior caffè della sua vita, e che l’avrebbe consecutivamente spinto ad avviare questa linea.

Il rapporto con il caffè

Snoop Dogg dice che il caffè è sempre stato per lui un alleato. Durante le notti insonni passate per la realizzazione dei suoi testi, il caffè era lì a dargli l’energia e il sostegno di cui aveva bisogno. Possiamo dire quindi che il rapper ha fatto del suo rapporto intimo, quasi viscerale con il caffè, un trampolino di lancio per un business che si prospetta avrà un grande successo.

La sua linea non si limita alla vendita di chicchi particolarmente pregiati, ma anche a una bibita fresca e ideale da avere sempre con sé. In questo modo si prospetta di essere di sostegno a chi come lui, ha fatto si che il caffè l’aiutasse a raggiungere il successo.

INDOxyz il caffè che Snoop Dogg ha ideato per tutti

La linea INDOxyz non è la classica linea di caffè, vende infatti un prodotto originale che si prospetta raggiungere un pubblico vasto e soprattutto tra i giovani, ricevere un grande successo. L’azienda vende il Sumatra Gayopuri chicchi di caffè indonesiani che arrivano direttamente dalla regione di Aceh, ubicata sull’isola di Sumatra, ma più precisamente sull’altopiano di Gayo.

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Olio e caffè, le due filiere messe a confronto durante il Palermo Coffee Festival guidati da Andrej Godina e Maria Antonietta Pioppo

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olio caffè godina
Maria Antonietta Pioppo, wine master sommelier e degustatrice ufficiale di olio EVO, e Andrej Godina (immagine concessa)

Andrej Godinadottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del caffè, parla del parallelismo tra il chicco e l’olio durante la sua esperienza al Palermo Coffee Festival (ne abbiamo parlato qui). A questo intervento seguirà, sempre a cura di Andrej Godina, un approfondimento dello stesso tipo che vedrà come protagonisti il caffè e il vino. Leggiamo di seguito le considerazioni dell’esperto del caffè sulla masterclass con il percorso di degustazione dell’olio condotto da Maria Antonietta Pioppo, wine master sommelier e degustatrice ufficiale di olio EVO.

Il parallelismo tra il caffè e l’olio

di Andrej Godina

PALERMO – Si è conclusa all’Orto Botanico la prima edizione del Palermo Coffee Festival che ha visto protagoniste le filiere sostenibili del caffè, del vino e dell’olio con una partecipazione totale di duemila persone. L’evento è stato organizzato dall’azienda Morettino in collaborazione con l’Orto Botanico stesso e CoopCulture per creare e diffondere la cultura del caffè di qualità.

Durante il Palermo Coffee Festival ho avuto il piacere di condurre una masterclass di degustazione non convenzionale, cioè quella di abbinamento olio EVO e caffè. Questo abbinamento curioso nasce all’interno del festival siciliano che è stato organizzato per offrire ai visitatori percorsi di degustazione alla scoperta del caffè trainati da altri prodotti di filiera locale.

In Italia, come ben sappiamo, manca nel modo più assoluto una cultura diffusa di filiera e di prodotto del caffè e l’abbinamento e i parallelismi con altre filiere più conosciute sono senza dubbio utili per fare cultura sul caffè. La Sicilia è una regione di produzione di olio EVO che ha molte eccellenze, spesso prodotte da piccole aziende agricole che coltivano varietà tipiche di questa terra.

palermo coffee festival masterclass
La masterclass al Palermo Coffee Festival (immagine concessa)

Il festival è stato organizzato all’interno dei giardini dell’orto botanico della città di Palermo, un’istituzione di antiche origini e di grande prestigio a livello europeo.

La masterclass è stata fatta all’aperto, all’ombra di alberi secolari, con un percorso di degustazione dell’olio condotto da Maria Antonietta Pioppo, wine master sommelier e degustatrice ufficiale di olio EVO.

Durante la masterclass ho avuto modo di raccontare i caffè in degustazione utilizzando la Guida dei caffè e delle torrefazioni d’Italia – che mi ha permesso di raccontare un territorio nazionale ricchissimo di prodotti, tutti caratterizzati da flavori e storie di filiera differenti.

Durante le masterclass abbiamo assaggiato 5 oli in un percorso alla cieca, le bottiglie erano coperte da un sacchetto di carta e numerate. Maria Antonietta, nel percorso, ha inserito un “intruso”, ovvero una bottiglia comprata in un hard discount che, palesemente, è risultato essere di pessima qualità e con diversi difetti sensoriali tra cui aromi di rancido e di sovra fermentato.

Tra olio e caffè

Gli altri oli in degustazione invece hanno saputo raccontare una storia di varietà botaniche tipiche siciliane, di territorio e di raccolta fatta al momento giusto con note aromatiche di mandorla, noce, foglia di pomodoro, carciofo, cardo, speziato, erbe aromatiche come maggiorana, rosmarino e salvia. Al palato abbiamo sentito oli più delicati, dolci e morbidi, altri invece più piccanti, astringenti e piacevolmente amari.

olio degustazione
Gli oli della degustazione (immagine concessa)

Come tutti possono immaginare, l’assaggio di olio è piuttosto invasivo per il palato in termini di retrogusto tant’è che abbiamo lasciato l’assaggio del caffè alla fine. I due caffè Specialty in degustazione sono stati preparati con macchina superautomatica De Longhi, il nuovo modello Eletta Explore, allo scopo di rendere la preparazione dei caffè maggiormente quotidiana e domestica, per facilitare il parallelismo con l’olio, utilizzato quotidianamente a casa.

La degustazione di caffè

Il primo caffè assaggiato è stato un Arabica dell’Etiopia di Morettino Coffee Lab, un caffè che ha saputo sviluppare in tazza un flavore distintivo per la regione dello Yirgacheffe di agrumi, in particolare bergamotto, lime, pompelmo e mandarino, con un piacevolissimo equilibrio tra la spiccata acidità e un’elevata dolcezza, dal corpo basso ma morbido e vellutato.

Il secondo caffè, prodotto nell’Honduras occidentale, è stato quello del Slow Food Suistainable Coffee Village di Las Capucas, tostato da Gocce in Roastery di Torino. Questa seconda tazza aveva un flavore afferente al mondo bakery con sentori di biscotto, cioccolato fondente, semi a guscio tostati, te nero e scorza di mandarino candita. L’acidità era di bassa intensità mentre la nota dolce intensa si è legata perfettamente all’amaro più intenso che al retrogusto ha lasciato un ricordo intenso di cioccolato fondente.

Un consumo più consapevole

Con Maria Antonietta abbiamo raccontato aneddoti e abbiamo dato informazioni importanti sulle due filiere che aiutano il consumatore a un consumo maggiormente consapevole. Innanzitutto entrambi i prodotti sono prodotti a partire da un frutto, dell’oliva si utilizza tutto il frutto che viene “spremuto” per ottenerne la frazione grassa, mentre per il caffè la drupa viene lavorata per ottenerne il seme.

Andrej Godina durante la masterclass (immagine concessa)

I lipidi sono un composto chimico in comune per entrambi i prodotti, ovviamente è più scontato per olio che è composto al 100% da grassi, mentre pochi sanno che il caffè tostato contiene una percentuale di oli che si aggira attorno al 8-10%. Questo comporta il fatto che la conservazione dei due prodotti devono tener conto della presenza dell’ossigeno, della luce, dell’umidità che ne provocano l’ossidazione ed entrambi devono essere conservati in ambienti freschi a bassa temperatura.

Al palato caffè e olio sono ovviamente differenti, alcuni oli hanno una piacevole e a volte intensa piccantezza, mentre il caffè, in particolare Arabica, a volte è piacevole acido. Nel mondo del caffè ci sono due specie botaniche che permettono di ottenere in bevanda flavori completamente differenti mentre per l’olio è possibile scegliere solamente tra varietà botaniche diverse.

Gli oli EVO di migliore qualità sono ricchi di composti chimici che fanno bene alla salute così come il caffè apporta una dose di caffeina che se assunta in dosi moderate ha numerose proprietà fisiologiche positive nonché permette l’assunzione moderata di antiossidanti e vitamine.

Olio e caffè vengono consumati in modo completamente diverso ma al contempo offrono molti spunti di abbinamento e, come ha fatto la nota catena di caffetterie Starbucks, perché non sperimentare l’utilizzo dell’olio EVO con il caffè?

Guido Castagna:” Ho una mia massima: il 50% della ricetta lo fa l’ingrediente, il restante 50% sta nel non rovinarlo”

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Guido Castagna con le sue creazioni (foto concessa)
Guido Castagna con le sue creazioni (foto concessa)

MILANO – Dal Piemonte arriva il profumo del buon cioccolato, quello di Guido Castagna, che con la sua professionalità visionaria ha portato avanti le origini di un prodotto iconico innanzitutto per la sua terra e poi per il resto del mondo, il Gianduiotto, catapultandolo nella modernità e forse – ci ha rivelato lui – nel futuro.

Castagna, dal 1805 il Gianduiotto sino a oggi il Giuinott, di sua invenzione: come si è evoluto questo prodotto iconico nel tempo e nel suo laboratorio?

“Mi piace sempre raccontare le origini divertenti del Gianduiotto, che in realtà è nato come primo surrogato nella storia del cioccolato. Ai tempi di Napoleone è stato realizzato per reagire all’embargo del cacao, che aveva reso questa materia prima molto cara e quindi era diventato necessario mescolarla con la nocciola del Piemonte, molto più economica e che contiene più del 70% di olio, in cui sono racchiuse le parti aromatiche. Proprio per questo la nocciola risulta molto buona e si sposa benissimo con il burro di cacao – in fondo, sono due grassi che si uniscono -. Noi all’epoca avevamo a disposizione tante nocciole ed erano la
frutta fondamentale per superare l’inverno.

Un cofanetto firmato Guido Castagna (foto concessa)

Per conferirgli la forma tipica che tutti conosciamo, inizialmente si usavano due coltelle, cioè due spatole, con cui si tirava su dal tavolo il prodotto. Successivamente, è arrivato l’estrusore – un cono di 40cm d’altezza per 40cm di larghezza – all’interno del quale si metteva la pasta di gianduia. Al centro ha tre feritoie, che generano tre gocce lunghe e due lavelle laterali chiuse che danno la forma del Gianduiotto.

Poi è arrivato lo stampo: si cola il prodotto dalla base e quando raffredda, basta ribaltare il tutto per avere il risultato finale. Col tempo, dal 30% di nocciola si è passati al 15% (ora è diventata molto cara e se ne mette di meno). Inoltre, quello ricavato dallo stampo, deve contenere più burro di cacao, in modo tale da farlo staccare più facilmente.

Ed ecco che in questa evoluzione ci inseriamo noi, che abbiamo inventato un sistema nuovo, che prevede il 40% di contenuto di nocciole e l’uso delle fave di cacao, una bella differenza se si considera che molti altri usano addirittura il cacao in polvere.

Il nostro è un metodo più fine, che permette di percepire meglio con la lingua e il naso il gusto e i profumi. Abbiamo studiato un formato diverso da 7 grammi, una misura intermedia più giusta. Facciamo un estruso tagliato – sorta di cartuccia grossa – temperiamo, stampiamo, lasciamo raffreddare per 15 giorni, pressiamo come la pasta che viene trafilata – e infine tagliamo ai lati.

Castagna: “Così abbiamo preso un prodotto che ha 200 anni che negli anni è stato maltrattato, cambiandone la ricetta, diminuendo lo zucchero e aumentando la percentuale di nocciola”

“Persino i francesi ci hanno fatto i complimenti, comprendendo il nostro grande lavoro di ricerca. Parlando ancora dello zucchero, noi scegliamo quello di canna. Stiamo valutando se passare alla barbabietola perché è italiana e sarebbe quindi una scelta a chilometro zero. È vero che l’etichetta oggi piace pulita, con pochi ingredienti, senza correttori di acidità e  coloranti: non a caso sto studiando da qualche anno una linea realizzata con l’uso di zuccheri diversi, quello di cocco, il sucralosio, la stevia. Il punto è realizzare qualcosa che sia equiparabile all’originale senza che si avvertano retrogusti strani.

Collaboro con delle università, faccio sempre ricerca: non voglio che il mio lavoro sia ripetitivo.”

Qual è la fase più delicata nella creazione di questi cioccolatini? Selezione, torrefazione o maturazione?

“Ho una mia massima: il 50% della ricetta lo fa l’ingrediente, il restante 50% sta nel non rovinarlo. Se hai una nocciola buona in partenza, si ha già un gran vantaggio. Il tutto sta nel rispettarla durante la cottura. Ma la selezione del prodotto è ancora più importante: con la raccolta svolta nei tempi giusti, poi la fermentazione e l’essicazione corrette, noi lavoriamo solo con cacao del Centro e del Sud America e quindi con le migliori origini – eccezion fatta per il Madagascar in Africa –.

La nocciola tostata (foto concessa)

Naturalmente tutto questo è garantito grazie al contatto diretto con i contadini. Noi lo portiamo avanti anche se questa scelta per certi versi ci impone un limite di margine di lavoro. Mentre per quanto riguarda la realizzazione del sapore, oltre una ricetta bilanciata, la torrefazione è la fase da curare: noi facciamo tutto in casa, dalla nocciola al cacao. Per tre motivi: innanzitutto in questo modo siamo in grado di controllare una sorta di pastorizzazione del cacao, con una temperatura che abbatte la carica batterica, intorno ai 110 gradi per una quarantina di minuti. La reazione di Maillard, cambia la struttura, il colore e poi il sapore sino alla caramellizzazione: nel cacao, al di sotto di determinate
temperature si estraggono sentori poco piacevoli, al contrario si rischia di andare verso il bruciato.

Bisogna trovare un equilibrio tra i due estremi. La tostatura deve essere leggera: la nocciola e il cacao vanno cotti chiari, al contrario di quello a cui siamo stati abituati. In effetti, siamo cresciuti con un cioccolato amaro. Proprio per questo, quando ho iniziato con il bean to bar, la difficoltà più grande è stato confrontarsi con un pubblico che non riconosceva la qualità, perché abituato a non avere un gusto di riferimento. Fatico ancora a far comprendere che la quantità di cacao non determina la qualità di un prodotto.”

Castagna, ci racconta l’idea del bean to bar?

“Tutto è partito con il discorso della nocciola Piemonte: quasi tutti si avvalevano di prodotti e semilavorati. Io invece volevo usare la nocciola cruda, che fosse totalmente Piemonte IGP. A quel punto mi sono detto: perché non lavorare il cacao? Inizialmente è stato difficile: non c’era praticamente nessuno che lavorava al bean to bar: sono in tanti a creare ricette di cioccolatini, al contrario non c’era niente di legato al bean to bar.

La prima difficoltà quindi è stata quella di trovare dei locali in cui si produceva cacao di qualità in piccole quantità. Una volta trovate, siamo andati avanti con i nostri mezzi, perché abbiamo inventato noi questo metodo. Il punto su cui insistiamo è che, se lavoriamo un prodotto di qualità, facciamo davvero la differenza.

Ci sono tanti che partono dalla massa di cacao, che però è già stata selezionata, tostata e tu devi investire nell’avere degli impianti di lavorazione alla fine soltanto per aggiungere lo zucchero. Quindi la soluzione è impegnarsi davvero nel bean to bar che in più mi ha permesso di viaggiare, di conoscere le persone, di fare un turismo etico, a contatto con i coltivatori. Siamo molto forti nel mondo, ogni settimana arrivano da qualsiasi luogo sino a Giaveno per farci visita. Vorremmo però uscire dal circolo degli addetti ai lavori e arrivare alla gente con i nostri prodotti.

Dentro il laboratorio di Castagna (foto concessa)

Siamo già piuttosto conosciuti nel settore: abbiamo un laboratorio molto attrezzato, con macchinari innovativi, gli scarti delle bucce le diamo ad una cascina, che le dà come parte integrante del mangiare delle vacche vacche il latte ottenuto viene venduto a una ditta che lo trasforma in polvere così noi possiamo utilizzarlo nel cioccolato ; abbiamo sviluppato con il Politecnico di Torino il cioccolato con metodo naturale Guido Castagna: compriamo il cacao in cooperative certificate senza sfruttamento minorile.

Il personale in azienda è assunto tutto l’anno e siamo in 12. Portiamo avanti un discorso del recupero degli scarti e di risparmio energetico. Ci piace per questo aprire le porte alle persone per mostrar loro in che modo concretamente ci impegniamo. Eravamo gli unici artigiani europei ad esser stati invitati dalla Icco per raccontare il nostro sistema.”

E allora, qual è il limite da superare ancora per voi Castagna?

“Il cioccolato ha due grossi problemi: la stagionalità e il caldo. In Italia, il cioccolato che viene venduto nelle boutique, al 90% è visto come un articolo da regalo. Quando invece bisogna usarlo nelle ricette, non gli si dà molto valore e lo si acquista nel supermercato. Solo pensando alla Francia ad esempio, si registra un alto consumo di cacao di qualità. Noi vendiamo a 6 euro una tavoletta che lì ne costerebbe 14. Nel nostro Paese
non riusciamo a creare un discorso diverso di consumo.

Guido Castagna con il suo Giuinott (foto concessa)

Per scardinare questo paradigma, organizziamo dei momenti di degustazione anche con il caffè e il mondo dell’alcol. Il cioccolato è un alimento grasso che si sposa bene con un emulsionante naturale come l’alcol. Più è alta la gradazione alcolica, migliore sarà il risultato. I vermouth che ora stanno tornando di moda, i passiti, intorno ai 16/17 gradi, si accompagnano benissimo. Altra cosa da sfruttare è la temperatura non troppo fredda, perché il cioccolato fonde a 35gradi, né troppo fredda.”

Reperire la materia prima cacao è difficile? Oggi anche la qualità alle origini è migliorata rispetto a prima?

“Il cacao di qualità ha dei costi di trasporto e commercio che continuano a salire – racconta Castagna – Pochi poi sanno che l’industria potassa o alcalinizza il cacao: aggiungere il sorbato di potassio per neutralizzare l’acidità del cacao appiattisce però anche la parte aromatica. Noi invece abbiamo un prodotto che resta più acidulo. Dopo la trasformazione lo lasciamo riposare per minimo 6 mesi e l’acidità sfuma e gli aromi restano intatti. Se lo facciamo maturare vengono fuori dei sentori secondari piacevoli, nonostante mantenga però una lieve acidità di fondo. “

Le cose sono cambiate nei paesi d’origine in termini di metodi di lavorazione?

“Alle origini la coltivazione si regge su sistemi ancora molto arretrati rispetto a quella che esiste per altri prodotti come ad esempio il vino. I paesi con cui lavoro hanno un modo di operare corretto – cambiano le casse e operano con batteri aerobici e anaerobici -.
In Africa invece si scavano delle buche, si usano delle casse, in cui viene lasciato il cacao a fermentare senza che ci siano dei cambi: il cuore così può raggiungere anche 75% gradi, ma non è una temperatura omogena, si vengono a creare batteri interni anaerobicimentre fuori sono aerobici.

Quando ci si trova in piantagione, si possono fare con i coltivatori diverse prove per controllare insieme il processo: noi siamo abituati a gestire questi processi e abbiamo sviluppato esperienza sul campo, ma non tutti sono in grado di fare lo stesso. Per noi questa è prassi: abbiamo una passione e degli ideali che ci portano a lavorare nel rispetto della materia prima e dei lavoratori che la producono. Attendiamo sino ad un anno dal momento in cui acquistiamo la materia prima a quello della vendita.”

L’oro del Piemonte, prodotto che Castagna insieme ad altri del Consorzio del disciplinare del Gianduiotto state spingendo: ci vuole parlare di cosa si tratta e quali sono le caratteristiche per cui si riconosce l’autentico gianduiotto?

La produzione dell’iconico cioccolatino (foto concessa)

“E’ tutto nato per gioco con un mio amico avvocato che si occupa di etichette. Abbiamo iniziato una trafila, scoprendo che attorno agli anni 2000 si era formato un gruppo per l’IGP Gianduiotto senza però che l’iniziativa andasse in porto. Ci siamo confrontati con la Camera di Commercio che ci ha fornito un laboratorio di analisi da sfruttare e abbiamo coinvolto l’Università d’Agraria con il professor Giuseppe Zeppa che ha condotto molti test dalla ricetta alla pressione e colore; la professoressa Genesin dell’Università di Legge si è occupata di seguire il marchio del Gianduiotto, poi Pierpaolo Pieruccio del Politecnico di Torino ha studiato la forma del Gianduiotto.

Giovanni Pera e Alessandro Bonadonna del corso di management dell’Università di Torino hanno realizzato il documento unico, con la storia del Gianduiotto, dal punto di vista socio economico e il suo impatto sulla creazione di nuovi posti di lavoro, insieme alla raccolta dei dati riportati dalle altre università, e infine con poi la ricetta realizzata dal Comitato stesso (nocciola Piemonte IGP 30-45%, zucchero di canna o barbabietola., cacao – fava, massa, burro di cacao, in polvere -).

Non è soltanto accettato il cioccolato liquido. Viene anche chiamato l’IGP al quadrato. Il Gianduiotto deve esser prodotto nel territorio della regione Piemonte, con vari metodi, vari pesi (dai 4 ai 14 grammi) e con l’incarto classico in alluminio e i vari loghi applicati. Si parte dalla terra per arrivare al prodotto finito. Abbiamo passato il vaglio della regione Piemonte, e ora siamo in vaglio a Roma. “

Castagna, lei nel futuro del cioccolato cosa vede?

“Attualmente sto cercando di spingere le persone dall’industria all’artigianato, realizzando per esempio anche prodotti senza glutine certificati. Allo stesso tempo, vorrei creare una linea professionale che ora manca e che di solito è industriale (proteico, vegano): quella è una buona strada da percorrere. È una sfida, bisognerà far assaggiare queste soluzioni diverse a più persone. Anni fa, quando siamo partiti con il senza glutine molti di questi prodotti erano legati alle multinazionali, che però vendevano ricette non particolarmente piacevoli ma a prezzi spropositati.

E poi per il futuro chissà, può anche darsi che il Gianduiotto si potrà sviluppare ulteriormente. Noi siamo sempre in fase di ricerca. “

Bar, Fipe: profilo d’inflazione a +4,9%, meno dei rincari generali, +6,2% incrementi per pasticceria e gelateria

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Prezzi al consumo per l'intera collettività (dati: Fipe)

ROMA – A maggio 2023 i prezzi dei servizi di ristorazione commerciale (bar, ristoranti, pizzerie, ecc.) fanno registrare una variazione dello 0,3% rispetto al mese precedente e del 6,7% rispetto allo stesso mese di un anno fa. La variazione tendenziale per l’intero comparto si attesta sul 6,5%, restando al di sotto dell’inflazione generale che registra un incremento del 7,6%.

Bar

Il profilo inflazionistico del bar (+4,9%) resta sugli stelli livelli rilevati ad aprile. Gli incrementi sopra la media del comparto riguardano i prodotti di pasticceria e gelateria (+6,2%) e gli snack al bar (5,3%).

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Variazione congiunturale e tendenziale dei prezzi nei bar (dati: Fipe)

Ristoranti

Nei ristoranti tradizionali gli aumenti sul 2022 si attestano sul 5,8% mentre le pizzerie decelerano rispetto a quanto rilevato ad aprile (+6,7%). I prezzi della gastronomia registrano +6,4% e il delivery +11,5% rispetto a maggio 2022.

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Variazione congiunturale e tendenziale dei prezzi nei ristoranti (dati: Fipe)

Mense

I prezzi delle mense registrano una variazione dello 0,8%. Sono ancora le mense scolastiche a frenare l’inflazione del comparto (+0,2%).

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Variazione congiunturale e tendenziale dei prezzi (dati: Fipe)

 

Sage Appliances presenta Barista Touch Impress con la tecnologia Auto MilQ per una montatura ottimale

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Barista Touch Impress
Barista Touch Impress

MILANO – Sage Appliances lancia Barista Touch Impress: la macchina ideale sia per esperti del caffè già abituati a macchine completamente automatizzate sia per chi si approccia per la prima volta a questo mondo. Presentata in esclusiva a Milano presso Sevengrams Coffee Studio in via Valparaiso 9. Barista Touch Impress non è solo automatica ma anche dotata di una tecnologia step-by-step e user-friendly per guidare l’utente verso la realizzazione della tazzina perfetta.

La macchina automatica e user-friendly Barista Touch Impress

La nuova arrivata in casa Sage è dotata dello schermo interattivo Barista Guidance, ideato dall’azienda stessa per semplificarne l’utilizzo: si tratta di una tecnologia innovativa che offre all’utente feedback e istruzioni in tempo reale per preparare il miglior caffè.

C’è di più: un’ulteriore novità introdotta nella Barista Touch Impress è la tecnologia Auto MilQ, la quale permette di creare una schiuma modificabile, da più liquida a più schiumosa con una scala che va dall’1 all’8, utilizzando diverse bevande vegetali, tra cui quella a base di avena, mandorla e soia, senza escludere il classico latte vaccino.

Si tratta di una funzione di grande importanza considerando che, anche in Italia, secondo AstraRicerche, il comparto di prodotti a base vegetale registra numeri in crescita: nello specifico, 9 italiani su 10 conoscono questo tipo di prodotti e, tra questi, almeno 1 su 2 li consuma abitualmente (50,4%).

cappuccino latte art sage
Un cappuccino a regola d’arte creato grazie a Barista Touch Impress

Perciò, anche in risposta a questo trend sempre più crescente, Sage Appliances porta sul mercato italiano la macchina del caffè ideata per godersi una miscela con l’aggiunta di latte vegetale buono come al bar ma nella comodità della propria casa.

La tecnologia Auto MilQ, brevettata dagli ingegneri progettisti, dai designer e dal team specialty coffee di Sage Appliances, è la risposta ai cambiamenti di mercato per quanto riguarda tutto ciò che riguarda il caffè. Le bevande vegetali hanno proprietà diverse rispetto al latte vaccino: avendo un diverso contenuto di grassi e proteine tendono a surriscaldarsi più facilmente.

La tecnologia Auto MilQ

La nuova tecnologia Auto MilQ è in grado di riconoscere le proprietà di ogni tipo di bevanda vegetale e adattare in maniera completamente automatica la temperatura, la durata, l’aria e la pressione del vapore a seconda della bevanda scelta. Con un solo tocco è possibile creare la microschiuma ideale per la creazione di capolavori di latte art grazie alle microbolle.

La macchina è inoltre dotata della tecnologia Impress Puck System, un sistema di dosatura intelligente che si regola a seconda del chicco di caffè e della bevanda selezionata. La leva assicura una pressione uguale, come al bar e, mentre è in azione, il dosatore gira e ripulisce il disco, per un risultato più preciso e meno sporco in cucina.

Con Barista Touch Impress è infine possibile prepararsi un caffè professionale ma anche altre bevande come, ad esempio, cioccolata calda, tè e babyccino, una bevanda per bambini simile al cappuccino con molta schiuma ma decaffeinato o senza caffè.

La Barista Touch Impress ha un prezzo di vendita al pubblico di 1.299,90 e sarà disponibile nelle colorazioni acciaio inossidabile spazzolato, acciaio inossidabile nero e tartufo nero sul sito Sage e nei rivenditori in tutta Italia a partire dal mese di settembre.