Spaccanapoli, un'arteria viaria del centro storico di Napoli (immagine: Pixabay)
Salvatore Visone ha creato una nuova realtà con Francesco Leonese: il Barruchiere. Un bar aperto da pochi giorni accanto al negozio di parrucchiere dove Salvatore lavorava con la moglie Maria. Al negozio di parrucchiere, completamente rinnovato, si affianca il bar. Si tratta di due locali divisi tra loro ma che condividono lo stesso nome: Barrucchiere. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Alessio Gemma per La Repubblica.
L’apertura del Barrucchiere
NAPOLI – Nasce il primo Barruchiere a Napoli. Il nome è nato dal locale accanto, dove è stata introdotta anni fa la piega sospesa e dove sono state realizzate tante iniziative per valorizzare e fare conoscere i Quartieri Spagnoli.
Basta ricordare oltre alla possibilità di offrire una volta a settimana la piega gratis alle donne con pensione minima, la colletta per recuperare il murale di Maradona, fino all’idea di un marchio per fare conoscere i Quartieri Spagnoli.
Ed ora Salvatore Visone con il socio Francesco Leonese ha creato una nuova realtà: il Barruchiere. Un accogliente bar con sedute esterne che ha aperto da pochi giorni proprio accanto al negozio di parrucchiere dove Salvatore lavorava con la moglie Maria, tra Vico due Porte a Toledo e via Lungo Gelso. Ora al negozio di parrucchiere, completamente rinnovato, si affianca il bar. Due locali divisi tra loro ma uniti idealmente dal nome particolare scelto per identificarli, appunto Barrucchiere.
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L'offerta di Crema Alta Gelateria (immagine concessa)
MILANO – Al civico 16 di via Fiori Chiari, nel quartiere dall’indole romantica e bohémienne di Brera, centro nevralgico dell’arte, del design e dell’eleganza milanese, arriva una nuova e golosa insegna: il terzo store di Crema Alta Gelateria.
Dopo 3 anni di attività e l’apertura di 2 punti vendita, il primo nel 2020 in Via Giovanni da Procida 29 e il secondo nel 2021 in Piazza Napoli 15, il brand, cresciuto per notorietà e apprezzamento da parte dei cittadini, inaugura una boutique in una zona fortemente caratterizzata con prerogative commerciali e di visibilità importanti.
Il terzo store di Crema Alta Gelateria
Aperto da sabato 01 luglio, dal lunedì alla domenica dalle ore 12.00 alle 23.00, il nuovo punto vendita di Crema offre una vera e propria esperienza sensoriale di uno dei prodotti più iconici della nostra cultura gastronomica: il gelato italiano.
Il nuovo spazio di circa 30 mq presenta in un’elegante libreria di ottone un’offerta di 36 “stili di gelato”. Un’ampia proposta di gusti realizzati dai mastri gelatieri, tutti senza glutine e lattosio, tra cui spiccano i classici di una volta crema, cioccolato, malaga, zabaione al marsala ma anche proposte più contemporanee come crema al fingerlime, fragole e basilico, zafferano limone e mandorle, cioccolato ruby. Ampie le scelte di frutta e vegane.
In un ambiente dai toni caldi che declina materiali come il legno e il metallo, i gelati e i sorbetti sono esposti in luminose vetrine rivestite e modellate in mogano e finiture in ottone e vengono serviti alla vecchia maniera da personale qualificato, accompagnati da coni espressi croccanti e dalla panna realizzati artigianalmente ogni giorno.
Che sia per regalarsi un momento in intimità o da condividere in compagnia passeggiando tra le vie del quartiere degli artisti, il gelato firmato Crema rispetta la stagionalità e utilizza solo materie prime di altissime qualità.
Crema, sensibile ai temi ambientali e dell’ecosostenibilità, ha naturalmente abbracciato questa filosofia scegliendo contenitori e vaschette in mais biodegradabili, imballaggi e palette totalmente compostabili, riducendo al minimo l’utilizzo della plastica.
CAGLIARI – Dopo quasi un secolo e mezzo, 123 anni per l’esattezza, chiude lo storico caffè Svizzero. Per più di cento anni il locale della Sardegna è stato protagonista della vibrante storia culturale della città di Cagliari: si tratta perciò di un museo più che un semplice bar.
La chiusura del caffè Svizzero a Cagliari
Il prossimo sabato, dal primo luglio, le serrande del locale storico di Cagliari si abbasseranno definitivamente.
In un prossimo futuro, tuttavia, la proprietà potrebbe vedere una rinascita come caffetteria o, forse, come struttura ricettiva di alto livello.
PepsiCo ha confermato il rinnovo della partnership strategica con UEFA Champions League per altri tre anni fino al giugno del 2027. L’azienda contribuirà a espandere la portata della competizione sportiva e ad accelerare la propria agenda di sostenibilità. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale SpotandWeb.
PepsiCo partner della UEFA Champions League per altri tre anni
MILANO – PepsiCo, partner della UEFA Champions League (UCL) dal 2015, ha comunicato l’estensione della sua partnership strategica per altri tre anni, fino a giugno 2027, rafforzando ulteriormente la sua presenza nel panorama calcistico d’élite.
PepsiCo è il primo sponsor a rinnovare la collaborazione con UCL e lo fa in un momento cruciale in cui il formato della competizione cambia e il numero di club partecipanti aumenta, offrendo ai fan nuovi modi per godersi i marchi iconici di PepsiCo tra cui Pepsi, Lay’s e Gatorade.
Ora nel terzo ciclo della sua partnership UCL, PepsiCo contribuirà a espandere la portata della competizione sportiva più seguita al mondo, a coinvolgere i fan di prossima generazione e ad accelerare la propria agenda di sostenibilità PepsiCo Positive (pep+) per tutelare il pianeta e i suoi abitanti.
In particolare, l’ampliamento rafforzerà l’impegno dell’azienda in termini di impatto sociale e ambientale con un investimento di un milione di dollari dedicato a progetti di collaborazione con la UEFA Foundation for Children e a iniziative incentrate sulla sostenibilità ambientale, compresa la collaborazione sulla “strada verso lo zero” per ridurre significativamente la plastica monouso.
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MILANO – Chi è stato in vacanza in Grecia ha sicuramente assaggiato il Nescafé Frappé, la bevanda tipica ellenica: un Nescafé montato freddo con aggiunta di ghiaccio, zucchero e acqua, servito ovunque e a qualunque ora del giorno. Bar, taverne, spiagge, locali, città, paesini, isole: tutti in Grecia bevono il frappé.
La bevanda deve i suoi natali a Dimitrios Vakondios, rappresentante commerciale di Nescafé, che nel 1957, nel corso di una fiera, decide di prepararsi un caffè. Non avendo a disposizione acqua calda, sceglie di usare quella fredda e uno shaker per le bevande al cioccolato, aggiunge Nescafé e un po’ di zucchero et voilà, nasce il frappé destinato a diventare la bevanda nazionale greca e non solo.
Nescafé Frappé al tour di Rimini
Oggi è una delle bevande più consumate al mondo e ogni Paese ha modificato la ricetta originale rivisitandola e arricchendola con nuovi ingredienti. Insomma, il Nescafé Frappé è ormai un must dell’estate. Ed è per questo che dall’8 al 16 luglio, Nescafé ha organizzato un tour per le migliori spiagge di Rimini: sole, mare, torneo di beach volley e Nescafé Frappé.
Bontà fredda liquida, che scivola leggera a rinfrescare e dare sollievo dal caldo estivo. All’ombra del chiringuito non solo la classica bevanda ellenica ma anche il Frappé latte e il Frappé al cappuccino pensati per accontentare i gusti di tutti, grandi e piccini. Per maggiori informazioni basta cliccare qui.
La scheda sintetica del Gruppo Nestlé
Il Gruppo Nestlé, presente in 187 Paesi con più di 2000 marche tra globali e locali, è l’azienda alimentareleader nel mondo, attiva dal 1866 per la produzione e distribuzione di prodotti per la Nutrizione, la Salute e il Benessere delle persone. Good food, Good life è la nostra firma e il nostro mondo.
Nel 2023 Nestlé celebra 110 di presenza in Italia, rinnovando il suo impegno con azioni concrete per esprimere con i propri prodotti e le marche tutto il buono dell’alimentazione.
L’azienda opera in Italia in 9 categorie con un portafoglio di numerose marche, tra queste: Meritene, Pure Encapsulations, Vital Proteins, Optifibre, Modulen, S.Pellegrino, Acqua Panna, Levissima, Bibite e aperitivi Sanpellegrino, Purina Pro Plan, Purina One, Gourmet, Friskies, Felix, Nidina, Nestlé Mio, Nespresso, Nescafé, Nescafé Dolce Gusto, Starbucks, Orzoro, Nesquik, Garden Gourmet, Buitoni, Maggi, Perugina, Baci Perugina, KitKat, Galak, Smarties, Cereali Fitness.
Cioccolateria Banchini lancia la proposta gelati artigianali
Dai gusti classici, come lo “zabaione con Marsala Intorcia Heritage 2004” e la “Massa di Cacao bean to bar dell’Hacienda Victoria – Ecuador”, a quelli stagionali, tra i quali spiccano i gustosi sorbetti, come la “Ciliegia Moretta di Vignola” fino alle ultime sperimentazioni come le infusioni di lavanda, sambuco e gelsomino, da degustare tutto l’anno nel negozio parmigiano di via La Spezia 121.
Fondata nel 1879 da Gian Battista Banchini e riaperta con coraggio nel 2012 dal trisnipote Giacomo, ora unico titolare, insieme ai due soci Marianna e Giacomo “Jack” Bonaventura, la Cioccolateria Gelateria Banchini è una storica realtà che vuole portare avanti con orgoglio la tradizione artigianale di famiglia e un pezzo di storia parmigiana.
Partendo dal cioccolato, realizzato secondo la filosofia Bean To Bar (seguendo tutti i processi di trasformazione del cacao, dalle fave fino alla tavoletta), l’azienda tende ad autoprodurre quasi tutte le preparazioni, cosa che le è valsa l’attribuzione di importanti riconoscimenti, come la recente medaglia di bronzo agli International Chocolate Awards 2023 – il concorso più importante al mondo dedicato al cioccolato artigianale – per la tavoletta “Peru’ Ucayali 72%”.
Anche per il gelato, realizzato con maestria dalla giovane gelatiera Alessia Palmitessa, sono prodotte internamente tutte le variegature e le paste di frutta secca, macinate a pietra in laboratorio. Per la loro creazione la Cioccolateria Banchini si avvale di materie prime di qualità a km zero, come il latte e burro bio dell’azienda agricola Persegona di Fidenza, nonché di piante aromatiche e officinali tipiche del territorio, come l’erba luigia e la violetta di Parma, ma anche di fiori edibili, come la lavanda, il sambuco e l’acacia, coltivati dall’Azienda Agricola La Spinosa di Collecchio.
Gli ingredienti selezionati vengono quindi bilanciati con addensanti naturali, senza l’utilizzo di semilavorati industriali, coloranti e grassi idrogenati.
Oltre ai classici a base latte, Banchini offre anche una gamma di sorbetti senza lattosio, adatti alle persone con intolleranze alimentari e a chi segue un’alimentazione vegana.
Per questa estate la rinomata azienda di Parma ha già attivato un’importante collaborazione: il progetto “Chocolavie” con la gelateria “Magritte gelati al cubo” di Fidenza, 3 coni Gambero Rosso, guidata dal gelatiere Gian Luca Cavi. Fino al 30 giugno i due punti vendita si scambiano un gusto a base di cioccolato realizzato ad hoc per l’iniziativa: la Cioccolateria Banchini offre ai suoi clienti il gelato “fondente, olio, alloro”, pensato da Magritte, che invece mette in vendita “lavanda Flor cacao” di Banchini, un sorbetto a base di Burro Bio Persegona, in cui la massa di cacao dell’Hacienda Victoria dell’Ecuador incontra la profumata lavanda dell’azienda agricola La Spinosa di Collecchio.
Il ceo di Caffitaly Giuseppe Casareto (immagine concessa)
CAPRIATE SAN GERVASIO (Bergamo) – Caffitaly, l’azienda italiana che produce e commercializza il “Caffitaly System”, il sistema brevettato che combina la tecnologia di macchina e capsule di caffè e bevande calde, ha recentemente ottenuto un’importante vittoria contro la contraffazione nel mercato del caffè monodose, ottenendo dal Tribunale di Bari, all’esito di un procedimento d’urgenza, un provvedimento senza precedenti nel panorama giurisprudenziale italiano.
La vittoria di Caffitaly contro la contraffazione nel mercato del caffè monodose
Negli scorsi mesi, Caffitaly ha constatato che un’azienda nel Sud Italia e le sue collegate producevano, commercializzavano e sponsorizzavano capsule contraffate compatibili con il sistema “Caffitaly System”, in grado di funzionare anche con le macchine dotate di dispositivi di riconoscimento della capsula, in violazione sia del Brevetto Europeo che tutela la tecnologia di Caffitaly, sia dei marchi registrati dalla società.
Il provvedimento
Agendo prontamente in sede legale, il ceo di Caffitaly Giuseppe Casareto, con la collaborazione della chief legal officer Avvocato Carmen Mandato, ha ottenuto il riconoscimento della condotta illecita di contraffazione con un provvedimento unico. Il Tribunale di Bari ha infatti disposto l’immediata inibizione delle aziende riconosciute colpevoli alla fabbricazione, commercializzazione e promozione delle capsule contraffatte, il loro ritiro dal mercato, il sequestro di tutta la documentazione contabile da cui è possibile evincere l’ammontare dei proventi dell’attività illecita, e l’emissione delle misure cautelari di inibitoria e sequestro con efficacia estesa a tutto il territorio dell’Unione Europea, determinando inoltre la possibilità per Caffitaly di ottenere un risarcimento per i danni procurati, oltre che il ristoro delle spese legali.
“Il nostro Caffitaly System è un sistema unico, frutto di importanti investimenti e sforzi in innovazione, che fin dalla sua nascita proteggiamo attraverso brevetti internazionali. Questo provvedimento rappresenta una grande vittoria nella lotta alla contraffazione e rappresenta un trionfo sia per Caffitaly, che si vede riconosciuto il valore del suo impegno continuo in Ricerca & Sviluppo, sia per i nostri consumatori, che possono contare sull’alta qualità e l’affidabilità che da sempre garantiamo nei nostri prodotti” commenta Giuseppe Casareto, ceo di Caffitaly.
Casareto: “Tale provvedimento conferma inoltre l’efficacia dell’attività di monitoraggio che svolgiamo costantemente sul territorio per assicurare l’originalità e il rispetto degli standard qualitativi di tutti i nostri prodotti e, siamo certi, sarà di aiuto anche per tutti gli altri produttori italiani che, come noi, conducono le loro attività in modo onesto e nel pieno rispetto della legge”.
“Non possiamo che dirci estremamente soddisfatti: P.Q.M. di questo tenore non sono affatto usuali – spiega Carmen Mandato, chief legal officer dell’azienda. Il provvedimento del Tribunale di Bari rappresenta un unicum nella storia della giurisprudenza italiana e sarà una pietra miliare nella lotta alla contraffazione in Italia”.
Giacomo Vannelli al mondiale con il D.ONE (foto concessa)
MILANO – Alle gare mondiali del World of Coffee di Atene, l’Italia tra i protagonisti: un secondo posto per Daniele Ricci nella categoria baristi, e un super finalista – tra i migliori sei brewers globali – Giacomo Vannelli. Che non ha portato soltanto un caffè ben calibrato, ma anche un innovativo strumento brevettato: il D.ONE.
Ne abbiamo parlato con lui.
Vannelli, fresco dal mondiale: come si è comportato questa volta per arrivare tra i sei finalisti?
“Sicuramente la cosa che è andata diversamente è che innanzitutto stavo meglio (l’anno scorso ero malato e ho gareggiato con la febbre). I risultati si sono ritrovati: nel primo round sono entrato in semifinale e poi il compulsory è andato bene: sono gare in cui ogni round è a sé e stare a guardare i punti non significa molto.
Possiedo una tecnica di gara che applico sui nostri caffè, che mi permette di avere una costanza di estrazione quasi maniacale. Mettiamo tutto sottovuoto, congeliamo e trasportiamo il caffè che rimane congelato sino al backstage, per evitare al minimo le variazioni in estrazione. Questa procedura ci permette di erogare in maniera pressoché identiche tutte le tazze.
Quella portata nel primo round è la stessa che ho estratto in finale. La differenza probabilmente è stato nel fattore umano di chi assaggia: l’ho dovuto accettare ed esser contento di esser arrivato tra i primi sei. Un risultato importante per l’Italia e la community. Quando si arriva a quel livello si comunque è tra i migliori al mondo.
Sottolineo tre aspetti:
In primis la preparazione della gara nella selezione dei caffè. Ho portato un blend di due caffè. Si tratta di un Panama Geisha di Jenson Coffee e un Eugenoides Columbia di Finca Immaculada. Sono due caffè che hanno caratteristiche diverse e che insieme restituisono una tazza dolce, con note di lampone, fragole e di pesca che varia con la temperatura da quella gialla a quella bianca sino ad arrivare al tè. La complessità tra frutta rossa, tropicale è incredibile.
Abbiamo scelto di portare due naturali. Questo perché un concorrente può disputare la gara in due modi: per guadagnare più punti oppure per rappresentare nella prova la propria idea di caffè e questa seconda è sempre stata la mia strada. Ho sacrificato magari un po’ il punteggio per parlare di ciò che per me è lo specialty e la filosofia di Vannelli Coffee.
Quindi tornando ai caffè, rimangono molto dolci. Ho voluto sceglierli naturali perché credo che il processo della fermentazione possa essere un valore aggiunto ma non deve diventare un protagonista ingombrante: crediamo che la fermentazione debba esaltare al massimo le caratteristiche di una determinata varietà, altitudine e terroir senza però modificarla all’estremo.
Spesso invece più comunemente troviamo fermentazioni o infusioni che alterano talmente tanto il profilo aromatico di quel caffè che perde poi le sue caratteristiche originarie. Crediamo che sia fondamentale creare una combinazione equilibrata tra processo, caffè e paese, in grado di esaltarne le caratteristiche senza cambiarlo eccessivamente.
E’ un modo di vedere il caffè in maniera elegante, ed è una tazza che non vuole strizzare l’occhio ai nuovi trend, ma valorizzare il lavoro del farmer e le bellezze del territorio. – continua Vannelli – Dunque li ho miscelati così: il Panama al 60% e l’Eugenoides al 40%, messi sottovuoto e congelati 4 giorni dopo la tostatura.
Poi tanto si è giocato nella tecnica di estrazione. I due principali attori in questa fase sono stati da una parte il macinacaffè (il manuale Pietro Grinders, con le macine verticali che garantiscono di avere una tazza più brillante e pulita, una curva di macinatura molto omogenea che esaltava al massimo il blend) e il brewers method D.ONE.
Nuovo tools che abbiamo studiato per estrarre il caffè filtro, con flat bottom (base piatta) con un’angolazione tale da poter garantire le acidità tipiche dei V60.
E’ un metodo molto particolare e innovativo che abbiamo sviluppato come Vannelli Coffee e che a breve uscirà sul mercato e che verrà distribuito da Pietro Grinders nel mondo. Rafforza ancora di più la sinergia tra il macinacaffè e questo altro strumento di brewing.”
Ci parla più nel dettaglio di questo D.ONE?
Il D.ONE in azione (foto concessa)
“Il D.ONE è uno strumento nato dopo il mondiale di Melbourne, quando avevamo portato un caffè molto buono, con acidità molto complesse e un aroma intenso, che però aveva ricevuto dei feedback dai giudici in cui mancava di un corpo rotondo. Avrebbero desiderato più dolcezza in tazza. Un po’ quello che avviene con un flat bottom, che però dall’altra parte sacrifica alcune complessità tipiche estratti con i metodi conici.
Allora quello che abbiamo pensato di fare è lavorare per creare una soluzione che unisse i benefici di un flat bottom (maggiore dolcezza e corpo) e mantenere le acidità vibranti dei filtri conici. Il risultato che abbiamo ottenuto con il D.ONE non li abbiamo ritrovati in altri prodotti sul mercato.
E’ un oggetto che abbiamo utilizzato anche al Sigep e che poi ha subito diverse modifiche e variazioni grazie anche al supporto della Pietro Grinders che ha messo a disposizione la sua capacità di progettazione, grazie a questo è uscito il prototipo sul mondiale.
Abbiamo utilizzato in gara una stampa in una plastica particolare, ma poi verrà realizzato in plastica alimentare.
La testa del D.ONE (foto concessa)
La particolarità di questo brewers method è coperto da un brevetto di innovazione tecnologica oltre che da uno di design, grazie ad un anello sotto a sistema di aggancio. Un brewers method quindi a cui si possono assemblare accessori vari. In questo caso abbiamo utilizzato una specie di convogliatore di flusso che si aggancia e convoglia il caffè estratto in unico punto.
Questo permette di utilizzare il flat bottom nel Paragon (il supporto che tiene una sfera ghiacciata brevettata da Sasha Sestic).
Il sistema di convogliamento in unico punto (foto concessa)
E’ stato dimostrato dall’Università di Zurigo che se le prime gocce del caffè estratto entrano a contatto con una superfice sotto lo zero, si può trattenere oltre il 40% in più degli aromi in tazza.
Quindi ci siamo detti: la tazza è interessante con una base piatta che conferisce una maggiore dolcezza e corpo, ma in questo modo non funzionerebbe sul Paragon, perché il caffè non cadrebbe perfettamente sulla sfera ghiacciata – proprio per questo sin qui veniva utilizzato solo con i brewers method conici -. Noi invece volevamo non solo unire i benefici dei due metodi – conico e piatto -, ma anche l’estrazione piatta con il Paragon. E da qui nasce l’accessorio di aggancio che permette di adattare il D.ONE sul Paragon.
Partiremo contemporaneamente su vari Paesi, per lanciare il D.ONE in tutto il mondo. Sicuramente l’Italia sarà uno dei target di punta.
L’oggetto avrà un prezzo accessibile a tutti. Rispecchia sempre la filosofia delle nostre due aziende: migliorare o promuovere quello che è il caffè di qualità ma per tutti i baristi non solo per un’élite. Il prezzo sul mercato sarà in linea con altri brewers methods.”
Quanto tempo ci avete messo per progettarlo e realizzarlo?
“E’ stato difficile. Io e Pietro abbiamo lavorato circa 8 mesi per realizzare il D.ONE, cercando di disegnare quello che secondo noi poteva esser il risultato migliore. La parte di aggancio, chiusura, il modo di rendere le nostre idee concrete, è stata eseguita dai progettisti della Pietro Grinders che mi hanno seguito costantemente in questi mesi.
Hanno studiato di volta in volta soluzione diverse per agganciare gli accessori e venire incontro a ciò che erano le necessità tecniche. Senza il loro know-how di ricerca e sviluppo, sarebbe stato ancora più difficile e meno performante.
Un grazie particolare va sicuramente a loro per l’impegno e la disponibilità messo in questo oggetto ancor prima di una gara e quindi del riconoscimento di un mondiale. Oggi l’interesse è maggiore e loro ci hanno investito per primi con noi. La collaborazione tra Vannelli Coffee e Pietro Grinders è nata da poco ma è già molto forte, concentrata su vari aspetti.”
E i suoi colleghi ai mondiali che hanno detto del D.ONE?
Vannelli: “Mi hanno chiesto già tutti quando sarà disponibile sul mercato e non manca molto: potrà esser sotto gli alberi di Natale di molti. La distribuzione verrà gestita da Pietro Grinders.
Giacomo Vannelli durante la gara (foto concessa)
E’ molto semplice da usare: è piccolo, permette di avere un’estrazione molto costante e semplifica l’ultizzo come un flat bottom. Nel nostro caso però ci permette di ottenere una tazza complessa. Ha alti risultati sensoriali.
I feedback fin qua sono stati molto positivi.”
Vannelli vuole chiudere con i dovuti e sentiti ringraziamenti
Il lavoro di squadra vince (foto concessa)
“Sicuramente ci sono sempre molte persone da ringraziare, ma in primis mio fratello Pietro, roaster dei caffè della gara ma anche mio coach che mi segue costantemente nella creazione della tazza, della gara, del brewers method. Ringrazio anche la nostra brand manager Barbara, coinvolta sempre in prima fila.
Io sono soltanto la punta dell’iceberg, sono lo show man che va a finalizzare il lavoro in pedana. Che è un po’ il ruolo del barista, a prescindere da quanto uno sia portato o meno, si deve lavorare su se stessi per far sì che le performance siano chiare, pulite, naturali.
Noi non estraiamo solo una tazza di caffè, quello che facciamo è utilizzare un palcoscenico di risonanza internazionale per diffondere i valori della comunità dello specialty coffee. Il ruolo del barista in pedana è quello di un attore che recita una parte importante. E deve essere comprensibile a tutti.
Ringrazio la mia famiglia, la mia compagna per il loro incondizionato supporto. Le gare prendono via tanto tempo soprattutto alle persone a noi più vicine e questo è un qualcosa in più da sottolineare. Grazie anche alle tante aziende che mi stanno sempre vicino. Da Sanremo Coffee Machines a BWT Water & More, a Daniele Ricci con cui ci siamo spalleggiati a vicenda da una competizione all’altra. L’Italia in questa avventura mondiale ha fatto squadra e questo forte legame che abbiamo creato ha dimostrato che unire le forze può renderci competitivi.”
MILANO – 10 donne afghane rifugiate politiche che arrivano in Italia ciascuna con la propria storia personale e professionale: vite che sono state interrotte ma che procedono in avanti, aiutate dalla Fondazione Pangea e da IWCA Italia. L’espresso, il cappuccino, la macchina per espresso, diventano per queste donne molto di più: sono l’occasione di ricominciare nell’emancipazione.
Un corso di caffetteria della durata di tre giorni, può tracciare una prospettiva di anni futuri differenti. Così, la Torrefazione Felmoka, guidata da Talia Miceli, ha reso possibile come sponsor, insieme ad altri partner strategici la formazione di queste 10 donne.
IWCA Italia e Pangea a sostegno delle donne attraverso il caffè
Racconta Talia Miceli: Questo corso è stato organizzato da IWCA Italia insieme alla Fondazione Pangea, con l’obiettivo comune di realizzare progetti di empowerment nel mondo de caffè. Raccogliendo fondi dagli associati, l’investimento è stato rivolto a sostegno di donne che vivono sul territorio italiano, che hanno bisogno di crearsi una professione. Con la Fondazione Pangea, che conosco ormai bene da anni, è stato strutturato un corso di formazione per caffetteria.
Loro ci hanno messo in contatto con gli interlocutori più adatti, identificati analizzandone la situazione economica e sociale. Dieci ragazze, 9 che sono in status di rifugiate politiche o richiedenti asilo dall’Afghanistan e una marocchina che aveva già partecipato ad altri progetti Pangea. Tutte desiderose di rendersi indipendenti e bisognose di trovare impiego.
Sono giovani dai 20 ai 37 anni già lavoratrici, giornaliste, avvocate, sarte, ed attiviste nel loro paese d’origine: per questo sono dovute scappare attraverso i corridoi umani. Una di loro vorrebbe diventare dentista e lavorare come barista potrebbe permetterle di pagarsi gli studi. Dall’altra, la mancanza di personale attuale in Italia rende questa figura professionale una grande occasione di mantenersi nell’immediato.
Il corso si è svolto prima in Torrefazione Felmoka e poi nella sede di Tecnochem. La prima giornata è stata una giornata teorica, di osservazione della materia prima e della tostatura, la seconda ha esplorato la caffetteria. La terza giornata si è passati alla pratica, dalla macinatura, alla preparazione di caffè e cappuccini. È stato incredibile assistere alla loro bravura. Il loro cappuccino era montato benissimo.
L’ultimo giorno c’è stato l’evento di consegna degli attestati ed è stato davvero molto emozionante. Silvia Redigolo della Fondazione Pangea, si è persino commossa di fronte a così tanta voglia di progettare il futuro.
Adesso, attraverso il supporto dei nostri associati, sarà nostra premura di cercare nelle zone italiane in cui si trovano queste donne un impiego dietro al bancone. Mettiamo a loro disposizione la nostra capacità di fare rete per l’inserimento professionale. Per questo abbiamo la fortuna di collaborare con la Fondazione Pangea che fa da tramite con le ragazze quando noi forniremo una destinazione. – continua Talia Miceli per IWCA Italia –
Questo corso stato talmente travolgente e di impatto e le ragazze sono talmente motivate
dall’aver visto che con il giusto supporto formativo è possibile fare qualcosa che stiamo già pensando alla seconda edizione del progetto. Che sarà aperto a donne che hanno davvero necessità di iniziare un percorso lavorativo, come quelle che stanno nei centri anti violenza per diventare indipendenti economicamente. Diamo un’opportunità che poi loro potranno cogliere. “
Poi è il turno di Silvia Redigolo, Fondazione Pangea:
“La nostra collaborazione con la torrefazione Felmoka e Donna Felice è iniziata già nel 2020: l’azienda ci ha sostenuto in diversi progetti in Italia e all’estero. Ad un certo punto ci hanno proposto di organizzare questo corso professionale per diventare baristi. Abbiamo domandato alle ragazze che lavoravano con noi che sono scappate nell’agosto 2021, chi di loro volesse intraprendere questo tipo di carriera.
Parliamo di un corso molto pratico e certamente è un’ottima occasione per tutti, ma come Fondazione Pangea si parte sempre dal presupposto di una scelta libera: inizialmente dovevano esser soltanto 5 a partecipare e alla fine l’entusiasmo ha contagiato un numero maggiore di donne. Il risultato è stato eccezionale: in un giorno solo la loro curiosità le ha portate a realizzare ottimi espressi e cappuccini. Sono arrivate preparate: si sono documentate prima ancora della lezione, sul mondo della caffetteria. Quello che hanno seguito non è solo un corso professionale che permetterà loro di lavorare, ma che le porterà ad esser indipendenti.
Ad esempio, una ragazza inizierà uno stage in un’azienda del settore importante, mentre per le altre cercheremo di tradurre questa esperienza al più presto in una pratica lavorativa. L’ambito caffetteria però è difficile e ci si aspetta più velocità nel servizio. Abbiamo pensato infatti con Talia di insistere sulle potenzialità da sviluppare attorno alla latte art, sfruttando le loro competenze manuali che sono molto spiccate.
Questo diciamo che è stato solo un primo step: siamo molto legati tra di noi ed è stato un bene tenere il corso a Varese, all’interno di un’azienda come Felmoka che è una realtà familiare di cui si avverte l’abbraccio caloroso. Le ragazze lo hanno detto più volte: “Ci sembra di essere in famiglia”. Il sentirsi a casa è stato percepito da tutti.”
Chicchi di caffè tostato (credits: Alexa from Pixabay)
MILANO – Il mutamento climatico potrebbe comprimere drasticamente le aree consone alla coltura del caffè, in particolare degli arabica. Ma è anche vero il contrario. Cioè che la coltura del caffè contribuisce, a sua volta, ad alterare il clima, poiché l’impronta di carbonio della sua supply chain è elevatissima: 17 kg di co2, in media, per chilogrammo di caffè. Tra i prodotti alimentari fanno peggio soltanto alcune filiere della carne e il cioccolato fondente.
Questo almeno è il responso di un’analisi pubblicata su Science alcuni anni fa, che ha calcolato l’impatto ambientale delle filiere alimentari, dal produttore al consumatore. Cosa determina un’impronta di co2 così alta?
E cosa possiamo fare per ridurla? Quella del caffè è una filiera lunga e complessa, che si dipana attraverso il pianeta partendo dalla fascia tropicale per concludersi, nel caso di quasi tutti i principali mercati di consumo, a migliaia di chilometri di distanza, nelle case, negli uffici e nei locali pubblici dei più ricchi paesi del mondo.
Quali sono i punti critici di questa catena? Quali fasi generano le maggiori quantità di co2, tra produzione, trasporto, trasformazione, preparazione finale e smaltimento dei rifiuti?
Per dare una risposta a questa domanda si è ricorsi a vari studi specialistici basati sull’analisidel ciclo di vita (Life Cycle Assessment o lca), uno strumento che offre una visione olistica dei potenziali impatti ambientali associati a un prodotto, processo o attività umana, dall’estrazione delle materie prime sino alla gestione del fine vita.
Dette analisi offrono un quadro parziale dell’impatto ecologico, poiché si concentrano spesso sulle sole emissioni di gas serra trascurando altri aspetti importanti, quali – ad esempio – il consumo di acqua.
Le loro indicazioni sono comunque utili. Da esse scopriamo, in primo luogo, che la coltivazione del caffè è la fase che incide di gran lunga di più sul bilancio di carbonio della filiera: dal 40% all’80% del totale.
Il trasporto – pur implicando spesso lunghi viaggi, da un continente all’altro – ha un peso molto più modesto. Ma cosa fa sì che coltivare il caffè produca così tanto gas serra?
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