La terra del Sol Levante ha testato ultimamente un composto a base di calcio che filtra l’aria usata dalle macchinette vending machine per il raffreddamento e assorbe Co2. Una volta saturo viene impiegato per fertilizzanti, cemento o per il ripristino di fondali marini degradati. L’idea è di Asahi Soft Drinks, il gruppo di produttori di bevande che ha acquisito Peroni. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Rinnovabili.
I distributori automatici assorbi-Co2
MILANO – Un semplice composto a base di calcio per trasformare le macchinette in distributori automatici succhia-CO2. Capaci di togliere dall’atmosfera fino a 60 kg di anidride carbonica ogni anno. È l’idea che sta per testare uno dei più grandi produttori di bevande del Giappone, Asahi Soft Drinks. È il gruppo che nel 2016 ha rilevato l’italiana Peroni.
Come funzionano questi distributori automatici succhia Co2? Si tratta di macchine in tutto e per tutto simili a quelle che affollano i piani di qualsiasi edificio pubblico. L’unica particolarità riguarda il sistema di raffreddamento che tiene al fresco le bibite. Per funzionare, prende aria dall’ambiente esterno.
Nella versione modificata, l’aria viene a contatto con una polvere di calcio che, grazie a una reazione chimica, è in grado di intrappolare una certa quantità di Co2. Secondo gli ideatori, avrebbe una capacità di assorbimento pari a quella di 20 cedri giapponesi, uno degli alberi più noti per la sua qualità di grande assorbitore di Co2.
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Il bistrot solidale nel
nuovo centro TOG Carlo De Benedetti con Carlo Cracco (immagine concessa)
MILANO – Associazione Maestro Martino e Fondazione TOG sono due realtà differenti, ma unite nell’impegno a sviluppare progetti concreti dedicati al benessere delle generazioni future mettendo a disposizione della collettività servizi in modo completamente gratuito. La prima, di cui Carlo Cracco è socio fondatore e Presidente, nasce nel 2011 per promuovere le generazioni future della ristorazione italiana attraverso la formazione e per valo- rizzare la filiera agroalimentare lombarda e italiana attraverso la Cucina d’Autore.
Associazione Maestro Martino insieme alla Fondazione TOG
Obiettivi che si concretizzano anche attraverso l’attività del ristorante didattico e scuola di cucina Villa Terzaghi, con un percorso formativo totalmente gratuito riservato agli studenti più meritevoli interamente finanziato dai partner privati del progetto e dai proventi del ristorante didattico.
La Fondazione Together to Go (TOG) è invece una Onlus nata anch’essa a fine del 2011. Con sede a Milano, ha dato vita a un Centro di Eccellenza con una specializzazione di alta levatura nella riabilitazione dei bambini affetti da patologie neurologiche complesse, in particolare Paralisi Cerebrali Infantili e Sindromi Genetiche con ritardo mentale.
Ogni bambino ha un percorso riabilitativo individualizzato che si struttura in base alle necessità di vita di ciascuno. TOG rappresenta un aiuto alla sanità pubblica, perché è un centro privato, nato da un’azione filantropica, ma che cura in regime di totale gratuità.
Il Green&Blue Festival
In occasione del Green&Blue Festival, organizzato dal content hub GEDI dal 6 all’8 giugno a Milano presso l’IBM Palace e BAM – Biblioteca degli Alberi Milano, l’Associazione Maestro Martino ha curato i contenuti Food & Beverage del festival studiando piatti e bevande a base vegetale coerenti con il tema della sostenibilità. Il ristorante didattico ha quindi gestito l’area interna all’IBM Palace dedicata alla ristorazione con un servizio dedicato ad oltre un migliaio di ospiti tra esperti, attivisti mondiali sul clima, scienziati e rappresentanti istituzionali.
Parallelamente è stato garantito, in collaborazione con i volontari della Fondazione TOG, un servizio di somministrazione di cibo e bevande per un pubblico di alcune migliaia di persone all’interno dei due Green&Blue Bar posizionati nel parco antistante con un servizio continuativo dal mattino fino a tarda sera.
Parallelamente la programmazione musicale dei concerti gratuiti aperti al pubblico con artisti come Tommaso Paradiso, Levante, Coma Cose, Michele Bravi, Giammaria, Santi Francesi e molti altri ancora. Parte del ricavato dei servizi dedicati alla ristorazione sono stati riconosciuti alla Fondazione TOG, Charity Partner del Green&Blue Festival.
Un evento formativo
“Si è trattato di una bella occasione di crescita umana e professionale per i ragazzi coinvolti” – afferma lo chef Carlo Cracco, presidente di Associazione Maestro Martino – “che hanno avuto l’opportunità di lavorare insieme per la buona riuscita del festival, al fine di valorizzare il territorio, le materie prime sostenibili, e per aiutare concreta- mente chi ne ha bisogno”.
“Siamo entusiasti che Fondazione TOG sia Charity Partner di un’iniziativa così importante per Milano – continua Antonia Madella Noja, segretario generale della Fondazione Togheter To Go – che ci offre l’opportunità di accendere un riflettore su temi a noi cari come l’inclusione sociale e di raccontare la bontà della collaborazione tra TOG e l’Associazione Maestro Martino. Una partnership che nasce in questa cornice e che proseguirà nel progetto del Bistrot del nuovo Centro TOG di Via Livigno 1″.
Dopo il successo del Green&Blue Festival la partnership tra Associazione Maestro Martino e Fondazione TOG continua infatti con una nuova attività permanente: il bistrot nel nuovo centro TOG, operativo da ottobre 2023 nella nuova sede situata in via Livigno, 1 a Milano. La nuova struttura rappresenterà un polo di riferimento per le disabilità e fragilità infantili con progetti di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro.
Il nuovo centro TOG permetterà di raddoppiare il numero degli attuali beneficiari di TOG, offrendo cure e sostegno a oltre 200 assistiti ogni anno.
Una vera e propria città delle fragilità con servizi innovativi con un modello unico nel suo genere in Europa, caratterizzato da un approccio globale di sostegno fatto di ricerca scientifica, formazione, assistenza, promozione culturale, progettazione di ausili attraverso fabbricazione digitale e stampa 3D.
Il bistrot con caffetteria
Il bistrot con caffetteria aperto al pubblico sarà gestito dal ristorante didattico pro- mosso dall’Associazione Maestro Martino e vedrà i migliori studenti delle scuole alber- ghiere lombarde e i pazienti del centro TOG partecipare a un percorso di formazione pro- fessionale che li renderà protagonisti nelle attività del ristorante in un’ottica di inclusione e condivisione con effetti positivi anche per il contesto urbano e sociale in cui si colloca e che certamente beneficerà di una riqualificazione.
Secondo uno studio americano, chi consuma frequentemente cioccolato ha un minor rischio di mortalità per tutte le cause naturali: è stata trovata una correlazione tra una maggiore assunzione di cioccolato nelle donne e una minore probabilità di avere diabete e colesterolo alto nel sangue. Tuttavia, queste donne avevano maggiori probabilità di avere un indice di massa corporea (BMI) più elevato. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Giorgio e Caterina Calabrese per La Repubblica.
La relazione tra cioccolato e mortalità
MILANO – In un recente studio pubblicato sul Journal Of The Academy Of Nutrition And Dietetics, i ricercatori hanno valutato la relazione tra il consumo di cioccolato e la mortalità per tutte le cause, studiando gli impatti sulla salute a breve e lungo termine in presenza di consumo di cioccolato. A tal fine, un diverso studio non ha rilevato alcuna associazione tra l’assunzione di cioccolato e la malattia coronarica o l’ictus, nonostante alcune ricerche precedenti suggerissero una potenziale relazione inversa.
La Women’s Health Initiative (WHI) è uno studio osservazionale sanitario che mira a prevenire le malattie cardiache, il cancro del colon-retto e della mammella e le fratture osteoporotiche tra le donne in post-menopausa attraverso strategie a lungo termine. Tra il 1993 e il 1998, i ricercatori hanno reclutato donne in post-menopausa tra i 50 ei 79 anni da 40 centri clinici negli Stati Uniti, per uno studio clinico-osservazionale.
Tale studio ha valutato il consumo alimentare utilizzando un questionario sulla frequenza alimentare, basandosi sulle abitudini dietetiche e sullo stile di vita. Il questionario è stato diviso in tre sezioni: in una sezione occorreva dare informazioni circa il consumo di 122 prodotti, indicando sia la dimensione della porzione, sia la frequenza; in un’altra bisognava rispondere a 19 domande sull’assunzione di grassi e, infine, 4 domande relative al consumo abituale di frutta, verdura, grassi aggiunti confrontando con un alimento specifico.
Il WHI FFQ (Food Frequency Questionnaires) ha analizzato un database di nutrienti proveniente dal Nutrition Data System for Research che include oltre 140 nutrienti e composti, come energia, sodio e grassi saturi.
I dati di riferimento sono stati utilizzati per valutare anche il consumo di cioccolato. Sono state chieste informazioni in merito alla frequenza di consumo di una porzione di circa 30 grammi di cioccolato, negli ultimi tre mesi. In base alle risposte dei partecipanti, sono state stabilite cinque categorie di frequenza di assunzione di cioccolato.
Le possibili risposte del questionario erano: nessuna assunzione, meno di una porzione a settimana, da una a tre porzioni a settimana, da quattro a sei porzioni a settimana e una porzione al giorno. All’inizio dello studio è stata trovata una correlazione tra una maggiore assunzione di cioccolato nelle donne e una minore probabilità di avere diabete e colesterolo alto nel sangue. Tuttavia, queste donne avevano maggiori probabilità di avere un indice di massa corporea (BMI) più elevato.
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MILANO –Be-Kind, brand del gruppo Mars noto per le sue barrette a base di frutta secca, amplia dal mese di luglio la sua linea Protein con una nuova referenza al gustonocciola e cioccolato fondente. Disponibile in formato barra singola da 50g, grazie alla presenza di ben 12g di proteine a base vegetale, questa nuova referenza è perfetta per soddisfare i consumatori amanti del cioccolato, che però non vogliono trascurare la propria salute ed il proprio benessere.
Be-Kind lancia la linea Protein
Be-Kind ha introdotto quest’innovazione nella propria linea Protein al fine di intercettare le esigenze di consumatori che si rivelano sempre più ricettivi rispetto alle proposizioni di prodotti in grado di bilanciare gusto e benessere.[1] Il trend dell’health & wellbeing, in crescita su scala globale, si riflette infatti anche nel nostro Paese: diversi studi mostano come l’83% dei consumatori italiani consideri una priorità prendersi cura della propria salute e che il 78%rifletta accuratamente su quali prodotti mangiare.[2]
A conferma di questo, anche lo sviluppo del sotto segmento “energy” – nella categoria delle barrette salutari – che ha visto una crescita del 15%, segno che i consumatori sono sempre più alla ricerca del giusto apporto di fonti proteiche facilmente accessibili nella loro dieta.[3]
A completare la scelta del gusto, la golosità del cioccolato è stata accompagnata dalla nocciola, uno dei più popolari gusti in Europa[4], per rispecchiare la missione del brand di diffondere un po’ di bontà nel mondo barretta dopo barretta, gesto dopo gesto. Quando si tratta di snack, non è necessario, infatti, scegliere tra gustoso e nutriente: Be-Kind riesce a unire entrambi gli aspetti con ricette ricche di ingredienti gustosi, genuini e di prima qualità, senza aromi artificiali, conservanti o dolcificanti.
I consumatori potrenno trovare dal mese di luglio Be-Kind Protein alla nocciola e cioccolato fondente nell’out-of-home, il principale canale di vendita del brand.
[1] Internal KIND international sampling learnings
[2] IT Stat: Lightspeed/Mintel 2020
[3] Nielsen Italia 2022
[4] Mintel GNPD 2019, Europe
La scheda sintetica di Mars Multisales, South Europe
Mars Multisales, South Europe è il cluster che unisce l’Italia a Grecia, Cipro e Malta con headquarter a Milano. Il Cluster produce e distribuisce una vasta gamma di prodotti con marchi tra i più conosciuti al mondo. Tra i brand Mars distribuiti: Petcare – Pedigree, Whiskas, Cesar, Sheba, Kitekat, Catsan, Catisfaction; Chocolate – m&m’s, Snickers, Mars, Twix, Bounty, Maltesers; Wrigley –confections – Skittles; Food – Ben’s Original e Suzi Wan – e la gamma di healthy snack a base di frutta secca Be-Kind. Per maggiori informazioni su Mars basta cliccare qui.
La scheda sintetica di Mars, Incorporated
Mars, Incorporated è un’azienda a proprietà familiare con oltre un secolo di storia nella produzione di prodotti diversificati e nell’offerta di servizi alle persone che possiedono e amano gli animali da compagnia. Con un fatturato di oltre 45 miliardi di dollari, l’azienda è un business globale che produce alcuni dei brand più amati al mondo: m&m’s, Snikers, Twix, Milky Way, Dove, Pedigree, Royal Canin, Whiskas, Extra, Orbit, 5, Skittles, Uncle Ben’s, and Cocoavia.
Mars fornisce anche servizi veterinari per la salute degli animali da compagnia, tra cui Banfield, Pet Hospitals, Blue Pearl, VCA e Pet Partners. Con quartier generale a McLean, in Virginia (USA), Mars è presente in più di 80 paesi. I cinque principi di Mars – qualità, responsabilità, mutualità, efficienza e libertà – ispirano ogni giorno gli oltre 140.000 associati nella creazione di valore per tutti i partner e stimolare una crescita di cui poter andare fieri.
Cosimo Finzi, direttore dell'Itituto di ricerca e consulenza AstraRicerche al convegno sul futuro del caffè
BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – La serie di interventi che hanno caratterizzato la giornata di convegno sul futuro del caffè organizzato nella sede del Campus di Simonelli Group, dal Consorzio promozione, è stato aperto dalla relazione di Cosimo Finzi, direttore dell’Istituto ricerche aziendali Astraricerche.
Sono stati presentati una serie di studi che funzionano come bussola per orientarsi nel settore, per interpretare meglio gli scenari verso cui andremo incontro nel breve e nel lungo periodo.
Gli italiani e il caffè, un rapporto imprescindibile. I consumatori però diventano sempre più esigenti. Quale impatto hanno le aziende sull’ambiente e come presentarsi in maniera più responsabile, seguendo i criteri di sostenibilità?
A questi link, gli altri interventi: qui, qui e qui.
Finzi inizia con i dati sugli spazi di crescita
“Abbiamo svolto in questi anni tante ricerche sul mondo del caffè. La più recente, di poche settimane fa, cerca di toccare diversi punti fondamentali. Se torniamo indietro a 15-20 anni or sono, il rischio che il caffè subisse lo stesso effetto che abbiamo visto su altri prodotti, cioè di entrare in una spirale negativa nell’essere considerato una droga o una cosa da evitare, c’era. Partiamo proprio da qui.
Non è cambiato il numero di italiani che consumano il caffè soprattutto negli ultimi anni: restiamo intorno al 97% di italiani che lo bevono anche nelle ricette che lo contengono. Manteniamo quindi l’attenzione sempre alta per evitare la demonizzazione della bevanda e in un più o meno rapido cambiamento degli stili di consumo.
Quindi, se quello che non è cambiato di fatto è la quantità di consumatori in Italia, dobbiamo osservare la frequenza con cui lo bevono. Nonostante il caffè sia molto diffuso, abbiamo ancora spazi di crescita persino in Italia: circa 3 italiani su 4 consumano caffè ogni giorno. Quindi abbiamo ancora uno spazio di crescita: ad esempio il 15,3% che lo consuma 2-3-4 volte alla settimana.
Ci interessa mostrare il dato a livello di fascia di età
Se le differenze per genere sessuale non sono particolarmente forti in termini di frequenza, così come non lo sono per le aree geografiche o per i centri abitati, si nota invece una differenza sostanziale per le fasce d’età. In particolare dopo i 34 anni, la frequenza è assolutamente stabile.
Già tra i 25 e 34 anni la frequenza di consumo del caffè cala di 10 punti al 69% mentre e tra i 18 e i 24 anni abbiamo una frequenza ancora più bassa, al 55%.
Una riflessione: bisogna un po’ dividere il concetto della fascia d’età da quello di generazione
E’ anche normale che un giovane che sta finendo di studiare e si sta affacciando sul mercato del lavoro, abbia meno occasioni di consumo, debba ancora sviluppare il suo gusto rispetto al caffè.
Potremmo vedere questo non come un problema, perché i ventiquattrenni, crescendo assumeranno il comportamento di chi ha già 34 anni. Il vero problema invece è che forse questo è un fatto generazionale: ovvero che la generazione o meglio la fascia d’età tra i 18 e i 24 anni, non si allontani dal mondo del caffè, percependolo come qualcosa di non molto rilevante nella propria vita.
In particolare questi dati indicano, rispetto alle altre fasce di età, che al caffè si attribuisce molto meno piacere, piuttosto gli si attribuisce un grande valore funzionale. Quindi una bevanda che li sveglia la mattina e fa ritrovare la forza mentale durante la giornata. Se abbiamo una generazione che si allontana dal concetto di piacere, dalla percezione delle differenze tra una miscela e l’altra, stiamo perdendo tanto di quelle che sono le possibilità future.
Presentiamo un modo per raccontare cosa sia il caffè in Italia oggi:
su 100 caffè che le persone consumano in Italia, nel loro ricordo, esattamente 50 sono a casa. Metà a casa, metà fuori casa: il bar come luogo fondamentale anche a livello simbolico e valoriale per il 14.2%, ma anche il luogo di lavoro, 12.2%. Inevitabilmente tutto ciò è molto legato alla fascia di età e meno all’area geografica.
I distributori automatici sono al 5.7%, più o meno un caffè ogni 16 viene indicato come acquistato lì. Il ruolo rilevantissimo però resta quello del bar.
Soprattutto andando avanti con gli anni, superati i 55, casa propria diventa ancor più rilevante, mentre al contrario per i giovanissimi, dopo i 35 anni il luogo di lavoro o di studio diventa più importante.
Per tutte le fasce d’età però si conferma che il fuori casa e il consumo domestico sono più o meno alla pari.
Un’altra osservazione rispetto alla classe sociale
Molte ricerche si basano sul reddito di una famiglia, un indicatore statistico un po’ debole. Noi invece chiediamo la classificazione sociale, cioè come si sentono e la loro capacità di spesa. Procedendo così si scopre che il consumo in casa è più forte presso chi ha una capacità di spesa inferiore e quindi cerca di usare delle soluzioni per un costo minore della tazzina.
Modalità e preparazione: mostriamo più la preferenza a livello di variazione temporale, il sorpasso delle capsule
Quello che è successo nelle ultime ricerche è che, per quanto riguarda le modalità utilizzate per preparare il caffè, già due anni e mezzo fa abbiamo visto il sorpasso delle capsule.
Se ci concentriamo sul modo preferito di preparazione, quello che si ama di più quasi a sentimento, l’andamento è chiaro: parliamo di solo tre anni, dal 2020 al 2023, e la moka è passata quasi dall’essere quasi alla pari con la macchina a capsule e cialde (37% a 39% e mezzo) al 28.8. Questa forbice che prima era soltanto di 2.3% e ora è di 14 punti percentuali. E in poco tempo.
Questo è ancor più forte rispetto all’utilizzo o alla presenza in casa di questi sistemi. E’ una grande trasformazione valoriale. In controtendenza, la macchina espresso automatica sale dal 14.7%. Piccoli passi.
Un aspetto interessante per quanto riguarda ancora le fasce d’età
Piccola premessa: per quanto riguarda l’aspetto del genere sessuale non c’è molta differenza, piace ancor di più alle donne la macchina a capsule ma non importa.
Il punto fondamentale è un altro: l’uso della moka, è vero che cresce con l’età, ma presso i più giovani, è stata indicata la moka come metodo preferito per preparare il caffè a casa.
Questo è fondamentale: perché se è vero che con le nuove generazioni dobbiamo recuperare con urgenza il valore e il piacere del caffè, il fatto di vedere che ancora uno strumento più tradizionale, associato a un certo tipo di storia, sia così alto, è un buon indicatore. Il buon bilanciamento tra i due sistemi più in voga è un buon segnale per il futuro.
Per i più curiosi, nel Triveneto, si va un po’ in controtendenza perché è la sola area geografica in Italia che indica come preferita più la moka rispetto alla macchina a cialde e capsule.
Il grande ruolo del bar: lì consuma caffè un italiano su 7
Circa un caffè su 7 nel dichiarato degli italiani viene consumato al bar. Il bar è un piccolo rito per il 35.6% degli italiani, si conferma come luogo di incontro, di affezione e di relazione come le ricerche del passato avevano detto.
Il caffè del bar è il preferito, il più buono per il 30%.
Lo vedo come un dato un po’ basso: se dobbiamo pensare ad altri canali e prodotti, quando si va in un luogo più specializzato rispetto a casa propria, ci si aspetta di meglio.
Quindi, il bar resta il luogo di affezione e subito dopo la pandemia siamo tornati a rifrequentarlo come prima, ma solo il 30% afferma che il caffè più buono che beve è al bar.
Il 10% ha detto: da quando c’è stata la pandemia ho più voglia di caffè. Il caffè è un aspetto simbolico e valoriale, che porta al concetto di stare assieme, della pausa, del relax, della condivisione.
Vediamo gli ultimi aspetti: luogo d’acquisto
Non stiamo parlando di volumi, di quantità di chili di caffè e nemmeno di valori, cioè di milioni di euro. Stiamo parlando di quante persone almeno una volta nell’ultimo anno, hanno comprato il caffè attraverso uno di questi canali.
E’ ovvio che al supermercato si compra il caffè 10 volte in un anno, mentre magari in torrefazione una volta in 365 giorni. Il 91.2% si reca nel retail classico e fisico (supermercato, ipermercato, discount) o nei negozi specializzati (grande differenza, 72.8 o 28.8) oppure in torrefazione (12%). Nella parte online è stata fortemente indicata il sito generalista, di cui il grande nome per esempio è Amazon (1 su 4 sono lo hanno utilizzato) o in parte minore su alcuni sui siti specialistici di un distributore specializzato.
Alla fine, poco più di un italiano su 3 dichiara di aver acquistato più o meno spesso nell’ultimo anno il caffè, tramite il canale online. Il trend è quello che conosciamo dalla pandemia in poi ed è in crescita, anche se non più così impetuosa.
La differenza tra le fasce di età non è più così vera:
L’online decresce all’aumentare dell’età, ma non crolla. Come sappiamo uno dei grandi portati della pandemia è la digitalizzazione di quella parte delle persone che, superati i 50 anni, si è abituata a utilizzare tutto ciò che riguarda gli acquisti.
Sostenibilità e impegno: si vede meno quello sociale
Leggo la domanda che abbiamo posto per fare comprendere il concetto: parliamo dell’impegno che le aziende possono avere per produrre/vendere i propri prodotti in modo responsabile e sostenibile e dare maggiore valore ai consumatori.
La domanda quindi era: secondo lei le aziende che producono e vendono caffè negli ultimi anni, si sono impegnate in questi ambiti?
Ogni intervistato poteva rispondere per le 5 aree indicate con: molto, abbastanza, così così, per niente, non lo so.
L’area più verde in cui il consumatore ha percepito un maggiore impegno, è quella dell’innovazione di prodotti e delle miscele, e della comunicazione chiara: innovazione e comunicazione chiara sono molto importanti, lo sappiamo, per il consumatore. Ma una crescita della rilevanza molto evidente è legata all’impatto sociale e ambientale, le parti ESG.
Qui le percentuali sono decisamente più basse. In particolare, la riduzione dell’impatto ambientale dovute alle confezioni: il 25% dice molto, ha indicato un grande impegno dall’industry, il 36% dice abbastanza, il 60%-61%-62% che percepisce un impegno vero nella riduzione dell’impatto ambientale dovuto al processo produttivo e di trasporto perché il caffè non è nostro e non arriva dall’Italia, quindi siamo sotto il 70%.
Infine, un italiano su 2 dice di sì all’attenzione dei lavoratori. Il problema non è il criticare del 13% ma l’amplissimo 16% che dice: non so, non so valutare. Dunque il cittadino vede in maniera positiva maggiormente l’innovazione di prodotto e di comunicazione, meno quella ambientale e decisamente meno quella sociale.
Perché è un problema? Arriviamo al punto.
Abbiamo poi proposto tre impegni: scegli il primo che ti aspetti dalla filiera dei caffè. Ambientale, sociale-economico per garantire la giusta retribuzione e poi i giusti diritti dei lavoratori.
Il primo è al 50% (la somma dei primi due) e non è per niente ovvio, dato che soltanto due anni prima la situazione era diversa: la rilevanza sul versante ambientale è andata giù di 6 punti, quindi la forbice tra la somma del secondo e del terzo (quello di tipo sociale) e il primo, prima era di 13 punti percentuali e di fatto si è ridotta a 0.
Perché è andata a crescere notevolmente l’attenzione verso i diritti dal 16.7% al 28.4% e si è ridotta quella che è la priorità dell’impatto ambientale.
Questo è un piccolo paradosso: nell’arco di due anni è cresciuta l’attenzione sociale, ma è anche tra le ultime cose percepite.
E’ un trend generale. Il cittadino italiano ha imparato che la sostenibilità non è soltanto ambientale. Negli ultimi 5-6 anni, per l’effetto anche della pandemia che ha indebolito le nostre economie e l’invasione dell’Ucraina che ha determinato tensioni sul lavoro, ha determinato una maggiore attenzione all’aspetto sociale, quasi raggiungendo la sensibilità a quella ambientale.
Quindi il consiglio a chi si occupa di creazione delle politiche di implementazione delle politiche di sostenibilità e nella loro comunicazione è una forma di nuova attenzione a quella sociale dei lavoratori, a livello di effettiva e concreta attenzione o a livello di comunicazione.”
L’ingresso del Campus Simonelli (immagine concessa)
Il logo per il sessantesimo anniversario dell'Ico creato dal designer italiano Giulio Vinaccia
MILANO – Robusta alle stelle, arabica in caduta libera. L’andamento dei mercati si riflette negli indicatori statistici dell’Ico: secondo il report mensile diffuso ieri – mercoledì 5 luglio – la media dell’indicatore composto ha segnato, a giugno, un -2,4% scendendo a 171,25 centesimi. Ma il comportamento degli indicatori è stato agli opposti per le due varietà.
Le tipologie degli arabica hanno registrato infatti pesanti flessioni: -6,6% per i colombiani dolci (ai minimi da inizio anno), -5,8% per gli altri dolci e -5,5% per i brasiliani naturali.
L’indicatore dei robusta segna invece il settimo incremento mensile consecutivo rivalutandosi del 7,8% e volando a un nuovo massimo storico di 132,13 centesimi.
Per trovare valori nominalmente più alti bisogna andare a ritroso, nelle serie storiche dell’Ico, sino alla metà del 1995.
Una libbra di robusta costa oggi grosso modo quello che costava una libbra di colombiani dolci 4 anni fa (indicatore dei colombiani dolci a 133,49 nel giugno 2019).
Analogo l’andamento delle borse, con New York in calo (-4,7%) e Londra in ulteriore ripresa (5,9%), nonostante il parziale ridimensionamento di fine mese.
Per effetto di questa evoluzione, i differenziali tra arabica e robusta sono ai loro minimi dall’ottobre del 2020. I differenziali tra colombiani dolci e brasiliani naturali, colombiani e robusta, altri dolci e brasiliani, nonché altri dolci e robusta sono, a loro volta, ai minimi degli ultimi 3 anni e mezzo.
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BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Victoria Arduino, uno dei brand leader a livello mondiale nel segmento delle macchine da caffè professionali e macinini, migliora l’esperienza di Eagle One con Vis – Virtual intelligent scale. Vis è una bilancia virtuale basata su un algoritmo di intelligenza artificiale che favorisce un workflow ancora più rapido rispetto alla precedente versione di Eagle One ed il monitoraggio della dose ad ogni shot.
Victoria Arduino lancia Vis – Virtual intelligent scale
Vis è una esclusiva tecnologia Victoria Arduino sviluppata per stimare digitalmente la giusta dose in tazza attraverso un calcolo algoritmico. È sufficiente impostare su display il peso desiderato in grammi e Vis monitora in modo automatico il flusso per ottenere la giusta dose in tazza.
Eagle One, la macchina professionale da caffè nata per rispondere alle esigenze dei coffee shop in cui design, performance e sostenibilità costituiscono l’asset principale per regalare a chi vive il locale una esperienza memorabile, continua a mantenere la sua promessa diventando con Vis un sistema ancora più smart e performante. La programmazione è semplice e veloce: basta definire il peso desiderato in tazza e avviare l’estrazione.
La grande innovazione che Vis apporta in Eagle One è nel suo sistema digitale per un monitoraggio costante di ogni dose.
Il retro della macchina Eagle One (immagine concessa)
I vantaggi di Vis non si limitano al suo essere innovativo ed estremamente semplice da usare. Oltre alla riduzione degli sprechi, Vis è implementata nella macchina per caffè espresso senza l’utilizzo di alcun componente aggiuntivo, mantenendo inalterato il design minimal, contemporaneo e sostenibile di Eagle One.
Con Vis, Virtual intelligent scale, Eagle One continua a garantire il perfetto bilanciamento tra design, innovazione e sostenibilità con l’obiettivo di regalare a chi ci lavora e al cliente una memorabile esperienza sensoriale.
Victoria Arduino è un marchio italiano di macchine professionali per caffè espresso nato nel 1905 e che ha lavorato sul prodotto di qualità, facendo continuamente ricerca. Dalla progettazione della macchina da caffè alla comunicazione, il marchio ha raccolto le necessità di ogni tempo e le ha trasformate in tecnologie, materiali ed esperienze, anche grazie a grandi collaborazioni come quelle dell’artista futurista Leonetto Cappiello, dell’architetto Luigi Caccia Dominioni e dell’architetto Giulio Cappellini.
Nel suo percorso ha creato installazioni spettacolari come la macchina da caffè murale a 24 gruppi nello stadio Artemio Franchi a Firenze, così come ha presentato nuove tecnologie che hanno trasformato e reso accessibile il modo di preparare bevande a base di caffè e latte in regime di rispetto della materia prima, dell’ambiente e della sostenibilità economica del locale. Ma soprattutto Victoria Arduino, che ha per simbolo proprio un’aquila, ha saputo guardare oltre i confini geopolitici, confrontandosi e ascoltando un pubblico internazionale.
Di proprietà di Simonelli Group SpA, il brand è sponsor ufficiale del Campionato mondiale dei baristi dal 2015.
Giulia vicino alla macchina espresso (foto concessa)
MILANO – In un mondo della ristorazione, dove addirittura la Guida Michelin consiglia come regola di base da far rispettare dai gestori quella di mantenere seduti i bambini sino ai 12 anni per non disturbare gli altri clienti e lo stesso personale, ci sono realtà che propongono un servizio proprio all’opposto. Così nasce Bar Stradivari, il posto studiato per far sentire a proprio agio le famiglie con bambini, a Tesero, in val di Fiemme in provincia di Trento.
Bar Stradivari: l’inaugurazione recente, risposta alle esigenze di genitori e piccini
Racconta Giulia, che insieme a suo marito ha preso in gestione una classica caffetteria per trasformarlo in un concept inclusivo: “Tante persone sono già venute a trovarci, tra amici nuovi e anche vecchi. Io e mio marito avevamo già un’attività in gestione da 5 anni. Poi è nata Arianna e ci siamo resi conto che sia per noi che per gli altri genitori era un’impresa consumare fuori casa: fare aperitivo in tranquillità era piuttosto difficile, tra gli spazi inadeguati e diversi gestori poco disponibili ad accoglierci con i bambini.
Così, nella pausa del Covid ci siamo organizzati per aprire insieme un nostro locale e iniziare la nostra nuova vita. Quando abbiamo letto il bando del comune di Tesero, avviato per prendere la gestione del Bar Stradivari, ci siamo fatti qualche conto e abbiamo deciso di buttarci.
Abbiamo osservato le idee all’estero che hanno già sviluppato questo formato che era da importare e abbiamo deciso: il locale si presta a questo concept, non è nel centro del Paese e ha un bello spazio fuori pedonale. Siamo partiti così.”
Ma cosa si trova in un bar come il vostro, in cui tutti sono benvenuti?
“Da mamma di una bambina di 4 anni e di uno di dieci mesi so perfettamente di cosa c’è bisogno in un locale: innanzitutto un fasciatoio a disposizione in bagno, uno sgabellino, delle salviettine igienizzanti. Poi il posto dev’esser riscaldato, pulito, con un o spazio per allattare. Abbiamo un carrellino con i pastelli, fogli e pennarelli, giochi per i bambini più piccoli, dalle bambole ai peluche. Abbiamo posizionato anche dei tavolini più bassi sia dentro che fuori.
Quello che serve per i genitori e i piccini (foto concessa)
Abbiamo un menù che funziona per tutti, con qualcosa che piace ad ogni età adattabile anche ai bambini. Ci sono anche i pannolini. Sono tutti spazi condivisi con la parte destra riservata alla clientela più classica. Vorremo anche ottenere l’attestato dell’Unicef, per risultare parte di una rete dei luoghi a disposizione delle donne che hanno bisogno di un punto di appoggio con i propri figli per cambiarli e allattarli senza l’obbligo di consumazione.
Era una valle a vocazione turistica, ma un bar pensato proprio così mancava.”
Il Bar Stradivari quindi è un po’ controcorrente rispetto ai childfree
“Ognuno è libero poi di gestire al meglio il proprio locale, ma è importante che anche le famiglie passino dei pomeriggi insieme in un locale. Da Bar Stradivari questo è possibile ed è un servizio che mi sarebbe piaciuto avere per me stessa da cliente. E poi… i bambini portano vita e gioia.”
Ci parla del vostro caffè?
“Abbiamo scelto Manuel Caffè con cui collaboravamo già da prima, che ci fornisce la miscela Capriccio, 80% robusta e 20% arabica, che si colloca in una fascia alta e vendiamo ad un euro e venti. Va bene così: qui in valle si arriva anche a pagarne 1.50.
Prepariamo l’espresso con una La Spaziale e un macinino Ceado on demand. Abbiamo scelto la formula del comodato d’uso perché ci offre la possibilità di avere una buona macchina, moderna, con l’assistenza garantita. Poi noi abbiamo scelto prima il caffè e poi ci siamo orientati con la selezione della macchina.
La stessa cura avviene per il resto della nostra offerta, dal latte fresco locale del Caseificio di Cavalese, il Fresca Fiemme, il pane dal Panificio Merler, gli affettati di Tito Speck. Prepariamo anche il brunch dalle 10.30 alle 13.30 la domenica. Non mancano i gelati e le coppe con frutta e e panna fresca
Avete avuto problemi con il personale?
“Noi siamo aperti dalle 7.30 alle 21 e dividiamo queste ore tra me, che sono la titolare, e da un’altra ragazza.
Abbiamo offerto un buon stipendio e quindi non abbiamo avuto problemi a trovare dei candidati. Questa per noi è la prima stagione di prova e partiamo da zero. Più avanti movimenteremo la scena con collaborazioni con alcune aziende, una cartoleria, un ristorante per l’inclusione.
Continueremo ovviamente a mantenere focus sui bambini, per ora concentrandoci sulla fascia fino ai 4/6 anni per poi allargarci agli adolescenti. Abbiamo altri progetti per il futuro. Ad esempio siamo vicini a un fiume e vorremmo dare una forma più precisa, coinvolgendo la terrazza e piazzando una sauna con una tinozza per l’idromassaggio. Metteremo a punto un progetto verde.”
Per il Bar Stradivari sarà un vantaggio o no, la scelta di accogliere i più piccoli?
Dentro il Bar Stradivari (foto concessa)
“Il punto è che al Bar Stradivari possiamo ospitare entrambe le categorie di clientela. Non siamo in una metropoli in cui c’è tanta offerta di locali, quindi questo bar è un family bar, che però non soltanto per bambini. Faccio un esempio che è capitato di recente: un sabato mattina, dato che qui vicino ci sono anche delle stalle, sono arrivate da noi due ragazze a cavallo per bere un caffè.”
E da gestore, ne vale la pena occuparsi di un progetto così particolare?
“Risponderò a questa domanda a settembre – scherza Giulia – Ma per il momento sono convinta della mia scelta. Abbiamo portato al Bar Stradivari anche i nostri figli, facendo delle prove con Arianna di quasi 5 anni che si è trattenuta e ha colorato nell’angolo dedicato ai bambini.
Devo dire comunque che non si può fare tutto da sola: sono mamma, titolare e barista, ma c’è anche un padre, un marito, un compagno che mi sostiene e fa la sua parte in casa e coi bambini. Ho cercato al bar di formare un team al femminile, facendo lavorare delle mamme o addirittura nel caso di Ivana, una giovane nonna: le ho lasciato la possibilità di gestire il fine settimana con i nipoti e la figlia, quando si dà il cambio con un’altra ragazza. Credo fermamente che un dipendente felice è uno che lavora bene e quindi, mamme qui siete benvenute in ogni modo.”
GENOVA – Le famiglie Messina e Gavio hanno raggiunto un’intesa per il passaggio alla Ignazio Messina & C. S.p.A. del 100% delle quote societarie di Terminal San Giorgio S.r.l., da porre al vaglio dell’Autorità di Sistema Portuale. Terminal San Giorgio è concessionaria nel porto di Genova in ATI con la stessa Messina per i Ponti Libia e Canepa e, da sola, per il Ponte Somalia.
L’accordo delle famiglie Messina e Gavio
Le due società confermano che verranno mantenuti e rispettati gli impegni già assunti da Terminal San Giorgio, non solo nei confronti di Autorità di Sistema Portuale ma anche e soprattutto nei confronti dei clienti e dei principali fornitori.
La Messina, in coerenza con il suo piano industriale e con la strategia di integrazione logistica perseguita da oltre trent’anni, intende sviluppare, in sinergia con le aree in cui già opera nel porto di Genova, in modo sempre più convinto la vocazione di un vero e proprio terminal Multipurpose: in particolare merce varia, rotabili di ogni genere compreso il traffico delle Autostrade del Mare, pezzi eccezionali, impiantistica, coloniali, ecoballe, metalli di vario tipo, oltre ai containers.
L’amministratore delegato del Gruppo Autosped G manifesta soddisfazione per la conclusione dell’operazione e conferma che le due società collaboreranno sul fronte della logistica terrestre, trasporti camionistici e ferroviari, terminal intermodali.
Il Terminal San Giorgio opera su aree che si estendono per 206.000 metri quadri e dispone di 1600 metri di banchina con 6 ormeggi lo-lo e tre ormeggi per navi ro-ro. Dispone di due linee ferroviarie interne dove poter formare treni completi.
La Messina sottolinea che il processo di integrazione non inciderà in alcuna maniera sugli attuali livelli occupazionali.
Il quadro del modo di vivere degli italiani al bar (immagine concessa)
MILANO – L’Italia è da sempre legata in modo inscindibile al mondo dei bar, luoghi di socializzazione dove si scambiano chiacchere bevendo un caffè o sorseggiando un cocktail, luoghi di condivisione dove si guarda la partita insieme o si gioca a carte, ma anche luoghi dove prendere un momento per sé, leggendo un giornale o godendosi un pasto in tranquillità.
Lo studio Acqua Brillante sui bar d’Italia
Quella del bar italiano, infatti, è una storia antichissima e in continua evoluzione: da punti d’incontro per artisti e poeti dove veniva servito il caffè, a salotti in cui poter parlare di politica e letteratura fino alla concezione moderna in cui l’Italia ha saputo differenziarsi creando una tradizione unica.
E proprio il bar all’italiana è diventato uno dei simboli del nostro paese, un luogo dove si va assiduamente con una frequentazione anche quotidiana che va dalla colazione, al pranzo fino al dopo-cena: il luogo deputato di Acqua Brillante.
Questo è quanto emerge da uno studio promosso da Acqua Brillante condotto su un campione di 30 baristi attraverso un monitoraggio dei principali social network, forum, blog e community lifestyle internazionali.
Acqua Brillante (immagine concessa)
Acqua Brillante – l’iconica tonica nata nel 1954 – già lo scorso anno aveva infatti dato vita a un progetto volto a far conoscere la storia, la qualità e l’autenticità dei bar italiani e quest’anno, continua a dar voce alle realtà brillanti raccontando anche i valori e le abitudini di consumo dei bar italiani attraverso la voce dei baristi.
Oggi, nonostante non esista una maniera univoca di vivere il bar, sia per la domanda che per l’offerta dei bar stessi, ciò che ne accomuna ogni tipologia però è l’atmosfera di convivialità che si respira in ognuno di essi e che è l’essenza stessadei Bar Brillanti.
Secondo i baristi intervistati, infatti, i principali valori che contraddistinguono il bar all’italiana sono convivialità e condivisione (62%), tradizione e abitudini (47%), prodotti di qualità del nostro territorio (45%), senza dimenticare svago e divertimento (40%) e socializzazione (35%). Proprio l’ultimo aspetto è confermato anche dall’indagine OPUS by Nielsen1 secondo cui 4 italiani su 5 scelgono il bar proprio come momento di evasione e socialità.
Il Bar Brillante, come il bar all’italiana, è un luogo di aggregazione, ritrovo e svago a 360 gradi. Dal leggere il giornale alle chiacchiere tra amici o con il barista, il bar ha saputo creare con il tempo un’atmosfera conviviale, popolare e autentica trasformandosi, per molti italiani, in una seconda casa.
Ma cosa cercano i clienti quando entrano in un bar?
Oggi, soprattutto nei paesi di provincia, il bar svolge un ruolo fondamentale nelle vite degli italiani e il locale stesso diviene un appuntamento fisso, un momento di fuga dallo stress quotidiano ed una distrazione. A dichiararlo gli stessi baristi, secondo cui ciò che i clienti ricercano maggiormente nei loro locali sono proprio momenti di relax ed evasione (61%), ma anche attimi di incontro e discussione (35%) e luoghi familiari dove sentirsi a casa (50%). A tutto questo si aggiunge l’esperienza al palato, che porta i clienti a prediligere l’uno o l’altro bar in base alle proposte di food&beverage (55%) e ad una tacita garanzia di qualità e tradizione che si cela dietro ai prodotti offerti dal bar stesso (47%).
E proprio la qualità e il made in Italy sono elementi essenziali per chi sta dietro al bancone. 8 baristi su 10 (81%), infatti, scelgono prodotti biologici, di qualità e di origine italiana non solo per questioni legate all’eticità ma anche perché conferiscono una caratteristica distintiva al locale grazie al posizionamento premium dei prodotti, oltre al fatto che sono sempre più richiesti dai clienti.
Il made in Italy, inoltre, fa parte di una tradizione fortemente sentita nel nostro paese e che ci contraddistingue anche all’estero.
Cosa consumano maggiormente gli italiani al bar?
Le proposte di food & beverage privilegiate dagli italiani al bar variano in base ai diversi momenti della giornata ma la costante che rimane è sicuramente il caffè, scelto da 8 italiani su 10 (82%). Nella prima parte della giornata, che va dalla colazione al dopo pranzo, le alternative sono poi variegate: dalle bevande a base di caffè come cappuccino, caffè-latte o macchiato (65%), a succhi e spremute (35%), the (15%) e bevande sostitutive al caffè (18%).
Se si tratta di colazione, che ancora oggi è considerata dagli italiani “un rito sacro”, a padroneggiare insieme al caffè sono proposte dolci come croissant e paste dolci sfogliate (61%), torte e muffin (22%) o pasticcini (16%) mentre nella fascia del pranzo si preferiscono proposte salate dai toast ai rustici, ma queste variano in base alla tipologia di bar e alla presenza o meno di una cucina.
Nella seconda parte della giornata, invece, che include il pomeriggio, l’aperitivo e il dopo cena, rimangono le bevande analcoliche come le bibite (47%), i the e le tisane (25%), spremute e succhi (32%) insieme alle proposte di cocktail (56%) – sia alcoliche che analcoliche – sempre in grado di innovarsi e seguire le tendenze del momento.
Tra i trend in fatto di cocktail oggi si assiste ad un revamp del gin – grazie alla diffusione di numerose distillerie – nella sua più classica versione: il Gin Tonic. Grazie alle sue proprietà aromatiche e alla freschezza che è in grado di sprigionare, il Gin Tonic è sempre più gettonato in Italia e, insieme ad esso, anche le toniche di qualità utilizzate nella miscelazione che aggiungono gusto e frizzantezza e sanno fare la differenza nel cocktail. È il caso, per esempio, di Acqua Brillante, che grazie alla sua ricetta equilibrata e alla sua versatilità, è in grado di sposarsi alle diverse tipologie di gin.
Ma quali sono le principali tradizioni dei bar?
Per oltre la metà dei baristi (56%) la tradizione del proprio locale è legata ad una particolare modalità di preparazione e consumo di bevande e pietanze o addirittura invenzioni alimentari nate nello stesso locale e che sono rimaste nel percepito dei consumatori.
Il 30% invece, sostiene che la tradizione sia connessa ad una questione culturale dividendo i baristi che si definiscono “vecchio stampo” da chi, invece, rimane costantemente aggiornato e aperto alle nuove tendenze, anche internazionali, contaminandosi con altre culture senza mai perdere il legame con quei i riti tutti italiani come il caffè e brioche al mattino o il tipico “aperitivo all’italiana”.
Ogni bar, dunque, è legato a tradizioni e storie differenti che hanno preso vita anche e soprattutto grazie alla personalità del barista. Chiedendo ai baristi come si identificano e qual è il loro rapporto con i clienti, il 45% si definisce “confidente e amico”, implicando una relazione genuina e positiva con i clienti; mentre il 36% si definisce riservato e poco socievole.
Solo il 25% si identifica come “saggio e filosofo” in grado di avere ogni risposta e stupire i clienti diventando per questi un’ispirazione. Infine, il 41% si vede sempre “alla moda e creativo”, in grado di interpretare le ultime tendenze in ambito food&beverage ma anche di stile.
In Italia è dunque possibile sentirsi a casa, semplicemente entrando nel bar dietro l’angolo. Qui sono nate storie, amicizie, momenti indimenticabili. Questi sono luoghi entrati a far parte di noi grazie all’atmosfera che sono in grado di sprigionare: sono i bar all’italiana, deputati anche da Acqua Brillante. E ciò che li differenzia è proprio l’ambiente, fatto di autenticità e genuinità ma anche tradizione e un’origine tutta italiana, poiché nascono in Italia e hanno un forte legame con il territorio e le persone che lo abitano.
Quest’anno Acqua Brillante torna con un tour itinerante da nord a sud Italia – fatto di 7 tappe – in cui racconta la vera essenza del Bar Brillante, l’atmosfera che si vive, i valori che condivide, e tutto il gusto che l’iconica tonica è in grado di dare. 7 bar Brillanti accomunati dunque dai medesimi valori ma ognuno con la propria personalità e tradizione.
On Premise User Study (OPUS) – settembre/ottobre 2022
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