MILANO – Il cioccolato è uno dei dolci più apprezzati al mondo e una delle occasioni per celebrarlo è la Giornata mondiale del cioccolato, che si festeggia il 7 luglio. Perfetto da degustare davanti al proprio programma tv preferito o per regalarsi una coccola dopo una giornata stressante, il cioccolato è l’alimento più adatto per concedersi un momento di gratificazione personale, ma anche una pausa golosa.
Lo studio Just Eat per la Giornata mondiale del cioccolato
Cioccolato al latte, fondente o bianco. Sotto forma di cioccolatini, praline, tavolette o creme spalmabili. Il cioccolato è uno degli alimenti più antichi e dalle molteplici proprietà in grado di aggiungere un pizzico di dolcezza nella vita di tutti i giorni. In occasione della Giornata mondiale del cioccolato, Just Eat, parte di Just Eat Takeaway.com, uno dei leader mondiali nel mercato del digital food delivery, presenta i risultati di uno studio condotto insieme a BVA Doxa che indaga il rapporto degli italiani con il mondo dei dolci, e in particolare il ruolo del cioccolato e come le abitudini di consumo nel food delivery stiano evolvendo nel tempo.
Dalla ricerca emerge una panoramica che evidenzia come per il 49% degli italiani il cioccolato sia visto come un dolce da mangiare da soli per concedersi un momento di relax.
Dove e quando il cioccolato fa la differenza: i momenti e i luoghi di dolcezza secondo lo studio
Il cioccolato è uno degli ingredienti più apprezzati quando si tratta di concedersi uno sfizio goloso o preparare dolci invitanti. Dai famosi tortini con il cuore caldo, alla classica crêpes al cioccolato, il gusto inconfondibile di questo alimento è il protagonista indiscusso in diversi momenti della giornata.
La ricerca rivela che la maggior parte delle persone preferisce ordinare dolci a domicilio dopo i pasti e il cioccolato risulta essere particolarmente apprezzato la sera. Infatti, viene ordinato principalmente dopo cena (55%), dopo pranzo (45%), ma anche come snack notturno (16%).
Proprio come per il consumo di dolci, il cioccolato viene gustato principalmente tra le mura domestiche (78%) e solamente il 16% degli italiani dichiara di consumarlo sia a casa, sia fuori casa. Ma quali sono i momenti preferiti per assaporare questo alimento? Perfetto quando si guarda la tv (47%), nella vita di tutti i giorni (42%) per ricaricarsi dopo i numerosi impegni quotidiani, ma anche al lavoro o più in generale fuori casa (26%) e infine durante le feste (20%).
Più in generale, il cioccolato è uno snack dolce che viene consumato velocemente, per questo motivo il momento preferito per gustarne un pezzettino è da soli (49%). Apprezzato particolarmente anche insieme a partner o familiari (40%).
Il cioccolato è associato ad affascinanti curiosità e, come dimostra lo studio, gli italiani collegano l’esperienza di consumo a caratteristiche quali il suo carattere goloso (93%), gratificante (91%) e pratico (88%).
Tra le ragioni che spingono i consumatori a mangiare questo dolce emerge la volontà di concedersi un momento di gratificazione personale, mangiando qualcosa di sfizioso (58%), la voglia di concedersi un momento di relax (44%) e la possibilità di ricaricarsi e di mangiare un alimento energizzante (43%). Il cioccolato viene descritto come universale, nutriente e sfizioso, questi gli aggettivi in assoluto più attribuiti al cioccolato.
Allegro, energizzante e prelibato, il cioccolato è in grado di sollevare il morale e far tornare il sorriso. Spesso viene associato e consumato a seguito di momenti di particolare tensione emotiva o fisica, in quanto in grado di alleviare le delusioni e lo stress. Chiunque, almeno una volta nella vita, si è trovato alla fine di una giornata particolarmente impegnativa e carica di emozioni seduto sul divano con in mano una tavoletta di cioccolato o qualsiasi altro dolce a base di cioccolato, come una cioccolata calda. Subito dopo aver mangiato un dolce, si prova una sensazione di benessere, effetto particolarmente sentito tra i più giovani (18-34 anni).
La tipologia di cioccolato preferita dagli italiani: al latte, fondente o bianco?
Esistono molte tipologie di cioccolato che differiscono per sapore e forma, a seconda della qualità e della tostatura dei semi di cacao, del processo di lavorazione utilizzato e del paese in cui il cioccolato viene prodotto.
Come emerge dalla ricerca, il cioccolato fondente, oltre ad essere perfetto per regalarsi un goloso momento di pausa, è la tipologia preferita dagli italiani (34%), segue la versione più dolce e zuccherina del cioccolato al latte (33%), e quella con una marcia in più, il cioccolato extra fondente (20%). Infine, utilizzato molto spesso in ricette e adatto per abbinamenti con alimenti in contrasto, il cioccolato bianco è la tipologia preferita dal 12% degli italiani.
Focalizzando l’attenzione solamente sulle prime due varianti, il cioccolato dimostra di avere una duplice preferenza: chi lo preferisce nella versione fondente, soprattutto tra le persone nella fascia d’età tra i 55-64 anni, residenti nel Centro Italia e chi, invece, lo preferisce nella versione al latte, specialmente i più giovani (18-34 anni), residenti al Nord-Est. La fascia di età più giovane mostra anche un particolare apprezzamento per il cioccolato bianco.
Luoghi e momenti di piacere: il consumo di cioccolato e i gusti degli italiani
Amato in svariate forme, il cioccolato viene consumato da Nord a Sud incontrando i gusti dei palati più esigenti: in versione fredda o calda, presente in ricette di dolci cotti o in purezza. Al primo posto secondo lo studio per quantità di chili ordinati a domicilio tramite la piattaforma Just Eat, si trova Roma con oltre 4.7 mila chili di cioccolato ordinato. Nella capitale la variante preferita sono i donut al cioccolato. Bologna e Napoli si aggiudicano rispettivamente il secondo e terzo posto con oltre 3.2 mila chili una, e quasi 3 mila chili l’altra; non ci sono dubbi circa i gusti dei consumatori: il cornetto al cioccolato al pistacchio e al cioccolato bianco trionfano in città.
Proseguendo nella classifica delle città più golose, Genova, con 1.2 mila chili e Milano, con 910 chili, esprimono una netta preferenza per il milkshake al cioccolato e a seguire i donut al cioccolato. Al quinto posto in classifica Torino che raggiunge quota 830 chili di cioccolato ordinati.
In città, i churros con il cioccolato si diffondono conquistando il cuore dei torinesi. Si trova poi Trieste con 630 chili e con le intramontabili crêpes al cioccolato, Pisa che consuma 526 chili di cioccolato e dove i donut al cioccolato sono tra gli ordini più richiesti. Nella penultima posizione, Parma, con 374 chili ordinati, che esprime una preferenza per i muffin al cioccolato bianco. Chiude la classifica Firenze con 361 chili di cioccolato ordinati e con tasche al cioccolato al primo posto.
Ma quali sono i momenti preferiti per ordinare cioccolato? Per quanto riguarda la scelta dei giorni della settimana per concedersi una dolce coccola, il weekend risulta essere il periodo preferito dagli utenti Just Eat. In particolare, il maggior numero di ordini si concentra il sabato e la domenica.
Nel corso dell’anno, invece, la maggior parte delle persone mostra una preferenza costante per il consumo di cioccolato, con un picco nei primi tre mesi. A gennaio 2022, ad esempio, è stata registrata la cifra più alta in assoluta di oltre 2.9 mila chili di cioccolato ordinato. Nel complesso, durante lo scorso anno, sono stati ordinati oltre 25.5 mila chili di cioccolato, e solo nella prima metà dell’anno gli ordini hanno sfiorato quota 10 mila chili di cioccolato.
Il centro della nuova creatività di Cape Town è a Woodstock, ex quartiere operaio dove si sono insediati con il tempi artisti, designer e atelier. Proprio al centro della recente corrente artistica che pervade il Sud Africa c’è il trend Victorian Futurism, in cui il caffè è protagonista. Leggiamo di seguito parte dell’articolo di Mariateresa Montaruli pubblicato sul quotidiano Il Sole 24 Ore.
Il Victorian Futurism a Cape Town
CAPE TOWN – Nel city centre c’è un grande boom di caffè di nuova generazione, decisamente shabby o all’insegna di un trend chiamato Victorian Futurism, che provvedono a tostatura e torrefazione, come se il fai da te o l’hand made fosse una necessità indispensabile nell’estrema Africa del Sud.
C’è una Vespa d’epoca smantellata sulla parete del Deluxe Coffee Shop al 25 di Church Street dove i chicchi arrivano da Brasile, Guatemala ed Etiopia e si degusta cioccolato grezzo nel minuscolo Honest dove il cioccolato è dolcificato con sciroppo d’agave, ottenuto da fave di cacao bio e raccolte con criteri etici, in Wale Street. Decorato con oggetti dell’epoca appartenuti ai primi treni a vapore è il Truth Coffee.
L’appuntamento più chic, un po’ fané, resta quello del tè del pomeriggio al Mount Nelson, la fattoria d’epoca coloniale tutelata come Bene Culturale trasformata in “hotel storico”: ci si accomoda in veranda, con vista su curatissimi giardini, per scegliere infusi e tartine.
Ogni primo giovedì del mese il centro città diventa pedonale, i negozi e le gallerie rimangono aperti fino a tardi e vengono organizzati piccoli concerti o djset. Sempre in centro, l’indirizzo per comprare artigianato locale è il Green Market Square.
Il tutto, al cospetto del Table Mountain National Park, l’altopiano che si eleva improvviso dietro la città, raggiungibile anche in funivia a emissioni zero, da cui il panorama è mozzafiato.
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Le 3 donne dietro Drink Coffee Congo (foto concessa)
MILANO – Fatuma Lokembo è la fondatrice dell’azienda importatrice di caffè verde specialty congolese – proveniente principalmente dalla parte repubblicana -, Kiziwa Coffee – parola che significa acqua tranquilla del lago dove solitamente cresce il caffè -, con sede a Dubai ma molto attiva in questo Paese africano a contatto con i coltivatori.
La missione finale: far conoscere l’eccellenza del caffè congolese nel mondo e migliorarne allo stesso tempo la qualità attraverso l’educazione, l’apprendimento e la condivisione di nuove best practice tra i produttori.
Tutte queste premesse e obiettivi sono stati illustrati durante la conferenza di quattro giorni a Bukavu per presentare Drink Congo Coffee Tour, un’organizzazione che mira a cambiare la narrazione del caffè specialty congolese, nata dalla forza e dalla visione combinata di tre donne: Fatuma Lokembo, fondatrice di Kiziwa Coffee (Dubai, Emirati Arabi Uniti), Déborah Kabwang, fondatrice di Kanfuela Kaffé (Phoenix, AZ/USA), Linda Mugaruka, fondatrice di Yetu Qahwah (Bukavu, D.R. Congo).
Ma prima ancora, in questo percorso di valore aggiunto, Fatuma ha incontrato altri professionisti che hanno affiancato lei e la sua azienda per far crescere il progetto alle origini: Davide Spinelli, Renata Zanon, con l’impegno di BWT Italia, sono stati coinvolti in un corso incentrato sull’importanza dell’acqua in ogni fase della filiera, dal campo alla preparazione del caffè.
Come è nato Drink Congo Coffee?
Imparando l’importanza dell’acqua (foto concessa)
“Vendevo chicchi verdi dal Congo a Dubai quando mi sono messa in contatto con una torrefattrice di Phoenix Arizona, Deborah, con la quale condividevo la stessa visione sul caffè congolese: stavamo cercando di capire come venderlo di più e come la gente vedeva questi prodotti da un punto di vista esterno. A sua volta, lei conosceva già Linda, una Q Grader con sede in Congo, con la quale abbiamo fissato gli stessi obiettivi.
Ci siamo dette: facciamo qualcosa per il nostro Paese e per i coltivatori, perché per loro è davvero difficile vendere il caffè e anche per me lo è importarlo. Fino ad oggi, ogni volta che la gente assaggia le nostre origini le apprezza, eppure alla fine non lo compra perché le trovano troppo costose. Dovevamo quindi impegnarci per vedere se in Congo fosse possibile abbassare il prezzo di importazione.
E poi volevamo andare ancora oltre e capire perché la gente non si fida del caffè congolese. Allora come fare? Parlandone, facendo capire alla gente il duro lavoro che c’è dietro al chicco.
Abbiamo pensato: cerchiamo e invitiamo persone da altri Paesi per far loro vedere come si lavora in Congo e per insegnare ai coltivatori ad essere eccellenti e a coltivare un caffè migliore.
Abbiamo avuto l’idea di tenere corsi con professionisti che avessero esperienza nel settore del caffè. Avevamo bisogno di qualcuno di cui le persone potessero fidarsi profondamente, e di qualcun altro che diffondesse la parola. Dare consigli e informazioni a cui i coltivatori normalmente non hanno accesso.
Infatti, i corsi di solito sono troppo costosi per i contadini che non possono quindi permetterseli. Per questo scegliamo dei partecipanti in grado di condividere a loro volta la conoscenza acquisita: ci assicuriamo che i corsisti sappiano scrivere, che possano poi parlare e spiegare agli altri nella lingua locale ciò che hanno imparato.
Al corso sull’acqua c’erano 26 iscritti, ma molte altre persone avrebbero voluto frequentare. Purtroppo il laboratorio era troppo piccolo: per questo abbiamo in programma di costruirne un altro con il progetto Drink Congo Coffee. Almeno avremo due posti dove le persone potranno venire a fare lezione.
Il nostro obiettivo è coinvolgere i congolesi lungo tutta la filiera: in questo modo aiuteremo la comunità vendendo il caffè a un prezzo più basso”.
Renata Zanon:” Prima di conoscere Fatuma, mi sono resa conto di non aver mai assaggiato uno specialty del Congo in vita mia. Questo perché il caffè congolese pone diversi problemi: per esportare il caffè dalla piantagione al porto di un altro Paese, devi pagare un sacco di soldi a persone che ti fermano sulla strada e ti chiedono denaro per attraversare quel percorso.
Così il prezzo del caffè congolese aumenta ancora prima che raggiunga i confini di altri Paesi africani: deve attraversare un altro Paese per arrivare al mare – il Congo non ha un passaggio diretto -. Per questo motivo il caffè congolese finisce sul mercato nero o in Ruanda, dove viene venduto come il loro caffè. Ecco perché nessuno conosce il caffè congolese.
E di solito quando questo arrivava in Europa, all’inizio non era un buon caffè, perché i campioni che venivano inviati al torrefattore non erano gli stessi che poi il torrefattore trovava nei sacchi. Quindi la prima cosa che dovevamo fare quando vendevamo i campioni ai torrefattori era assicurarci che i sample fossero gli stessi prelevati dagli stessi sacchi.
Quindi, se il campione era, ad esempio, valutato con 84 punti, allora avrebbero dovuto ricevere lo stesso specialty di 84 punti nelle bags. Ho coinvolto molte persone inviando campioni di Fatuma e parlando con importatori e torrefattori di caffè. Ma ancora una volta, il prezzo non valeva la qualità ricevuta.
Infatti, Fatuma, mentre esporta il verde dal Congo a Dubai, deve pagare un alto prezzo anche solo per fargli attraversare il Paese. Quando il caffè raggiunge finalmente Dubai e i magazzini, ha già speso molto denaro.
Abbiamo quindi deciso di parlare innanzitutto del caffè congolese, prima di parlare di Kiziwa Coffee. Abbiamo provato ad andare di persona in Congo, ma l’ambasciatore italiano in loco ha detto a me e a Davide Spinelli di non andare perché poteva essere pericoloso per noi. Ma non era esattamente la verità”.
Fatuma: “Questo fa parte del modo in cui il Congo viene percepito. La gente non si rende conto che è un Paese grande e che possiamo evitare quelle zone che non sono sicure”.
Renata: “Questo è il motivo per cui pensiamo che si debba raccontare il caffè in Congo. La gente parla solo della guerra e dei ribelli”.
Fatuma: “Quello che la gente deve vedere sono i cittadini che stanno dietro a questa guerra, che vivono, lavorano, fanno affari in Congo. La gente vuole far conoscere il proprio Paese non solo per tutti i minerali, come l’uranio venduto al mercato nero. Parliamo di ciò che è buono e di ciò che gli agricoltori stanno facendo. Molti di loro hanno un sacco di caffè che non riescono a vendere.
L’unico che viene venduto è quello per i commercianti che arrivano ancor prima del raccolto. Vanno a trovare i coltivatori e chiedono loro di pagare le ciliegie prima che siano mature. Attraversano il confine e pagano: se molte ciliegie vanno al mercato nero, è ovvio che però quelle rimaste avranno un prezzo più alto per l’esportazione.
Dobbiamo far capire agli agricoltori che devono conservare le ciliegie e poi dobbiamo fare in modo che possano venderle senza fallire”.
E il corso sull’acqua?
Renata Zanon: “La gente non aveva idea che l’acqua potesse davvero influire sul gusto del caffè, fin dall’inizio.
Quando hanno ricevuto i filtri BWT (foto concessa)
Abbiamo chiamato Sergio Barbarisi di BWT Italia e gli abbiamo chiesto di aiutare Fatuma e la comunità congolese. Sergio ha accettato di investire un budget per creare e sistemare l’acqua nel laboratorio. Ma naturalmente non era sufficiente. Abbiamo quindi coinvolto Davide Spinelli per tenere un corso online di tre ore sull’acqua. Era in inglese e poi Fatuma lo ha tradotto in francese”.
Davide Spinelli: “Ho parlato dell’acqua in ogni fase della filiera, spiegando loro come quella pulita possa cambiare il gusto del caffè. Ho cercato di non andare troppo in profondità, ma poi ho capito che molti studenti erano curiosi di saperne sempre di più.
Ho spiegato loro come l’acqua può comportarsi durante la raccolta, la lavorazione e nella tostatura. Ho potuto interagire con i partecipanti che erano davvero coinvolti e felici. Hanno assaggiato l’acqua del rubinetto e poi quella in bottiglia e sono rimasti scioccati dalle differenze tra le due.
Naturalmente per me la parte più difficile è stata insegnare loro online, perché preferisco guardare le persone negli occhi per vedere la loro sorpresa nello scoprire cose nuove. Una volta appreso i concetti, hanno capito l’importanza della qualità dell’acqua per cambiare l’approccio nel loro lavoro”.
Ma com’è l’acqua in Congo?
Fatuma: “Non possiamo nemmeno dire che tipo di acqua ci sia in Congo. Non abbiamo dati a riguardo. Possiamo sentire le differenze, ma dovremo prendere dei campioni per sapere come migliorarla. Mi hanno chiesto da che tipo di acqua siamo partiti, ma non possiamo rispondere con esattezza, perché non abbiamo informazioni in merito”.
Renata Zanon: “È stato davvero difficile organizzare le slide del corso per questo motivo. Davide non sapeva da dove partire perché non conosceva nulla dell’acqua africana in generale. L’acqua del rubinetto è sicura in Europa, ma non potevamo dire che fosse lo stesso dell’acqua congolese. Gli ci sono volute un paio di settimane per preparare quella lezione senza nemmeno sapere cosa significa acqua pulita in Congo. Noi potevamo solo sapere che l’acqua che usano nella fattoria per lavare le ciliegie era sicura, perché proviene dalle profondità delle falde acquifere.
Ma quando abbiamo fatto gli esperimenti con l’acqua del rubinetto e l’acqua delle bottiglie per l’estrazione, le persone sono rimaste molto sorprese dalle differenze e non pensavano nemmeno che fosse possibile.
La conoscenza in generale è ciò di cui hanno bisogno i farmer: devono sapere come selezionare le ciliegie e non mettere i chicchi diversi nei sacchetti, perché non sanno ancora che il modo in cui stanno innaffiando il caffè potrebbe fare la differenza nella tazza finale.
Dobbiamo davvero avere un impatto su tutta la catena. Riuscire ad avere un ottimo caffè farà sì che la gente pensi di comprare lo specialty congolese invece di quello etiope perché è buono allo stesso modo. Abbiamo una possibilità.
Molte delle persone che hanno partecipato ai corsi condivideranno le informazioni e le conoscenze con tutti gli agricoltori. La gente non si fida dei formatori locali certificati ed è per questo che dobbiamo far venire in Congo professionisti dall’esterno.
BWT ha anche inviato alcuni filtri per l’acqua in Congo e siamo riusciti a ripararli per avere finalmente un’acqua molto buona nel laboratorio! Sono stata molto felice di ricevere i filtri da BWT Italia e so che sono molto costosi: sono davvero molto grata.”.
Il processo di miglioramento è lungo: la cosa più difficile è cambiare il modo di pensare, stimolare il desiderio di fare un caffè migliore. Ma quando le persone si rendono conto che soddisfare il cliente finale è possibile, siamo tutti in grado di cambiare. Se una sola delle persone che hanno frequentato i corsi muterà il proprio comportamento, sarà un grande miglioramento per tutte le persone del Paese. Un passo dopo l’altro ci farà crescere”.
I prossimi progetti per Drink Congo Coffee
“Faremo un resoconto di quello che abbiamo fatto fino ad ora, facendo il punto su quali sono i problemi ancora da risolvere. A Goma c’era il direttore dell’ONAPAC – Organizzazione per il caffè e altri prodotti agricoli – di Bukavu ed era disposto a coinvolgere i contadini in questo progetto.
Ma il tutto richiede molto tempo, energie e denaro prese alle nostre aziende private e noi dobbiamo prima recuperare l’investimento. Quindi vi mando questo messaggio: se siete un’organizzazione pubblica, mettete insieme le risorse e aiutate le persone a sentirsi al sicuro qui in Congo, agevolandole nel processo di pagamenti, passaporti, logistica, viaggi e accoglienza. Aiutateci con i documenti e i bilanci: se vogliono farlo, dobbiamo lavorare con l’aiuto del governo per i prossimi tempi”.
Maurizio Mutti, consumer panel cluster lead di GFK
BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Ancora nella sede del Campus Simonelli Group, continua la serie degli interventi che si sono alternati durante il convegno organizzato dal Consorzio promozione caffè e Simonelli Group: Maurizio Mutti ha esposto i tanti dati interpretati su una ricerca condotta da GFK, società specializzata in analisi demoscopiche. Per questa relazione sono state analizzate le abitudini su un campione rappresentativo di 15mila persone che ci restituisce una fotografia precisa di un’abitudine fortemente radicata tra gli italiani come è il consumo di caffè.
Ai link seguenti, gli altri interventi (qui, qui e qui)
“Quello che abbiamo a disposizione è un campione di 15 mila famiglie e su base giornaliera. Ogni volta che acquistano prodotti di largo consumo, tracciano gli articoli e così possiamo avere dei dati relativi sia al mercato fuori casa che domestico.
Partiamo con un’overview di quello che è il comportamento di acquisto per il consumo domestico a livello di FNCG: le famiglie italiane stanno cercando di mantenere, ogni volta che fanno la spesa, uno scontrino simile al passato.
Una cosa molta difficile in virtù del fatto che c’è stato un fortissimo aumento dei prezzi e si cerca di compensare questo rincaro, mantenendo stabile quanto è stato in passato (21,6 euro del 2021, 21,9 euro nel 2023) ma devono acquistare più spesso.
Preferiscono una frequenza di acquisto maggiore perché questo gli dà modo di visitare retailer diversi, trovare offerte speciali e andare più spesso nel canale discount rispetto al passato, per risparmiare.
Questi dati sono su base 12 mesi, gli ultimi sono stati raccolti a maggio.
Abbiamo voluto analizzare quello che è successo negli ultimi 9 mesi per avere un quadro più preciso di quello che è stato l’aumento dei prezzi che è iniziato alla fine del 2022. Si riscontra anche qui, per la prima volta, un calo di volumi. Mentre prima le famiglie cercavano di fare da out trading, quindi acquistare anziché delle marche, delle private label, o delle categorie che permettono lo stesso utilizzo (per esempio passando dal burro alla margarina) ora non è più possibile e quindi è iniziato a diminuire il consumo e i volumi.
Lo scontrino medio aumenta meno rispetto a quanto non faccia la frequenza: il +13% circa in termini di spesa media familiare, si traduce in 246 euro in più all’anno in famiglia. Ovviamente questo dipende dalla classe socio economica, impatterà di più su quelle che hanno un reddito più basso.
Entriamo a vedere cosa succede nel nostro mercato nel consumo domestico. La prima cosa da segnalare è che l’85,8% delle famiglie nell’ultimo anno ha acquistato il caffè. Quindi è una delle categorie più penetrate nel largo consumo. Abbiamo registrato tutti i segmenti: dal macinato alle capsule e cialde, sino al solubile e i grani.
Un aspetto va però segnalato. È che partendo da quello che era il pre pandemia, era poi aumentato molto il numero di famiglie italiane (600 mila circa) che avevano aggiunto il caffè nelle sue diverse forme per il consumo domestico, a partire dal primo anno.
Numero che si era mantenuto e che adesso inizia a tornare ai numeri precedenti alla pandemia.
Dal punto di vista della frequenza d’acquisto si rispecchia quello che abbiamo registrato precedentemente a livello di largo consumo: anche in questo caso le famiglie italiane stanno acquistando più spesso il prodotto e quindi anche la spesa media è in aumento, sia per una questione di prezzo, sia per il mix delle tipologie di caffè che ci sono.
Segnaliamo il fatto che precedentemente e anche successivamente alla pandemia, il possesso delle macchine di caffè in casa è aumentato, per via dei vari sistemi chiusi (Nespresso, Lavazza A Modo Mio).
Solo 4 anni fa era il 26% delle famiglie ad avere uno di questi sistemi, oggi sono il 43%, un aumento fortissimo. Lo stare di più in casa ha portato a questo incremento importante.
Abbiamo il 26,5% di famiglie che possiedono una macchina classica e le automatiche rimangono una nicchia, per il 3.7% delle famiglie italiane. Se li sommiamo, c’è poca sovrapposizione tra i tre: se si ha un sistema chiuso non si ha una classica o un’automatica. Segnalerei che circa i 3-4 delle famiglie italiane ne possiedono una delle tre.
Il mix dei tipi di caffè che le famiglie stanno acquistando
Precedentemente il macinato veniva acquistato dal 71% delle famiglie, due anni fa, oggi questa percentuale è scesa al 63,4%. Aumenta tantissimo in termini di penetrazione è l’acqcuisto delle capsule, che va di pari passo con le macchine e così per le cialde. Il fatto che si acquistino più capsule e più cialde porta a una premiumizzazione del mercato. Se guardiamo la spesa per le capsule è decisamente più alta rispetto a tutti gli altri segmenti.
Concludendo: il mix sotto le capsule tra originali e compatibili
Abbiamo diversi sistemi, ognuno di essi può funzionare con le capsule originarie o compatibili. È avvenuto nel tempo uno shift delle originali nei confronti delle compatibili: sono sempre di più le famiglie che tendono ad avere entrambe, c’è una forte diminuzione di quelle famiglie che acquistano solo originali o solo compatibili. Può esser un’opportunità piuttosto che una minaccia.
Il mercato out of home
Qui non parliamo più di famiglie, sono invece consumi individuali e fanno riferimento a singole persone. Guardiamo ai 60 milioni di individui che vivono in Italia.
Abbiamo fatto un ranking di quelle che sono le percentuali degli individui che consumano le diverse categorie e il caffè è al terzo posto: viene acquistato da 8 italiani su 10 su base annua. Al terzo posto, dietro l’acqua minerale e le bibite gassate. La quarta categoria è la birra che però e rimane più staccata dalle altre.
Come aumentare i consumi nell’out of home
Siamo andati a vedere in termini di opportunità, per i canali e per altre variabili, quelle che possono essere dei veicoli per trainare ulteriormente la penetrazione della categoria. Se si riuscisse per esempio a far sì che nella pasticceria anziché il 36.7% di chi visita questo canale acquistasse il caffè un 50% si avrebbero degli atti di consumo in più e quindi crescerebbe il mercato in assoluto.
Il canale principale resta il bar: chi visita il bar, per 3/4 consuma il caffè. Segue la vending machine e la stazione di servizio dove circa una persona su due consuma il caffè una volta all’anno. Tutte le altre tipologie di canali restano staccate.
Abbiamo anche osservato queste dinamiche per il totale della categoria per le fasce d’età: se escludiamo i minorenni, 18-24 anni è quella parte della popolazione che tende a consumare meno caffè. C’è un discorso sia dal punto di vista di veicolare la penetrazione, sia di educazione prospettica: andando avanti nel tempo, se non educhiamo queste persone al consumo di caffè, si perderanno delle opportunità future.
Dai 25 anni in su, 9 su 10 lo consumano. C’è un calo dai 65 anni in su.
Un’altra cosa è la tipologia del caffè che viene acquistato dagli italiani
Due italiani su 3 consumano l’espresso tradizionale. Il 40% consuma il cappuccino, il caffè macchiato da un italiano su tre e molto staccate le altre tipologie. Abbiamo al momento, facendo una media, un 2.3 tipologie di caffè che vengono consumate su base annua da una persona media.
Se riuscissimo a re incrementare il consumo e la penetrazione delle categorie più basse, questa sovrapposizione aumenterebbe e sarebbe un’ulteriore possibilità di sviluppo per la categoria.
Queste tipologie osservate anche per come si differenziano in termini di scelta fra le diverse fasce d’età
Il caffè espresso trova il suo picco tra i 35 e i 44 anni e resta abbastanza costante nel tempo. Altre cose da segnalare: il ginseng tende ad esser molto presente tra i 35 e i 44, mentre la penetrazione del caffè è meno alta tra le fasce d’età sopra i 25 anni e fra i 65 e più. Dove la penetrazione del decaffeinato è più alta.
Non è solo tipologia e canale, ma abbiamo osservato i momenti di consumo
C’è certamente una forte predisposizione a consumare l’espresso durante la mattina, dalla colazione in su. Il 57% di chi consuma il caffè lo fa a colazione e poi il 49% durante la mattina. C’è poi una flessione.
Si riprende un po’ durante il pomeriggio, per la necessità di riprendere energia. E successivamente, subito prima di cena, a cena e anche dopo cena, i dati di prenetrazioni sono più bassi.
Bisognerebbe trovare modalità per stimolare i consumi in fasce diverse rispetto alla colazione e alla mattina.
Da ultimo abbiamo voluto mettere in relazione tra i momenti di consumo e le tipologie di caffè più presenti tra di loro.
Nella colazione ha un ruolo importante il cappuccino, mentre nelle altre parti della giornata ha una presenza più bassa. L’espresso emerge come protagonista: ha sempre una penetrazione più alta nella colazione e rispetto agli altri. Ci sono opportunità per il decaffeinato e il ginseng più avanti durante la giornata.
Fra uomo e donna, le differenze di scelta
Il ginseng è molto più scelto dalle donne. Abbiamo messo in relazione anche delle categorie adiacenti e intercambiabili: le altre bevande calde come il tè e gli infusi vengono anche in questo caso più scelte dalle donne. L’uomo si orienta più verso il consumo di espresso tradizionale.
Sostenibilità: possibilità per il consumatore
Abbiamo dato un questionario attraverso cui determinare quali sono i consumatori che sono eco active, consapevoli sulla sostenibilità e fanno qualcosa a riguardo, gli eco consider che sono consapevoli ma non agiscono tanto e gli eco dismisser che ritengono che la sostenibilità non è un argomento importante.
Stiamo confrontando i diversi cluster all’interno dell’Italia e la loro evoluzione nel tempo, paragonandoli a 11 paesi europei. Si evince che in Italia gli eco active sono superiori in termini numerici rispetto agli altri paesi anche se nell’ultimo anno si sta ridimensionando di questo target: dal 26.5 nel 2021 e si passa a 24.4. Sopra la media comunque rispetto agli altri paesi europei, prima della crisi economica si pensava aumentasse ancora di più. In prospettiva resta un target interessante.
Analizzare diversi target all’interno degli acquirenti delle tipologie
Se si è eco active si tende ad acquistare meno capsule rispetto alle altre tipologie di caffè. Per quanto riguarda le capsule c’è un discorso di sostenibilità più complesso rispetto alle altre categorie.
L’utilizzo dell’italianità per attrarre chi afferma di esser dentro le tematiche sostenibili
Quante famiglie in Italia acquistano prodotti italiani o con claim italiani, sono molto di più rispetto a coloro che affermano negli altri paesi di acquistare prodotti locali. Perché? Perché sono più sostenibili e di migliore qualità. Nel caffè sfruttare questo è molto più semplice.
Quattro messaggi fondamentali
Da un punto di vista della penetrazione: per far crescere una categoria è importante aumentare coloro che l’acquistano. Ci sono diverse leve per farlo: la diversifcazione delle scelte tra consumi e canali, i target (maschile-femminile o fasce d’età), la sostneibilità, ancora in futuro una leva che tornerà.”
Giuseppe Lavazza è il Presidente del Gruppo Lavazza e del Comitato italiano del caffè in Union Food (immagine concessa)
MILANO – Lavazza non abbasserà i prezzi al consumatore prima del 2024, a fronte di una situazione che rimane difficile e complessa. Così il presidente del gruppo torinese Giuseppe Lavazza in un’intervista all’agenzia britannica PA Media. L’anno scorso, Lavazza ha aumentato i prezzi in media del 6,2%, comprimendo fortemente gli utili.
Per il 2023 non sono previsti ulteriori rincari, ma ciò impatterà ancora i profitti del gruppo, visti gli incrementi “senza precedenti” nei costi della materia prima. E non solo.
L’economia globale ha visto infatti lievitare i costi operativi in quasi tutti i settori e le componenti della supply chain.
Il gruppo spera di poter tagliare i listini il prossimo anno, nell’aspettativa di un calo dei costi energetici e della materia prima, ha sottolineato Lavazza.
E ha aggiunto: “Siamo tuttora in una situazione dove è molto difficile prevedere cosa possa accadere”.
“Pensiamo che, nel 2024, la situazione potrà migliorare un po’ e potremo avere dunque più stabilità in termini di prezzi delle materie prime e dell’energia, nonché per i cambi e i tassi di interesse”.
I prezzi – sostiene ancora Lavazza – sono tuttora sotto pressione, nonostante i parziali ribassi nei costi dell’energia. Specie a fronte degli aumenti dei tassi da parte delle banche centrali”.
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Nuova Simonelli lancia i macinini on demand MDJ e MDXS
I macinini professionali on demand MDJ e MDXS combinano tutta la tecnologia e l’ergonomia Nuova Simonelli per i coffee shop, catene e ristoranti che richiedono una macinatura consistente e di qualità, insieme alla semplicità d’uso e di manutenzione.
MDJ on demand è il macinino professionale di alta qualità. È il prodotto ideale per tutti i locali ad alta produttività per una macinatura fino a 3 kg di caffè al giorno, grazie alle sue macine da 75mm. Anche durante le ore di punta MDJ garantisce una macinatura precisa e velocizza il flusso di lavoro grazie al nuovo display touchscreen e al comodo gancio portafiltro che semplifica il lavoro del barista e ne riduce lo stress.
MDXS on-demand (immagine concessa)
Ancora più avanzato, l’MDXS on-demand con macine da 65mm ha una capacità di macinatura di 1,5 kg di caffè al giorno. Si distingue per la sua consistenza della dose, il funzionamento silenzioso e la facilità d’uso. MDXS permette di lavorare in totale comodità, velocizzando il flusso di lavoro con il nuovo display touchscreen e il gancio portafiltro.
MDJ e MDXS si caratterizzano per la loro silenziosità operativa: il nuovo sistema con sospensioni, infatti, isola il motore per eliminare i rumori indesiderati. La regolazione micrometrica della macinatura garantisce una precisione accurata della polvere di caffè, mentre il nuovo clump crusher offre un flusso continuo del caffè nel portafiltro riducendo gli sprechi.
Entrambi i macinini sono disegnati per favorire la pulizia e l’eventuale assistenza tecnica in modo semplice e veloce. Una soluzione ideale per garantire affidabilità e la riduzione dei costi di manutenzione.
Nuova Simonelli crede che il modo migliore per ottenere l’eccellenza sia aumentare lasemplicità e la facilità di utilizzo. L’approccio positivo ha spinto l’azienda a studiare sempre di più accorgimenti in grado di far lavorare bene il barista e aiutarlo ad essere più produttivo. È così che i macinini MDJ e MDXS si caratterizzano per l’estrema semplicità d’uso sia della macinatura del caffè che della pulizia giornaliera e quindi della manutenzione.
Lavazza di ritorno a Wimbledon (immagine concessa)
LONDRA – Lavazza, l’azienda italiana leader globale nel settore del caffè, conferma il ritorno al Grande Slam di quest’anno in qualità di caffè ufficiale al Torneo Wimbledon. L’impegno di lunga data di Lavazza a Wimbledon dimostra la dedizione del Gruppo nell’offrire autentiche coffee experience di prim’ordine agli appassionati di tennis.
Il torneo avrà luogo da lunedì 3 a sabato 16 luglio 2023. Durante le due settimane di partite, Lavazza garantirà un servizio perfetto per gli appassionati di tennis, in qualsiasi posto si trovino per guardare il torneo: nell’iconico Campo Centrale di Wimbledon o nel comfort di casa propria.
Lavazza al Torneo Wimbledon
“La nostra partnership con Wimbledon, ora al suo tredicesimo anno, non farà che rafforzarsi perché continuiamo ad offrire autentico caffè italiano di alta qualità per i visitatori e i giocatori di livello internazionale”, ha dichiarato il nuovo presidente del Gruppo, Giuseppe Lavazza. “La collaborazione di Lavazza con The All England Lawn Tennis Club testimonia il costante impegno del marchio a sostegno dello sport britannico. Il tennis occupa un posto centrale nella famiglia Lavazza e siamo felici di continuare a celebrare questo sport internazionale su una scena globale come quella di Wimbledon”.
La passione di Lavazza per il tennis, nata proprio a Wimbledon, ha forgiato un legame indissolubile tra il marchio e questo sport, sin dal 2011. In questi anni, Lavazza ha servito dieci milioni di caffè espresso agli appassionati di tennis di tutto il mondo. Per loro, sia all’interno del prestigioso campo di Wimbledon che all’esterno, nella Queue dove gli spettatori attendono con impazienza di entrare, il caffè Lavazza sarà servito in diverse versioni, da quelle più classiche alle edizioni limitate.
Durante le due settimane di torneo, Lavazza servirà l’autentico caffè italiano in oltre 70 punti di ristoro, in più varietà: dagli aromi delicati, fruttati e floreali, a quelli più ricchi, intensi e corposi.
Per tutta la durata del torneo, i visitatori di Wimbledon potranno degustare La Reserva de Tierra Colombia, una miscela sinonimo di eccellenza e sostenibilità.
Questa miscela unica è creata con il caffè fornito dalle comunità coinvolte nei progetti di responsabilità sociale della Fondazione Lavazza, che sostiene più di 100 famiglie di agricoltori per ripristinare le piantagioni.
Gli appassionati di caffè e tennis potranno inoltre gustare la loro tazza con tranquillità, sapendo che la sostenibilità è da sempre al centro del percorso e della strategia aziendale di Lavazza.
I recenti dati ambientali e sociali del bilancio di sostenibilità 2022 indicano quanto segue:
Il caffè del Gruppo è prodotto per il 98% con energie rinnovabili.
Fino al 2022, sono stati investiti €25 milioni nel Roadmap di Packaging Sostenibile.
Il 66% del packaging utilizzato dall’intero portafoglio prodotti del Gruppo è già riciclabile, con l’obiettivo di arrivare al 100% entro il 2025, in linea con il nostro Roadmap di Packaging Sostenibile.
Oltre l’89% dei rifiuti generati dagli stabilimenti produttivi viene recuperato e riciclato.
Il 97% dei rifiuti vegetali derivanti dalla lavorazione del caffè negli stabilimenti italiani viene trasformato in fertilizzante.
Per chi non potrà essere presente al torneo quest’anno, Lavazza offrirà un’esperienza Wimbledon nel cuore di Londra, accanto a Regent Street. Nel settembre 2021, Lavazza ha inaugurato il suo primo Flagship Store oltre i confini italiani, con un’iniziativa che rifletteva l’impegno dell’azienda ad investire nel mercato del Regno Unito.
Quest’anno, il Flagship Store è stato completamente trasformato in autentico stile Wimbledon. Con i famosi colori viola e verde, la facciata del Flagship Store è stata decorata con un’accattivante esposizione di gigantesche palline da tennis, che posizionate in verticale offrono un’esposizione di grande effetto, trasformando “Casa Lavazza” in “Casa Wimbledon” per le due settimane del torneo. Da uno speciale Afternoon Tea a tema Wimbledon, con golosi bignè ai lamponi e panna, fino all’accattivante Tennis Ball di cioccolato, il Lavazza Flagship Store servirà dolci prelibatezze di stile italiano agli appassionati di tennis nel centro di Londra per tutta la durata del torneo.
La dedizione del Gruppo al mondo del tennis professionale è costante sia nei confronti dei giocatori che degli eventi di maggiore spicco sulla scena internazionale. Dal 2019, Lavazza sostiene la stella emergente Jannik Sinner.
Oggi all’ottavo posto nella classifica mondiale della Association of Tennis Professionals, il tennista italiano è diventato il più giovante titolare ATP dal 2008, grazie alla vittoria del Sofia Open nel 2020.
Sulla scena globale, Lavazza ha mantenuto le partnership con il Roland-Garros e gli US Open, continuando anche ad essere Platinum Partner delle Nitto ATP Finals 2021-2025 che si svolgono a Torino. Queste collaborazioni dimostrano il costante impegno di Lavazza a sostegno del tennis su scala globale e fanno parte della sua più ampia narrativa come promotore di eventi sportivi di prim’ordine.
La scheda sintetica del Gruppo Lavazza
Lavazza, fondata a Torino nel 1895, è un’azienda italiana produttrice di caffè di proprietà dell’omonima famiglia da quattro generazioni. Il Gruppo è oggi tra i principali protagonisti nello scenario globale del caffè, con un fatturato di oltre 2,7 miliardi di euro e un portfolio di marchi leader nei mercati di riferimento come Lavazza, Carte Noire, Merrild e Kicking Horse. È attivo in tutti i segmenti di business, presente in 140 mercati, e con 8 stabilimenti produttivi in 5 Paesi.
La presenza globale è frutto di un percorso di crescita che dura da oltre 125 anni e gli oltre 30 miliardi di tazzine di caffè Lavazza prodotti all’anno sono oggi la testimonianza di una grande storia di successo, per continuare a offrire il miglior caffè possibile in qualsiasi forma, curando ogni aspetto della filiera, dalla selezione della materia prima al prodotto in tazza.
Il Gruppo Lavazza ha rivoluzionato la cultura del caffè grazie ai continui investimenti in Ricerca e Sviluppo: dall’intuizione che ha segnato il primo successo dell’impresa – la miscela di caffè – allo sviluppo di soluzioni innovative per i packaging; dal primo espresso bevuto nello Spazio alle decine di brevetti industriali sviluppati.
Un’attitudine a precorrere i tempi che si riflette anche nell’attenzione rivolta al tema della sostenibilità – economica, sociale e ambientale – considerata da sempre un riferimento per indirizzare la strategia aziendale. “Awakening a better world every morning” è il purpose del Gruppo Lavazza, che ha l’obiettivo di creare valore sostenibile per gli azionisti, i collaboratori, i consumatori e le comunità in cui opera, unendo la competitività alla responsabilità sociale e ambientale.
La scheda sintetica di Wimbledon
Il Torneo di Wimbledon è il più antico dei quattro Grande Slam del tennis e l’unico che si gioca su erba. Gestito da The All England Lawn Tennis Club e giocato sui campi del Club, Wimbledon si è sviluppato nel tempo: dalle sue origini come club di croquet privato per soci nel 1868, si è trasformato in uno dei più importanti eventi sportivi annuali del mondo e uno dei marchi più rispettati del settore.
BRACKNELL (Regno Unito) – Circana, società di consulenza leader nella gestione ed interpretazione della complessità del comportamento del consumatore, nata dall’unione tra IRI e NPD Group, pubblica gli ultimi dati CREST, che rivelano una continua ripresa della ristorazione in Europa, grazie al ritorno dei consumatori in bar, ristoranti e in altre strutture. La spesa totale del settore è tornata ai livelli precedenti alla pandemia (308 miliardi di euro nei 12 mesi terminanti a maggio 2023).
La spesa per la ristorazione in Europa: numeri alla mano
La Spagna è il Paese con la crescita più consistente (+8% nell’anno terminante a maggio 2023 rispetto al 2019). Segue a breve distanza l’Italia (+3%). La Gran Bretagna mostra un -1%. La Germania rimane poi leggermente indietro con un -2%, mentre la Francia, con restrizioni ancora in vigore all’inizio del 2022, registra ancora un calo (-6%).
Sebbene la spesa dei consumatori sia in ripresa, nella maggioranza dei Paesi i dati rivelano che il settore soffre ancora di un impatto a lungo termine del Covid, con 1 consumatore su 4 in Europa (24%) che ancora vede i ristoranti come luoghi dove si rischia di contrarre infezioni.
Il dato è inferiore per i luoghi dove è possibile mangiare all’aperto. Per questo motivo, e per via dei cambiamenti nei comportamenti dei consumatori, quali l’aumento del lavoro da casa e la continua crisi causata dal costo della vita, il numero di visite dei consumatori rimane ancora ben al di sotto dei livelli precedenti alla pandemia: -11%.
L’impatto varia fortemente in base ai diversi canali. Per la prima volta dall’avvento del Covid, nel giugno 2022, la spesa dei consumatori per i servizi di ristorazione veloce (QSR) ha superato i livelli pre-Covid, raggiungendo l’8% alla fine di maggio 2023.
I ristoranti a servizio completo (FSR, Full Service Restaurants) proseguono verso la ripresa (-3% per lo stesso periodo); mentre le mense di uffici e scuole continuano a subire una perdita a doppia cifra dovuta in gran parte alle nuove abitudini lavorative.
Jochen Pinsker, vice president FoodService – Europa di Circana, che da più di 20 anni si occupa del monitoraggio dell’andamento del canale Foodservice e del comportamento dei consumatori, afferma: “Molti operatori del settore possono vedere la spesa per i servizi di ristorazione come un segno di ripresa, ma ciò è principalmente dovuto all’inflazione che maschera la riduzione della frequentazione da parte dei consumatori. Tuttavia, esiste un ampio potenziale per il ritorno dei consumatori nei ristoranti dato dalla consumazione all’aperto che con la stagione estiva dovrebbe crescere.”
Circana rivela che l’aumento medio del conto pagato da ciascun consumatore che mangia fuori casa ha contribuito alla crescita del fatturato (+11% da maggio 2019 al 2023).
Sebbene le persone affermino di essere più attente ai prezzi, i loro comportamenti non sono cambiati significativamente: il prezzo come fattore di scelta (17%) è ancora un elemento marginale, mentre la soddisfazione relativa al rapporto qualità-prezzo (65%) e l’intenzione a tornare (60%), restano tra i principali driver di scelta.
Pinsker continua: “I livelli di fiducia rimangono bassi, poiché l’inflazione e l’incertezza economica sono fonte di preoccupazione per i consumatori; questo spiega perché stiamo osservando piccole modifiche nel loro comportamento volte a ridurre i costi dove possibile, ad esempio sfruttando promozioni, riducendo acquisti aggiuntivi e prediligendo canali d’acquisto più convenienti.”
Circana ha identificato tre aree chiave di crescita per il canale Foodservice:
1. La necessità di socializzare continua a motivare le persone a mangiare fuori (35% a maggio 2023). I dati hanno rivelato una possibilità di crescita per quanto riguarda le visite pomeridiane, che sono aumentate dal 18% nel 2019 al 21% post-COVID. Infatti, l’importanza di socializzare e delle visite di piacere è in aumento, a scapito degli acquisti più pratici.
Pinsker raccomanda: “Create un’atmosfera e un ambiente che invoglino i consumatori a passarvi più tempo. Cercate di estendere gli orari di apertura e di creare prodotti da condividere.”
2. Elevata richiesta di alimenti salutari e sostenibili, soprattutto dopo la pandemia. Il 50% dei consumatori ha affermato di essere più propenso a ordinare alimenti salutari nei ristoranti rispetto a prima della pandemia (nel 2019 rispetto al 2022). Inoltre, il 53% dei consumatori predilige ristoranti attenti alla sostenibilità (es. riduzione degli sprechi, dell’uso di plastica).
Pinsker aggiunge: “Sebbene offrire opzioni salutari e sostenibili sia importante, i nostri dati dimostrano che la qualità e la scelta dei prodotti sono i fattori più importanti per i consumatori quando decidono dove mangiare: 45%. Questo dato è seguito dall’ubicazione / atmosfera: 40%. Le promozioni sono state menzionate come fattore di scelta solo dal 5% dei consumatori.”
3. I consumatori amano ordinare con metodi digitali. Che si tratti di consegne a domicilio, ordini da asporto o chioschi, questa spesa ha raggiunto i 31 miliardi di € (dati di maggio 2023). Il servizio “clic&collect” è oggi quello più in rapida crescita: era in aumento già prima della pandemia, ma è esploso durante quel periodo e registra ancora incrementi – con una crescita del 10% rispetto alle cifre del 2022 – fino a raggiungere i 10 miliardi di € nel 2023.
Pinsker commenta: “Il servizio “clic&collect”si è rivelato popolare tra i consumatori durante e dopo la pandemia. Poter evitare le procedure di pagamento, ordinare con i propri tempi e godere dei programmi fedeltà ha riscosso successo. Tuttavia, i ristoranti faticano ancora ad adeguare le opzioni di consegna.”
Note:
I dati del panel CREST forniscono informazioni relative ai consumatori reclutati tramite il panel online di Circana in cinque diversi Paesi europei (Francia, Germania, Italia, Spagna e Gran Bretagna) e al loro rapporto con pasti, snack e bevande disponibili in commercio; offrono una panoramica dettagliata su dove, cosa mangiano e quanto spendono i consumatori. I dati sono aggiornati a maggio 2023.
La scheda sintetica di Circana
Circana è l’azienda leader nella gestione ed interpretazione della complessità del comportamento del consumatore. Grazie a tecnologia unica, analytics, informazioni relative a diverse industry e comprovata esperienza in numerosi settori, Circana aiuta oltre 7000 tra i principali Produttori e Distributori nel mondo a raggiungere la chiarezza necessaria per intraprendere azioni strategiche e guidare la crescita del business.
Possiamo vantare una conoscenza a tutto tondo del consumatore, del punto vendita e della domanda. Questo ci consente di aiutare i clienti, sulla base dei nostri dati, a sfruttare insights ed analisi di valore, in grado di stimolare l’innovazione, soddisfare le esigenze dei consumatori e contrastare la competition. Per saperne di più, visita www.circana.com.
La ruota dei sapori (foto concessa da Coffee knowledge hub)
Ogni chicco sfoggia un corredo di aromi unico e distintivo. La ruota dei sapori del caffè, pubblicata per la prima volta nel 1995 dalla Specialty Coffee Association of America (Scaa) e aggiornata nel 2016 in collaborazione con World Coffee Research (Wcr), è lo strumento utilizzato nelle sessioni di assaggio professionali, sorta di degustazioni di caffè, per descrivere le note aromatiche espresse da un particolare chicco. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Linkiesta.
La ruota dei sapori del caffè
MILANO – Immaginate di entrare in un ristorante e chiedere un vino, uno qualsiasi. Proprio come facciamo quando entriamo al bar la mattina chiedendo un caffè. Non è la stessa cosa, direte. Eppure se pensate che un vino sia più complesso di un caffè sappiate che, proprio come il vino, il caffè contiene oltre un migliaio di composti aromatici. Un po’ meno persistenti e identificabili di quelli del più blasonato compagno di bevute, ma sono tutti lì: miele, gelsomino, frutta gialla e lampone, nocciola e cioccolato.
La complessità delle nuances che può assumere la bevanda tratta da un chicco di caffè è espressa visivamente nella Coffee Taster’s Flavor Wheel, la ruota dei sapori che vi sarà forse capitato di vedere in qualche caffetteria, esposta anche perché è un oggetto esteticamente piacevole. Ma è anche assai utile. Pubblicata per la prima volta nel 1995 dalla Specialty Coffee Association of America (Scaa) e aggiornata nel 2016 in collaborazione con World Coffee Research (Wcr) è lo strumento utilizzato nelle sessioni di assaggio professionali, sorta di degustazioni di caffè, per descrivere le note aromatiche espresse da un particolare chicco.
Presenta 86 spicchi di colori diversi, ognuno dei quali rappresenta un aroma. Alcuni di questi ci stupiscono: assocereste a primo acchito pompelmo, whisky o pisello al caffè?
Gli aromi occupano la parte esterna della ruota e sono suddivisi in 16 categorie e 9 gruppi base (fruttati, floreali, dolci, frutta secca/cacao, vegetali, tostati e fermentati), andando sempre più nello specifico man mano che ci si allontana dal centro.
Si va dalla cannella alla nocciola, dal cioccolato fondente al miele al lampone, passando per rosa e gelsomino. Ma anche pesca e arancia, lime e camomilla per sprofondare su fenolico, petrolio, legno, cenere e stantio.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
TRIESTE – La Bazzara Academy ha ospitato, per una settimana di speciali approfondimenti, il caffè esperto Andrea Lattuada di 9bar, riconosciuto come “Personaggio del caffè dell’anno” durante una passata edizione del Trieste Coffee Experts, summit biennale organizzato dalla Bazzara. Grazie al suo prezioso contributo, insieme a Marco Bazzara – Sensory project manager e Academy Director dell’Academy, sono stati realizzati nuovi interessanti contenuti relativi alla al mondo del caffè a tutto tondo: dal brewing, al mondo del barista, fino ad arrivare alla Latte art, la rinomata tecnica associata a tutto ciò che concerne la decorazione del cappuccino.
La Bazzara Academy ospita Andrea Lattuada di 9bar
Un’arte di decorazione che vanta origini italiane, inventata da un barista veronese intorno la fine degli anni ’70.
Non solo buono ma anche bello, grazie alla Latte Art è infatti possibile degustare un cappuccino che è anche un piacere per gli occhi, una vera e propria opera d’arte: giochi di chiaroscuro che danno alla bevanda un aspetto accattivante e divertente scaturendo un forte senso di appeal nel consumatore finale. Tantissimi gli stili che è possibile realizzare: stencil, writing, topping, etching, animals, Latte art, painting, free style e 3D. Un’arte ricca e complessa, in cui studio, tecnica e precisione fanno la differenza nell’abilità di un perfetto barista.
Proprio perché la Bazzara ritiene da sempre fondamentale trasmettere la cultura del caffè di qualità attraverso la formazione, ritenuta indispensabile in un mondo in cui le competenze e la preparazione sono diventate sempre più importanti, non poteva mancare anche una nuova serie di appassionanti video format in preparazione dalla Bazzara Communication sul tema brewing, barista e latte art, disponibile a breve e che verrà distribuita da importanti media di settore e sul canale YouTube della Bazzara.
I contenuti formativi
Le collane hanno l’obiettivo di diffondere la conoscenza per l’espresso di qualità, a tal proposito Marco Bazzara commenta, come Direttore dell’Academy, l’importanza della formazione, approfondimento e aggiornamento di chi vuole diventare un professionista, ecco perché la realtà triestina propone sempre una vasta gamma di corsi per la formazione continua.
Riconosciuta a livello internazionale e con un’ampia offerta formativa disponibile, a condurre i corsi della Bazzara Academy è lo stesso Marco Bazzara affiancato da esperti di fama internazionale.
Q-grader, esperti di caffetteria e latte art, specialisti di roasting e cupping per scoprire il mondo del caffè in tutte le sue sfaccettature. Ricordiamo che per i propri corsi e per la creazione di contenuti formativi, la Bazzara Academy ricorre al contributo di alcuni tra i migliori professionisti del settore, oltre che di trainer certificati Sca.
Riguardo Andrea Lattuada
Ast Sca Trainer dal 2006, l’esperto Andrea Lattuada, proclamato Campione italiano baristi caffetteria alla WBC (World Barista Championship) di Boston, è titolare e trainer della 9bar, un esperto riconosciuto a livello internazionale per la sua professionalità maturata in molti anni di esperienza tra bar e coffee shop in giro per il mondo tra Europa, Asia ed America.
Le esperienze professionali e le tante e importanti competizioni vinte gli hanno permesso di conoscere differenti concetti di ristoranti e bar e gli hanno dato la possibilità di avere una visione dei locali e coffee shop a 360°.
Nel 2005 fonda la 9bar, centro di formazione professionale per baristi e bartender, capace di dare assistenza a tutto tondo ai professionisti del settore. Come per la Bazzara, che da sempre esalta la promozione e la ricerca della cultura e la qualità del caffè legata alla tradizione ma che punta al futuro, anche Andrea Lattuada attraverso corsi di formazione professionali coniuga la qualità della tradizione con l’avanguardia dell’innovazione.
Una visione di intendi e vedute comuni con la storica torrefazione triestina dalla quale è nata una perfetta sinergia e una grande collaborazione, perché, come sostiene sempre la Bazzara, il concetto fondamentale è “fare rete” per esaltare il Made in Italy con un caffè, o un cappuccino, sempre bello, buono e ben fatto.
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