martedì 02 Dicembre 2025
Home Blog Pagina 709

Il convegno sul futuro del caffè, Gregori: “Il cambio di modus operandi del mercato vale anche per le torrefazioni”

0
convegno Gregori
Il Rettore Gianluca Gregori durante la sua relazione al convegno sul futuro del caffè presso il Campus Simonelli Group
BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Gianluca Gregori Rettore dell’Università Politecnica delle Marche e senior Fellow Luiss Business School, è un altro dei tasselli che hanno composto il mosaico di interventi costruito dal Consorzio promozione caffè: nel Campus Simonelli Group, si parla di impresa e di nuovi modelli di gestione.
I relatori che lo hanno preceduto, potete leggerli qui, qui, qui e qui.

Gregori interviene sui nuovi modi di gestire un’impresa

Qual è lo scenario globale e quali sono i tempi in cui stiamo vivendo e quelli futuri?

Una parola per descrivere il presente: complessità. Uno degli aspetti principali in cui un’impresa deve riuscire a fare progetti, individuando e raggiungendo determinati obiettivi. Con una strategia  flessibile.
Gregori: “Il tema è quello della complessità, pensando alle vostre imprese del settore. Faremo riflessioni sui fattori competitivi. Fatturato, margini, gli oneri finanziari figurativi: entreremo operativamente in queste problematiche.
Recupero il concetto della metamorfosi, perché non c’è un cambiamento: parliamo di situazioni modificate. Energetiche, materie prime, problematiche a livello logistico che avete scontato, inflazione.

Fare politica di prezzo oggi senza tenere conto degli effetti della gestione finanziaria è estremamente pericoloso.

Si richiedono oggi competenze: altra problematica da aggiungere, insieme alla non certezza delle norme, dal packaging alla deforestazione. Tutti i centri studi economici hanno sbagliato a fare delle previsioni.
Da questo punto di vista i cambiamenti che vi hanno riguardato, li tratteggerò rapidamente: la crescita della richiesta globale, i cambiamenti climatici, la sostenibilità ambientale, la guerra tra Russia e Ucraina e i suoi effetti, la pandemia, la crescente concentrazione del settore con le acquisizioni delle grandi multinazionali. Si compete male quando ci sono dimensioni fortemente diverse.
La saturazione del mercato domestico, la concentrazione del mercato retail, dei prodotti sostitutivi e la dimensione media delle imprese, che è molto limitata.
Poi il tema dell’evoluzione anche culturale del settore. Non solo la terza modalità, si parla di quarta modalità, in cui la competizione si sposta dal servizio alla differenziazione e al brand. 

Come affrontare la complessità?

Si può affrontarl pensandola come una nemica, cercando di semplificarla magari con l’intelligenza artificiale.
Oppure, si può considerarla come alleata. E da qui si può fare qualche riflessione.
Da questo punto di vista ci sono due rischi: il presentismo e quello frammentato, che è ancora più problematico per un’impresa, pensando agli strumenti giorno per giorno, senza inserirli in un contesto. Fare un budget prendendo il dato dell’anno precedente incrementandolo del 10-5-3%, non serve a niente, anzi potrebbe essere disincentivante.
Il budget è una variabile organizzativa, non un fatto contabile, rientra nei meccanismi operativi e serve a indirizzare l’azienda verso gli obiettivi. È un modo per concentrare l’attenzione delle risorse umane verso la strategia che si vuole realizzare.

Il mercato è in evoluzione e un cambio di modus operandi deve riguardare le imprese di torrefazione.

Ho portato alcuni esempi sulle multinazionali entrate nel mercato. Quello che è interessante: da servizio in prossimità si passa a innovazione e strategia. 
Riflettiamo su alcuni fattori competitivi. Il che non significa però non usare un approccio strategico, perché si deve avere, ma come strumento flessibile.
Il modello che abbiamo costruito in questi anni ci fa comprendere come realizzare un piano strategico partendo dall’analisi della performance. Non si può non sapere i margini di contribuzione dei tuoi agenti rappresentanti e usare solo il fatturato come variabile.
Questi sono esempi: oggi non considerare gli effetti della gestione finanziaria su quella economica, può portare ad avere un utile e a dover pagare le tasse senza avere le risorse per farlo.
Poi ci sono degli strumenti che sono dei grandi contenitori per formulare un piano strategico. Uno potrebbe dire: ma la mia azienda è piccola, ma con strumentazioni più limitate si può tracciare.
Esempi di applicativi. La matrice di Ansoff permette di scrivere e programmare dove si vuole andare con gli attuali prodotti o i nuovi, con i clienti attuali o quelli nuovi. Si comincia a rappresentare le modalità di azione.
Le informazioni sono determinanti perché permettono di sapere dove andare e il perché. Qui si connettono due elementi: l’economia della conoscenza (sapere cosa accade e dove si sta andando) e poi, l’economia della narrazione, il vero valore del manager, che sta nelle relazioni che quel manager ha sviluppato. Se devo valutare un manager, mappo le relazioni che ha stretto.

Come facciamo a tenere sotto controllo le relazioni?

La logica transazionale o tradizionale, in cui tutti i concetti sul singolo fatto negoziale (oggi sto vendendo il caffè) o una logica relazionale. Un approccio dal frutto all’albero: il frutto lo cogli una volta sola, ma si deve coltivare l’albero per avere più frutti.
Il concetto di passare dalla quota di mercato, o il fatturato, alla quota dei clienti fidelizzati, è importante. Questo ci richiama l’altro concetto fondamentale, la qualità del fatturato. Cento non vale sempre cento. Può valere 80 o 150, dipende da come e da con chi è fatto.
Altro concetto innovativo: si parla sempre di ciclo di vita del prodotto. Sempre di più noi ragioniamo sul ciclo di vita del cliente: vale quello che mi compra oggi o che mi può comprare ripetutamente? Per valutarlo, utilizzo un controllo di gestione statico che si ferma ad analizzare gli stock, o devo ragionare su dei valori attuali netti ragionando sui flussi? Se la relazione è l’elemento fondamentale, non posso limitarmi a prendere in considerazione soltanto gli stock.
Altro elemento del capitale razionale è il brand: il valore di una marca che ruota a 3 grandi quantità. Da un lato c’è la notorietà, poi l’identità – gli elementi che permettono di ricordarlo – e infine le immagini.
Perché viene richiamato nello studio di Mediobanca? Si può crescere sui margini, e di notorietà in maniera molto diversa. Un esempio di crescita consistente di fatturato con bassissima notorietà: quel fatturato rischia di essere fragile. Si ottiene oggi un risultato, ma dal punto di vista della solidità del mercato, è debole. Non si sta valorizzando ciò che si ha.
Sarebbe interessante, che ci fosse una coerenza tra fatturato e awareness.

Altro concetto: dai prodotti ai servizi al concetto di soluzione

Oggi sempre di più non si vendono prodotti e servizi, ma soluzioni. Cos’è una soluzione se non qualcosa che risolve i problemi. Il vero tema non è vendere, ma ragionare su quali problemi abbia il consumatore. Dove c’è un problema, c’è un tesoro. Andare alla ricerca di problemi, è necessario.
Non vendo una macchina, ma risolvo un problema di mobilità. E’ un passaggio fortissimo in termini di marketing.
La logica di ragionare sulle soluzioni dev’essere sviluppata perché porta ad arrivare a dare valore alla nostra offerta. C’è un ritorno in termini di prezzo. Il valore, cioè il rapporto tra benefici e sacrifici, va programmato senza arrivarci casualmente.
Abbiamo parlato di relazioni.
Quando abbiamo visto il passaggio dal rapporto transazionale a quello relazionale, abbiamo visto che all’interno chi permetteva di controllare le relazioni era l’ICT. Il passaggio viene realizzato e si sviluppa su strumenti di questo tipo. Il primo che esamineremo è piuttosto noto, il CRM Customer relationship management in cui, rispetto a quelli che ci sono prevalentemente a tendina, qui si digita il nome del cliente e si apre subito in tempo reale il mondo del cliente: la sua profilazione, le informazioni anagrafiche, gli alert relazionali e il collegamento con la business intelligence.
Poi c’è una cosa molto interessante, il cross selling: chi va a trovare questo cliente deve riportare informazioni su di esso per innescare delle proposte.
Se il CMR viene usato come software ha già perso in partenza. Prima di lavorare su questa tipologie, lavorate su quello che vi serve e su chi organizzativamente lo dovrà gestire: non un stagista. E’ uno strumento molto importante per la logica di marketing relazionale, ma non basta. Perché si sta trasformando in XRM, verso tutte le modalità di relazione in cui non è soltanto il customer, ma è anche il fornitore, il personale, e si accende il mondo ogni volta, di tutte queste figure. Questo è efficace dal punto di vista relazionale.
Parliamo di un altro strumento: mentre questo costa, l’altro no. Quando parliamo di geo marketing, prendiamo in considerazione la possibilità di inserire dei database che per i vostri settori sono gratis. Se si entra nei siti Istat, si possono avere tutti i dati anagrafici sino ad oggi.
Prendere queste dati e interfacciarli con le mappe e con un software GIS permette di avere delle informazioni enormi. Si parla ancora di fatturato, ma come dire che quello della Lombardia è superiore a quello della Puglia? Andiamo a vedere la qualità del fatturato. Cominciamo a incrociare questi dati con il numero dei residenti, con la fascia d’età, con gli indici di consumo. Se dobbiamo valutare un agente rappresentante e lo valutiamo su quali basi? Il fatturato? Prendendo in considerazione soltanto il fatturato magari sembrava che l’agente fosse bravissimo, ma integrando questo elemento con gli altri dati di questo tipo, si scopre che non era proprio così. Si dice spesso: quando c’è tanto vento, anche i tacchini volano. Magari non era bravo l’agente, ma c’era soltanto molto vento.
Altro strumento interessante è quello delle curve del valore. Ognuna rappresenta un’impresa. Dà una scala da uno a 5 e si costruisce la curva di valore, per rappresentare la differenza rispetto ai competitor e costruire la prossima strategia. Con un approccio valoriale, oppure andando sul mercato, confrontando gli editor tra la percezione aziendale e quella esterna.

Altro tema è l’analisi corretta dal punto di vista gestionale e gli effetti sulla politica di prezzo

Considerando che l’utile o la perdita devono esser considerati come il risultato di affluenti o defluenti.
Ci può essere quella tipica che porta i risultati, quella accessoria, quella straordinaria e quella finanziaria da tenere fortemente sotto controllo oggi. In tanti casi, la gestione economica e finanziaria vengono confuse e non si evidenziano gli effetti della gestione dal punto di vista finanziario.
C’è una differenza pericolosa di impostazione: la determinazione del prezzo.
Il prezzo nella maggior parte dei casi viene realizzato in termini di mercato: si parte dal costo totale del prodotto (nato dalla somma del costo variabile, più una percentualizzazione come si faceva in passato).
Poi si aggiunge il ricarico che rappresenta l’utile e raggiungiamo il prezzo. Questo è pericoloso perché si sta percentualizzando una variabile, costi fissi mettendoci dentro quelli generali, invece di quelli reali. Quindi succede che se c’è un extra di domanda tutto funziona, perché l’incidenza di questi corsi è più bassa, ma se la domanda diminuisce, non è vero che con quel ricarico si hanno utili, si possono avere anche delle perdite.
Quindi una delle domande che poniamo sempre per capire come l’azienda si sta comportando sulla politica di prezzo non è quant’è il rincaro, ma è quant’è il margine di contribuzione: se tu togli rispetto al costo di prezzo variabile, quanto rimane per coprire i costi fissi? Su questo si apre un mondo: ragionando su analisi predittive, sui margini di contribuzione ponderato, sulle incentivazioni. Ma solo se si possiede questo dato.
Il margine di contribuzione ci dice tantissimo: la grande distribuzione lavora su questo dato. Sono tutte le applicazioni che si possono avere in termini di obiettivo, controllando costantemente e verificando le risposte.

Relazioni con la forza vendita

Al di là delle concettualizzazioni teoriche gli errori sono tanti. Uno: viene utilizzato un approccio omogeneo per una strategia differenziata, da agente ad agente. Incentivazione uguale per tutti, crescita di fatturato uguale per tutti, provvigioni uguale per tutti: qualora accadesse questo, è l’errore della semplificazione della complessità per avere subito un risultato. Potrebbe determinare un rischio. Perchè non solo fatturato? Perchè è soltanto una delle variabili. Ma dobbiamo prendere in considerazione i margini di contribuzione, e mettere dentro tutte le variabili quantitative e qualitative.
Altrimenti, per esempio, abbiamo due agenti, uno fattura 100 e l’altro pure, uno prende l’8% delle provvigioni e anche l’altro, non mi fanno guadagnare in modo diverso. Se la risposta è sì, e se poi li incentiviamo tutti e due sul fatturato, non va bene.
Vanno fatte un po’ di riflessioni operativi. Il Geomag ci permette di analizzare la copertura nazionale efficacemente e in tempo reale. Lavoriamo su budget multivariabili, non soltanto sul fatturato. Le variabili eliminano anche il fatto che gli agenti si parlino tra loro e si creino conflitti con l’azienda: perchè se da un lato si hanno degli obiettivi di zona e dall’altra hai altri obiettivi di zona, è evidente che non c’è la possibilità di constatare che un agente viene trattato in maniera diversa dall’altro.
Non un solo livello di budget: più incentivazione, ci sono tanti aspetti operativi. Ma sottolineo è la gestione delle riunioni, che con gli agenti in generale, è un dramma.

Da questo punto di vista, quante cose potremmo fare?

La stessa applicazione del CMR possiamo fare nei confronti della gestione dell’agente: la logica è sempre la stessa. Tu clicchi, e si apre il file sull’agente e si hanno tutte le informazioni necessarie, dalle problematiche ai guadagni.
Due matrici sulle quali lavoro molto e che applichiamo anche ai clienti, particolarmente utili per la forza vendita. Il tentativo è quello di mappare nel caso specifico agli agenti rappresentanti o i venditori su due gruppi di variabili: quella economica prevalente e l’altra la difficoltà di sostituzione che dipende dal comportamento, ma anche dal fatto che esista un mercato di quegli stessi agenti. Questo permette di mappare i propri agenti e di ragionare in maniera differenziata rispetto all’approccio omogeneo.
Quindi, gli agenti ma anche i clienti, dove piazzarli? Mettendoli in un punto rispetto ad un altro, significa che sono più o meno insostituibili o importanti. O viceversa, ce n’è uno meno importante e molto facilmente sostituibile. Le strategie a monte saranno diverse.
La stessa cosa si dovrebbe fare pensando alla testa del venditore. Sarà difficile se i posizionamenti saranno diversi.

La tematica dell’informazione

I miliardi di informazioni che si sviluppano tra persone e macchine e macchine e macchine, che aprono nuove prospettive: passare dalla business intelligence alla digital intelligence.
Cosa significa? Ci siamo preparati a ChatGpt, cioè l’intelligenza artificiale. Che non sostituisce l’uomo, ma è molto utile.
Questa è l’implicazione degli obiettivi e dei bisogni. Chi si occupa di marketing ragiona sui bisogni. Tutto questo apre all’utilizzo della data analytics dei dati che posson oessere solo descrittivi, diagnostici, predittivi o addirittura prescrittivi.
Troviamo qui le due forme dell’intelligenza artificiale, quella che serve per analizzare e decidere e quella invece generativa.”

Valvassori, parla il gestore del Bar Domm, il caffè a un euro: “Un segnale: vogliamo che questo rito resti accessibile”

0
Roberto Vavassori dietro il banco del Bar Domm (foto concessa)
Roberto Vavassori dietro il banco del Bar Domm (foto concessa)

MILANO – Roberto Vavassori è il titolare del Bar Domm in Moscova che ha fatto molto parlare di sé ultimamente per due motivi: il caffè a un euro e il gioco per aggiudicarselo gratis nel caso in cui si conosca il dialetto milanese. Diventato virale, ora deve gestire un nuovo flusso di clienti che lo hanno conosciuto sul web e vogliono provare l’esperienza completa.

Bar Domm: più famoso per il caffè a un euro o per il gioco?

Racconta Vavassori: “Un po’ per entrambe le cose, ma la sfida a colpi di dialetto milanese ha attirato parecchio l’attenzione. Al 90% si sta discutendo di questo gioco che propongo ai clienti.”

La prima domanda allora viene spontanea: perché e da quando ha deciso di fare questa scommessa con i clienti?

“In realtà sono praticamente già 9 anni che lo porto avanti. Quando abbiamo acquistato il bar, io e mia moglie abbiamo avuto l’idea di mettere ogni giorno una frase carina su una lavagnetta. Tra i miei clienti c’era una signora che fa l’insegnante di dialetto milanese e poiché il bar si chiama Domm, da duomo abbiamo ideato insieme questo giochino.

Roberto e sua moglie (foto concessa)

Il Corriere della Sera, mi aveva già contattato per scrivere un articolo anni fa. E ha avuto un ottimo successo per una settimana per poi tornare tutto alla normalità. A differenza di allora, così mi hanno spiegato, ho avuto tanto successo perché è stato pubblicato non
soltanto sul cartaceo ma anche online e questo mi ha aperto ad un mondo più ampio. Varie radio hanno voluto intervistarmi, sono finito anche in televisione in un paio di servizi: siamo parecchio spiazzati ma anche contenti, perché comunque è una buona pubblicità. Adesso sono in tanti che vengono qui a giocare all’indovinello: anche diversi giovani sono passati per questo motivo.”

Secondo quesito obbligatorio: a fronte di molti che nella sua zona, a Milano e poi in tutta Italia, hanno alzato il caffè almeno ad un euro e 20, lei insiste con 1 euro a tazzina. Cominciamo a raccontarne il motivo?

“Ho deciso così perché il locale, per nostra scelta, tiene i prezzi contenuti. Fino a pochi mesi fa avevo il cappuccio e brioche a 2 euro e già allora non ero conforme rispetto ai costi della zona. Con l’aumento di materia prima ed utenze, ho dovuto aumentare entrambi, ma mi sono detto: perché non dare un segnale alle persone che vengono qui, mantenendo almeno il rito del caffè accessibile a tutti?

Per esser realistici, che sia un euro o un euro e 10 non cambia drasticamente la vita al titolare e non influenza la qualità di quello che viene già servito. Guadagnare due euro invece che tre euro non mi importa. Le persone sono contente perché comprendono che al Bar Domm possono risparmiare, ma soprattutto possono riconoscere il nostro sforzo di restare democratici. Molti vengono da me perché trovano una buona qualità a prezzi contenuti, anche tra chi non può spendere più di un tot. E sono contento così, finché potrò permettercelo.”

E come fa ad ottenere dei margini da questo euro?

“Un po’ difficile fare i calcoli esatti, anche perché in quell’euro di caffè oltre alla materia prima bisogna tenere conto anche dell’affitto, del personale e di tutte le varie spese. Il cappuccino e la brioche a due euro e 50, mi aiutano ad avere dei margini, così come
prodotti come la birra.

Bisogna cercare buoni prodotti e venderli a prezzi adeguati. Quando poi si instaura un buon rapporto con i fornitori, si riesce anche a trovare una quadra. Un primo, secondo con acqua e caffè a 13 euro fa entrare al Bar Domm diverse persone. Il buon successo del locale, oltre al caffè a un euro e a un buon rapporto qualità/prezzo, deriva dall’ambiente familiare e dal gioco del dialetto milanese. Questo perché prima di tutto anch’io sono un cliente e mi fa piacere entrare in un bar dove il personale è accogliente, ospitale, spiritoso. E così mi comporto dall’altra parte del bancone.”

In quanti lavorate al Bar Domm?

“Oltre a me ci sono due dipendenti, un ragazzo che si occupa della preparazione e una ragazza in sala.”

E questo caffè a un euro, ce lo racconta?

L'ingresso del Bar Domm (foto concessa)
L’ingresso del Bar Domm (foto concessa)

“La torrefazione milanese a cui mi rivolgo ormai da 25 anni di lavoro (anche prima del Domm) è Caffè Hardy – scherza – possiamo definirlo a chilometro zero. Con loro mi sono sempre trovato bene nonostante le proposte di altri torrefattori ci siano state. Ho un rapporto con il direttore e il nostro caffè, una miscela 80% robusta e 20% arabica accontenta il palato italiano.

Sono in comodato d’uso e mi va bene così, perché mi forniscono la macchina, il macinino, le tazzine, i brik, il desalinatore e in cambio si acquista il loro caffè, che mi piace e soprattutto piace ai nostri clienti. E in caso succeda qualcosa alle attrezzature, sono loro che si occupano gratuitamente di risolvere i malfunzionamenti. Tutto è gestito dal torrefattore. Loro in questo modo fidelizzano un cliente, ma quando svolgono la pulizia e ci aiutano con la grammatura del caffè, noi siamo più tranquilli. E io conosco sia il caffè
che il lavoro di Caffè Hardy e quindi sono soddisfatto di questa modalità.”

E a proposito, che macchine usate?

“Ora abbiamo una La Spaziale, un macinino di scorta e uno in utilizzo, entrambi Anfim.”

Novità per il Bar Domm? Sviluppare in modo diverso il gioco magari?

“In realtà ci abbiamo già provato una volta a fare il contrario, cioè scrivere in italiano per poi tradurre in dialetto. Ma in questo caso è più difficile, servirebbe proprio il milanese DOC e quindi non ha mai preso piede.

Quanti caffè deve offrire al giorno? Sono tanti a indovinare?

La lavagnetta con il dialetto milanese (foto concessa)

“Dipende un po’ dalla mia cattiveria – ride -: una parola molto difficile ad esempio è la Tartecula, che indica una pettegola oppure mazzapioeuc, il pollice (che schiaccia il pidocchio). Ce ne sono tante: oggi c’è bagol, che è il sigaro toscano. All’inizio l’insegnante di dialetto mi forniva lei le parole mentre ora le cerco spesso sul vocabolario. Mi chiedono anche la derivazione di tanti termini, ma chiaramente non so tutto. La brioche si chiama la kiffer, e non so perché somiglia alla versione austriaca.

Comunque per tentare di vincere, alcuni cercano su internet ma non è poi tanto semplice beccare la traduzione corretta. La percentuale di chi ci azzecca quindi è molto bassa, perché non scelgo termini eccessivamente noti, altrimenti non ci sarebbe gioco”

Australia: bar e caffetterie pagano pesantemente la crisi

0
prezzo Nuova Zelanda
Il classico Flat White Coffee, popolarissimo sia in Australia che in Nuova Zelanda

MILANO – Più che il Covid hanno fatto l’inflazione e il caro vita: uscito dalla pandemia, il comparto delle caffetterie ha dovuto fare i conti, in Australia, con il lievitare dei costi e con il calo della spesa voluttuaria indotto dall’impennata dei tassi dei mutui. Una tempesta perfetta, che ha ridotto ulteriormente i margini degli esercenti mettendo molti di essi fuori mercato.

Un’analisi di Reuters rileva che il costo sostenuto dal barista per preparare un flat white – l’iconico caffellatte australiano – è aumentato di quasi un quinto nel giro di due anni.

Gli inevitabili rincari, anche se applicati con cautela, hanno allontanato o scoraggiato molti clienti riducendo gli introiti, oltre che gli utili.

Ciò sta accelerando e acutizzando la moria di locali già iniziata a cavallo del decennio.

Secondo dati, citati sempre da Reuters, gli esercizi Horeca costituivano circa un terzo dei fori commerciali in vendita, prima del Covid.

Ora, essi contano per quasi la metà, mentre i prezzi di vendita sono scontati sino al 50% rispetto ai valori di mercato storici. Tutte cifre che evidenziano la grave crisi attraversata da un settore – quello dei bar e delle caffetterie – che vale 10 miliardi di dollari australiani, circa 6 miliardi di euro.

Complessivamente, le vendite di caffè in Australia – tra canale domestico e fuori casa – sono pari a 5 miliardi di dollari. I consumi australiani sono ammontati, nel 2021, a 52.900 tonnellate, di cui 35.200 di solubile e 17.700 di torrefatto.

Contenuto riservato agli abbonati.

Gentile utente, il contenuto completo di questo articolo è riservato ai nostri abbonati.
Per le modalità di sottoscrizione e i vantaggi riservati agli abbonati consulta la pagina abbonamenti.

Gambero Rosso con il Premio illy Bar dell’anno 2024: via alle selezioni per i migliori bar

0
illycaffè gambero rosso
illycaffè e Gambero Rosso annunciano la partenza dei lavori per la 24esima edizione della Guida Bar d’Italia (immagine concessa)

TRIESTE – Al via le selezioni per i Tre chicchi e le tre tazzine 2024, i migliori bar e caffè italiani secondo il Gambero Rosso e la ricerca dell’insegna più sostenibile con il Premio illy Bar dell’anno 2024.  La Guida Bar d’Italia del Gambero Rosso, giunta quest’anno alla sua 24° edizione, riunisce una selezione di bar italiani che rappresentano al meglio la qualità e l’eccellenza, proprio a partire da una tazzina di caffè, tanto da meritare i Tre Chicchi o le Tre Tazzine. La bevanda più popolare alza l’asticella con un prodotto non solo ottimo ma di filiera controllata, etica e sostenibile.

Il Premio illy Bar dell’anno 2024 con Gambero Rosso

Tra questi, come sempre, anche il bar più attento alla qualità e alla sostenibilità per il Premio illy Bar dell’Anno 2024: un premio che ha aiutato lo sviluppo sempre più consapevole dei caffè italiani, cuore pulsante di ogni piazza e borgo di tutta la Penisola, rendendo il rito del caffè ancora più sostenibile, sia in termini di impatto, di cura nel packaging, di migliore gestione del ciclo di smaltimento dei diversi rifiuti nel pieno rispetto delle normative vigenti, sia sul fronte delle materie prime, prediligendo alimenti a km zero o filiera corta.

A vincere la scorsa edizione è stato Marelet a Treviglio, in provincia di Bergamo, locanda e osteria contemporanea, un termine che calza a pennello all’insegna della famiglia Colleoni: una struttura all’avanguardia, concepita nell’ottica della massima attenzione all’impatto ambientale, che usa la geotermia e il fotovoltaico come principali fonti di energia e sforna, attingendo all’orto di proprietà, proposte culinarie e non anche per i cocktail e le decorazioni floreali sui tavoli.

Verso la sostenibilità

“L’attenzione alla sostenibilità è parte integrante della nostra filosofia. Avere un approccio green si deve tradurre in una serie di azioni quotidiane portate avanti con costanza – afferma Paolo Colleoni, titolare di Marelet – Come? Mettendo a punto sempre nuove strategie. In albergo, ad esempio, abbiamo introdotto un dispenser che ci ha consentito di eliminare le bottigliette di plastica utilizzate per shampoo e bagnoschiuma, ci siamo ulteriormente concentrati sulla differenziazione dei rifiuti e sulla valorizzazione di erbe aromatiche e fiori di nostra produzione sia in cucina che nella mixology”.

Paolo Colleoni aggiunge: “È importante anche l’attenzione alla stagionalità e al territorio, nell’idea di instaurare sinergie positive. Di recente sono nate collaborazioni con piccole virtuose realtà locali, come quelle con aziende agricole e casearie di prossimità che riforniscono di ortaggi e latticini. Essere sostenibili però non significa solo non inquinare, anche il no waste è un fattore determinante. Ecco perché il pane che produciamo se avanza viene regalato ai clienti, e i croissant ai dipendenti. Sicuramente da soli non possiamo cambiare il mondo, ma vogliamo fare la nostra parte. La prossima sfida? Quella di eliminare la plastica delle bottigliette dell’acqua.”

La giuria è composta da esperti che valuteranno con cura le insegne alla ricerca della proposta più sostenibile, tra loro: Riccardo Gaspari, anima del ristorante una stella Michelin, SanBrite di Cortina d’Ampezzo, premiato con la stella verde Michelin per il suo impegno verso la sostenibilità; Laura Mantovano, direttore editoriale Gambero Rosso; Marina Savoia, curatore della Guida Bar d’Italia; Violante Avogadro di Vigliano, chief communication & key client officer di illycaffè e Moreno Faina, direttore Università del Caffè illy.

Lo chef Riccardo Gaspari: “Sono molto contento di far parte di questa iniziativa come giudice. Per me la sostenibilità – declinata in aspetti come l’attenzione delle materie prime, il km zero e la filiera corta – è diventata un valore imprescindibile nel mio ristorante e nell’azienda agricola di famiglia. Ogni giorno, attraverso lo sviluppo del nostro personale concetto di Cucina Rigenerativa, io e mia moglie Ludovica ci approcciamo al nostro territorio nel modo più rispettoso possibile”.

Gaspari aggiunge: “illy mi ha fatto scoprire il bellissimo mondo che si cela dietro ad una tazzina di caffè e che sottolinea quanto nelle lunghe o corte filiere sia importante la cura in ogni singolo passaggio. Credo che valorizzare e premiare realtà come le nostre, impegnate quotidianamente nell’eticità e nella sostenibilità, sia un modo funzionale per creare un network incisivo. Sono curioso di conoscere le realtà che prenderanno parte al concorso e che saranno per me un punto di confronto e di stimolo”.

La proclamazione del vincitore del Premio illy Bar dell’Anno” avverrà nel corso dell’evento di presentazione della Guida Bar d’Italia 2024, in programma a Milano, il prossimo 21 settembre nella splendida cornice del Teatro Manzoni.

La scheda sintetica di illycaffè

illycaffè è un’azienda familiare italiana fondata a Trieste nel 1933, che da sempre si prefigge la missione di offrire il miglior caffè al mondo. Produce un unico blend 100% Arabica composto da 9 ingredienti diversi. L’azienda seleziona solo l’1% dei migliori chicchi di Arabica al mondo. Ogni giorno vengono gustate 8 milioni di tazzine di caffè illy nei bar, ristoranti, alberghi, caffè monomarca, case e uffici di oltre 140 paesi, in cui l’azienda è presente attraverso filiali e distributori.

Fin dalla nascita illycaffè ha orientato le proprie strategie verso un modello di business sostenibile, impegno che ha rafforzato nel 2019 adottando lo status di Società Benefit e nel 2021 diventando la prima azienda italiana del caffè ad ottenere la certificazione internazionale B Corp. Dal 2013 illycaffè è inoltre una delle World Most Ethical Companies.

Tutto ciò che è ‘made in illy’ viene arricchito di bellezza e arte, a cominciare dal logo, disegnato da James Rosenquist, le illy Art Collection, le tazzine decorate da più di 125 artisti internazionali o le macchine da caffè disegnate da designer di fama internazionale. Con l’obiettivo di diffonderne la cultura della qualità ai coltivatori, baristi e amanti del caffè, l’azienda ha sviluppato la sua Università del Caffè che ad oggi svolge corsi in 25 paesi del mondo.

Nel 2021 Rhône Capital è entrato nel capitale di illycaffè con una quota di minoranza per accompagnare l’azienda nella crescita internazionale. Nel 2022 illycaffè ha impiegato 1230 persone e ha generato un fatturato consolidato pari a €567,7 milioni. La rete monomarca illy conta 190 punti vendita in 34 Paesi.

Napoli, nel bar, una tazzina al bancone, a 1,80 euro: il dibattito tra i consumatori

0
Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)

Una tazzina di caffè a Napoli è stato pagato 1 euro e 80 centesimi in un bar di via Toledo, una delle strade più trafficate dai turisti del capoluogo campano. Lo scontrino ha fatto il giro dei social ed è stato oggetto di più di una discussione: si tratta di speculazione o di semplice rincaro? Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Ciro Pellegrino pubblicato sul quotidiano Fanpage.

Napoli: la tazzina di caffè a 1,80 euro

NAPOLI – In Italia tutto trova una giustificazione. O meglio: troverai sempre qualcuno che giustifica anche l’ingiustificabile. Dunque una tazzina di caffè pagata 1 euro e 80 centesimi, servita al bancone, col bicchiere d’acqua in plastica e senza nessuna altra attenzione al cliente pure troverà giustificazione.

Qualcuno penserà al tipo di miscela speciale. E invece no, non erano chicchi appena usciti da un Kopi Luwak né Special Coffee d’alcun tipo. Un semplice caffè espresso, dignitoso, ma una tazzulella classica, nient’altro. Servita in piedi in un bel bar di via Toledo, ormai la strada preferita dai turisti che vengono a Napoli.

Al mugugno della cliente – napoletana – che lamenta il prezzo oggettivamente superiore alla media, viene spiegato che “è una miscela unica”. Anzi, un “coffee blend unico”. Ma la storiella, pubblicata sui social, riceve immediato riscontro: è vero, sì, che nell’area di via Toledo i prezzi sono lievitati meglio di un panetto per la pizza. Ed è anche vero che questo rincaro, ben superiore all’inflazione, non è soltanto “colpa dei turisti” come qualche napoletano frettolosamente archivia la pratica.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.

Ferrero pubblica il Rapporto di sostenibilità 2022: raggiunto il 96% di tracciabilità del cacao acquistato a livello di azienda agricola

0
ferrero rapporto
Il Rapporto di sostenibilità di Ferrero 2022 (immagine concessa)

Il Gruppo Ferrero ha documentato i propri progressi nel campo della protezione dell’ambiente durante l’esercizio 2021/22 nel 14° Rapporto di sostenibilità. Il Gruppo si impegna a supportare e migliorare l’approvvigionamento sostenibile dei propri ingredienti, oltre a condividere le conoscenze lungo la catena del valore. Leggiamo di seguito il comunicato del Gruppo rilasciato dal sito ufficiale Ferrero Sustainability.

L’impegno di Ferrero per la sostenibilità

ALBA (Cuneo) – Il Gruppo Ferrero ha annunciato di essere sulla buona strada per raggiungere i principali obiettivi di sostenibilità. I progressi di Ferrero sono documentati nel 14° Rapporto di sostenibilità del Gruppo, che evidenzia i passi compiuti durante l’esercizio 2021/22 nei quattro pilastri fondamentali: protezione dell’ambiente, approvvigionamento sostenibile, promozione del consumo responsabile e valorizzazione delle persone.

“L’anno finanziario è stato particolarmente impegnativo: è scoppiata una guerra, le catene di approvvigionamento sono state interrotte, i costi dell’energia sono aumentati e l’inflazione è cresciuta insieme al costo delle materie prime”, ha dichiarato Giovanni Ferrero, executive chairman del Gruppo Ferrero. “Di fronte a queste sfide, Ferrero non solo è stata in grado di crescere, ma anche di compiere notevoli progressi in diversi dei nostri obiettivi di sostenibilità e, in alcuni casi, di superarli”, ha aggiunto.

Come parte del Ferrero Farming Values (FFV), un framework cross-commodity, il Gruppo si impegna a supportare e migliorare l’approvvigionamento sostenibile dei propri ingredienti, oltre a condividere le conoscenze lungo la catena del valore. Nel 2021/22, il programma FFV ha contribuito a fornire coaching individuale al 32% dei coltivatori di cacao relativamente alle tecniche di pianificazione agricola e di business, mentre 155.000 coltivatori di cacao hanno preso parte a piani di formazione di gruppo.

Il Rapporto di sostenibilità descrive inoltre nel dettaglio come Ferrero abbia raggiunto il 96% di tracciabilità del cacao acquistato a livello di azienda agricola.

Inoltre, l’82% dei volumi di cacao totali proveniva da gruppi di agricoltori dedicati, supportati da Ferrero. Nell’approvvigionamento complessivo di nocciole, il Gruppo ha raggiunto il 79% di tracciabilità, nonostante le complessità sistemiche della catena di approvvigionamento.

Di seguito altre evidenze tratte dal Rapporto di sostenibilità:

  •  Il 92% dell’energia elettrica acquistata a livello globale da Ferrero, proviene ora da fonti certificate rinnovabili, rispetto all’84% dello scorso anno.
  •  Il 100% dell’olio di palma è certificato RSPO come segregato, con il 99,95% riconducibile a 146 mulini e 722 piantagioni. Il modello di segregazione garantisce che l’olio di palma sostenibile sia tenuto separato a partire dalle piantagioni e dalle aziende agricole e lungo tutta la catena di approvvigionamento. Il Gruppo è stata una delle prime aziende globali ad acquistare olio di palma 100% certificato RSPO come segregato (dal 2015).
  • Completato il piano quadriennale “Cocoa and Forest Initiative (CFI)” raggiungendo la maggior parte degli obiettivi o addirittura superandoli. Ciò include il coinvolgimento di oltre 170.000 agricoltori ora parte del Ferrero Cocoa Program, di cui 161.000 (95%) monitorati con mappatura poligonale già dal 2021/22, superando l’obiettivo iniziale fissato a 153.000.
  •  La pubblicazione del primo Rapporto sui diritti umani dell’azienda alla fine del 2021. Il rapporto è incentrato su 10 dei problemi più rilevanti in relazione ai diritti umani in tutte le catene del valore, indipendentemente dal prodotto o dall’area geografica. Questo mostra come Ferrero stia lavorando per affrontare questi problemi.

“Attraverso ciascuno dei quattro pilastri chiave del nostro framework di sostenibilità, il Rapporto mostra che abbiamo compiuto notevoli progressi verso gli obiettivi che ci siamo prefissati”, ha dichiarato Lapo Civiletti, chief executive officer del Gruppo Ferrero. “Nonostante un contesto economico e geopolitico difficile, il Gruppo ha aumentato gli investimenti per continuare a garantire elevati livelli di qualità, freschezza e sicurezza in tutti i nostri prodotti, riducendo al contempo il nostro impatto ambientale”.

Per saperne di più sul Rapporto di sostenibilità Ferrero basta cliccare qui.

Essse Caffè a sostegno delle Pink Ambassador di Fondazione Veronesi

0
essse caffè veronesi pink
Essse Caffè insieme alle Pink Ambassador di Fondazione Veronesi (immagine concessa)

BOLOGNA – “Niente ferma il rosa, niente ferma le donne!”: è con questo claim che le Pink Ambassador di Fondazione Veronesi del team della città di Bologna si sono messe in gioco accettando una nuova sfida, ossia iniziare a correre superando ogni giorno se stesse; accanto a loro, anche Essse Caffè, da sempre vicina a Fondazione Veronesi e ai suoi progetti.

Essse Caffè insieme alle Pink Ambassador di Fondazione Veronesi

Quello delle Pink Ambassador è un vero e proprio movimento nazionale in rosa per ricordare ancora una volta l’importanza della prevenzione contro i tumori tipicamente femminili e il sostegno alla ricerca scientifica d’eccellenza su queste patologie. Le Pink Ambassador si allenano per sei mesi, a Bologna ma anche in altre ventuno città italiane, con la finalità di correre una gara podistica competitiva a fine percorso.

A comporre questa grande squadra, donne che condividono un percorso comune, quello oncologico: il loro messaggio è che, grazie alla ricerca, i tumori femminili possono essere sconfitti. Obiettivo del progetto è dimostrare come, dopo la malattia, si possa tornare a vivere più forti di prima, ma anche raccogliere fondi per la ricerca scientifica.

pink ambassador
Il movimento nazionale Pink Ambassador (immagine concessa)

Alla sua decima edizione, il percorso delle Pink Ambassador di Fondazione Veronesi è ormai riconosciuto come un vero e proprio network fra donne che hanno vissuto e che vogliono condividere la propria esperienza, a sostegno della ricerca scientifica d’eccellenza e della prevenzione, per dimostrare l’importanza della diagnosi precoce e dei corretti stili di vita nella lotta contro i tumori.

essse caffè
Essse Caffè insieme alle Pink Ambassador di Fondazione Veronesi (immagine concessa)

Essse Caffè non è nuova a questo tipo di iniziativa: nel 2021 ha dato vita a “Un caffè sospeso per la ricerca”, una raccolta fondi che ha raggiunto la ragguardevole cifra di 33mila euro, andati lo scorso anno a Fondazione Veronesi per finanziare una borsa di ricerca sempre nell’ambito della ricerca sui tumori femminili.

La scheda sintetica di Essse Caffè

Scienza, sapienza e specializzazione: tre “S” che riassumono perfettamente i valori e la filosofia di Essse Caffè, storica torrefazione bolognese fondata nel 1979 da Francesco Segafredo assieme alle sorelle Chiara e Cristina. Oggi Essse Caffè è un marchio di successo in tutta Italia e all’estero, sinonimo di autenticità ed eccellenza, contraddistinto dall’inconfondibile “family feeling” delle sue miscele. L’obiettivo? Garantire un prodotto di massima qualità, tutti i giorni, tutto l’anno, realizzando con cura l’intero processo, a partire dall’accurata selezione della materia prima.

Grazie alle collaborazioni universitarie – Facoltà di Agraria delle Università di Bologna, Cesena e Foggia – l’Azienda ha acquisito elevato spessore scientifico nel proprio settore, con conoscenze su ogni tipologia di caffè, dalla torrefazione al confezionamento, fino al caffè in tazzina.

Ai fondatori, oggi si affianca la quarta generazione della famiglia: Pietro Buscaroli, Agata Segafredo, Riccardo e Ruggero Auteri che condividono la missione imprenditoriale con uno sguardo imprescindibile verso il futuro.

Il marchio Slitti si espande a livello internazionale tra Europa e Medio Oriente

0
andrea slitti
Il maître chocolatier Andrea Slitti (immagine concessa)

MONSUMMANO TERME (Pistoia) – Slitti, la Fabbrica di Cioccolato di Monsummano Terme, in provincia di Pistoia, una delle eccellenze della cosiddetta “Chocolate Valley Toscana”, dopo l’inaugurazione del suo primo Flagship store a Firenze a marzo 2023 si appresta a continuare il suo piano di espansione a livello nazionale, europeo e internazionale.

L’internazionalizzazione di Slitti

L’internazionalizzazione e lo sviluppo delle attività nel retail, anche in modalità franchising, segnano, così, l’inizio di una nuova fase per il marchio Slitti. Una storia che, partita dal 1969 dalla torrefazione del caffè a Monsummano Terme, si è rapidamente evoluta abbracciando il mondo del cioccolato, ed è ora pronta a svilupparsi su due nuove direttrici mantenendo, però, al centro del progetto di crescita la maestria del maître chocolatier Andrea Slitti, riconosciuto come uno dei più importanti cioccolatieri artigianali al mondo, e l’eccellenza dei suoi prodotti, che hanno già conquistato oltre 190 premi.

“L’apertura del nuovo store di Firenze, creato appositamente come format scalabile e replicabile, che permette di vivere a 360° l’esperienza Slitti e gustare tutte le nostre preparazioni, è stato solo il primo passo di una lunga camminata che porterà il marchio Slitti in una nuova dimensione e sarà l’inizio di un nuovo percorso di sviluppo ed evoluzione – spiega Andrea Slitti – l’obiettivo è davvero ambizioso ma abbiamo tutte le carte in regola per arrivare a portare a compimento il cammino che ci siamo prefissi da qui al 2025.”

Nel suo piano di espansione internazionale, Slitti ha aperto nel 2022 il suo ufficio rappresentativo a Dubai.

I prodotti Slitti sono ora disponibili in oltre 50 punti vendita a Dubai e Abu Dhabi, nonché online sul sito. Slitti punta a raggiungere i 40 milioni entro il 2028 e l’apertura parallela di 50 negozi tra Italia, Europa e Medio Oriente, sia controllati direttamente che con la formula del franchising. L’ambizione di Slitti è essere il vanto dell’Italia per il cioccolato in tutto il mondo.

“Il nuovo flagship store di Firenze è una forte testimonianza dell’appeal del marchio Slitti, non solo tra gli italiani ma anche tra i turisti. Sin dalla sua apertura, è diventato sempre più evidente che questo formato funzioni a livello globale, conquistando i cuori delle persone in Europa, Stati Uniti, Canada, Medio Oriente e oltre. Il suo iconico punto di riferimento si erge come un esempio di eccezionale ospitalità, offrendo un perfetto connubio tra cioccolato e caffè d’eccellenza. Questo risultato prepara il terreno per una solida crescita internazionale, poiché il marchio continua ad appassionare un’ampia gamma di pubblico in tutto il mondo”, ha affermato Ian Toal, presidente e membro del consiglio di Ian Toal Consulting Limited.

Il Caffè Principe by Gruppo Prada riapre a Forte dei Marmi

0
prada londra principe
Il logo Prada

Il Caffè Principe a Forte dei Marmi, struttura acquistata da Gruppo Prada in partnership con Pasticceria Marchesi 1824, ha inaugurato il 9 luglio. I tavoli sono 160, collocati all’interno e all’esterno. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Marco Corsi pubblicata sul portale Valdarno 24.

La riapertura del Caffè Principe

FORTE DEI MARMI (Lucca) – Il 9 luglio a Forte dei Marmi ha riaperto il Caffè Principe, storico locale della Versilia, dopo importanti interventi di ristrutturazione. La struttura è stata acquistata di recente da Prada in partnership con Pasticceria Marchesi 1824. I tavoli sono 160, collocati all’interno e all’esterno e la ristrutturazione è stata accuratissima, restituendo alla Perla della Versilia un locale di altissimo livello che si affaccia in via Carducci.

L’impegno del gruppo guidato da Bertelli nel settore dell’alta pasticceria è iniziato 9 anni fa con l’acquisizione di Marchesi 1824, celebre pasticceria milanese, che dal 1 giugno ha inglobato il Caffè Principe, che sarà aperto non solo durante il periodo estivo, ma tutto l’anno.

Patrizio Bertelli ha seguito personalmente i lavori di restyling del locale e i risultati sono davvero importanti, in piena sintonia con il fascino del Forte, che in queste settimane pullula di turisti provenienti non solo dall’Italia ma da tutto il mondo. Nella ristrutturazione del locale importante è stato anche il contributo dell’architetto Michele Bonan, uno degli archistar più famosi del mondo.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Firenze, nel centro storico un bar o ristorante ogni 31 abitanti

0
firenze locale bacci harry's le vespe
Firenze (immagine: Pixabay licensed)

Firenze ha un bar o un ristorante per ogni 31 abitanti nel centro storico. Dai dati emerge che il regolamento Unesco adottato da Palazzo Vecchio nel 2016 per fermare la proliferazione dei locali food & beverage sta avendo comunque degli effetti di contenimento: in tre anni, dal 2019 al 2022, il totale delle attività di commercio alimentare è passato da 2.075 a 2.047. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Giulio Gori pubblicato per Il Corriere della Sera.

I ristoranti e i bar a Firenze

FIRENZE – Nel centro storico di Firenze c’è un bar o un ristorante ogni 31 abitanti. È il dato impressionante dell’area Unesco, con 1.208 locali di somministrazione di bevande o alimenti su 37.494 residenti. Tendendo conto anche delle botteghe di commercio alimentare (pizzicagnoli, macellai, salumieri), che in centro sono 839, nel complesso c’è un’attività legata al mangificio ogni 18 fiorentini.

Un’ulteriore riprova del fatto di un sistema economico-commerciale che, per prosperare, deve reggersi per gran parte sui turisti e che per questo si rivolge sostanzialmente a loro. Sono i numeri, relativi al 31 dicembre scorso, che la vice sindaca Alessia Bettini ha dato in risposta a un’interrogazione del consigliere comunale di Fratelli d’Italia Alessandro Draghi.

I dati

Dai dati emerge che il regolamento Unesco adottato da Palazzo Vecchio nel 2016 per fermare la proliferazione del mangificio sta comunque avendo degli evidenti effetti di contenimento: se infatti questo tipo di attività “nel decennio 2005-2015 risultavano più che triplicate — ha spiegato Bettini — con l’entrata in vigore del regolamento il trend di crescita di attività alimentari nel centro storico, tra commercio e somministrazione, è diminuito sensibilmente”. In tre anni, dal 2019 al 2022, il totale è passato da 2.075 a 2.047.

Ma dividendo i dati per tipologia, emerge qualcosa di diverso. Le attività di somministrazione, se nel 2019 erano 1.190, nel 2022 sono diventate 1.208. Diciotto in più. La crescita, comunque contenuta, diventa tuttavia significativa, non soltanto perché la pandemia non sembra aver sortito effetti (tanto che anche nel 2020 e nel 2021 erano lentamente cresciute), quanto perché invece calano le attività di commercio alimentare: le botteghe, che sono anche ad uso anche dei residenti, dal 2019 sono passate da 885 alle 839 dello scorso 31 dicembre. 46 in meno.

Se per mangiare una fetta di pizza al taglio o un panino c’è l’imbarazzo della scelta, è invece sempre più difficile comprare il pane, il latte o le uova.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui